Il Meritevole e la nera inconsistenza (a proposito dei fatti di Firenze)

di Mario Maviglia

Cari lettrici e lettori, seguite questa vicenda e decidete alla fine se ridere o piangere o se fare una sonora pernacchia alla Totò.

Degli studenti di un liceo scientifico di Firenze vengono aggrediti davanti al loro da un gruppo di giovani estremisti di destra. Unanime condanna e manifestazione antifascista in città. La dirigente scolastica invia una garbata lettera agli studenti in cui ricorda, tra le altre cose, che “il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a se stessa da passanti indifferenti”.

Adesso facciamo un piccolo test tra i nostri lettori. Immaginate di essere il Ministro del Merito; sulla base delle vicende molto schematicamente narrate e della lettera della dirigente (che vi consigliamo di leggere) cosa potreste fare?

  1. Esprimere pubblicamente la vostra solidarietà agli studenti selvaggiamente aggrediti da estremisti di estrema destra.
  2. Esprimere solidarietà alla dirigente scolastica per l’aggressione subita dai suoi studenti.
  3. Non esprimere alcunché.

Se avete risposto a) avete sbagliato; se avete risposto b) pure; se invece avete risposto c) anche. Infatti, sapete cosa ha fatto il nostro Ministro del Merito? Beh, un qualcosa che va oltre il pensiero laterale di Edward De Bono; un pensiero che potremmo definire sottosopra, o se preferite una sorta di “insalata cognitiva”, con una forte prevalenza di nero. Diciamo pure un pensiero nero, come le camicie nere del Ventennio (ma questa è mera coincidenza…).

In effetti il nostro meritevole Ministro del Merito giudica la lettera della dirigente “del tutto impropria” e afferma di essere “dispiaciuto” per averla “dovuta leggere”, ed anche perché è “stata letta agli studenti”. (Quante preoccupazioni per un Ministro che come un amorevole padre si preoccupa del benessere del suo gregge…). Quello che scrive la dirigente, inoltre, “non rappresenta la realtà dei fatti”, dice il Ministro, che però nel contempo – come un amorevole padre – avverte che non intende intervenire nei confronti della preside (purtroppo il Duce non fece lo stesso nei confronti della Margherita Sarfatti…). Però va ristabilita la verità, perdio! E infatti, il Meritevole scandisce che  “sono lettere ridicole. Vanno prese per quello che sono, un atto di propaganda”. E su questo ha ragione: solo viale Trastevere può fare propaganda. Quindi, aggiunge, “inviterei la preside a riflettere più attentamente sulla storia e sul presente”. E ha anche sottolineato che: “Non compete a una preside nelle sue funzioni di lanciare messaggi di questo tipo”. In conclusione “Sono iniziative strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico che non abbia più posto nelle scuole”, ma si sappia che “Se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure”.

Gentili lettrici e cari lettori, voi vi siete crogiolati nell’idea che un Ministro del Merito dovesse lavorare per risolvere i problemi della scuola: edifici fatiscenti, stipendi da fame, dispersione scolastica fuori controllo, risultati di apprendimento scadenti in molte zone del Paese ecc. Sarò schietto con voi: avete una mentalità gretta, utilitaristica e senza prospettive. I problemi della scuola italiana non sono questi! No! E se lo sono, cosa c’entra il nostro Meritevole? Mica si può pretendere che lui li possa affrontare, questi problemi, anche perché bisogna prima capirli… Il Nostro ha ben altri pensieri per la testa: l’approccio ontologico all’umiliazione, le mappe catastali per dotare ogni docente di uno “studiolo” a scuola e adesso la reprimenda contro una dirigente che ha avuto l’impudenza (imperdonabile!) di nominare il fascismo. Ma il fascismo in Italia non esiste! E questa verità verrà imposta anche con l’olio di ricino, se occorre, perdinci! Esistono i fascisti, semmai. E le aggressioni contro studenti inermi. (Però una domanda va fatta a questi benedetti studenti fiorentini del liceo scientifico: ma perché vi siete trovati nella traiettoria di calci e pugni di alcuni esagitati fascisti… pardon, di alcuni esagitati soggetti che esprimono la loro maschia vitalità alla stregua dei patrioti camerati del Ventennio).

Il Nostro probabilmente farebbe parte volentieri, di questi patrioti camerati, ma i suoi modi di fare, caritatevoli e paternalistici, sono lontani da quella ideologia manesca e virile. Lui preferisce la contemplazione inane, l’otium filosofico, l’osservazione dei problemi (della scuola) con distacco alessitimico. Solo la pugna mediatica lo esalta: è lì che esprime il meglio di se stesso; è lì che la sua grigia creatività trova la sua più alta forma di vuota espressione. Come un kalashnikov affetto da parossismo patologico, ogni giorno il Nostro ci regala perle di acume profondità, ricca di nera e densa inconsistenza.

Il nulla esiste.

 

 

 

 




Non tutti gli storici possono incontrare gli studenti: forse sta tornando il Minculpop

di Mario Maviglia

Prendete una Regione, la Calabria, e considerate le condizioni in cui si trova sotto il profilo del sistema scolastico:

  • il 12,7% degli studenti italiani non arriva al diploma di scuola superiore, perché abbandona precocemente gli studi, ma in Calabria questa percentuale è del 16,6%, ben lontana dall’obiettivo del 9% entro il 2030 stabilito dalla UE.
  • Il 9,7% degli studenti italiani con un diploma di scuola superiore nel 2022 presentava una condizione di dispersione “implicita”, cioè non aveva acquisito le competenze minime necessarie (secondo i parametri INVALSI) per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università. In Calabria più del 60% degli studenti non raggiunge il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica non sono raggiunte dal 70% degli studenti calabresi.
  • Il numero dei NEET nel nostro Paese, ossia i 15-29enni che sono fuori da ogni percorso di lavoro, istruzione o formazione, raggiunge il 23,1%, ma in Calabria i 15-29enni NEET superano i coetanei che lavorano (3 giovani NEET ogni 2 giovani occupati).

  • Il 95% degli edifici scolastici calabresi è privo della certificazione di agibilità statica(contro il 58% della media nazionale).
  • Le mense scolastiche sono presenti in Italia nel 75,3% degli edifici scolastici, ma solo nel 56% al Sud.

Davanti a questi dati, probabilmente vi aspettereste che la classe politica che oggi gestisce il Ministero del Merito si desse un piano di lavoro pluriennale per tentare di risolvere queste criticità dedicandovi stanziamenti adeguati, elaborazioni culturali, idee progettuali. E invece sentite di cosa si preoccupa la Sottosegretaria al Merito, Paola Frassinetti: di contestare la partecipazione dello storico Eric Gobetti ad un incontro con gli studenti di un istituto superiore calabrese dedicato alle foibe. Da quanto riportato dalla stampa, l’attenta e meritevole Sottosegretaria ha dichiarato quanto segue: “Trovo gravissimo che martedì 21 febbraio, in Calabria, a Soverato, sia stato organizzato un incontro con Eric Gobetti, noto scrittore negazionista e autore del libro ‘E allora le Foibe?’, proprio sul tema delle foibe, con gli studenti del quinto anno dell’istituto Calabretta di Soverato. Questo convegno, evidentemente, non tiene conto delle parole di condanna contro il negazionismo e giustificazionismo pronunciate venerdì scorso, 10 febbraio, dal Presidente Mattarella, né delle indicazioni del ministero dell’Istruzione e del Merito e tantomeno della volontà della Camera dei Deputati che, da pochi giorni, in Commissione Cultura, ha approvato una mozione affinché a parlare di questi fatti nelle scuole debbano andare solo gli appartenenti alle associazioni di Esuli”.

Un paio di appunti vogliamo fare alla Sottosegretaria del Merito:

  • Da un punto di vista meramente storico non risulta che Eric Gobetti sia mai stato negazionista rispetto alle foibe. Semmai sta cercando di portare avanti un filone di ricerca che tende a collocare le foibe nel più generale contesto politico-geografico-nazionale dell’epoca, e questo proprio in ossequio a quel “bisogno di nuove indagini e la ricerca di nuove fonti non tanto per riscrivere la storia ma equilibrarla tra esigenze di verità e uso strumentale” richiamato dalle Linee Guida per la didattica della Frontiera Adriatica” del MI.
  • Nelle citate Linee Guida non trova riscontro quanto dice la Sottosegretaria del Merito ossia che “di questi fatti nelle scuole debbano andare solo gli appartenenti alle associazioni di Esuli.” Esiste un copyright per parlare di foibe? Quindi gli storici di professione non ne possono parlare? Non risulta. Anche perché questa decisione avrebbe un vago sentore di Minculpop istituito dal Regime fascista per controllare la stampa e la libertà di pensiero e ricerca (ispirandosi ad analogo organismo creato da Göbbels nella Germania nazista).

Ci aspettiamo che la vigile Sottosegretaria sui vari punti elencati sopra (ma la lista è molto più lunga) si dia da fare con quella solerzia che ha dimostrato in questo frangente e che offra, insieme a tutto il management politico-amministrativo del Ministero del Merito, una sagace prospettiva di soluzione delle questioni aperte.

La scuola calabrese ha tanti problemi; Eric Gobetti non è uno di questi.

 

 

 

 




Candidato bocciato, candidato fortunato: la farsa del concorso per dirigenti scolastici

di Mario Maviglia

 Avviso ai lettori: il presente articolo non è rivolto contro i candidati che hanno proposto ricorso avverso l’esito sfavorevole al concorso per dirigente scolastico 2017, ma contro quei politici di una parte dell’attuale maggioranza che hanno proposto di sanare ope legis la situazione dei candidati bocciati al concorso dopo che la giustizia amministrativa aveva cassato i loro ricorsi.

 

Questa volta ce l’hanno fatta! Finalmente verrà risolto uno dei problemi che assillava il nostro sistema scolastico e che si stava trascinando da tempo tra mille polemiche, creando non poco sconcerto non solo tra gli addetti ai lavori ma anche nell’opinione pubblica più attenta. L’edilizia scolastica? Ma no! Quando mai! La dispersione scolastica? Ma no! A chi mai può interessare la dispersione scolastica tra i politici (ammesso che abbiano cognizione di cosa si tratti…)? Le retribuzioni dei docenti? Su quello i politici stanno lavorando alacremente prevedendo di equipararli alla media UE entro il 2090 (sì certo, probabilmente gli attuali docenti saranno tutti “passati a miglior vita”, ammesso che sia veramente migliore: nessuno finora è tornato indietro per raccontarlo, a parte il Sommo Poeta…). Ne fruiranno i nipoti dei nipoti; bisogna pensare al futuro.

Stiamo parlando dell’emendamento, accolto dalla maggioranza, che prevede una procedura “concorsuale” ad hoc riservata ai candidati bocciati nel concorso ordinario per dirigente scolastico e che hanno in corso un contenzioso aperto. Possiamo cogliere la portata storica di questa decisione e il sotteso pathos riportando le parole del deputato della Lega, Rossano Sasso, come riferito dalla stampa: “Era il 2019 quando conobbi per la prima volta gli aspiranti dirigenti scolastici che furono penalizzati ingiustamente al famigerato concorso del 2017, quello cui partecipò l’ex Ministro Azzolina per intenderci. Un concorso con mille ombre, inchieste penali e avvisi di garanzia, omissioni, imbrogli e interessi. Ho conosciuto personalmente donne e uomini capaci e preparati che oltre ad insegnare al mattino nelle nostre scuole, al pomeriggio per mesi e mesi hanno studiato per vincere questo concorso”.

Da queste parole traspare tutto l’afflato altruistico e solidaristico dell’on. deputato che si è battuto strenuamente per sanare una situazione che si era caratterizzata per imbrogli e altre mille ombre, anche con coloriture penali. L’on. deputato (altruistico e solidaristico) forse dimentica che a sanare questi problemi, in una democrazia liberale che ha nella separazione dei poteri uno dei suoi cardini, ci pensa la Magistratura (che infatti finora ha respinto i vari ricorsi). Dato interessante: la sanatoria non “sana” quei candidati che pur essendo stati inseriti nella graduatoria generale di merito (avendo colpevolmente superato tutte le prove del concorso) hanno dovuto rinunciare alla sede assegnata loro per ragioni di famiglia o per il particolare disagio della sede stessa. Evidentemente questi candidati (colpevoli di aver vinto il concorso, non dimentichiamolo) non sono abbastanza “meritevoli”, oppure non sono stati abbastanza “furbi” da farsi bocciare in una delle prove, dimenticando che nella nostra Italia del meritoci sarà sempre, lo sapete / Un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli [un Sasso] o un prete a sparare cazzate” (e a fare sanatorie) (lib. adatt. da L’avvelenata, F. Guccini).

Ma non vorremmo dare l’impressione che si tratti di una sanatoria tout court. No! Anzi, riprendendo le parole dell’on. Sasso (altruistico e solidaristico), “Le persone bocciate ingiustamente potranno ripetere il concorso, rifare le prove per poi accedere ad un corso intensivo di formazione. Nessuna sanatoria dunque e selezione che sarà dura, ma un giusto risarcimento dopo anni di ingiustizie.” Visto? Qui si fanno le cose seriamente! Il merito, prima di tutto! E che cosa prevede la nuova procedura concorsuale “sanata”? Sarà una selezione “dura” (per usare le parole dell’on. altruistico e solidaristico. State seduti e ben appoggiati allo schienale perché una selezione così dura non l’avete mai vista: chi non ha superato la prova scritta dovrà rifarla in questi termini: prova scritta basata su sistemi informatizzati, a risposta chiusa, da superare con un punteggio pari almeno a 6/10; chi non ha superato la prova orale dovrà rifarla superandola con un punteggio pari almeno a 6/10. Chi supera la rispettiva prova viene ammesso ad un corso riservato di formazione della durata di 150 ore, autofinanziato dagli stessi corsisti (regalie sì, ma fino ad un certo punto…).

Con questo emendamento si delinea finalmente il senso della denominazione “merito” attribuito al Ministero dell’Istruzione all’inizio di questa legislatura: è il merito del ricorso, presumibilmente il merito degli amici degli amici, il merito per sanatoria. Data questa forte pregnanza del significato del merito in salsa italica proponiamo che venga avviata la procedura per il riconoscimento del copyright e che si vigili affinché nelle sedi internazionali (UE, OCSE, ONU, IEA ecc.) ogni volta che viene utilizzato questo termine ci sia il simbolo ©.it. Gli onorevoli firmatari dell’emendamento potrebbero essere nominati probiviri e controllori del rispetto di questo meritevole atto. Alle frontiere andrebbero messe idonee gigantografie  con la dicitura, in tutte le lingue conosciute: “Benvenuti nell’Italia del merito!”




Calendari e Ministri cheerleader…

di Mario Maviglia

Immaginate un sistema scolastico che ha un bel po’ di problemi da risolvere: una dispersione scolastica tra le più alte d’Europa, un livello di NEET (Not in Education, Employment or Training) decisamente oltre ogni ragionevole soglia, una media degli stipendi dei docenti significativamente sotto la media UE, un’alta percentuale di edifici scolastici non a norma sia sul piano della sicurezza che dell’accessibilità, un analfabetismo di ritorno preoccupante, e altri dati non proprio entusiasmanti.
Cosa vi aspettereste da un Ministro dell’Istruzione davanti a una situazione di questo tipo? (Considerando che l’attuale Ministro ha una prospettiva di governo almeno quinquennale, se non addirittura decennale, tenendo conto dello stato comatoso dell’attuale opposizione politica).
Probabilmente (e ragionevolmente) vi aspettereste che il Sig. Ministro del Merito indicasse un piano pluriennale per risolvere questi e gli altri problemi sul tappeto, individuando le tappe intermedie da raggiungere, la azioni da mettere in atto, le risorse da impiegare  e i soggetti da mobilitare. Insomma, dato 100 come risultato finale, ci si aspetterebbe che il Ministro del Merito definisse delle trappe intermedie per avvicinarsi il più possibile a quel traguardo finale (probabilmente mai raggiungibile nella sua totalità).

Ma questo vostro modo di pensare nasconde una visione romantica e astratta della realtà, che non tiene conto degli aspetti psicodinamici che contraddistinguono la vita dell’istituzione e, nella fattispecie, dello stesso Ministro. E infatti, cosa fa il nostro Ministro del Merito? Si dedica a produrre un calendario commemorativo dei Ministri dell’Istruzione (della Destra Storica, e solo della Destra) dalla nascita del Ministero fino al 1923. Naturalmente è da salutare con grande rispetto ed entusiasmo un’operazione di tal fatta, anche se – del tutto marginalmente e en passant – si potrebbe far notare che non si comprende perché dedicare questa hit parade (presumibilmente realizzata con fondi pubblici, e dunque con i soldi di tutti i contribuenti) solo a Ministri della Destra. Forse perché i Ministri della Sinistra non sono abbastanza “meritevoli”, o forse perché i Ministri della Destra Storica sono più vicini ideologicamente all’attuale Ministro del Merito. O per altre imperscrutabili psicoragioni a noi ignote. Eppure, credevamo che il Sig. Ministro fosse al servizio di tutto il Paese, e non di una parte politica, soprattutto quando usa fondi pubblici.

Qualche anno fa veniva attribuita all’on. Andreotti la frase: “A pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”; nel caso del Ministro del Merito vien da pensare che questo suo attivismo nel lanciare pensieri e prese di posizioni di carattere sociologico o pedagogico, sull’umiliazione, sugli stipendi differenziati, sui lavori socialmente utili per gli studenti, e adesso sul calendario dedicato ai Ministri della Destra Storica, voglia nascondere la grande difficoltà o incapacità nell’affrontare i problemi enunciati in apertura.
Fa sempre comodo trovare un motivo o un nemico esterno per giustificare l’incapacità a trovare soluzioni adeguate alle varie questioni (in un altro campo, può tornare comodo perfino un manipolo di anarchici pur di non affrontare i problemi seri della giustizia in Italia). Peraltro, questo barcamenarsi tra problemi tutto sommato alquanto futili, procura al Ministro del Merito un altro invidiabile vantaggio, quello di parlare comunque di lui, sviando l’attenzione dai problemi del suo mandato (“There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about”, Oscar Wilde. “C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé ed è il non far parlare di sé”).

Dopo i Ministri cheerleader (della Destra Storica, ça va sans dire) sarebbe interessante sapere come il Ministro del Merito intenda affrontare i problemi enunciati in apertura, ammesso che per il Ministro (del Merito) costituiscano dei problemi; infatti potremmo anche suppore che il contrasto alla dispersione scolastica non costituisca una questione meritevole di attenzione per l’attuale dicastero, in quanto la scuola non può far altro che registrare le naturali differenze che esistono tra le persone, per nascita, censo, disposizioni naturali et similia. Ecco, questo sarebbe un bel programma di lavoro per la scuola del futuro, con la benedizione e l’autorevolezza dei Ministri della Destra Storica, of course.




Signor Ministro, Lei lavora troppo… e male

di Mario Maviglia

Su queste stesse colonne, qualche settimana fa, abbiamo stigmatizzato il grande attivismo del Ministro del Merito Valditara (Signor Ministro, Lei lavora troppo!). Ora il Ministro ha superato se stesso con un altro audace e impavido intervento.
Ma andiamo con ordine. Qualche giorno fa, la Rete degli Studenti di Milano ha manifestato contro l’Inail che ha negato il risarcimento alla famiglia di Giuliano de Seta, morto durante un progetto di alternanza scuola-lavoro nel mese di settembre 2022. Gli studenti della stessa Rete in un comunicato apparso sui social hanno affermato che “le tre morti che si verificano ogni giorno sul lavoro, oltre ai tre studenti morti in stage, non sono morti bianche, bensì posseggono dei mandanti ben precisi: da Confindustria a Mario Draghi, dall’Inail a Valditara, tasselli che compongono il mosaico di un sistema ora più che mai schiavo del profitto e del tutto disinteressato al capitale umano utilizzato per generarlo.”

Questo comunicato non è piaciuto al Ministro del Merito che ha affermato: “Ho dato mandato ai miei avvocati di querelare i responsabili di queste dichiarazioni infamanti e gravemente diffamatorie. Con gli autori di questi comunicati non voglio aver nulla a che fare.”

Per quel che ne sappiamo è la prima volta che un Ministro denuncia degli studenti (presumibilmente minorenni). Avrà avuto le sue buone ragioni. Da capo di un Ministero dedicato all’istruzione e all’educazione forse poteva esperire altre vie per far comprendere ai facinorosi la gravità di quanto dichiarato.
Ad esempio, poteva convocarli in viale Trastevere 76/A Roma ed avere con loro un franco confronto; oppure poteva spiegare pubblicamente ai ragazzi cosa ha fatto e costa sta facendo il Ministero (e le altre Istituzioni) per evitare che succedano ancora altri tragici incidenti come quelli denunciati; oppure poteva preannunciare una iniziativa legislativa per modificare le norme Inail in tema di risarcimento per morte sul luogo di lavoro o a seguito di esercitazione al lavoro; oppure poteva far rimuovere dai social il comunicato contestato e far chiedere scusa ai ragazzi per le indebite accuse.
Insomma, da una prospettiva educativa, il Ministro del Merito avrebbe potuto cogliere questa occasione per trasformarla in un momento di riflessione non solo sull’inappropriatezza del linguaggio utilizzato dagli studenti, ma anche e soprattutto sulla “inappropriatezza” della morte di un giovane studente avvenuta durante le attività di alternanza scuola-lavoro (ora PCTO, ma questa nuova sigla non è bastata a salvare la vita dello studente), evitando di cadere nella trappola del paradigma attacco-difesa (attraverso l’attacco).

Il Ministro del Merito ha preferito seguire la via della “umiliazione” e della punizione, convinto, evidentemente, che la giustizia penale sia sulla sua lunghezza d’onda. Ma forse il miglior antidoto per non essere infangati nella propria onorabilità è quello di misurare le parole e di compiere atti adeguati. Ne è convinto anche il prof. Francesco De Bartolomeis, il decano dei pedagogisti italiani, 104 anni, che in una intervista apparsa sul quotidiano Domani nello scorso novembre così si esprime nei confronti del Ministro del Merito: “Mi sembra assolutamente inadeguato, farebbe bene a stare zitto, dice delle autentiche sciocchezze. Valditara non ha nessuna idea di che cos’è un sistema formativo, di come va gestito, migliorato, quali sono i suoi problemi. Le sue sono dichiarazioni sparse senza costrutto. È una disgrazia, una delle tante disgrazie di questo governo. Lei si sentirebbe di umiliare una persona e poi dire che l’ha migliorata? È una frase molto significativa per la sua mancanza di senso. Umiltà, modestia, buona disposizione verso gli altri, rispetto, ma non l’umiliazione. Questo è un altro piano, ma non so se si può parlare di piano per Valditara”.

Un’ultima annotazione: non risulta che il Ministro del Merito abbia denunciato le 13 persone che sulla scalinata dell’Istituto Paritario San Giuseppe De Merode di Roma, a due passi da Piazza di Spagna, nello scorso dicembre hanno fatto il saluto romano facendosi immortalare sui social. È vero che si trattava di ex alunni dell’Istituto, ma il gesto è stato compiuto sulla scalinata dello stesso, in spregio alle norme costituzionali e ordinarie contro l’apologia di fascismo. Certo, in questo caso  non è stato infangato il nome del Ministro, ma quello della nostra Repubblica democratica e antifascista. E questo è ancor più grave. Fatto sta che alcun atto di “umiliazione” è stato promosso dal Ministro del Merito; “forse era stanco, forse troppo occupato…” (F. De Andrè).




Signor Ministro, Lei lavora troppo!

di Mario Maviglia

 Signor Ministro, è quasi commovente l’impegno che ci mette, attraverso le sue lettere/note/prese di posizione, per marcare la sua presenza presso viale Trastevere 76/A. Certo, può succedere che quando si produce troppo e in fretta, magari senza un adeguato momento riflessivo e comunicativo, qualcosa sfugga di mano e si rischia di fare affermazioni ambigue o incomplete o fuorvianti o inutili. Per esempio, nella lettera del 9 novembre inviata alle scuole in occasione della ricorrenza della Giornata della libertà, istituita con legge 61/2005, Lei ha (giustamente) invitato i giovani a riflettere sulla sconfitta di una “grande utopia”, ossia la conclusione “drammaticamente fallimentare del Comunismo”. Peccato che la legge 61 sollecita le scuole a organizzare “cerimonie commemorative ufficiali e momenti di approfondimento che illustrino il valore della democrazia e della libertà evidenziando obiettivamente gli effetti nefasti dei totalitarismi passati e presenti.” Totalitarismi al plurale, non solo del Comunismo, Sig. Ministro, come può facilmente comprendere qualsiasi studente di scuola primaria.

Qualche settimana dopo, nelle vesti di esperto pedagogo, Lei ha apoditticamente affermato, a proposito del Reddito di cittadinanza, che “è moralmente inaccettabile darlo a chi non ha terminato l’obbligo scolastico”. Quindi, tradotto in altre parole, chi non ha avuto la fortuna di completare l’obbligo scolastico ha anche la sfortuna di non poter accedere al RdC. Questo potrebbe essere uno dei pilastri per una vera inclusione sociale. Lei ha anche aggiunto, Sig. Ministro, che “l’educazione al lavoro è fondamentale, deve essere appresa già dalle elementari” perché in questo modo i ragazzi vengono educati “alla responsabilità e alla bellezza del lavoro, coniugare formazione con lavoro: questo è un obiettivo, una strategia che ispirerà il mio ministero”. Abbiamo voluto vedere in queste affermazioni un riferimento a John Dewey e al suo learning by doing, ma dubitiamo che lei conosca questo psicologo americano, e dubitiamo peraltro che Dewey intendesse questo. Abbiamo quindi tentato di intendere il Suo pensiero come una traduzione progettuale del Service learning, ma anche in questo caso abbiamo dovuto desistere in quanto non vi era collimazione né di contenuti né di approccio metodologico. Crediamo quindi, a buon ragione, che possiamo annoverare questa sua posizione come una via italiana originale della pedagogia makarenkiana. Unica perplessità: Makarenko non solo era un convinto sostenitore del valore pedagogico del lavoro, ma era anche un convinto comunista. E questo forse, Sig. Ministro, non Le farà piacere…

Sempre a proposito di lavoro, in occasione delle iscrizioni degli alunni e al fine di favorire il difficile compito delle famiglie e delle scuole nell’azione di orientamento dei giovani alla scelta di una scuola più adeguata, anche in relazione alle possibilità occupazionali, Lei ha meticolosamente accompagnato la Sua nota con una serie di schede che danno conto delle richieste occupazionali all’interno delle singole realtà. In tal modo i giovani dovrebbero orientarsi verso quelle scuole che garantiscono una formazione adeguata alle esigenze del mercato. Il ragionamento non è privo di fondamento ed anzi presenta una sua intrinseca logica interna. Vi sono solo due piccoli nei che lo rendono precario: con il processo di globalizzazione non è detto che i giovani siano disponibili a trovare lavoro sotto casa; a conclusione del ciclo di studi e prima dell’immissione nel mondo del lavoro le professioni oggi esistenti potrebbero avere una caratterizzazione molto diversa o addirittura essere scomparse. Insomma, inseguire le logiche del mercato è come entrare nel paradosso di Zenone, noto come paradosso di Achille e la tartaruga.

Molto si è discusso sulla Sua boutade dell’esaltazione dell’umiliazione nei confronti degli studenti che compiono azioni di bullismo. L’umiliazione insomma come fattore di crescita e di costruzione della personalità del ragazzo. Il tutto poteva finire lì, Sig. Ministro, ammettendo che era stata usata un’espressione infelice; ma Lei ha voluto precisare ulteriormente il senso del Suo pensiero e spesso, quando si precisa, si aggrava ancor più la situazione. Infatti, per quello che hanno riportato i giornali, l’umiliazione si è trasformata in umiltà, l’umiltà di chiedere scusa. Un concetto stupendo, che però è agli antipodi dell’umiliazione (sebbene condivida con questa la stessa radice etimologica (da humi, a terra, da humus, terra). Forse Lei a questo faceva riferimento. Ma non risulta che Lei sia specialista in etimologia. Peraltro anche il riferimento a “lavori socialmente utili” da far svolgere agli studenti che hanno combinato qualcosa di grave a scuola, e che Lei sottolinea come elemento di grande significatività, in realtà è già previsto dal nostro ordinamento giuridico. Infatti, come forse Lei saprà, il DPR 21 novembre 2007 n. 23, che modifica il DPR n. 249 del 24 giugno 1998 n. 249, dà sempre la possibilità allo studente di convertire le sanzioni in attività a favore della comunità scolastica.

Anche in una delle Sue ultime note, riguardante il divieto di utilizzare il cellulare durante le lezioni e ampiamente ripreso dalla stampa nazionale, Lei non fa che confermare quanto già stabilito dai Suoi precedenti Suoi colleghi. Infatti – come peraltro Lei stesso sottolinea nella nota 107190 del 19 dicembre 2022 – sia il DPR 249/1988 che la CM 15 marzo 2007 n. 30, danno indicazioni sull’uso del cellulare a scuola. Insomma, much ado about nothing, direbbe il William di Stratford-upon-Avon.

Lei lavora troppo, Sig. Ministro! Si riposi. Conti almeno fino a 10 prima di esternare o scrivere lettere. E soprattutto, cerchi di lasciare in pace le scuole: hanno già i loro grattacapi. E se proprio non riesce a stare fermo, faccia il Ministro dell’Istruzione! (sul Merito ne riparleremo). Non si improvvisi pedagogo o sociologo o psicologo. Da docente di diritto privato romano e storia del diritto pubblico romano dovrebbe sapere che è sempre valido l’adagio latino ne sutor ultra crepidam.

 

 




Te lo do io il merito. Dalla meritocrazia alla mediocrazia è un attimo

di Mario Maviglia

Chissà quanto costerà alla finanza pubblica (ossia a tutti noi) la nuova denominazione di numerosi Ministeri voluta dal nuovo Governo.

Occorre infatti cambiare l’intestazione delle carte (anche se buona parte della comunicazione oggi avviene on line), i timbri non più in regola, le targhette ai vari uffici. E questo per tutti i Ministeri coinvolti e per le loro diramazioni territoriali.

Gli istituti scolastici, ad esempio, dovranno subito darsi da fare per aggiungere “e del Merito” subito dopo “Ministero dell’Istruzione. E dire che molte di loro avevano da poco finito di aggiornare la vecchia denominazione di “Ministero dell’Istruzione e della Ricerca”. (Ma se fate un giro in rete, ci sono ancora istituzioni scolastiche che utilizzano ancora la vecchia denominazione di “Ministero della Pubblica Istruzione”. Nostalgici…).

Può darsi (ma è alquanto improbabile) che gli inventori del nuovo nome abbiamo pensato all’art. 34 della nostra Costituzione, dove, in riferimento alla scuola aperta a tutti, viene citato il merito (“I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.”).
Non sappiamo per quale motivo, ma ci sembra che nel caso che stiamo trattando si faccia riferimento ad altri paradigmi valoriali (chiamiamoli così). E allora su questo punto conviene essere sfacciatamente espliciti e politicamente scorretti. Da molti anni in Italia (da sempre?) quando si parla di “merito” significa che si vogliono “sistemare” amici o amici degli amici (o familiari o parenti vicini e lontani o affini, con tutta la filiera genealogica del caso) in posti chiave o comunque ambiti, utilizzando (qui sta l’ingegnosità del paradigma) la parola magica del “merito”. È quello che succede quasi ordinariamente in ambito universitario, o nella nomina dei dirigenti pubblici ex art. 19 commi 5bis e 6 del DLvo 165/2001; o quello che succede quando si confezionano bandi ad hoc per la nomina di esperti/consulenti/formatori presso le pubbliche amministrazioni. Un ulteriore esempio è la cosiddetta fuga di cervelli dall’Italia, ossia quei talenti che non hanno alcuna possibilità di vedere riconosciute le loro competenze in quanto non adeguatamente “imparentati” con lobby o gruppi di potere.

Come funziona il meccanismo “meritocratico” in versione italica? È abbastanza semplice e tutto molto “regolare”: PRIMA si decide chi deve occupare quel determinato posto, e SUCCESSIVAMENTE viene confezionata la procedura valutativa o concorsuale in modo che non vi siano sbavature tra il dichiarato e l’agito (diciamo così). Insomma, una sorta di vestito cucito su misura del designato. Forse è per questo che quando sentiamo parlare di merito avvertiamo un certo fastidio, una sorta di orticaria comportamentale.

La rivincita della mediocrazia

Paradossalmente, questa traduzione nostrana della meritocrazia (ma probabilmente non è solo un problema italiano) porta a quella che Alain Deneault chiama “mediocrazia” [1],  ossia il trionfo dei mediocri. Illuminanti le sue osservazioni fatte nel corso di un’intervista; “L’esperto è una figura centrale della mediocrazia: si sottomette alle logiche della governance, sta al gioco, non provoca mai scandalo, insegue obiettivi. È la morte dell’intellettuale, come lo descrive Edward Saïd in un saggio, Dire la verità. Intellettuali e potere. Si tratta di un sofista contemporaneo, retribuito per pensare in una certa maniera, che lavora per consolidare poteri accademici, scientifici, culturali. I veri intellettuali seguono interessi propri, curiosità non dettate a comando, possono uscire dal gioco. Un giovane ricercatore universitario ha davanti a sé un bivio. Se vuole essere semplicemente un esperto ha buone possibilità di fare carriera, ottenere una cattedra, finanziamenti. Se ha il coraggio di restare un intellettuale puro avrà un futuro molto più incerto. Magari non finirà assassinato come Rosa Luxembourg o incarcerato come Antonio Gramsci, ma non è più certo di poter diventare un professore come Saïd o Noam Chomsky. Ha buone chances di restare precario tutta la vita.”[2]

C’è poi da chiedersi, più in generale, quale significato viene attributo al merito in una società neocapitalistica e liberista come la nostra (credo che si possano ancora usare queste espressioni. Non vanno contro il codice penale…).
Paradossalmente le critiche più spietate alla “meritocrazia” provengono proprio da alcuni dei Paesi più industrializzati al mondo. Il filosofo politico americano, Michael J.
Sandel, dell’Università di Harvard, vi ha dedicato recentemente un libro, tradotto anche in italiano [3], in cui sostiene che il modello del successo individuale basato sul talento crea un meccanismo perverso in quanto stigmatizza e marginalizza coloro che non ce la fanno.
Non solo: siccome il successo è strettamente correlato al reddito, si tende a svilire l’importanza di alcune professioni, pure fondamentali per la tenuta e lo sviluppo della società, in quanto non abbastanza remunerative (è il caso dei docenti o degli infermieri).
Un’altra perversa conseguenza è che siccome la sottesa convinzione che il successo sia da ascrivere alle proprie personali capacità di affermazione (secondo la logica “ognuno è artefice del proprio destino”), allora le politiche di sostegno verso i deboli o verso coloro che non raggiungono risultati ritenuti soddisfacenti sono inutili. Ecco perché, secondo Sandel,
il trionfo della meritocrazia comporta come conseguenza una società meno equa, peraltro con fenomeni di rifiuto verso quelle minoranze che abbisognano di assistenza e di sostegni (immigrati, disabili, disoccupati).

Concetti questi ultimi non molto diversi da quelli espressi da Papa Francesco nel 2017 durante una visita pastorale e Genova e commentate da José Angel Lombo in un suo articolo[4]. Il Papa richiama il rischio di una “dittatura della meritocrazia”. Se da una parte l’idea di merito è inseparabile dal lavoro e da quello che si fa, quando “si considerano ‘meritevoli’ attributi o qualità che non provengono dal proprio lavoro, ma da situazioni o contingenze circostanziali, come la propria nazionalità, le relazioni, o addirittura i propri titoli quando questi non sono supportati da risultati oggettivi”[5], allora si creano problemi di carattere etico e di giustizia sociale. Infatti “questo scambio dei ‘meriti morali’ per ‘qualità circostanziali’ – un vero quid pro quo – interpreta i talenti delle persone non come doni, ma come mezzi per determinare ‘un sistema di vantaggi e svantaggi cumulativi’. A partire da qui si sviluppano almeno due conseguenze. Da una parte, si rende possibile una strumentalizzazione ideologica della meritocrazia, vale a dire il suo impiego come strumento ‘eticamente legittimato’ per giustificare la diseguaglianza. Ma la diseguaglianza – non la diversità –, considerata in modo radicale, non è altro che ingiustizia. D’altra parte, questo rivestimento da moralità di ciò che è invece meramente circostanziale non è operato soltanto in senso positivo – pretendere di avere meriti in ragione della propria situazione –, ma anche negativo, e cioè colpevolizzando la sventura o le condizioni svantaggiate di alcune persone, ragionando in questo modo: ‘io merito la ricchezza che ho, tu meriti la povertà che hai’”.[6]

Al nuovo Ministro il compito di sbrogliare questa matassa. Se il merito lo sostiene…

[1] A, Deneault, La mediocrazia, Neri Pozza, Vicenza, 2017

[2] https://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2017/01/25/news/il_trionfo_della_mediocrazia_spiegato_dal_filosofo_canadese_alain_deneault-156837500/

[3] M. J. Sandel, La tirannia del merito. Perché viviamo in una società di vincitori e di perdenti, Milano, Feltrinelli, 2021.

[4] J. A. Lombo, https://www.pusc.it/sites/default/files/pdf/approfondimenti/Lavoro.pdf

[5] Ibidem

[6] Ibidem