Questi alcuni commenti di chi ha aderito alla campagna VOTI A PERDERE
Paolo Fasce, dirigente scolastico dell’ITTL Nautico San Giorgio di Genova e Camogli
Aderisco alla campagna contro il voto numerico per diverse ragioni.
La prima è che ho dimostrato con un certo rigore nella mia tesi di dottorato che il voto numerico è fuorviante, soggettivo, dannoso e profondamente sbagliato.
Mi rendo conto che chi faccia affermazioni del genere venga ritenuto eretico, ma la verità è che in questa sede leggerete le testimonianze di un piccolo gruppo di Galileo che… ha ragione anche se le condizioni al contorno sono difficili.
Da quando mia figlia va a scuola le chiedo, ogni santa sera a cena, cosa abbia imparato. Nonostante questa attenzione, lei mi racconta spesso dei suoi voti, mi invia gli screenshot dei bei/brutti voti e tutto si riduce ad un voto. A me interessa cosa abbia imparato.
Da insegnante di sostegno, prima, e da dirigente scolastico, oggi, vedo studenti disabili soffrire per dei brutti voti. Torture crudeli e inutili (“primum non nocere” dovrebbe essere un detto valido anche in pedagogia, non solo in medicina). Da dirigente scolastico non mi opporrò mai a chi vorrà scrivere “Fa quel che può e quel che non può non fa” e gli/le stringerò la mano.
Enrico Bottero, già dirigente scolastico e ricercatore Irrsae
https://www.enricobottero.com
La valutazione a scuola è una necessità di cui si può fare un pessimo uso.
Ad esempio, quando diventa febbrile, un’ossessione classificatoria che schiaccia i ragazzi o quando, a livello istituzionale, si trasforma in un’arma al servizio della normalizzazione dei mezzi di insegnamento/apprendimento e di pilotaggio del sistema in un’ottica tecnico-manageriale.
Dunque, gli insegnanti dovrebbero occuparsi di valutazione prima che una valutazione servile si occupi di loro. Come? Guardando alla valutazione come a un’azione formativa di accompagnamento, di promozione e di autoregolazione. Eliminare il voto significa creare le condizioni per realizzare questa valutazione pedagogica, per imparare a diventare migliori di se stessi, non migliori degli altri. Impegniamoci per realizzare questo primo passo. Lo dobbiamo ai ragazzi di oggi, affinché domani possano costruire una società più solidale.
Roberto Maragliano, già Università Roma Tre
Penso sia importante aderire alla campagna Voti a perdere per convincerci e convincere l’opinione pubblica che il problema della valutazione scolastica non va disgiunto da quello della didattica, cioè del cosa si insegna e del come lo si fa. Il punteggio numerico, apparentemente oggettivo, induce a recidere questo importante legame, fa della valutazione un tribunale autonomo e decisivo. Succede così quel che ahimè stiamo vivendo nel mondo extrascolastico, dove la magistratura prende il posto lasciato vacante dalla politica e la società tutta ne soffre. Ugualmente, una falsa accezione di docimologia toglie ossigeno alla elaborazione didattica, funge da istanza di conservazione dello status quo.
È, questa, una crepa generale, di tutta la scuola, che porta a concentrare ossessivamente l’attenzione sugli aspetti formali dell’esperienza di studio (il voto, il titolo), e mettere sotto silenzio il problema dell’utilità e della qualità di ciò che si apprende a scuola
Marco Bollettino, dirigente scolastico presso liceo “Gramsci” di Ivrea
In questa mia prima esperienza da Dirigente Scolastico al Liceo “A.Gramsci” di Ivrea, ho dedicato i pomeriggi del mese di novembre a presiedere i Consigli di classe aperti per ciascuna delle 52 classi del mio Liceo. Sono riunioni importanti, perché ci permettono, per la prima volta nell’anno, di parlare con i rappresentanti dei genitori e degli alunni.
A questi ultimi ho cercato di spiegare che, quando ricevono le verifiche corrette dai loro insegnanti, il voto dovrebbe essere l’ultima cosa da guardare. Dovrebbero, piuttosto, soffermarsi sulle correzioni ai singoli quesiti e usarle per valutare l’efficacia del percorso di studio che ha portato sino alla verifica.
Su quell’argomento su cui ho avuto una valutazione negativa, ho dedicato abbastanza tempo a casa e a scuola? Dalla correzione vedo che un certo concetto non l’avevo proprio capito. Perché? Ero stato attento in classe quando era stato spiegato? Mi ero accorto di non averlo compreso durante lo studio a casa? Avevo provato a chiedere a un compagno?
Queste sono le domande che dovrebbero farsi gli alunni, non prendere la verifica, guardare il voto e poi, al massimo, confrontare le correzioni solo per verificare che l’attribuzione del punteggio sia “oggettiva”.
E allora guardo con favore alla petizione del Movimento di Cooperazione Educativa che mira ad abolire i voti numerici nel primo ciclo di istruzione (le “vecchie” elementari e medie), non perché una valutazione non debba esserci (tutt’altro!) ma perché questa sia veramente formativa e aiuti ogni singolo alunno a sviluppare un metodo di studio che gli permetta di esprimere al pieno il proprio potenziale.
Ma vorrei provocatoriamente rilanciare: perché fermarci solo al primo ciclo e non abolire i voti anche alle superiori?