La prima osservazione che mi sgorga subito, dopo aver cominciato a leggere il testo di Bruschi, che ho conosciuto al tempo della ministra Gelmini, ma che fra l’altro trovo molto migliorato(!), è l’espressione “comunità educante” che non molto tempo fa è stata inserita in uno specifico articolo dell’ultimo contratto della scuola e che mi ha provocato un moto di stupore. Sì, perché certe espressioni quando vengono partorite la prima volta in un dato contesto, con un certo significato e nel tempo sono rilanciate, a livello culturale, sempre nello stesso modo, secondo me non si possono d’emblèe offrire con un significato altro.
Mi riferisco al concetto nato all’interno del personalismo cattolico nella prima metà del secolo scorso, in un tempo in cui la monocultura connotava il comune sentire in Italia e quindi all’interno delle varie comunità civili intorno alla scuola. Tutti allora siamo stati educati al CONSENSO. In famiglia, in parrocchia, a scuola,ecc. I Valori erano comuni.
Società multiculturale e confronto
La situazione però oggi è fortemente cambiata. La società è diventata multiculturale, multietnica e multireligiosa. Non è più possibile pensare alla comunità educante come ad un dato già costituito. E insieme al consenso, riferito alle norme di civile convivenza, la scuola dovrebbe saper anche educare, in modo particolarmente significativo, al Confronto.
Le “Indicazioni” suggeriscono infatti che insieme al pensiero riflessivo si solleciti anche l’insegnamento del decentramento del proprio punto di vista.
E’ per questo che il consenso non basta più, bisogna insegnare la competenza del confronto, attraverso prima di tutto l’arte di ascoltare.
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