L’estate porta sempre con sé il dibattito sui risultati Invalsi e sugli esiti degli esami di Stato facendo emergere l’inesistente cultura della valutazione italiana propria dell’opinione pubblica e di troppe componenti della scuola. Inoltre l’estate fa emergere anche la stucchevole polemica sulle competenze, sui voti alti, sulla scuola figlia e vittima del sessantotto. Il tutto visionato da un punto di vista solo liceale, con commentatori che boccerebbero tutti gli studenti che non scelgono di studiare a fondo greco e latino. Poiché, però, l’indignazione non serve a nulla provo qui con “due parole”, ammesso che queste, invece, possano servire in una società e in un mondo che brucia tutto con la velocità di Instagram.
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Con grande voluttà e gran spregio del senso del ridicolo vengono messe in estate in correlazione alcune considerazioni che nascono da contesti diversi:
- i dati Invalsi fotografano un sud in ritardo rispetto al nord e mostrano i dati Invalsi in linea con le rilevazioni Ocse-Pisa;
- all’esame finale del secondo ciclo (che qualcuno ancora si ostina a chiamare “maturità” anche se con la maturità delle persone con c’entra nulla) non viene bocciato nessuno o quasi;
- al sud fioccano 100 e 100 e lode in controtendenza rispetto ai risultati Invalsi.
Alcuni colleghi dirigenti del nord (con una certa malcelata tendenza allo sciacallaggio) si buttano estivamente sui dati per rimarcare la serietà delle scuole del nord di fronte alla leggerezza di quelle del sud. Le scuole del sud, per lo più compostamente, si sottraggono a questo dibattito estivo e poi tutto torna come prima.