Vogliamo dare credito al Ministro Valditara e al suo Piano estate per il biennio 2023-2024 e 2024-2025. Sul sito del MIM il Ministro sostiene che l’obiettivo del Piano è quello di considerare la scuola come “punto di riferimento per gli studenti e per le famiglie anche d’estate, con sport, attività ricreative, laboratori o attività di potenziamento, ricorrendo a tutte le sinergie positive possibili, dagli enti locali alle associazioni del terzo settore. Una scuola che sia sempre più un luogo aperto, parte integrante della comunità per tutto l’anno, realizzando attività di aggregazione e formazione soprattutto per i bambini e i ragazzi che, in estate, non possono contare su altre esperienze di arricchimento personale e di crescita a causa delle esigenze lavorative dei genitori o di particolari situazioni familiari”.
Parole assolutamente condivisibili.
Il problema è valutare se le misure proposte (e i comportamenti del Ministero stesso) sono in grado di conseguire questi obiettivi tenendo conto della specifica realtà delle scuole, che hanno tempo fino al 24 maggio 2024 per avanzare la loro candidatura (l’adesione al piano è, com’è noto, su base volontaria).
I tempi
Questo è già un primo problema, sia nel breve che nel medio periodo. Pensare che le scuole abbiano lo spazio mentale, prim’ancora che progettuale, di condurre una progettazione adeguata delle attività estive in collaborazione con le agenzie del territorio in questa fase conclusiva dell’anno scolastica (già affollata da altri adempimenti rituali) vuol dire non conoscere le scuole e l’affanno che vivono in questo periodo dell’anno scolastico, oppure considerare l’intero Piano come un’operazione per spendere soldi perché debbono essere spesi. A prescindere. Continua a leggere