Perchè sono contraria al registro elettronico (che peraltro non è obbligatorio)

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di Cinzia Mion

Voglio comunicare al docente Andrea Scano di Cagliari (su cui ho letto sulla Repubblica  il fatto che è stato “punito” per essersi ribellato al registro elettronico) e arrivare anche a tutti gli altri insegnanti interessati, che recentemente è uscita una sentenza della Cassazione Penale, sezione V, sentenza del 21/11/2019 n°47241 che afferma che IL REGISTRO ELETTRONICO NON E’ OBBLIGATORIO.

Personalmente sono molto soddisfatta per questo esito in quanto ho sempre considerato questo dispositivo “pericoloso” perchè a rischio fortissimo di indurre i docenti ad applicare la famigerata “media aritmetica” considerata, non soltanto da me, un “obbrobrio docimologico”.
Le ragioni le troverete espresse su Internet cercando la sentenza. Non si entra giustamente nel merito PSICOPEDAGOGICO, ma si valutano le condizioni di relizzabilità non esistenti. Spero caldamente che anche nel momento in cui il processo di dematerializzazione venga concluso non venga reso obbligatorio questo strumento, utile più a parare eventuali ricorsi dei genitori che ad aiutare in modo intelligente ed appropriato i docenti nel delicato compito professionale della VALUTAZIONE.

Mi sono sempre stupita del fatto che i Dirigenti Scolastici abbiano applicato a tappeto questa norma, apprendendo oggi ad arrivare perfino a punire, chi ragionevolmente cercava di opporsi e a non prendere i considerazione le ragioni di NON OPPORTUNITA’ APPENA ESPRESSE e MI SONO SEMPRE ALTRESì STUPITA DELLA SUDDITANZA DEI COLLEGI.

Ogni volta che mi sono triovata a fare formazione ho sempre detto che il registro elettronico non era obbligatorio, ben prima di leggere la Sentenza NON POTEVA ESSERLO! Ho sempre attribuito la fortuna di tale dispositivo alla paura di “sbagliare” che caratterizza i D.S. oggi .
Ma questa è la responsabilità del MIUR che perferisce non avere grane piuttosto di avere Dirigenti caratterizzati da una sana LEADERSHIP PER L’APPRENDIMENTO.




Formazione docenti: lettera aperta ai sindacati scuola

Un convegno promosso da Gessetti Colorati

Un convegno promosso da Gessetti Colorati

di Cinzia Mion

Non credo che voi sindacati della scuola vi stiate stracciando le vesti per non aver reso obbligatoria la formazione dei docenti (nel recente contratto collettivo) alla notizia che anche ai test Pisa dei nostri quindicenni l’Italia ha ricevuto una solenne bocciatura. Del resto era già successo alle prove Invalsi alla fine del ciclo della secondaria, soprattutto per l’incompetenza dei nostri ragazzi ormai maggiorenni di riuscire a cogliere il “senso” di quello che leggono.
Cosa intendo dire con ciò? Faccio riferimento alla scappatoia che avete trovato, tramite il decreto legislativo 75/2017, targato Madia (ve la ricordate la biondina un po’ svampita ma molto chiacchierata anche per le sue idee talebane?), di consentire al contratto di modificare la legge ordinaria relativamente alle materie contrattabili.
In tal modo il CCNI ha potuto modificare la natura della formazione prevista dalla L.107/2015 ,che richiedeva la formazione per i docenti “obbligatoria e strutturale”. Beh l’avete ridotta a semplice “diritto”!
Cavolo, peggio della Moratti che almeno l’aveva definita “Diritto e Dovere”!

Vi rendete conto che avendo quasi soppresso il tirocinio riguardante le discipline psicopedagogiche, essendo le Università ridotte ad esamifici, i nuovi docenti che arrivano a scuola sono quasi digiuni di competenze didattico-metodologiche?

Vi rendete conto che , tranne illuminate eccezioni che ci sono per fortuna nostra ,loro e del Paese, però una gran parte dei docenti già di ruolo da parecchi anni, se non sono stati particolarmente sensibili al richiamo della formazione, sono lustri che non spolverano la loro didattica obsoleta?
Come fate a pensare che se non conoscono e poi imparano a praticare didattiche innovative (per es. l’Apprendistato Cognitivo, dell’insegnamento reciproco della lettura di Palincsar e Brown, che affronta esplicitamente il problema del “senso” ecc) continuano ad accontentarsi delle “risposte esatte” senza scandagliare il livello della “comprensione profonda”(Wiggins)?
Come fate a condurre tutto ad un problema di “potere”, detto volgarmente al desiderio di “spuntarla” rispetto alla richiesta della Legge (che avete vissuto come uno scacco)e alle richieste invece di chi (dentro alla scuola con consapevolezza e coscienza) vi chiede di pensare al bene dei ragazzi e della scuola? Da dove vi viene questa avversione per la formazione in servizio? Da quale percorso arcaico personale di alunni o docenti ?
Perché pensate che i docenti siano contenti di scansare un certo numero di ore di formazione? Non vi rendete conto che li considerate in questo modo dei “paria” della cultura per cui siete conviti di lisciare loro il pelo evitando di affermare il sacrosanto obbligo della formazione ?. Si parla per tutti di formazione per tutta la vita e si evita di renderla sacrosanta per i docenti!!!
Non venitemi a dire che ognuno può formarsi anche “da solo” nel chiuso della sua cameretta…
Non ci credo. Potrà leggersi piacevolmente l’ultimo saggio del filosofo amato o di grido. Ne conosco di docenti così: belle teste e raffinati intellettuali ma fare gli insegnanti è un’altra cosa. O no?La scuola è “una comunità di pratica professionale” e il lavoro dei docenti è un lavoro di squadra!
Se poi ancora più rozzamente si pensa : i docenti sono malpagati , non possiamo aumentare il loro stipendio almeno limitiamo l’orario di lavoro altrimenti si arrabbiano…….Beh allora veramente diventate corresponsabili del fallimento della scuola.
Hanno cercato due colleghi molto educati (Antonio Valentino e Giancarlo Cerini) di dirvelo in punta di penna ma non hanno sortito effetto alcuno…Mi sono detta: proviamo le maniere forti.
E per ultimo: ascoltate i consigli di una persona anziana che la scuola l’ha amata davvero per tutta la vita. Sono anni che vi tallono su questo argomento. Ma non c’è più sordo di colui che non vuol sentire.
Diceva mia madre , buonanima




Il fallimento dell’autonomia: la sudditanza dei dirigenti scolastici

di Cinzia Mion

Ai motivi analizzati da Mario Maviglia, ne aggiungerei un altro: la SUDDITANZA, invece dell’autonomia, che paradossalmente si è implementata un po’ alla volta nei dirigenti scolastici appena diventati incardinati presso gli Uffici Scolastici regionali e hanno cominciato a sentirsi “dipendenti” dal Direttori regionali. A tale proposito ricordo un episodio emblematico: durante una riunione provinciale dell’Andis, nei primi anni subito dopo l’approvazione del regolamento dell’Autonomia, erano appena uscite le Indicazioni della Moratti, ed io mi sono ritrovata a fare una proposta di analisi critica delle stesse (visto che insieme ad un piccolo gruppo l’avevamo già fatta). Si trattava di spedire il documento al Direttore regionale, visto che nel Codice Etico dei Dirigenti avevamo rivendicato con orgoglio il fatto di non tacere se avessimo individuato degli aspetti di criticità nello svolgimento del nostro lavoro. Stranamente la proposta non è passata. E’ stata anzi accolta con una certa freddezza, aspetto nuovo ed inaspettato. Quando la riunione è terminata sono stata avvicinata da due colleghe fra le più attive della provincia che mi hanno tirato per la giacca e mi hanno detto: “Non possiamo più fare queste cose, guarda che se dimostriamo di non essere d’accordo su qualcosa corriamo il rischio di essere trasferite d’ufficio”
Questo episodio mi ha fatto capire che l’aria era cambiata… Dentro di me ho pensato all’uso efficacissimo che avrei potuto fare sotto l’aspetto politico se fosse successa una cosa del genere, visto che l’analisi critica che era stata prodotta era benissimo argomentata dal punto di vista psicopedagogico.
Alla fine ho espresso nei miei scritti successivi che l’autonomia e il vero senso di cittadinanza si esprime quando ci sentiamo orgogliosi di affrontare disagi e sappiamo rinunciare ad eventuali privilegi (anche soltanto consistenti nell’evitare “sanzioni”), pur di poter esprimere il pensiero critico e l’autonomia di giudizio.