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La “potenza” della psicologia dell’apprendimento per la professionalità docente

di Cinzia Mion

Più volte ho raccontato che la mia salvezza professionale come docente la devo all’incontro con il Movimento di Cooperazione Educativa al mio secondo anno di ruolo.
Non intendo ora riprendere l’elogio delle tecniche Freinet ma sottolineare il fascino incredibile che ha esercitato su di me l’approccio con la PSICOLOGIA DELL’APPRENDIMENTO (o dell’educazione che dir si voglia) che sarebbe la riformulazione della vecchia PSICOPEDAGOGIA. Non va confusa con la Psicologia dello sviluppo (chiamata un tempo “psicologia dell’età evolutiva) e nemmeno con la Pedagogia. Sono stata iniziata a questa avvincente avventura cognitiva da Lydia Tornatore. Sulla scia poi ho continuato con la prof.ssa Metelli di Lallo, all’università di Padova, poi con Piero Boscolo che è subentrato dopo di lei , e via via con Clotilde Pontecorvo , Anna Maria Ajello, e il loro gruppo fino al recente Wiggins con la sua intrigante progettazione finalizzata alla COMPRENSIONE PROFONDA E DURATURA.
Naturalmente la strada era stata aperta dal grande Bruner cui mi sono abbeverata fino alla fine delle sue produzioni. Il pensiero che “va oltre l’informazione data (! )” e “le idee strutturali delle discipline”, definite più recentemente come “impianti epistemologico disciplinari”, sono stati i suoi pilastri, insieme alle “motivazioni intrinseche “ verso l’apprendimento, che nessun altro come lui ha saputo rendere più coinvolgenti. Ecco, credo che quelli che altre volte ho definito “brividi mentali” io li abbia provati anche alla lettura di Bruner , dopo aver capito che ciò che da allora mi ha contraddistinto è stata una motivazione fortissima alla CURIOSITA’ EPISTEMICA che, come una febbre benigna e stimolante , non mi ha più lasciato.

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Ma da dove arrivano i consulenti ministeriali che propongono un concorso così strampalato?

di Cinzia Mion

Caro Ministro, cerchi di soprassedere a questo “caro” così confidenziale, mi consideri una vecchia zia , dirigente scolastica in pensione, un po’ fissata con la Scuola. A dire il vero l’ho amata molto e continuo ad amarla, questa povera e bistrattata Scuola… Per questo oggi provo a parlarLe per esprimere ciò che sto provando.

Stiamo assistendo all’espletamento di un concorso ordinario per docenti della scuola secondaria. Concorso atteso da anni in presenza di una scuola sguarnita di docenti ed estremamente in difficoltà. Non solo per la mancanza di questi ultimi (ecco perché i concorsi vanno fatti regolarmente, costi quel che costi, e non vanno messi nel dimenticatoio, altrimenti rispuntano le vecchie abitudine dissennate delle sanatorie dei precari, inaugurate ancora dal governo Malfatti, ed allora buonanotte al secchio) ma soprattutto per la mancanza atavica della volontà autentica di innovarla.
Volontà di innovarla profondamente non darle una spolveratina di digitalizzazione e lasciarla nelle didattica e metodologia ferma a trent’anni fa. Trent’anni fa? Ma trent’anni fa c’era già stato Bruner, il cognitivismo, il socio culturalismo di Vygotskij.
Nei primi anni del 2000 sono apparsi poi Wiggins e McTighe con la loro rivoluzionaria “progettazione a ritroso” ma soprattutto con l’accento forte e vigoroso per cui, visto che nell’epoca dei social e di Internet una semplice risposta esatta si becca in tempo reale con un click, la Scuola deve lavorare per la COMPRENSIONE PROFONDA E SIGNIFICATIVA ….ripeto “comprensione profonda significativa”, nonché duratura, non effimera…
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Inclusione e dintorni, a 30 anni dalla legge 104

di Cinzia Mion

Il mio caro amico Reginaldo Palermo, direttore di PavoneRisorse, mi ha posto una domanda cruciale e difficile, cui vorrei provare a rispondere. Mi ha chiesto : come mai in Italia con una storia dell’inclusione che arriva da lontano – con la L.118/1971, ma soprattutto nel 1977 con la famosa L.517 eppoi con la L.104/92 e successive ‘manutenzioni’ – oggi la situazione sta peggiorando invece di migliorare?
La domanda mi sollecita ricordi professionali a bizzeffe ma mi trattengo dal dare loro la stura e cerco di soffermarmi sull’essenziale .
Ricordo degli anni 70 il fervore ideale e l’entusiasmo fermentativo intorno alle grandi discussioni, tra cui la dialettica tra il concetto di normalità/diversità che approderà, nel mondo civile, alla famosa Legge 180/1978, chiamata legge Basaglia, che ha destrutturato l’ospedale psichiatrico di Trieste. Riporto, per chi non avesse vissuto quegli anni , le innovazioni scolastiche che cercheranno di realizzare i dettati costituzionali: in primis l’articolo 3 sull’uguaglianza, stella polare per ogni impegno politico/istituzionale ma nel nostro caso per la Scuola.
Riassumo : la scuola media unica (1962), la legge 820/1971, istitutiva del Tempo Pieno contro lo svantaggio socio-culturale, la legge istitutiva della scuola materna statale (L.444/1968).
La pubblicazione di Lettera a una professoressa di don Milani aprì poi la critica sociopolitica alla ‘valutazione scolastica sommativa tradizionale’ e il Movimento studentesco del ’68 fece da cassa di risonanza a tale critica sottolineando che, se la valutazione scolastica emarginava ed escludeva le fasce più deboli (figli dei contadini e degli operai ), fasce per cui la Costituzione aveva creato il Diritto allo Studio, allora era meglio che non valutasse….
Fu la Legge 517/77 che affrontò sia il problema della valutazione, offrendo l’idea rivoluzionaria della Valutazione formativa, (puntualmente sconfessata fino quasi ai giorni nostri, ma questa è un’altra storia!) sia l’attenzione ai più fragili, con il dettato legislativo che parla non più solo di inserimento nelle classi comuni della scuola dell’obbligo – come fa la L.118/1971 che si riferisce ai soggetti con invalidità lieve, invalidi o mutilati civili, senza però accennare alla didattica speciale – ma si parla di vera e propria attività di integrazione degli alunni con forme di handicap (art.2) abolendo nel frattempo le classi differenziali.

Dall’integrazione all’inclusione.

La legge 517, con l’individuazione di modelli didattici flessibili, l’auspicio delle classi aperte e soprattutto l’arruolamento degli insegnanti specializzati, ha permesso l’affacciarsi lentamente di un progressivo cambiamento dal semplice inserimento all’integrazione. A quel tempo l’integrazione dei soggetti portatori di handicap (definiti successivamente ’diversamente abili’, ora ‘persone con disabilità’) ha costituito un miglioramento rispetto a tutti i bambini, per quanto attiene la formazione dei docenti nei confronti degli aspetti psicopedagogici e didattici. Uno di questi è stata l’attenzione agli stadi di sviluppo piagetiani, precedentemente solo incontrati nei libri, utilizzata per decodificare i dati delle diagnosi. Un altro aspetto è stato l’attivazione dell’attività psicomotoria, precedentemente destinata solo ai bambini disabili, estesa invece in alcuni istituti a tutti i bambini. Questo è avvenuto per esempio nelle scuole del secondo circolo di Conegliano, nel cui territorio sorgeva l’Istituto ‘La nostra Famiglia’, circolo di cui dall’anno 1974 all’anno 1994 sono stata direttrice didattica.

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Lettera aperta ai docenti non vax e no green pass

di Cinzia Mion

Cari docenti, (cari si fa per dire!) mi rivolgo a voi come dirigente scolastica, molto datata, direi esplicitamente anziana, che alla Scuola ha sempre pensato per tutta la vita e non ha ancora smesso. Entro subito nel merito della questione e cercherò di scandire in modo schematico il mio appello:

– la prima cosa: non camuffatevi da “NO GREEN PASS” avendo annusato da bravi benaltristi che nascondersi dietro slogan altisonanti come LIBERTA’ E DEMOCRAZIA forse vi può dare una patente di NOBILTA’ che il radicalismo dei no-vax storici ha perso per strada;

– ricordatevi che voi siete insegnanti tout-court e per questo dovete avere consapevolezza di essere l’ESEMPIO (in primis di cittadinanza) per cui all’interno dell’educazione civica, che vi riguarda tutti, dovete (sì dico proprio “dovete”) essere esempi di COERENZA TRA LE PREDICHE E LE PRATICHE (non invece della famigerata DOPPIA ETICA):

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L’idea di Brunetta sui concorsi, ovvero come affossare del tutto la scuola pubblica

di Cinzia Mion

Si sta discettando in giro della cosiddetta proposta Brunetta intorno ai concorsi pubblici.
Pare che questo “pateracchio”, definito proposta, abbia la funzione di “sbloccare” i concorsi già a bando, e non completati, insediando competenti commissioni esterne…
Beh se è vero quello che riporta la stampa “Dio ce ne scampi e liberi”.
Io faccio riferimento qui ai concorsi della scuola.

Per quel che è dato sapere sembra che il progetto di avviare una sanatoria più o meno camuffata (qualcuno nega che lo sia ma non c’è da fidarsi) stia per essere portato a termine.
Si sa che non si può sputare su un buon numero di voti “leghisti” o su un altrettanto buon numero di tessere….Oddio, mi è scappato….Ma si sa “che a pensar male…” diceva qualcuno che se ne intendeva!
E’ il medesimo sistema di quello inaugurato (quanti anni fa?) dal Ministro Malfatti come sanatoria per i precari. Ed insieme a questo vulnus, destinato purtroppo a ripetersi, a quel tempo è stato anche varato un patto “implicito”, scellerato: “ti chiedo poco e ti do poco”!
Da quel momento la professione dell’insegnante è diventata poco appetibile per il genere maschile con conseguente progressiva femminilizzazione del ruolo docente e relativa mancanza di positivi modelli identitari maschili per bambini e adolescenti..
Oggi la sanatoria cui facevo riferimento possiamo benissimo chiamarla CONDONO.
Vi richiama alla mente qualcosa? Soltanto molto più grave e discutibile perché consumato alle spese della Scuola.

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Galli della Loggia, ovvero la nostalgia del voto numerico

di Cinzia Mion

L’esimio professore dal nome ricorrente, quando si tratta di entrare a gamba tesa sui provvedimenti del Ministero dell’Istruzione, che non sono per lui abbastanza “gentiliani”, ci è ricascato….
Se ne è uscito il 20 febbraio 2021, sul Corriere della sera”, con una specie di “invettiva ad orologeria” (chi c’è dietro, forse il Gruppo di Firenze?) che infarcita di parole sprezzanti, come si addice alla sua spocchia, ha attaccato il Ministero per la recente ordinanza e le allegate Linee guida, che hanno abolito i voti numerici alla scuola primaria.
Se la prende all’inizio perfino con il termine “primaria” (che ha soppiantato elementare) tanto che subito sembra un attacco all’uso della lingua da parte dei ministeriali.
Non è però questa l’intenzione del noto professore emerito di storia contemporanea, senz’altro molto nostalgico della cosiddetta scuola elitaria che scremava le eccellenze (il merito dice lui), perché l’obiettivo vero è quello di rivolgersi al nuovo Ministro, invitandolo a ragionare con i piedi per terra (???) cominciando con il dichiararsi sconsolato perché già a partire dal 1977 (però la storia della scuola allora la conosce!!!) sono stati aboliti i voti sostituiti dai giudizi.

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Vi racconto di quando incontrai un Movimento che fu la mia salvezza professionale

di Cinzia Mion

Se mi ritrovo a pensare ai miei primi anni di insegnamento, immediatamente mi viene in mente la sofferenza dell’inizio e le potenzialità  che invece ho intravisto quando durante l’anno 1963 ho incontrato un “movimento” che ha segnato la mia salvezza professionale.
Era il secondo anno che insegnavo come docente di ruolo alla scuola elementare e ricordo che una mattina, mentre stava nevicando con un turbinio di fiocchi stupefacente, sono entrata nella classe della  docente della classe accanto per commentare.

Vidi scritto alla lavagna l’espressione: “La neve vola come api bianche!”
Rimasi colpita dalla sintesi e dalla metafora poetica. Rimasi però ancora più affascinata quando seppi che era una frase appena creata in un “testo libero” da un bambino che in quel momento vidi affaccendato, insieme ad un gruppetto di compagni, intorno ad un oggetto particolare.
Fu così che feci la conoscenza del “limografo”, al quale stavano lavorando quei bambini, intenti a passare un rullo inchiostrato per stampare il famoso giornalino.

La maestra, di cui divenni molto amica – ma che mancò molto giovane dopo pochi anni, colpita da una embolia cerebrale – si chiamava Alda Calzavara e mi introdusse al Movimento di Cooperazione Educativa al quale mi iscrissi subito.

L’MCE

L’incontro con l’MCE costituì nella mia formazione professionale  la scintilla che accese in me una motivazione fortissima alla ricerca continua del miglioramento della mia didattica. Ho scoperto ante litteram cosa significava “una comunità professionale di pratica” insieme al desiderio appassionato ed effettivo di mettermi in gioco per riuscire ad attivare veramente il piacere di apprendere, comprendere e  pensare, in quei bambini che mi venivano affidati e che un po’ alla volta si aprivano al mondo. Erano bambini di campagna, figli di contadini o di operai, molto avidi però di conoscere ed imparare.

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