Riaprire le scuole

di Gabriella Mortarotto

Bisogna partire dall’articolo di Chiara Saraceno su La Stampa del 7 novembre ‘la scuola digitale frena la crescita, ancora una volta di ferma condanna delle decisioni politiche assunte finora sulla scuola.

A partire dalla considerazione drammatica di aver ritenuto e ritenere che istruzione e formazione siano settori improduttivi, quindi da chiudere facilmente senza spesa, anzi con risparmi.
Attribuendo alle famiglie il costo di tale decisione senza comprendere quali drammatiche conseguenze ricadranno su queste generazioni di studenti e alunni, ma anche sul futuro del paese.
Condividendo totalmente questa analisi penso che ora si debba concentrare tutta la nostra attenzione su quando, come e con quali nuove drastiche innovazioni si debba riaprire le scuole. TUTTE LE SCUOLE, anche le superiori, la formazione, e forse anche l’Università.

Non si potrà mica pensare che, al termine di questo DPCM, si possa proseguire con chiusure e aperture pezzo per pezzo, dalle “vacanze” di Natale alle ‘vacanze’ estive ?
No, le scuole dovranno essere riaperte tutte. La DAD o Didattica integrata dovrà continuare ad essere una preziosa risorsa insieme ad altre metodologie, dopo che saranno incrementate le connessioni e tutte le necessarie condizioni per poterla utilizzare tutti al meglio, ma NON potrà mai più essere considerata l’alibi possibile per giustificare le chiusure.
Le scuole dovranno essere aperte, con nuovi calendari, nuovi orari, nuove norme contrattuali, nuove risorse e nuovi legami territoriali con gli Enti locali, con le alleanze con l’associazionismo che dovrà poter essere messo in condizione di poter lavorare.

Le ‘città educative’ titolo che usiamo spesso e volentieri per i programmi elettorali delle elezioni amministrative, dovranno essere realmente in grado tutte di garantire a studenti e famiglie gli spazi, i trasporti, i sussidi, le offerte culturali, ricreative, sportive, non per surrogare o peggio sostituire i compiti fondamentali della scuola, ma per sorreggerne l’impegno e combattere le dispersioni, le discriminazioni causate dalle difficoltà economiche e sociali.

Preliminarmente poiché capiamo bene che i problemi della sicurezza non potranno essere presto superati, le scuole dovranno essere sollevate da tutte le incombenze sociosanitarie che sono state ingiustamente riversate su di loro.
Nelle e per le scuole dovranno essere predisposte le strutture di organizzazione e gestione dei problemi sanitari, contagi, quarantene e possibilmente tamponi rapidi per tutti gli studenti e il personale con le frequenze che dovranno essere indicate dai CTS o dagli organismi preposti.

Il primo comandamento dovrà essere: D’ORA IN POI OCCORRE PIU’ TEMPO E PIU’ SCUOLA IN PRESENZA.
Non si può pensare che si possano non recuperare i gravissimi ritardi subiti: il calendario scolastico deve essere radicalmente modificato, così come tutte le attuali normative sulla durata degli orari per ogni ordinamento.
Di conseguenza deve essere modificato, nell’urgentissimo rinnovo, il CCNL del personale.
La rigidità attuale dei vigenti contratti, già non più adeguati alla scuola dell’autonomia, ora assolutamente insostenibile in questa inedita temperie pandemica, va superata. con tutte le attenzioni e la massima cura per questa categoria di lavoratori che può essere stata sottovalutata anche per i suoi privilegi contrattuali finora, ma che dovendo essere la leva maggiore per garantire i cambiamenti, dovrà al contrario essere risarcita e valorizzata al massimo.




L’autonomia scolastica deve ripartire (una storia tormentata con segnali di speranza)

di Gabriella Mortarotto

Quando finalmente, dopo un lungo iter legislativo, venne approvato il Regolamento sull’Autonomia scolastica, il mitico DPR 275/1999, l’accoglienza nel mondo della scuola ebbe il tipico andamento delle innovazioni e dei cambiamenti.

Una parte minoritaria (progressista?) la considerò una grandissima conquista e l’inizio di una nuova ripresa dalla stagnazione in cui le scuole si adagiavano ormai da troppi anni; una parte maggioritaria (conservatrice?) iniziò a contrastarla , a profetizzare la rottura del sistema scolastico nazionale, la causa certa di ogni nefandezza per l’autoritarismo dei nuovi dirigenti scolastici ( nuovo nome dei direttori didattici e dei presidi) .

E quindi? Quindi non successe quasi niente.
Si moltiplicarono le importanti riflessioni degli studiosi   sull’enorme significato dell’autonomia giuridica delle singole istituzioni scolastiche (cioè il potere proprio di azione, non più soggetto ad approvazione da parte di organi di controllo superiore) diventate esattamente come gli Enti Locali , i Comuni.

Non a caso ,copiando le realtà associative dei Comuni, cioè l’ANCI, si inventarono le Associazioni di Scuole autonome ( in Piemonte l’ASAPI, in Lazio l’ASAL ecc.) per dare più forza e più coesione alle innovazioni organizzative, didattiche, di ricerca , ma anche per sostenere con maggior coesione le forti resistenze delle Amministrazioni periferiche, Provveditorati e USR.

Perché infatti non si opponevano alla realizzazione dell’autonomia solo alcune frange delle OOSS, per garantire l’immobilismo confortevole e consolidato dei contratti del personale, non si opponevano –ad eccezione delle scuole più innovative e operose- le note e tipiche resistenze dei docenti al cambiamento, ma anche gli uffici del Ministero che si sentivano esautorati.
(Chi non ricorda le tipiche risposte di alcuni mediocri funzionari se ti azzardavi a chiedere un parere: “Volevi la bicicletta? Adesso pedala…..”.  finale: “…e non rompermi…”)

Eravamo sempre vissuti di quesiti.
Scuole e presidi ponevano quesiti su tutte le materie, quasi sempre ricevendo risposte negative.
Il numero delle circolari esplicative e cogenti era sempre stato impressionante. All’improvviso tutto diventava possibile in autonomia. Tutto? Non proprio.

Gli organici saldamente in mano all’Amministrazione risultavano l’ostacolo–alibi più forte e decisivo. Decisivo per non sperimentare quasi niente delle nuove libertà: flessibilità di orario, di calendario, di innovazioni didattico-metodologiche, di reti di scuole, di convenzioni e relazioni con il territorio, di stipule   di contratti ecc.

Si può sinceramente affermare che per molti anni ( facciamo 10) di autonomia si discusse e sull’autonomia negata si litigò, senza modificare sostanzialmente nulla.
Gli alibi c’erano per altro tutti: risorse ,organici, contratti nazionali e decentrati rigidi e sacri, .. Nel frattempo complicarono la vita anche le leggi regionali sul diritto allo studio e sulla formazione professionale
Nel 2014 arriva la Buona Scuola , importantissimo documento di indirizzo, diventata poi legge 107.
Accidenti! Finalmente si realizzavano tutte le condizioni per attuare l’autonomia: persino l’ORGANICO FUNZIONALE, persino l’AUMENTO delle risorse,persino l’ELIMINAZIONE di alcuni intralci organizzativi , persino la FACOLTÀ (MODERATA) DEI DIRIGENTI di cercare dei docenti coerenti con il progetto della scuola……

Dopo due anni di discussioni vivacissime nel paese (idem come sopra: entusiasti molti, contrarissimi ..molti), le Istituzioni autonome potevano modificarsi, rinnovarsi, migliorare, crescere, sperimentare e…magari con i nuovi contratti vergognosamente in ritardo di anni e anni, accompagnare con le indispensabili modifiche di diritti e di doveri e di retribuzioni incoraggiare anche i ‘nuovi’ docenti nel faticoso,ma esaltante cammino verso il sole dell’avvenire.

Come tutti sappiamo non è andata così.
Dal 1999 la nostra scuola è sempre la stessa, sono calati gravemente i frequentanti, sono calate le risorse, è perso l’interesse dell’opinione pubblica, e ancor di più delle forze politiche.
L’unica battaglia, ancora tutta da cominciare si chiama sempre ancora AUTONOMIA , ma è la richiesta di molte regioni di gestire le deleghe dello stato regionalmente, gestire direttamente le loro scuole, assumere i loro insegnanti, organizzare le loro programmazioni, tenere i loro soldi invece riversarli alle casse dello stato..

Gli ottimisti di buona volontà potrebbero sperare: sì, sarà possibile perché verranno certo definiti finalmente a livello nazionale i L.E.A (livelli essenziali di apprendimento), che come i L.E.P.( Livelli essenziali di prestazioni) nella sanità devono garantire le stesse prestazioni in tutta la nazione !
Non solo,ma sicuramente verrà garantito un Fondo specifico per interventi a favore delle Regioni con maggiori difficoltà (economiche, territoriali, organizzative ecc.) per permettere a tutti di godere di una scuola di un’ istruzione, di una formazione continua adeguata e omogenea.
Staremo a vedere.