Onlife school. Didattica, innovazione e scuola al bivio: una proposta per non sprecare un’occasione irripetibile

di Aluisi Tosolini (***)

“Onlife” è il neologismo coniato da Luciano Floridi (padre della filosofia dell’informazione e massimo esperto della società digitale) per descrivere la continua interazione tra vita reale e vita virtuale, ovvero il fatto che noi viviamo un’esistenza ibrida, nella quale la barriera fra reale e virtuale è caduta. La parola è stata usata da Floridi come titolo dello studio The Onlife Manifesto. Being Human in a Hyperconnected Era pubblicato nel 2015 da Springer e disponibile on line.

In questi giorni e mesi tutti noi stiamo lavorando intensamente per l’avvio dell’anno scolastico 2020/21. Credo tuttavia sia doveroso tentare di indicare e precisare il senso del percorso, l’orizzonte entro cui ci muoviamo. Orizzonte che si fonda certamente sulla riapertura della scuola in sicurezza ma che non può non affrontare il tema delle didattica, dell’innovazione, dell’interazione educativa.

Riaprire in sicurezza

Riaprire in sicurezza può oggi essere definito – sulla scorta delle filosofia kantiana riletta dalla fenomenologia husserliana –  la condizione di possibilità e pensabilità della scuola che prenderà avvio a settembre 2020.  La situazione covid 19 impone regole e procedure che sono fissate – ad oggi – dal Decreto Ministeriale 39 del 22 giugno 2020 e dagli allegati documenti del Comitato Tecnico Scientifico.
Ogni scuola sta pertanto lavorando, in questi mesi estivi, per approntare le aule, gli spazi, le strutture, i processi organizzativi seguendo le indicazioni del DM 39 e del CTS. Gli uffici scolastici regionali stanno supportanto questo immane sforzo organizzativo delle singole scuole pubblicando linee guida o corposi materiali per la ripartenza (si veda ad esempio l’ USR – ER che ad oggi ha pubblicato 14 Note per la ripartenza).

Gli elementi in gioco sono molteplici e non possono essere facilmente generalizzati se non per i principi cardine

  • obbligo della distanza di 100 cm e impegno ad evitare assembramenti;
  • frequente pulizia delle mani
  • igienizzazione costante dei locali
  • obbligo della mascherina (non è ancora definito con chiarezza se solo nei momenti dinamici o anche nei momenti statici e comunque questo aspetto verrà rivalutato a fine agosto dal CTS)
  • azioni organizzative e protocolli per alunni (e per le diverse tipologie di alunni): accoglienza all’arrivo, entrate differenziate, percorsi interni, gestione ricreazione e pause, gestione utilizzo servizi igienici, protocollo utilizzo palestre, protocollo musica di insieme e lezioni di strumento,….
  • azioni organizzative e protocolli per il personale docente e Ata
  • azioni organizzative e protocolli per gestione altri ingressi a scuola (genitori, fornitori, pubblico,…)
  • azioni organizzative e protocolli per gestione emergenze sanitarie
  • ridefinizione dei patti educativi di corresponsabilità

Ogni scuola infatti è diversa dall’altra, insiste su uno specifico contesto territoriale e deve rispondere delle molteplici differenze e  peculiarità che le sono proprie. In queste settimane tutte le scuole stanno lavorando esattamente a questo: alla applicazione contestuale dei criteri indicati dal CTS e dalla CM 39 alla propria scuola, ai suoi diversi plessi e agli specifici percorsi formativi in essa presenti.
Tutto ciò, inoltre, avviene in stretta connessione con gli enti locali (conferenze di servizio previste dal DM 39), gli uffici scolastici territoriali, le figure quali RSPP, RLS e le nuove figure di professionisti quali il Covid Manager oltre, ovviamente, a genitori, docenti, personale.
Un percorso complesso, faticosissimo e pieno di insidie nel quale spesso è difficile identificare e bloccare / solidificare un elemento chiave da cui partire per organizzare l’intero sistema (ad esempio in una scuola superiore non sempre il punto chiave sono gli spazi disponibili ma può anche essere l’organizzazione dei trasporti degli studenti a partire dalle regole – spesso diverse regione per regione – sul distanziamento nel trasporto pubblico).
Comunque sia, tutta questa complessa attività non è in sé qualcosa di “educativo” (se non nella gestione delle procedure che possono essere più o meno condivise con tutti i soggetti che costituiscono la comunità scolastica) quanto è piuttosto la condizione di possibilità della scuola che riapre in sicurezza. Il suo trascendentale.

Onlife school

Ma aprire in sicurezza è solo il primo passo. Il successivo ha a che fare con l’attività educativa che avviene dentro le scuole che riaprono. Ed è qui, almeno per le scuole superiori, che occorre sgombrare il campo da alcuni fraintendimenti

  1. ascesa e caduta della dad: la didattica a distanza (termine utilizzato dal ministero per descrivere il modo con cui la scuola ha continuato ad operare dal 24 febbraio 2020 in avanti) è oggi soggetta ad aspre critiche e prese di distanza persino da parte di chi l’ha proposta. Vi sono state certo molte difficoltà, ma le uniche davvero comprensibili sono, a mio parere, quelle legate alla mancanza di device/connessione per gli alunni. Invece le difficoltà legate all’impreparazione di alcuni docenti o alla mancata organizzazione di alcune scuole non fanno null’altro che segnalare – e confermare – il colpevole ritardo nell’innovazione didattica della scuola italiana e non può certo essere utilizzato come scusa, costituendo in realtà un’aggravante.
  2. Innovazione didattica, didattica digitale integrale e dad: il documento elaborato dalla scuole di Avanguardie Educative intitolato La scuola fuori dalle mura riassume molto bene la questione. La DaD è solo il nome “emergenziale” dato alla didattica digitale integrata (termine in queste settimane è divenuto altrettanto di moda) o, meglio, alla didattica tout court. Ovvero all’interazione educativa tra soggetti entro il processo di apprendimento che può avvenire, come è ovvio, in una pluralità di contesti diversi.
  3. È stato giustamente detto che la relazione è il fondamento della didattica, ma ci si dimentica spesso di aggiungere che la relazione non è sinonimo tout court di presenza fisica. Tecnicamente anche la lettura di un libro cartaceo rientra nel novero della didattica a distanza senza relazione fisica. Lo stesso dicasi per tutti i compiti a casa che da secoli vengono assegnati agli alunni di ogni età. E’ ovvio che per i bambini piccoli della scuola d’infanzia e della scuola primaria sia fondamentale la relazione con compresenza fisica. Ma chiunque abbia davvero a che fare con bambini di 10/11 anni (quelli veri ! allevati spesso dai genitori a pane e tablet e che alla fine della quinta primaria sono in genere già in possesso di uno smartphone e trafficano su tik tok, skype e social vari ) sa benissimo quanto per loro siano cruciali le relazioni onlife dove digitale, reale, virtuale si mischiano e di con-fondono.
  4. la sfida della scuola da settembre 2020, allora, è quella di provare a osare l’impossibile.
    E’ il momento dell’audacia di cui parla Baricco (Repubblica 20 marzo 2020). E’ il momento in cui provare ad immaginare un modello scolastico diverso, post taylorista, post-industriale.
    Un modello che ridiscuta i tempi della scuola riuscendo ad andare oltre, almeno per le scuole superiori, alla dicotomia “didattica in presenza / didattica in assenza” superandola grazie alla logica onlife secondo la quale è l’intera vita di ogni soggetto ad essere oggi ibridata in modo indistinguibile.
    Un modello che vieti di stare seduti 5 ore al giorno, ogni giorno per 200 giorni, dalle 8.00 alle 13.00 al proprio banco (ora anche doverosamente distanziato dagli altri).
    Un modello che veda il territorio e la comunità non tanto come il luogo da cui supplicare nuovi spazi per realizzare nuove aule (dove stare, di nuovo, seduti 5 ore al giorno) quanto piuttosto come una finestra sul mondo inteso come aula.
    Un modello che ridiscuta i “contenuti” della formazione provando davvero a formare cittadini per questo tempo e non per il secolo scorso.  Un modello capace di valutare se stesso e gli studenti a partire dai compiti autentici e dalle competenze viste come capacità di mettere in gioco conoscenze, abilità, atteggiamenti, valori.
  5. Il digitale, in questa sfida, non è l’obiettivo: è il contesto dato.
    Possiamo far finta di aver scherzato e dire: adesso torniamo davvero alle cose che contano, alla scuola pre-covid, alla didattica in presenza, alle spiegazioni e alle interrogazioni e ai compiti in classe per file separate. Cosa oggi facilitata  al 100% dal nuovo layout delle aule.
    Oppure possiamo approfittare di questa assoluta accelerazione e da veri intellettuali tentare di salvare noi e la scuola, nel momento del massimo pericolo, con uno scatto di orgoglio e di creatività.
    Oppure possiamo fare la fine dei dinosauri: incapaci di modificarsi e di adattarsi ai  nuovi contesti si sono estinti.
  6. La scuola che conosciamo non è l’unica scuola possibile.
    La scuola che conosciamo è votata all’estinzione, foss’anche per irrilevanza e noia. Quello che possiamo fare è provare a cambiarla.
    E provare a farlo adesso, nel momento della massima difficoltà, nel momento in cui la scuola è tornata al centro del dibattito e della discussione pubblica.
  7. E con la didattica.
    Riaprire in sicurezza è il trascendentale – la condizione di possibilità – per ripetere il passato o per tentare nuove strade per il futuro. Sta a noi scegliere. E’ una scelta che dipende dal modo con cui ogni docente e ogni scuola pensa e interpreta l’innovazione didattica nel tempo dell’onlife. Una scelta da non sprecare. Magari facendoci aiutare proprio dai nostri stessi studenti immersi, spesso anche loro in modo inconsapevole, nel nuovo contesto onlife.
    Che chiede nuovi paradigmi.
    Sapremo girare pagina? Secondo Thomas Khun il passare da un paradigma all’altro implica una trasformazione nel modo di vedere le cose: i dati che si hanno a diposizione sono spesso gli stessi ma ora vengono letti e interpretati in modo diverso, sono messi tra loro in una relazione differente da rispetto alla precedente. Educazione è da sempre interazione tra soggetti: non è questo ciò che cambia quanto piuttosto il contesto, lo spazio, il tempo, le modalità, la cultura di riferimento, i valori.
    Il compito degli educatori e del sistema scuola è proprio quello che dare sempre nuovo significato al dato costante dell’interazione tra umani finalizzato all’apprendimento delle modalità con essere ancora e sempre più umani nella società che cambia.
    Quando mutano i paradigmi – scrive Khun – è il mondo stesso cambia con essi”.

(***) Aluisi Tosolini dirige il liceo Scientifico Musicale e Sportivo Attilio Bertolucci a Parma




La promozione sicura autorizza a non studiare più?

computerdi Aluisi Tosolini, ds del Liceo A. Bertolucci di Parma 

Dal 24 febbraio, primo giorno di sospensione delle lezioni in provincia di Parma, ho dato il via ad alcune nuove routine che segnassero il tempo nella nuova dimensione della scuola fuori dalle mura.
Tra queste due mail inviate a tutto il personale del Liceo Bertolucci, una al mattino e una alla sera (intitolate Mattutino e Tramonto), dove oltre a fare il punto della giornata che si apre e si chiude fornisco sia informazioni sulle attività in corso che sull’evoluzione normativa oltre che riflessioni più ampie di matrice culturale a partire dal linguaggio poetico.

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Questo il Mattutino di oggi 3 aprile, dedicato alle riflessioni e alle informazioni in ordine alla conclusione dell’anno scolastico, in attesa dell’uscita del documento La scuola fuori dalle mura pubblicato oggi da Avanguardie educative – Indire ed alla cui stesura ho partecipato e che è centrato proprio sul tema della valutazione.

Ai docenti del Liceo Attilio Bertolucci

1. ipotesi su come avviarsi alla chiusura dell’anno scolastico

Come certo sapete, procede il dibattito sugli scenari di chiusura dell’anno scolastico.
Tra le diverse anticipazioni vi è la bozza di un articolato che il Ministero sta limando e discutendo e che dovrebbe diventare, entro la fine di questa settimana, un decreto legge (perchè per cambiare l’esame di stato occorre una legge, non bastando un semplice DM)

I media stamattina (sia tv che giornali) danno la loro interpretazione del testo evidenziando i diversi aspetti.
Al riguardo credo corretto sottolineare – dal mio punto di vista – alcuni elementi del possibile dibattito sulle norme di chiusura dell’anno scolastico e in particolare sul tema della valutazione e del senso complessivo del nostro lavoro.

Facile infatti che serpeggi, e non solo tra gli studenti ma anche tra insegnanti ed educatori, l’idea che siccome tutto rischia di finire con una sorta di 6 politico, allora tanto vale smetterla di lavorare, e far lavorare, con serietà ed impegno.

In questo mese abbiamo spesso sentito raccontare la storiella del leone e del colibrì.
Il primo scappa davanti all’incendio della foresta, il secondo ci vola sopra portando la propria goccia d’acqua per collaborare a spegnere le fiamme.
In queste settimane abbiamo anche visto e sentito moltissimi leoni da tastiera. Coraggiosissimi nel commentare (e in sostanza irridere) i molti colibrì kantiani che reputano doveroso dar senso alla propria esistenza facendo in primo luogo quanto (molto o poco che sia) è nelle proprie possibilità per spegnere l’incendio.

Rispetto al tema “come finirà l’anno scolastico” credo sia giusto porsi poche ma essenziali domande che vanno al cuore del nostro lavoro e del suo senso.

1. Se pensiamo che di fronte ad una ipotesi tipo “tutti sostanzialmente ammessi al prossimo anno di corso” non abbia molto senso continuare a lavorare con impegno, serietà e tenacia, significa che aderiamo all’idea che la scuola – e l’impegno connesso – sta in piedi solo a motivo della coercizione dei voti, degli esami, dello spauracchio della bocciatura. Ma allora, è bene dirselo, non si tratta di scuola come luogo di costruzione e creazione di cultura ma di altra istituzione totale. Su quale, nello specifico, hanno ben detto Foucault e Goffman.

2. Se fosse così significa anche che la nostra autorevolezza non deriva tanto dall’essere prima di tutto intellettuali, scienziati, persone di cultura, appassionati al sapere ma solo addetti alle istituzioni totali di cui sopra. E’ sempre un mestiere importante, sia chiaro, ma di natura decisamente diversa. Basta saperlo.

3. Di conseguenza, se pensiamo che oggi il nostro lavoro non ha più senso “perchè tanto qui si rischia che sono tutti promossi“, occorrerà pur dirsi per quale motivo il nostro lavoro avrà senso da settembre in poi e aveva senso prima di febbraio. Solo perché addetti ad istituzioni totali? Solo perché signori dei voti e delle promozioni e bocciature?

4. Onestamente credo che questa emergenza e crisi globale, che sta intaccando i paradigmi socio-culturali ed economici su cui si è costruita negli ultimi 50 anni la società nella quale viviamo, costringa ognuno e ognuna di noi di dire e a mostrare nei fatti, nei confronti dei nostri studenti e delle famiglie degli stessi, chi davvero siamo.

Di che pasta ognuno di noi è fatto.
Che genere di uomo e donna, che tipo di persona prima che di educatore, ognuno di noi è.
Oggi, e quando questa crisi sarà finita.

2. Patrizia Valduga
Poetessa irriverente e controversa, partita studiando medicina a Padova ma poi finita a Lettere a Venezia a studiare il barocco e su su fino a Pascoli, dichiarando poi il proprio amore assoluto per Manzoni.
Attorno al 2000 ha scritto questa fulminante quartina.
Credo chiuda bene il mattutino di oggi

“Io sono sempre stata come sono
anche quando non ero come sono
e non saprà nessuno come sono
perché non sono solo come sono”