Stanotte mi è tornata in mente una lezione di Bruno Cermignani, il mio amato professore di Filosofia della Scienza, che ci avvertiva dei rischi che si corrono quando si usa una metafora astratta per comprendere un’esperienza concreta. L’esempio che faceva era quello della conoscenza come specchio del mondo. Astratta, perché del fenomeno del rispecchiamento prendeva solo l’idea, ma non la realtà. Uno specchio non riflette sempre l’oggetto che gli sta di fronte, e l’immagine non è affatto realistica. Ci sono le leggi dell’ottica (la riflessione e l’inversione dell’immagine), ma anche altre condizioni reali, come l’umidità (lo specchio appannato) e la temperatura che può distorcere lo specchio, fino a fonderlo. Uno specchio in un forno non riflette un bel niente..
L’insegnamento come riversamento della conoscenza nella testa di uno studente tramite un imbuto è un caso dello stesso fenomeno. Prima di ridere dell’ingenuità di chi parla di riempire gli imbuti, proviamo a prenderla sul serio (la metafora) e a toglierle la dose di astrattezza. Se l’imbuto fosse una buona metafora dell’insegnamento, allora…