Un altro anno difficile. Pensiamo all'estate ma anche all'autunno

di Stefano Stefanel In questi ultimi giorni sono uscite le Ordinanze n° 52 e 53 (3 marzo 2021) sugli esami di stato conclusivi dei due cicli dell’istruzione e il Decreto legge n° 41 (22 marzo 2021), che contiene il comma 6 dell’articolo 31 che introduce una novità di portata molto ampia: “Al fine di supportare le istituzioni scolastiche nella gestione della situazione emergenziale e nello sviluppo di attività volte a potenziare l’offerta formativa extracurricolare, il recupero delle competenze di base, il consolidamento delle discipline, la promozione di attività per il recupero della  socialità,  della  proattività, della vita di gruppo delle studentesse e  degli  studenti  anche  nel periodo che intercorre tra la fine delle lezioni dell’anno scolastico 2020/2021 e l’inizio di quelle  dell’anno  scolastico  2021/2022, il Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento  dell’offerta  formativa e per gli interventi perequativi, di cui all’articolo 1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440, è incrementato di 150  milioni  di  euro  per l’anno 2021.” Io credo che qualcuno debba avvertire il Ministro Bianchi che c’è una “mancanza”, perché questi documenti “saltano” dalla fine di marzo alla fine di giugno, quasi che i mesi che ci attendono (aprile, maggio e giugno) siano mesi “indifferenti”. In questi giorni io, purtroppo, sento molto “rumore di sciabole” e questo mi mette molta paura, perché gli studenti vengono da due anni scolastici inimmaginabili e molti di loro vanno verso una bocciatura che aumenterà la dispersione scolastica e il disagio complessivo del sistema scolastico italiano, senza intervenire sul problema strutturale che questa pandemia ha scatenato. E’ vero che spendere 150 milioni di euro in sei mesi non è cosa da poco e quindi bisogna prendersi per tempo, ma l’impressione è che non ci sia preoccupazione per il numero di studenti che rimarranno indietro a causa di quanto accadrà nei prossimi tre mesi, dentro una didattica che ha aumentato, attraverso la distanza, il suo impatto formale e formalistico. Non comprendo perché questa corsa verso la dispersione non preoccupi e non preveda forme di supporto nei prossimi tre mesi per limitare quello che la pandemia ha minato nel processo di apprendimento dei nostri studenti. Continua a leggere

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La scuola è una pubblica amministrazione da riformare?

di Stefano Stefanel La scuola è una pubblica amministrazione da riformare?  Da un punto di vista teorico la risposta dovrebbe essere positiva, visto che nel complesso, tra dipendenti di ruolo e dipendenti precari, la scuola ha una pianta organica di circa 1.200.000 dipendenti. La sua composizione mista la porta ad erogare servizi di tipo non commisurabile, come sono quelli dell’educazione, della formazione e dell’apprendimento, collegati a quelli di carattere economico e fiscale, più simili alle altre pubbliche amministrazioni dello stato. Permangono però nel mondo della scuola alcune evidenti anomalie come quella di 8.000 dirigenti scolastici inseriti in una fantasmagorica Area V della dirigenza pubblica, ben lontana da quelle Aree I e II che contengono i dirigenti di altri segmenti della pubblica amministrazione. Ci sono, poi, molte alte incongruenze, che spesso fanno ritenere che la scuola non sia una vera e propria pubblica amministrazione. E infatti i dirigenti scolastici posti in capo alla scuola subiscono i carichi negativi delle pubbliche amministrazioni (responsabilità patrimoniali, qualifica di datore di lavoro al fine della sicurezza, responsabilità nella privacy, nella ricostruzione delle carriere a fini pensionistici, ecc.), senza beneficiare di quelli positivi (stipendi, mobilità tra pubbliche amministrazioni, middle management a loro disposizione con chiari compiti e responsabilità, ecc.). Continua a leggere

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Valutazione nella primaria: arrivano i giudizi descrittivi

di Stefano Stefanel La valutazione nella Scuola primaria, in applicazione della legge n° 41 del 6 giugno 2020, trova oggi un suo completo indirizzo attraverso l’emanazione del Decreto Ministeriale n° 172 del 4 dicembre 2020, a cui sono state allegate le Linee guida per la formulazione dei giudizi descrittivi nella valutazione periodica e finale della scuola primaria” e la nota del Capo dipartimento Marco Bruschi (n° 2158 del 4 dicembre 2020). A questi documenti va aggiunto il parere favorevole del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione del 2 dicembre 2020, le cui proposte correttive hanno trovato ampio spazio nei documenti emanati. Poiché questo passaggio normativo e progettuale è molto importante ed interessante, credo sia necessario che le scuole non sottovalutino alcune questioni, che si aprono attraverso questi documenti, e non cerchino frettolosi aggiustamenti a fronte di un percorso formativo e progettuale, che i documenti sopra citati impongono. Il documento emanato il 4 dicembre è un documento che nel corso del suo iter di approvazione è mutato in alcuni punti, conservando l’interessante impianto generale. E questo già dice molto sulla delicatezza del passaggio dai voti numerici ai giudizi descrittivi nelle scuole primarie.

AI LETTORI DI QUESTO ARTICOLO CHIEDIAMO UNA PICCOLA FORMA DI COLLABORAZIONE PARTECIPA AL NOSTRO SONDAGGIO SULLA VALUTAZIONE Clicca qui per rispondere al questionario 

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Le decisioni degli organi collegiali non fanno venire meno le responsabilità del dirigente

di Stefano Stefanel L’emergenza coronavirus ha fatto scoprire all’opinione pubblica, ai mass media, ai social, ai genitori e forse anche agli studenti la figura del dirigente scolastico, ritenuto, probabilmente, prima del Covid 19 una figura di contorno, non sempre fondamentale per la vita della scuola. Da febbraio a tutti è stato chiaro che senza i dirigenti scolastici la scuola non sarebbe potuta andare avanti e non sarebbe riuscita a organizzarsi neppure nelle minime incombenze. Ed è stato chiaro a tutti che se la scuola è stata in grado di fare la sua parte sia durante il lockdown di primavera, sia in questa drammatica ripartenza, è perché i dirigenti scolastici hanno lavorato sempre sodo e senza sosta, spesso nella solitudine peggiore, quella delle decisioni senza appello. In questi ultime settimane poi si è finalmente scoperto che solo una gestione capace, efficiente ed efficace avrebbe permesso di applicare in tempo reale decisioni prese e cambiate nel giro di poche ore. Continua a leggere

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Si riprende scuola, ma con poca pedagogia.

di Stefano Stefanel             Il ruolo del dirigente scolastico è molto cambiato negli ultimi anni, assumendo connotazioni, anche pubbliche, che non erano state previste da nessuno dei legislatori che si sono  occupati di normare la materia. Chiuso l’anno scolastico finora più difficile, se ne sta per aprire un altro che sembra essere ancora più difficile di quello precedente e chi, come me, entra nel suo ventesimo anno da dirigente scolastico si trova davanti alla necessità di aumentare il grado di riflessione in rapporto ad avvenimenti e novità impreviste, che di giorno in giorno stanno cambiando scenari già fragili. Mi accorgo, però, che il raggio della riflessione è diventato così ampio, che è difficile anche soltanto mettere in ordine le cose, sia sulla scrivania fisica dell’ufficio, sia sulla scrivania virtuale del proprio computer, sia sulla scrivania mentale, che è quella più importante. Soprattutto perché il dibattito sulla scuola va in direzioni opposte a quelle che dovrebbero animare il dibattito: pedagogia e apprendimenti, non sanificazioni e mascherine. In questo breve contributo mi permetto di sollevare alcune questioni e di cercare di riflettervi sopra.  EDILIZIA SCOLASTICA, MES, RECOVERY FUND              Con mia grande sorpresa vedo che il problema dell’edilizia scolastica è stato improvvisamente rimosso.  Durante la chiusura delle scuole è apparso evidente a tutti che gli edifici scolatici italiani hanno tali e tante carenze, che non possono essere considerati un patrimonio adeguato alle esigenze della scuola italiana. Mi sono illuso che almeno dieci miliardi del MES sarebbero stati spesi quest’estate per costruire, creare, progettare nuovi spazi per garantire quel distanziamento che ha una certa ricaduta sanitaria ( e che quindi autorizza l’uso del MES). Invece si è andati nella direzione delle misure e dei beni mobili (banchi) senza che ci fosse da parte dei dirigenti scolastici, degli insegnanti, del personale ata, degli enti locali, delle regioni, dei parlamentari, delle opinioni pubbliche una richiesta di costruire subito nuove scuole leggere, adattabili, eco compatibili capaci di entrare nell’emergenza e di aprire possibilità per il dopo. Addirittura sono andati avanti progetti già finanziati, ma assolutamente obsoleti, pensati per scuole vecchie prime e diventate improvvisamente vecchissime. Continua a leggere

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Homeschool, ovvero segnali di naufragio

di Stefano Stefanel                Il Ministero dell’Istruzione e, a questo punto, anche il Governo intero credo abbiano preso, sulla scuola, una strada che porterà in un vicolo cieco. Incredibilmente da fine giugno il dibattito è stato spostato dalla didattica alle misurazioni, con continui monitoraggi che si smentiscono tre loro e una sottovalutazione dell’importanza di permettere alle scuole di partire da settembre in modo diverso da quanto avvenuto nel settembre 2019. La questione dei banchi ha spostato l’attenzione da cosa ci si deve fare su quei banchi a cosa si può comprare per cercare di tornare come prima. Come prima, però, non si torna, almeno in tempi brevi. La scuola ha dimostrato una grande forza e la didattica a distanza un forte contenuto di innovazione, utilissimo nel momento dell’emergenza. Ad un certo punto però si è spostata l’attenzione dalla forza della scuola, della sua didattica, della sua resilienza, della sua capacità innovativa alla debolezza delle aule troppo piccole, degli organici non sufficienti, dei soldi da spendere non per la didattica, ma per mascherine e prodotti igienizzanti. E mentre si perde tempo dietro alla speranza di far funzionare spazi sbagliati e costruiti in altri tempi e per un’altra scuola ci si fa sfuggire la potenzialità del MES e l’importanza che la scuola stia con le sue competenze nel Recovery Fund (tutto questo lo si può leggere nel mio contributo apparso anche su Gessetti colorati col titolo Una scuola per l’Europa). Il discorso che qui ho solo abbozzato è stato già condotto con grande maestria da Aluisi Tosolini nel contributo apparso su Gessetti colorati dal titolo Onlife school. Non mi soffermo dunque oltre e rimando al citato intervento. Continua a leggere

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Una scuola per l'Europa, fra MES e Recovery Fund

di Stefano Stefanel In questa strana estate mi sento estraneo e antico e non riesco a stare dietro alle cose della scuola così come fanno molti colleghi dirigenti, molti insegnanti, molti opinionisti, molti sindacalisti, ma anche molti venditori di banchi e di strumenti per sanificare e misurare, in linea di massima anche terrorizzare. Constato poi, con un certo orrore, che sulla didattica a distanza si è ormai scesi a dibattiti di parte, con qualcuno che vuol proibire una modalità innovativa di didattica a favore di una didattica solo in presenza, che nega il tempo che avanza, ma anche il modo di innovare e migliorare. Possiamo anche ridurre a dodici centimetri la distanza di sicurezza tra un alunno e l’altro per fare stare tutti dove stavano prima, ma non possiamo certo ridurre lo spazio del sapere e nemmeno la naturale coerenza del virus, piuttosto disinteressato – temo – dalle metrature delle nostre aule e dei nostri corridoi. Da dirigente antico, che ama fare le cose una volta sola e quando serve, non posso non osservare con stupore molti colleghi dirigenti misurare tutto ad ogni battito di Facebook, dentro una logica geometrica e non didattica. I problemi vanno risolti pensando alla didattica non alle lampade a raggi ultravioletti.  Settembre è vicino, ma non proprio alle porte e dunque ancora molto può accadere. Diciamo che non sono attratto dal dibattito in corso, sono piuttosto perplesso sulle molte linee guida, che guidano poco o nulla, sono piuttosto sconcertato da quello che viene detto sugli organici, il numero di alunni per classe e tutto quanto riporta il discorso al punto di partenza, quel 22 febbraio 2020 che mai più ritornerà. Continua a leggere

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Modeste proposte per prevenire (e per riaprire)

ripresa_scuoladi Stefano Stefanel L’emergenza coronavirus non permette di vedere con chiarezza come sarà il futuro, sia quello immediato pre-vaccino, sia quello lontano post-vaccino. Alcuni concetti però si sono chiariti, di là da qualsiasi previsione si potesse fare durante la fase pre-pandemica. Riguardano punti cardine della scuola italiana, ma anche della vita sociale e richiedono un’attenta ed equilibrata progettazione per entrare a pieno titolo nel mondo scolastico. Credo possa essere utile guardare avanti e vedere, dentro tutte le possibili prospettive e soluzioni, quali innovazioni possiamo introdurre fin da subito nel sistema scolastico e quali elementi possono aiutare a curvare il sistema scolastico, anche per dare risposte sensate a un futuro vicino, ma ignoto e temibile. Il sistema scolastico italiano ha tenuto in modo inatteso durante l’emergenza e i docenti di tutti gli ordini scolastici si sono dimostrati categoria molto più forte, resistente, resiliente, flessibile e concreta di quanto ci si potesse aspettare dall’interno del sistema, ma anche certamente di come supponeva fosse chi la giudicava dall’esterno. C’è un’opinione pubblica oggettivamente colpita dal grande senso di responsabilità e dal grande senso dello Stato dimostrato dalla scuola italiana e questo è un elemento che va giocato bene in funzione della ripartenza. Da varie parti vengono prospettate possibili soluzioni soprattutto sul rientro a settembre a scuola e, giustamente, non ci si avventura in territori più lontani, viste le grandi difficoltà a definire scenari futuribili dentro una simile e inedita pandemia. Ci sono idee che riguardano gli spazi, i materiali, i distanziamenti, i turni, la didattica, i tempi, ecc.: dentro questa enorme variabilità possono trovare cittadinanza delle considerazioni che aprono al lungo periodo, pur avviandone l’attuazione nel breve periodo. Queste “proposte” possono aiutare a gestire le emergenze immediate e anche a modificare il futuro della scuola italiana. Alcuni di questi argomenti toccano alla base proprio l’organizzazione e la struttura della scuola pre-pandemia e dunque devono essere attentamente studiati per produrre soluzioni aperte verso un futuro che, comunque vada, è incerto. Continua a leggere

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Innovazione, didattica e valutazione

arcobaleno di Stefano Stefanel La scuola italiana è entrata dentro un’emergenza pandemica di carattere mondiale e ha dovuto accelerare sull’innovazione didattica e metodologica molto al di là di quanto avrebbero permesso le forze presenti nel sistema dell’istruzione italiano. E’, dunque, importante comprendere come l’innovazione richiesta dalla Didattica a distanza, dalla Valutazione senza possibilità di bocciatura o di sospensione del giudizio, dalle ipotesi che si susseguono di giorno in giorno senza piani di attuazione strutturali che riguardino l’edilizia e la connettività, sia entrata a regime, senza alcun periodo di sperimentazione. Inoltre non c’è stato neppure alcun precedente “stress test”, che abbia potuto permettere di verificare lo stato dell’arte in una situazione senza eguali. C’è stata una grande improvvisazione nazionale, che ha dato esiti nel suo complesso molto positivi, ma sempre dentro scelte di carattere empirico e non legate a ricerca e innovazione didattica. Alcune scuole sono già molto avanti nella Didattica a distanza, nella connettività, nell’integrazione del web nel curricolo: ma queste scuole sono poche e soprattutto sono del secondo ciclo. Far guidare l’innovazione di tutto il sistema dell’istruzione da esperienze forti del secondo ciclo significa solo creare un ulteriore sbilanciamento nel sistema stesso. Continua a leggere

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Il 6 “pandemico” e i voti alti

votidi Stefano Stefanel Inizierei questo breve intervento sulla valutazione e sulla didattica attraverso una banale annotazione linguistica e politica. Si sta parlando sui social e sui mass media di “6 politico” e trovo la cosa insultante e irritante, tra l’altro l’ennesimo modo per esacerbare gli animi da parte di una certa parte politica, cui però si sono aggregati anche altri soggetti da cui non me lo sarei aspettato. Il così detto “6 politico” era la richiesta fatta circa 50 anni fa dalla frange più estremiste di sinistra, partita dal movimento studentesco nei confronti dell’Università (in quel caso si parlava di “18 politico”, riferito ai trentesimi). Era dunque una richiesta così detta “proletaria” che voleva eliminare la “scuola di classe”. Nel 68 si sono fatte molte cose buone e molte scemenze: questa era una scemenza colossale. Trasferire però quella richiesta dentro una pandemia mi pare solo un avvelenamento dei pozzi. E in questo momento bisogna maneggiare con cura tutte le parole. Continua a leggere

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