Il “caso” della professoressa Dell’Aria, tutti ne parlano ma non succede nulla

matitadi Gianfranco Scialpi

Prof.ssa Dell’Aria, dopo un anno nulla è cambiato.
I tanti annunci si sono rivelati parole al vento!
Una nuova conferma del valore dei docenti.
La nuova Ministra riuscirà a cambiare il copione?

Prof.ssa Dell’Aria, nulla è cambiato! Sono rimaste le parole

Prof.ssa Dell’Aria, è passato quasi un anno da quando la sua presunta disattenzione professionale è divenuta una notizia!
Accusata di non aver vigilato su una presentazione in Powerpoint, prodotta dai suoi allievi che accostava il Decreto sicurezza (Ministro M. Salvini) con le leggi razziali di Mussolini.
Bene, nulla è cambiato!
La macchia della sospensione è ancora lì, come un buco nero! Il problema è un cavillo formale. Eppure gli ex Ministri Salvini e Bussetti avevano espresso la volontà di rimediare.
M. Salvini auspicava, in quei giorni che la sospensione fosse revocata, perché ritenuta esagerata, pur dichiarando che non aveva nessun potere sul Dirigente scolastico regionale.
Ad agosto Bussetti ha lasciato.
E’ subentrato L. Fioramonti che aveva promesso di risolvere a breve la questione.
Posizione confermata anche dal viceministro Ascani.
Fin dall’inizio ha sempre affermato l’alto profilo educativo della scuola.  “Vogliamo formare giovani che siano attenti ai diritti e ai doveri e che siano soprattutto consapevoli.”

L’umiliante profilo della scuola e degli insegnanti.

Lucia Azzolina che cosa farà? Alla fine resta una pessima storia, dove è confermato, purtroppo il profilo minimale della scuola. Un’agenzia che deve “addestrare sudditi e schiavi ideali” (D. Fusaro) e non cittadini con una “testa ben fatta” (E. Morin)
La scuola ovviamente rimanda all’altro soggetto: il docente. E purtroppo la vicenda aggiunge un altro elemento: gli insegnanti sono dimenticati, beffati e contano poco o nulla! Diversamente si sarebbe trovata una soluzione in tempi brevi. E’ il copione si ripete anche in altre situazioni: sostegno promesso nei casi di aggressioni fisiche o verbali e i fiumi di parole sull’equiparazione degli stipendi dei docenti alla media europea ( Giannini, Fedeli…). La Ministra L. Azzolina, impotente sul versato della spesa, considerati i vincoli derivati dalla legge di Bilancio 2020, riuscirà a risolvere la situazione a vantaggio della Prof.ssa Dell’Aria, ormai prossima al pensionamento? Da parte mia, tanto di cappello alla collega che ancora crede nel profilo educativo della scuola. Gianfranco Scialpi




Il Ministero Azzolina e la gabbia della legge di Bilancio

azzolina

La ministra Lucia Azzolina

di Gianfranco Scialpi

Il Ministero Azzolina sarà fortemente condizionato dallo scenario proposto da Lorenzo Fioramonti.
Occorre ragionare sui vincoli imposti dalla legge di Bilancio (L.160/2019) per capire le possibilità di successo del nuovo Ministro. Risultano scarse su due qualificanti temi presentati da Di Maio (agosto 2019).

Il Ministero Azzolina, lo scenario e la legge di Bilancio

Il Ministero Azzolina, formalmente ancora non nato (è necessario un decreto-legge per lo spacchettamento del Miur), sarà condizionato da due elementi.
Il primo è rappresentato da un’intervista di L. Fioramonti : “La scuola in questo Paese avrebbe bisogno di 24 miliardi. I 3 miliardi che io ho individuato, non sono la sufficienza, ma rappresentano la linea di galleggiamento”.
Il secondo, invece è vincolante e rimanda alla Legge di Bilancio 2020 (L. 160/2019). Alla voce aumenti contrattuali del pubblico impiego si legge: “Le risorse passano da 1.650 a 1.750 milioni di euro per il 2020 e da 3.175 milioni a 3.375 milioni di euro per il 2021…Tali risorse comportano un incremento delle retribuzioni medie complessive del personale appartenente al settore Stato pari all’1,3 per cento per il 2019, all’2,01 per cento per il 2020 e al 3,72 per cento a decorrere dal 2021. (art. 1 comma 127)”.
Sommando altre voci, le risorse destinate alla scuola si avvicinano ai due miliardi richiesti (1.977 milioni di €).

Un approfondimento per capire il trucco contabile

Quindi, almeno per la scuola, tutto bene? La risposta purtroppo è negativa. Occorre ricorrere all’analisi, all’approfondimento per smascherare il trucco contabile. Si legge in Repubblica.it, che ovviamente fa riferimento al biennio : “L’88 per cento di quella cifra – ovvero 1,744 miliardi – saranno impegnati per il rinnovo del contratto di lavoro che riguarda un milione e cinquantamila docenti e 150 mila amministrativi di vario livello. Secondo le proiezioni della Federazione della conoscenza della Cgil, con questo finanziamento sarà possibile aumentare lo stipendio medio degli insegnanti di 40 euro nel 2020 e 70 euro nel 2021. Non ci sono le “tre cifre” reclamate da Fioramonti: per arrivare a un aumento a “quota 100″ serviranno altri 600 milioni”

Al netto dell’aumento contrattuale per il miglioramento della didattica e in genere del sistema formativo restano 161.06 milioni di €. Il valore è la somma delle voci presenti nella tabella (ho scorporato le borse di studio per gli specializzandi in medicina e i finanziamenti per “Crea”).

bilancio

In percentuale rispetto ai 2 miliardi abbiamo questo valore: 0,08%. Quindi al di sotto dell’1%

Impegni impossibili per il nuovo Ministro

 

I numeri rimandano a uno scenario difficilmente confutabile. La legge di Bilancio 2020 è una sorta di gabbia, che impone la coerenza a tutti i provvedimenti approvati nell’esercizio finanziario del suddetto anno. Lucia Azzolina, quindi dovrà gestire lo stato di affogamento del sistema-scuola.
Difficile immaginare le modalità, senza pensare a un funerale!
Ad agosto Di Maio aveva dichiarato: “La scuola pubblica e’ un bene comune serve prima di ogni altra cosa una legge contro le classi pollaio e valorizzare la funzione dei docenti.”
Personalmente le parole pesano e anche tanto. Non condivido l’uso disinvolto delle dichiarazioni, che nella comunicazione 2.0 hanno un valore prossimo allo zero! Il Leader del M5s ha fatto precedere il superamento delle classi pollaio dalla parte ” prima di ogni altra cosa”. Scorrendo le voci della suddetta tabella, non si incontra la locuzione “abolizione classi pollaio” o “superamento del sovraffollamento delle classi”.
Quindi l’aberrazione organizzativa voluta dal duo Gelmini/Tremonti (2008-09) sarà confermata!

L’on. Lucia Azzolina è la prima firma di un disegno di legge (5 luglio 2018) che mette nero su bianco l’enorme impegno finanziario distribuito in un triennio.
Medesimo giudizio sugli aumenti contrattuali.
Quelli previsti dalla L.160/2019 sono coerenti con quanto stabilisce il D.Lvo 29/93 che impedisce ai contratti pubblici di elargire risorse superiori al tasso di inflazione programmata.
Per uscire dalla gabbia del suddetto decreto, la soluzione è semplice ed era alla portata dell’ex Ministro L. Fioramonti: un dispositivo normativo che facesse uscire la scuola dal comparto pubblico!
Cosa potrà fare quindi L. Azzolina? Temo poco, pochissimo! In uno stato di diritto conta la normativa vigente!
Le dichiarazioni, invece valgono zero!




Le dimissioni di Fioramonti, “sporcate” dal suo futuro prossimo

matitadi Gianfranco Scialpi

Le dimissioni di Fioramonti certificano la coerenza del personaggio politico.
Purtroppo l’annuncio dei suoi prossimi impegni politici rischiano di mettere in secondo piano il valore della decisione e soprattutto l’eclissi della scuola.

Le dimissioni di Fioramonti, ottima decisione!
Le dimissioni di Fioramonti sono un atto importante, raro in politica e non solo. Esprimono un deciso no alle politiche scolastiche degli ultimi anni, che hanno visto spesso la scuola come un bancomat per risanare le finanze pubbliche (Gelmini 2008-09).
Molti hanno espresso soddisfazione e gratitudine per il bel gesto del Ministro. Quindi “Chapeau al Ministro per coerenza e visione” (Pino Turi, Uil scuola).


Riporto alcuni post presenti nella sua pagina Facebook:
“Condivido il coraggio e la coerenza dimostrati con le dimissioni….”,
“Abbiamo perso l’unica persona che ha avuto la capacità di mettere a nudo il vero problema dell’Italia … Non è la scuola in sé, il processo di insegnamento/apprendimento che va additato, ma l’incapacità di generare politiche e strumenti per garantire un futuro lavorativo ai tanti giovani che escono dalla scuola italiana con competenze qualificate , in grado di risollevare un Paese in ginocchio…”,
“Un grande gesto che rischiara la politica più oscura fatta di gente che promette promette e poi non si schioda dalla poltrona”.
E così via. Ovviamente sono presenti anche post che esprimono delle critiche.

“La buccia di banana” di L. Fioramonti
Le dimissioni di Fioramonti dovevano servire soprattutto a porre l’attenzione sull’emergenza
educativa, espressa nell’immagine di una scuola distrutta (S. d’Errico), emarginata e resa inutile dal finanzcapitalismo. Purtroppo la sua decisione è stata accompagnata dall’intenzione di favorire la nascita di un nuovo soggetto politico, ma sempre filo governativo.
Questa parte ha permesso a molti commentatori politici di spostare l’attenzione dalla scuola alla strategia politica e di ipotetico tornaconto personale dell’ex Ministro.

La dichiarazione rappresenta la classica buccia di banana, il distrattore di cui parla N. Chomsky: “L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élite politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.”

Ecco alcuni titoli che mettono in evidenza anche indirettamente le intenzioni separatiste dell’ex
Ministro: “Il campione di tasse e gaffe farà il soldatino di Giuseppi” (La Verità), “Fioramonti va,
Conte avverte: nessun partito con il mio nome” (Il Fatto Quotidiano), “Governo, prove di scissione
M5s” (Il Messaggero), “M5s, strappo di Fioramonti, il Ministro si dimette e prepara un gruppo con i grillini ribelli” (Il Mattino), “Fioramonti lascia, tremano i 5S” (La Stampa).




Preadolescenti e Web (e genitori irresponsabili)

matita

di Gianfranco Scialpi

Preadolescenti e Web, un sondaggio certifica la grande irresponsabilità dei genitori che disattendono il GDPR e il decreto attuativo 101/2018. Di fronte a questi genitori si può fare poco o nulla.

 

Preadolescenti e Web, un sondaggio certifica un’iniziazione precoce

Preadolescenti e Web, spesso il rapporto con la Rete  si riduce alla frequentazione di Social Network (Facebok ma soprattutto Instagram) o servizi di messaggistica istantanea (WhatsApp).
Un sondaggio condotto da  Osservare Oltre, associazione nazionale dei presidi e tutorweb su 7896 preadolescenti illustrato all’interno di una trasmissione (tra il minuto 3:34  e il 6:16) presenta questi valori: “l’84% possiede un profilo social, nessuno al momento dell’iscrizione ha indicato la sua vera età, neppure quel 22 per cento che lo ha fatto con un genitore presente, e il 91% non parla con mamma e papà di quelle che vede o che dice su internet. Di nuovo il 91% si arrabbierebbe molto sei genitori gli vietassero l’uso dei social”

L’irresponsabilità dei genitori

I dati sono sconcertanti e rimandano a un’assenza educativa  dei genitori. Ad essi fa capo la responsabilità genitoriale, che nel caso specifico – e non solo – resta formale. Assenza che coniugata con la superficialità produce gli effetti che tutti noi conosciamo: isolamento, intermediazione dell’emozione e dell’affettività, progressiva riduzione del linguaggio, narcisismo, propensione a superare la pesantezza del corpo, stress e altro ancora che definiscono il nativo digitale (M. Prensky).
A questo occorre aggiungere anche la complicità genitoriale a bypassare direttamente o indirettamente la normativa e in particolare il GDPR (Regolamento Europeo per la protezione dei dati personali e il decreto attuattivo 101/18.
Il primo stabilisce all’art. 8 “… per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Gli Stati membri possono stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni. “

Il decreto attuativo (101/18) che  ha armonizzato il D.Lvo 196/03 con il GDPR, ha stabilito che  “il minore che ha compiuto i quattordici anni può esprimere  il  consenso  al  trattamento  dei  propri  dati personali in relazione all’offerta diretta di servizi della  società dell’informazione. Con riguardo a tali servizi,  il  trattamento  dei dati personali del minore  di  eta’  inferiore  a  quattordici  anni, fondato sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento, e’ lecito  a  condizione  che  sia   prestato   da   chi   esercita   la responsabilita’ genitoriale.” (art. 2- quinquies).

Questa la normativa.  Purtroppo può fare poco di fronte all’immaturità educativa dei genitori. Stesso discorso la scuola. Concludendo, in molti casi assistiamo a una capitolazione educativa da parte di chi è chiamato in primis a educare i ragazzi (art. 30 Costituzione)




Aumenti scuola, possibili solo con fuoriuscita dal comparto pubblico

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di Gianfranco Scialpi

Aumenti scuola, nuova fumata nera!
Saranno irrisori! Come da ventisei anni!
Le dichiarazioni e le interviste non fanno mai riferimento al quadro normativo vigente.

Eppure la soluzione è semplice: far uscire la scuola dal comparto pubblico.

Aumenti scuola, l’ultima illusione

Aumenti scuola, resta il sogno, confermando il buio prospettico. Tutto confermato! Ci sarà semplicemente un adeguamento al tasso d’inflazione programmata. Si legge su Italia Oggi “I 3 miliardi a regime, previsti nel disegno di legge di bilancio per il rinnovo dei contratti collettivi del personale non dirigenziale del pubblico impiego, nel quale sono compresi docenti e Ata, copriranno solo il tasso di inflazione programmata.
È quanto si evince dalla relazione sul bilancio di previsione dello stato per l’anno finanziario 2020 e sul bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022 (a.s. 1586), depositata in audizione davanti alle commissioni riunite di camera e senato, dal presidente della Corte dei conti, Angelo Buscema.

Era tutto prevedibile, considerando il quadro legislativo

La notizia era attesa! Conoscendo il quadro normativo non poteva essere diversa.
Le interviste e le dichiarazioni – le ultime sono di Di Maio, Zingaretti, Sgambato e dello stesso Ministro Fioramonti – non fanno mai riferimento al quadro normativo. In particolare al D.Lvo 29/93 che lega i rinnovi contrattuali del pubblico impiego al tasso s’inflazione programmata.
Le esternazioni rivelano il loro fine di annunci vuoti, utili per stordire, parlare alla pancia dell’ascoltatore o del lettore sprovveduto, bypassando la razionalità.
Quest’ultima è sempre meno presente ed è dovuta alla minore propensione a leggere e approfondire le questioni giuridiche. Questa scelta di accontentarsi della notizia che punta dritto all’emotività è tipica del nostro contesto postmoderno, prodotta dall’allergia contemporanea verso lo studio e l’approfondimento.

Eppure la soluzione è molto semplice

Situazione impossibile da superare? In altri termini è possibile individuare una possibile via d’uscita da questa situazione? La soluzione è semplice e prevista dal nostro ordinamento giuridico. Basta volerlo, dimostrando anche una certa autonomia rispetto ai diktat del finanzcapitalismo (compatibilità economiche, ottimizzazione delle risorse…).
Mi riferisco ad un dispositivo che faccia uscire la scuola dal comparto pubblico e quindi dalla gabbia del D. Lvo 29/93.
Scelta conseguente e obbligatoria se si tiene conto che l’istruzione è presentata dai politici come strategica per il futuro del Paese. Questa specificità strategica separa la scuola dagli altri comparti.
Quindi, perché non procedere, invece di fare annunci vuoti, utili solo a racimolare qualche voto? Mistero! Il Ministro è a conoscenza del quadro normativo bloccato, quindi perché tarda a dimettersi?

What do you want to do ?

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Il caso del bambino morto a Milano: centralità dell’infanzia, ma solo a parole

bambini_scuoladi Gianfranco Scialpi

La centralità dell’infanzia: se ne parla spesso. Difficilmente però diventa una priorità, declinata in un’attenzione continua che porta a provvedimenti operativi. L’ultimo caso è rappresentato dalla tragedia dell’alunno precipitato. La centralità dell’infanzia, un tema per parolieri La centralità dell’infanzia, tema che riempie la bocca di politici e formatori.

Sul tema chi potrebbe non essere d’accordo?
Si parla di persone indifese e significativamente dipendenti dagli adulti. Rappresentano una dimensione spesso dimenticata o che si eclissa, quando si diventa adulti.
Questa realtà convive con le contraddizioni, le nevrosi, le paure trasmesse dalla famiglia o delle sue diverse declinazioni postmoderne. Chiedono attenzione e ascolto del loro mondo fatto di colori e stupore verso i piccoli eventi della quotidianità. Sono una domanda aperta alla vita con le sue contraddizioni (dolore e morte) che spesso sono censurate e rimosse.


Gli adulti che costituiscono la società civile dovrebbe prendersi cura dei suoi bambini, parlandone spesso, rimuovendo criticità e prospettando soluzioni.
Dopo le parole e le dichiarazioni il Nulla! E invece? L’infanzia è una realtà, una presenza che riesce solo a commuovere. L’interesse è circoscritto ai sentimenti e ai discorsi di facciata. Difficilmente il sentimento diventa razionalità pratica. Con i dovuti distinguo, siamo di fronte all’esempio dove esiste una frattura tra la teoria e la prassi. In altri termini, la parola non diventa carne.
L’ultimo esempio è la tragedia del bimbo precipitato dalle scale. Tanti i discorsi, la commozione per una vita stroncata. Alcune vanno oltre, il sentimentalismo, accennando alle possibili cause. E’ il caso del Ministro Fioramonti o dell’On. Sgambato (Pd).
Quest’ultima ha dichiarato: “Ci sarà un colpevole. C’è sempre un colpevole. La dirigente, la maestra, il vecchio bidello. Ma quando muore un bimbo nel posto che dovrebbe essere il più sicuro e il più accogliente, ecco, allora il colpevole, quello vero, è fuori dalla scuola. È di chi non ha considerato, in tanti anni, la scuola e la drammatica carenza negli organici, docenti e ATA, il problema principale del Paese.”
Bene l’analisi non seguita, però da nessuna decisione politica che migliori concretamente la situazione. Stesso atteggiamento i mass-media. Dopo la notizia della tragedia e della morte del bambino, si è tornati a parlare e a organizzare talk-show sulla politica, l’economia.
In altri termini il presente è tornato padrone del palcoscenico!
Parafrasando un lavoro di N. Postman siamo di fronte all’ultimo esempio della scomparsa dell’infanzia che rimanda all’eclissi del futuro. Non potrebbe essere diversamente per un Paese sempre più per vecchi che non ha nessuna voglia di guardare dalla finestra, accontentandosi di quello che offre la propria abitazione (presente).




Alunno caduto dalle scale, quanta imprevedibilità nell’evento?

di Gianfranco Scialpi

[Nell’articolo che qui pubblichiamo G. Scialpi fa riferimento ad un mio articolo pubblicato nel sito di Tecnica della Scuola. Mi preme rilevare che il mio articolo era stato scritto prima che si conoscessero i particolari che sono poi emersi dalle indagini. RP]

Alunno caduto dalle scale, sarà l’imprevedibilità dell’evento il criterio orientativo per i magistrati. E questo li porterà a leggere l’art. 2048 del codice civile, i documenti dell’Istituto e capire la personalità del bambino.

Alunno caduto dalle scale, la vicenda

Aalunno caduto dalle scale, meglio precipitato. Ormai la vicenda è nota e ha riacceso l’ansia e le paure in molti docenti. In sintesi la vicenda: “Secondo le prime informazioni, verso le 9,45 di oggi, venerdì 18 ottobre, un bambino di sei anni sarebbe caduto dal secondo piano nella tromba delle scale all’interno della scuola elementare Giovanni Battista Pirelli sita in via Goffredo da Bussero al civico 9, una traversa di viale Fulvio Testi. Il piccolo avrebbe fatto un volo di qualche metro prima di cadere al suolo.


I magistrati leggono l’art. 2048 del codice civile

Innanzitutto due premesse. Ci auguriamo che il bambino ritorni a casa e bene, abbracciato dall’affetto dei suoi genitori. Saranno, poi i giudici a valutare le responsabilità. Solo loro. Essi si muovono all’interno delle leggi e dei codici. I risvolti pedagogici di autonomia e responsabilizzazione contano zero, a meno che non siano normati. Innanzitutto faranno riferimento all’art. 2048 del codice civile  “I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti (2) nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto” .
Quindi la responsabilità deve essere continuativa e attiva per tutto il tempo di permanenza dei minori a scuola e nelle sue pertinenze. Non sono previsti vuoti, tempi in cui il bambino è lasciato solo, presumendo una capacità d’intendere e volere che il minore in quanto tale non possiede. Nel tempo l’assoluta immaturità è divenuta relativa, cioè correlata “all’età ed al normale grado di maturazione degli alunni in relazione alle circostanze del caso concreto” (Trib . Milano , 28 giugno 1999) .
La vigilanza degli insegnanti e dei collaboratori scolastici  “deve raggiungere il massimo grado di continuità ed attenzione nella prima classe elementare” (Cass. 4 marzo 1977 n. 894) e “il massimo grado di efficienza nelle classi inferiori” Cass . 22 gennaio 1980 n. 516).

Il secondo passaggio riguarda le decisioni locali e il carattere del bambino

Subito dopo i magistrati leggeranno i documenti dell’Istituto.
Questi sono le decisioni del dirigente scolastico, il regolamento.
Per quanto riguarda il primo punto mi lascia perplesso la decisione di collocare le prime al secondo piano (culpa in organizzando?).
Solitamente, le aule sono collocate al piano terra, qualche volta al secondo, anche per facilitare le eventuali evacuazioni.
Io escluderei l’eventuale coinvolgimento dell’insegnante anche se R. Palermo pone un dubbio: “l’insegnante che ha accordato al bambino il permesso di uscire dall’aula, sapeva che sul piano non c’era sorveglianza oppure era convinta del contrario ?”
Nel Regolamento d’Istituto si legge all’art. 12 che i collaboratori scolastici hanno il compito di di vigilare “sulla sicurezza ed incolumità degli alunni, in particolare durante gli intervalli, negli spostamenti e nelle uscite degli alunni per recarsi ai servizi o in altri locali.”
Infine i magistrati cercheranno di capire se il carattere del bambino avrebbe potuto favorire o meno la decisione di utilizzare una sedia.
Ha scritto R. Palermo “Il bambino coinvolto nel terribile incidente può essere definito autonomo e responsabile (compatibilmente con la sua età) oppure è un bambino che aveva già dato prova di particolare vivacità”?
L’esito dell’indagine su quest’ultimo aspetto deciderà il grado di prevedibilità dell’evento, confermando quanto stabilito dalla sentenza della Cassazione n. 8740/01 che fa riferimento anche alle peculiarità caratteriali e situazionali del minore.

Basteranno per i giudici le dichiarazioni degli adulti e le difficoltà del servizio?

I giudici terranno conto delle dichiarazioni rilasciate da alcuni genitori sull’altezza adeguata delle ringhiere e dalla dichiarazione di una docente?
“Da noi, una primaria con centinaia di alunni in un municipio a Nord di Milano, fino alle 10 del mattino non c’è neanche un bidello ai piani. Soltanto il collaboratore nell’atrio che deve controllare gli ingressi – racconta una maestra che raccomanda di non essere citata – Non è certo un caso isolato, comunque. È quasi dappertutto così. Ma la probabilità che succeda una disgrazia mi pare davvero remotissima “.
Detto tutto questo rimane il dramma di un bambino e della sua famiglia!