Riapertura delle scuole a settembre, tante le proposte fantasiose

io_noidi Gianfranco Scialpi

Riapertura delle scuole a settembre. Il problema è come arrivarci senza problemi e con soluzioni fattibili. Prima, durante e dopo. Ci sono molte proposte. La maggior parte, però sono fantasiose. Alcune proposte concrete che hanno ovviamente delle criticità maggiormente risolvibili, rispetto a quelle fantasiose.

Riapertura delle scuole, proposte poco concrete

Riapertura delle scuole a settembre. E’ un obiettivo da conseguire. Lo richiede la nostra Costituzione negli articoli 2,3 e 34. L’istruzione è un diritto e la Repubblica italiana ha il dovere di rimuovere tutti gli ostacoli e risolvere le criticità che (come quelle attuali) che impediscono alle persone la piena educazione e formazione. In questo senso vanno lette le proposte fatte in questi giorni.

Ad aprire ufficialmente il dibattito è stata la Ministra L. Azzolina con la didattica mista. Poco realizzabile come ho scritto su Scuolainforma.
La Ministra si è resa conto di aver presentato uno scenario poco praticabile per tutto il sistema scolastico, chiarendo ieri in parte il suo pensiero. Non ha abbandonato l’idea della didattica mista, che intende limitare alle superiori. Ha dichiarato a Il Fatto Quotidiano di ieri: “Dovremo immaginare altri spazi oltre quelli tradizionali: la scuola potrà aprirsi al territorio . Sfruttare parchi, ville, teatri, spazi di associazioni e realtà che collaborano già con le scuole. Non significherà perdere di vista gli obiettivi, educativi, ma andare oltre il perimetro degli edifici e immaginare una scuola nuova” .
L’idea di aprire al territorio in sé è buona, peccato che verrebbe depotenziata dall’arrivo della stagione fredda. La soluzione dipenderebbe molto dal clima! Se si intende stabilire dei rapporti di collaborazione con associazioni esterne occorre fare presto ed elaborare un protocollo con stipule di convenzioni, modalità organizzative, eventuali compensi…
Anche questa soluzione la vedo complessa.

Non parliamo poi della ristrutturazione dei locali

Il culmine del paradosso si ha quando si avanzano proposte di ristrutturazioni logistiche.
Ha postato R. Palermo su Fb“Ma davvero c’è chi pensa seriamente che durante l’estate si possano fare lavori strutturali per adeguare gli spazi scolastici alla nuova situazione? Ha provato a fare un calcolo “spannometrico” dei costi di una operazione de genere? Allora provo a dare un’idea: la spesa annua del Ministero è di circa 40 miliiardi, 3 miliardi al mese abbondanti.. Per coprire le spese da settembre a dicembre ci vorrebbero come minimo 10 miliardi (solo per il personale). Per l’adeguamento dei locali il problema non è solo quello dei costi ma anche quello dei tempi: ma chi parla di rimettere a posto i locali durante l’estate lo sa che se in una scuola è necessario rimettere in sesto anche solo i servizi igienici il Comune impiega più o meno un mese ? Ma chi parla di lavori di ristrutturazione estivi lo sa che le scuole italiane sono all’incirca 40mila ? Ha già qualche idea su come e dove trovare imprese e aziende che in poco tempo siano in grado di fare il lavoro?”.

Quali le soluzioni?

Quali sono le alternative fattibili a queste proposte? La didattica a distanza e i doppi turni che però trovano l’opposizione della Ministra. La prima sta ponendo evidenti problemi organizzativi alle famiglie che aumenteranno con la ripersa lavorativa a full-time, senza dimenticare la bassa densità relazionale. La seconda illustrata in un contributo su Scuolanforma prevede la suddivisione del gruppo classe in due sottogruppi che si alternano a scuola (mattino/pomeriggio). La composizione dei sottogruppi cambia ogni quindici giorni. Esiste una terza soluzione che riprende l’idea della didattica mista, ma differita nel tempo. In pratica si formano due sottogruppi. Il primo lavora in classe la mattina, mentre il secondo si virtualizza il pomeriggio con altri insegnanti. Ovviamente la soluzione prevede l’alternanaza delle modalità.




Riapertura scuole a settembre, quale sorte per i docenti over 60?

bambini_maestradi Gianfranco Scialpi

Riapertura scuole a settembre?
Nulla ancora è stato deciso.
Non se ne parla, ma resta il problema dei tanti docenti over 60. Bisogno di una risposta certa e chiara.  E’ in gioco il bene primario della tutela della salute. Riapertura scuole a settembre, dalle dichiarazioni della Ministra mancano i docenti e…
Riapertura scuole a settembre, il Ministro sta rilasciando diverse interviste.
La sua attenzione, ovviamente è concentrata sugli alunni e studenti.
Purtroppo mancano tutti gli altri protagonisti: in primis gli insegnanti, poi i collaboratori scolastici.
Eppure uno dei motivi che ha spinto G. Conte a decretare la definitiva chiusura delle scuole è la presenza di molti docenti con età anagrafica alta.
“Ragionevolmente avremo scuole chiuse fino a fine anno scolastico. Ci abbiamo riflettuto a lungo con la ministra Azzolina, gli altri membri del governo e con il comitato tecnico-scientifico… Gli studi ci dicono che avremmo una nuova esplosione nel giro di 1-2 settimane, tenendo conto che l’età media del nostro personale docente è forse la più elevata d’Europa…”

Probabilmente non rientra tra i suoi compiti decidere la sorte dei tanti docenti over 60. Sulla questione esiste una non concordanza di vedute tra il Presidente Conte (“è una valutazione politica molto sensibile e vi dico subito che il governo ragionevolmente non la raccoglierà”) e il Responsabile della task force V. Colao (più possibilista).
La posizione di G. Conte si spiega solo considerandola come una riflessione generale e quindi non contrasta con quanto affermato a supporto della chiusura delle scuole.
La scuola ha una sua specificità: l’alta densità sociale e la difficoltà a far rispettare il distanziamento fisico, soprattutto dai più piccoli. Attendiamo una risposta a breve.




Coronavirus, a settembre servirà un altro modello di scuola

computerdi Gianfranco Scialpi

Coronavirus, probabilmente l’anno scolastico 2019-20 si è concluso il 4 marzo. A settembre occorrerà proporre “un’altra scuola” per garantire la massima sicurezza agli studenti. La conferma proviene indirettamente da un comunicato dei presidi romani. Una proposta.

Il coronavirus ha chiuso probabilmente l’anno scolastico

Il coronavirus ha fatto saltare il nostro mondo, fatto di velocità, di un esasperato narcisismo e di una prevalenza dell’economico sul politico e prima ancora sulle esistenze. Anche la scuola non è da meno.
Il Coronavirus ha imposto la didattica a distanza e rovesciato il tavolo sulle procedure, sugli adempimenti… Insomma non è azzardato affermare che il virus ha favorito un cambio di passo violento. E questo riguarderà probabilmente la chiusura anticipata dell’anno scolastico. Al momento mancano le condizioni sanitarie per una ripresa.
Situazione che non cambierà con il quasi azzeramento dei contagiati. Mi spiego. Le misure adottate dal Governo rappresentano delle soluzioni non risolutive.

Le chiamano non a caso di contenimento, che purtroppo ci lasciano esposti al virus (prima infezione o ricadute). La situazione sarà risolta e quindi potremo tornare ad abbracciarci, prenderci per mano e baciarci solo con il vaccino. A parere degli esperti non sarà disponibile prima di 12-18 mesi. E questo significherà che a settembre, quando inizierà il nuovo anno scolastico, dovremmo continuare con il rispetto delle regole di distanziamento sociale. Il quadro stride fortemente con l’organizzazione scolastica attuale.

La presa di posizione dei presidi romani conferma la mia tesi

La conferma di quanto sto scrivendo proviene da un comunicato dei presidi romani, ripreso dal quotidiano “Il Messaggero”. Si legge “Mentre il governo e di conseguenza il ministero dell’Istruzione valutano il da farsi, seguendo con attenzione le indicazioni del comitato scientifico che segue l’andamento del Covid-19, i presidi della Capitale non hanno dubbi: “Tornare in classe – dicono seppur a malincuore – sarebbe impossibile”.
Il motivo? Virus e contagi permettendo, nelle prime fasi del ritorno alla normalità si dovrebbero quasi certamente continuare a seguire (e a rispettare) quelle indicazione che finora hanno prodotto buoni risultati: le distanze sociali e l’utilizzo di protezioni, come mascherine e guanti.
Nel comparto scolastico – dentro le scuole e nelle classi – questo significherebbe che ogni alunno dovrebbe essere distante almeno un metro dal proprio compagno e i dirigenti osservano: “Allo stato attuale non ci sono le condizioni oggettive per garantire la riapertura delle scuole nella Capitale”.
In sostanza, le aule sono composte in media da 25-27 alunni, “distanziarli tutti – spiega Tiziana Sallusti, dirigente del Liceo Mamiani – sarebbe molto complicato se non addirittura impraticabile”.

A settembre occorrerà partire con altro modello organizzativo

Ne consegue che a settembre occorrerà inventarsi “un’altra scuola”, declinata in una diversa organizzazione. Sicuramente andranno superate le classi pollaio. Aberrazione pedagogica in tempi normali, rappresenterebbero per il virus la condizione ideale per una sua nuova diffusione.
L’unica soluzione è quella di dividere la classe in quattro sottogruppi, composti ognuno da 7-8 studenti. Questi dovrebbero alternarsi la mattina/il pomeriggio in aula, In questo modo si garantirebbe una presenza fisica di sei giorni a settimana. Tutte le diverse combinazioni devono prevedere uno sviluppo temporale di due settimane per garantire un pari trattamento nella turnazione mattina/pomeriggio.
L’ alternativa è una presenza fisica di quattro giorni. Si continuerebbe il venerdì e il sabato a far scuola con la didattica a distanza. Come soluzione estrema rimarrebbe il proseguo della didattica a distanza per tutta la settimana, In questo caso, però occorre che il Ministro faciliti la firma di un nuovo contratto giuridico per la scuola.




Didattica a distanza e Privacy, l’intervento del Garante

matitaDidattica a distanza e Privacy, il Garante chiarisce e conferma quanto già si sapeva. Interessante rimane la lettura del pronunciamento che fa chiarezza anche sugli obblighi dei responsabili dei diversi servizi online.

Didattica a distanza e Privacy

Il Coronavirus ha impresso un’accelerazione al processo di implementazione del digitale a scuola. Questo però richiede un chiarimento e la conferma di quanto già contenuto nella letteratura giuridica, nella legislazione europea e italiana (GPDR, decreto attuativo 101/18).
E il provvedimento del Garante per la Privacy (30 marzo 2020) non si è fatto attendere. Occorre dire: nulla di nuovo sotto il sole. Sono confermati tutti i principi che girano intorno al trattamento del dato personale. E’ ribadito il principio della correttezza (=legittimità) della scuola nel trattare dati personali, purché questi siano coerenti (non esorbitanti) con le sue finalità (art. 18 D.Lvo196/03 e “Privacy a scuola” 2016).
Il medesimo principio, unito a quello dello della non eccedenza, è applicabile ai servizi di supporto (Didattica a distanza).
In questo senso va letto il seguente passaggio: “Il trattamento di dati svolto dalle piattaforme per conto della scuola o dell’università dovrà limitarsi a quanto strettamente necessario alla fornitura dei servizi richiesti ai fini della didattica on line e non per ulteriori finalità proprie del fornitore”.

Tutto il pronunciamento fa riferimento alla facoltà decisionale dei singoli istituti, tramite il Dirigente scolastico, quindi delegittimando ogni iniziativa personale del docente.
In altri termini è confermato il principio dell’istituzionalizzazione di servizi esterni alla scuola.
Si legge infatti: “Nella scelta e nella regolamentazione degli strumenti più utili per la realizzazione della didattica a distanza scuole e università dovranno orientarsi verso strumenti che abbiano fin dalla progettazione e per impostazioni predefinite misure a protezione dei dati.”
Confermata la necessità di un’informativa chiara per il rilascio del consenso da parte genitore al trattamento del dato personale dello studente, che ricordo è minorenne.
Il suddetto caso non rientra nella facoltà attribuita al minorenne dal GDPR (Regolamento europeo per la protezione del dato personale), in quanto il documento si riferisce a un profilo diverso da quello di studente.
Si legge infatti all’art. 8 comma 1, il cui limite d’età in Italia è stato portato a quattrodici anni (Decreto 101/18): ”per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale”.

 




La didattica a distanza e la scomparsa dell’infanzia

io_noiLa didattica a distanza rappresenta la risposta più adeguata all’emergenza da Coronavirus. Purtroppo può favorire la scomparsa dell’infanzia. Occorre salire di livello per attuare una didattica a distanza, ma interattiva con gli alunni.

 

 

La didattica a distanza è sicuramente una buona soluzione

La didattica a distanza rappresenta la risposta più adeguata all’emergenza da Coronavirus che ha portato alla sospensione delle lezioni e condurrà probabilmente alla chiusura delle scuole. Non ci sono alternative! Meglio ne esiste una: inviare tramite WhatsApp o altro servizio IM compiti o schede. Questo è giustificabile per un arco di tempo breve. Purtroppo non sappiamo se la scuola riaprirà il 6 aprile. Sicuramente a quella data sarà passato dalla prima sospensione (5 marzo). Quindi occorre salire di livello, trasferendo per quanto è possibile il far scuola quotidiano nell’ambiente virtuale. E questo significa proporre nuovi contenuti, affascinando (motivando) gli studenti senza il supporto della prossimità fisica che significa il tono della voce, lo sguardo, la mano sulla spalla… Senza dimenticare il contributo che offre la dinamica relazionale e sociale di una classe.

La didattica a distanza e il rischio dell’intermediazione dell’adulto

Sicuramente la didattica a distanza compromette la prossimità fisica, ma una sua “vulgata” può far eclissare anche il bambino. Una tipologia di didattica a distanza, infatti rimette al centro i genitori, coinvolgendoli più direttamente, Sono loro, infatti ad accedere ai contenuti, attraverso il registro elettronico o altri ambienti virtuali. Sono loro ad effettuare il download e qualche volta l’upload. Gli alunni, invece diventano i terminali del processo di consegna. Una certa didattica a distanza non ha come interlocutori diretti gli alunni, bensì i genitori. In quest’ottica essi assomigliano a dei segretari che ricevono la corrispondenza per poi passarla alla persona interessata. In altri termini, una certa traduzione semplificata e riduttiva della didattica a distanza favorisce l’intermediazione dell’adulto, eclissando il bambino. Occorre quindi individuare soluzioni come file audio o video dove l’alunno riappare per presentare il suo prodotto. Sappiamo benissimo che l’alunno non cessa di esser bambino. Questo si declina nell’immediatezza, nello stupore e nella fiducia che caratterizza il profilo di alunni. Probabilmente questo è l’aspetto più interessante del nostro lavoro: interagire con persone che ancora non hanno quei filtri degli adulti. Gianfranco Scialpi




Coronavirus, quando la paura fa aumentare l’audience

matitadi Gianfranco Scialpi

Coronavirus, la paura è il miglior alleato dei massmedia. Fa aumentare l’audience. Il rimedio è semplice: spegnere la televisione!

Coronavirus, La paura ottimo alleato per alzare l’audience

Coronavirus, eccessivo allarmismo o giusta attenzione verso un problema? Personalmente sono convinto che la televisione, la stampa stiano esagerando. Sicuramente la paura è un ottimo volano per aumentare l’audience. Occorre tener presente questo meccanismo per comprendere l’inflazione informativa sul Coronavirus. Esistono, quindi delle precise responsabilità dei massmedia sulla psicosi che sta portando ad esempio molti genitori romani a tenere i propri figli a casa, nonostante che la Capitale al momento non sia stata coinvolta direttamente nel contagio. Sull’efficacia della paura ad alzare l’audience, porto l’esempio di M. Salvini. Molta della sua fortuna politica la deve alla perdurante attenzione verso il migrante, presentato sempre come soggetto pericoloso. Utile comunque sarebbe il possesso di dati riguardanti la trattazione del Coronavirus nei massmedia di altri paesi europei. In questo modo potremo comprendere se la paura è solo italiana o più probabilmente diffusa in una società globale del rischio. (U. Beck)

Il post di Anna Oliviero Ferraris è illuminante

Scrive Anna Oliviero Ferraris sulla sua pagina Facebook: “Io avverto nei media una sorta di isterismo. Dovrebbero essere più responsabili perché così non solo si allarmano i cittadini, ma si danneggia anche la nostra economia. L’80% di coloro che contraggono questa influenza sono colpiti in forma leggera, il 20% è colpito in forma più grave, ma ci sono gli strumenti per curarli come dimostrato dai due cittadini cinesi entrati allo Spallanzani in condizioni molto critiche e ora guariti. Le persone decedute (purtroppo, come per altre influenze) avevano anche altre patologie.”

Esiste un rimedio, molto semplice e non costoso
La paura non ci esime dal morire, sicuramente però ci fa vivere male. A questo circo mediatico impazzito che ci impedisce di vivere in modo autentico la nostra esistenza finita (M. Heidegger), c’ è un rimedio: spegnere la televisione o sintonizzarci su un buon film oppure più semplicemente vivere! Come cantava nel lontano 1982 C. Baglioni  “La vita è adesso”, consapevoli però che, come ogni libro, ha una conclusione, mancando la quale l’esistenza perde significato. Occorre ripensarci come esseri-finiti incapaci di uscire dalla nostra dimensione di enti per identificarci con l’Essere (M. Heidegger).
Solo questa consapevolezza ci permette di evitare ogni trucco o rimozione che ci fa perdere il contatto con il “senso della terra” (F. Nietzsche). L’isterismo di questi giorni è il segnale di un disagio della nostra civiltà che ha nascosto sorella morte!




Competenza informativa, una buona notizia dalla Finlandia

bambini_maestradi Gianfranco Scialpi

Competenza informativa, la Finlandia parte. Esempio di anticipo di un futuro prossimo, che in qualche modo è già presente. Anche da noi è possibile, partendo dall’educazione civica. Il problema restano i docenti e non solo.


Competenza informativa, la Finlandia anticipa il futuro prossimo

Competenza informativa, ho più volte espresso la necessità di integrare i progetti digitali, troppo identificati con il coding, con percorsi basati sulla gestione critica delle informazioni. La suddetta competenza caratterizzerà in modo significativo il profilo 2.0 del cittadino dei prossimi anni. Una bella notizia proviene dalla Finlandia, che ha un sistema formativo all’avanguardia nel mondo per la sua capacità di coniugare il tradizionale con l’evoluzione delle tecnologie, anticipando molti pezzi di futuro.
Si legge su Valigia blu : “La Finlandia ha inserito l’alfabetizzazione alle notizie e l’insegnamento al pensiero critico nel piano scolastico nazionale nel 2016 ed è un ottimo esempio di come un governo può agire se vuole combattere contro la diffusione di notizie false senza ricorrere a controverse leggi “anti fake news”. L’arma più potente nelle mani della politica è l’educazione e la formazione pubblica, sin dalla scuola primaria. Nel programma della scuola secondaria, poi, la formazione diventa più specifica: gli alunni della scuola di Helsinki dove insegna Kivinen, per esempio, imparano quanto sia facile mentire con le statistiche durante le ore di matematica. Con il professore di storia dell’arte capiscono come il significato di un’immagine può essere manipolato. Studiando storia analizzano la più importanti campagne di propaganda dell’ultimo secolo. Mentre con il professore di finlandese possono riflettere su come le parole possono essere usate per ingannare, raggirare, confondere… L’obiettivo è formare cittadini attivi e responsabili. Pensiero critico, fact-checking e imparare a valutare le informazioni che riceviamo sono questioni cruciali. E sono oggi parte fondamentale delle materie che insegniamo. Attraverso tutte le materie”.

In Italia è possibile replicare il progetto

Anche da noi è possibile replicare il progetto. Esiste una sponda curricolare che si declina nella nuova Educazione civica, istituita con la Legge 92/19 da presentare (ovviamente) dalla scuola primaria. E’ presentata come insegnamento trasversale e impartita dagli insegnanti curricolari. Quest’ultimo elemento è stato confermato dal Decreto-scuola art. 7.
Interessante l’inserimento della cittadinanza digitale come una delle declinazioni dell’educazione civica, quasi sempre non menzionata da personaggi politici (V. Aprea) o dai massmedia.
Si legge all’art.5 comma 2 “1. Nell’ambito dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica, di cui all’ articolo 2, e’ prevista l’educazione alla cittadinanza digitale. 2. Nel rispetto dell’autonomia scolastica, l’offerta formativa erogata nell’ambito dell’insegnamento di cui al comma 1 prevede almeno le seguenti abilita’ e conoscenze digitali essenziali, da sviluppare con gradualita’ tenendo conto dell’eta’ degli alunni e degli studenti: a) analizzare, confrontare e valutare criticamente la credibilita’ e l’affidabilita’ delle fonti di dati, informazioni e contenuti digitali; b) interagire attraverso varie tecnologie digitali e individuare i mezzi e le forme di comunicazione digitali appropriati per un determinato contesto.

Siamo pronti?

Poste le condizioni, occorre chiedersi se i docenti italiani sono pronti a raccogliere la sfida di un’istituzione che non teme di confrontarsi con l’informazione non solo cartacea. La risposta rimanda a una situazione a macchia di leopardo, dove competenze alte, coesistono anche all’interno dello stesso istituto con altre inadeguate. Bisogna aggiungere che un impedimento è dato dalla martellante propaganda a identificare il digitale con il coding.
Costituisce un distrattore e nello stesso una banalizzazione e una semplificazione del digitale, dimenticando spesso che il Web è caratterizzato da un profilo 2.0. (interazione, condivisione e partecipazione) Personalmente sono convinto che legarsi a una sola prospettiva sia limitante. Occorrono più approcci, dove la gestione delle informazioni, sempre più invadenti e caratterizzanti il Web, ricopre una funzione importante. Comunque solo un approccio variegato può attuare rendere saggi e consapevoli (M. Prensky) i nostri ragazzi.