Caro Salvini, ti scrivo (a proposito di voti e valutazione formativa)

di Cristina Marta
dirigente scolastica dell’IC di Pavone Canavese (TO)

In qualità di dirigente di una scuola del primo ciclo vorrei rispondere all’onorevole Salvini, che ritiene poco comprensibile la nuova valutazione per la scuola primaria e auspica il ritorno ai voti.
Anzitutto vorrei fargli presente che il voto numero associato ad una disciplina non dà pressoché alcuna informazione rispetto a ciò che effettivamente un alunno sa o non sa fare. Per fare qualche esempio il voto 6 di italiano è spesso attribuito ad alunni che scrivono commettendo errori  ortografici e lessicali, ma che sono, invece, capaci di argomentare adeguatamente e altrettanto ad alunni che , invece, scrivono in modo corretto, ma hanno grosse difficoltà nell’esprimere un pensiero. Altrettanto si può dire per la matematica, materia nella quale il calcolo scritto e mentale, il problem solving, l’argomentazione costituiscono ambiti rispetto ai quali un alunno può raggiungere livelli molto diversi che, fra loro combinati, danno origine allo stesso voto.
Valutare obiettivi disciplinari, che  i docenti hanno individuato come strategici per una specifica classe, consente di avere un quadro chiaro ed esaustivo della situazione a condizione che la scelta operata per gli obiettivi sia adeguata.
La nuova valutazione per la scuola primaria presuppone altresì che siano sempre forniti anche spunti di miglioramento , che dovrebbero essere espressi con un linguaggio comprensibile per i genitori, ma soprattutto per gli alunni, ed in termini operativi.
Una buona valutazione formativa richiede tempo e fatica e la sua efficacia è subordinata al fatto che fra famiglia a scuola vi sia un’alleanza, che ha quale obiettivo la qualità dell’apprendimento degli alunni  e non la loro classificazione.
Concludo osservando che chi non è in grado di esprimere un giudizio formativo adeguato, altrettanto non saprebbe valutare con qualsiasi altro sistema, compreso quello numerico decimale.

Invito l’onorevole Salvini e tutti i genitori che si trovano in difficoltà nel decifrare il significato della valutazione attribuita ai propri figli a rivolgersi alla scuola per un chiarimento, che è dovuto.
La scuola cresce e migliora nel confronto costruttivo  con le famiglie.




Dai voti al giudizio, per una valutazione davvero formativa

di Cristina Marta

La sostituzione dei voti con l’espressione del livello di raggiungimento degli obiettivi didattici individuati come essenziali è stata accolta con favore dalla scuola primaria nella quale numerosi docenti e numerosi dirigenti, da tempo, chiedevano un passo indietro rispetto al decreto legge 137/2008, convertito nella legge 169/2009, che aveva reintrodotto la valutazione numerica decimale.

L’utilizzo dei voti richiede una sintesi, che impoverisce la valutazione orientata al miglioramento, nella quale si utilizzino strumenti di osservazione e di misurazione non solo dei prodotti, ma anche dei processi di apprendimento e che attribuisca un ruolo centrale all’alunno e allo sviluppo delle sue capacità auto-valutative.

La normativa alla quale le scuole primarie devono fare riferimento è costituita dal combinato disposto del D lgs 62/2017, della legge n. 41, 6 giugno 2020, conversione del decreto legge n. 20, 8 aprile 2020 e dell’Ordinanza Ministeriale n. 172 del 4 dicembre 2021 con allegate Linee Guida, che hanno fornito indicazioni operative alle scuole.

Il D lgs 62 all’art. 3 comma 3 prevede che la valutazione sia integrata dalla “descrizione del processo e del livello globale  di sviluppo degli apprendimenti raggiunto”.
Sulla base dell’OM 172 la valutazione periodica e finale degli apprendimenti devono essere espresse “attraverso un giudizio descrittivo riportato nel documento di valutazione, nella prospettiva formativa della valutazione e della valorizzazione del miglioramento degli apprendimenti”.
Rispetto ai giudizi descrittivi si puntualizza che “i giudizi descrittivi […] sono riferiti agli obiettivi oggetto di valutazione definiti nel curricolo di istituto, e sono riportati nel documento di valutazione”.
L’operazione che a ciascuna scuola è richiesta è di selezionare fra gli obiettivi contenuti nel curricolo per la scuola primaria quelli essenziali, ma soprattutto quelli traducibili in azioni didattiche, rispetto alle quali abbia senso esprimere un giudizio di valutazione.
Le linee guida si spingono ad un livello di maggior approfondimento e forniscono un elenco di voci verbali con le quali esprimere gli obiettivi didattici, misurabili e valutabili, quali elencare, collegare, nominare, riconoscere, riprodurre, selezionare, argomentare,…e specificano che ad ogni azione debba corrispondere un contenuto didattico di tipo fattuale, concettuale, procedurale o metacognitivo.
L’inserimento di quest’ultima tipologia di oggetto è particolarmente interessante in quanto suggerisce di considerare ai fini della valutazione anche processi di tipo metacognitivo, nei quali l’alunno rifletta sul suo apprendere, guidato dal docente, disponendo di opportuni strumenti.
Il risultato di un’operazione di questo genere soddisfa pienamente la richiesta di descrivere il livello globale degli apprendimenti e rende del tutto superfluo un ulteriore giudizio.
La formulazione di un giudizio sintetico sugli apprendimenti, vanificherebbe lo sforzo compiuto nell’esaminare l’esito del processo di apprendimento nel dettaglio di ciascun obiettivo e indurrebbe le famiglie e gli alunni a rivolgere la propria attenzione sulla sintesi e ciò pregiudicherebbe il valore formativo del processo di valutazione.
Il giudizio sintetico risulterebbe inoltre, un ritorno alla valutazione numerica a tutti gli effetti, mascherata sotto forma di livello (ottimo, buono, sufficiente, soddisfacente, accettabile,…) e talvolta corredata dai vari “abbastanza” e “quasi”.
Il giudizio che costituisce effettivamente un’integrazione dei i livelli raggiunti rispetto ai diversi obiettivi disciplinari da parte degli alunni è quello relativo al processo di apprendimento, formulato per mezzo di indicatori diversi, scelti sulla base delle pratiche didattiche attivate.
La scuola che dirigo, che promuove  metodologie didattiche attive e partecipate, ha scelto quali indicatori per il giudizio sul processo di apprendimento la frequenza, la partecipazione, la motivazione, l’impegno, l’autonomia, lo spirito di iniziativa e la resilienza, poiché rappresentano effettivamente le variabili, che in modo più significativo influenzano l’esito dell’azione didattica del docente.
La sostituzione dei voti con livelli di raggiungimento degli obiettivi disciplinari è certamente un grande passo avanti, ma e necessario che si faccia uno sforzo ulteriore per affrontare e risolvere una serie di questioni che restano aperte:

  • il rapporto fra valutazione per obiettivi disciplinari e valutazione per competenze;
  • il rapporto fra valutazione per obiettivi disciplinari e valutazione delle competenze chiave e di cittadinanza che è prevista al termine della classe quinta, ma che sarebbe ragionevole prevedere in itinere, a partire dalla classe prima;
  •  il rapporto fra valutazione delle competenze di cittadinanza, valutazione dell’educazione civica e valutazione del comportamento, per evitare ripetizioni e ridondanze, essendovi numerose sovrapposizione  fra gli obiettivi.

Rispetto alla valutazione del comportamento, è anacronistico richiedere un giudizio di tipo sintetico, che impedisce di analizzare i diversi aspetti che la dicitura “comportamento” comprende.
Nel comportamento confluiscono il rispetto delle regole, ma anche le relazioni con i pari e con gli adulti, le quali a loro volta si possono differenziare, nelle relazioni all’interno di gruppi di lavoro e relazioni all’interno del gruppo classe, il rispetto per l’ambiente circostante, nel senso ampio del termine.
I tanti problemi che affliggono in questo periodo la scuola non devono fare perdere di vista il problema della valutazione, rispetto al quale le scuole autonome possono e devono fare scelte diverse, coerenti con la propria offerta formativa, ma in un quadro generale chiaro e condiviso.