La scuola pubblica che verrà non deve essere prigioniera dei cattivi padroni della rete

di Rodolfo Marchisio

Dopo un intervento iniziale in cui auspicavo linee guida dal MI, ma soprattutto soluzioni contestualizzate in autonomia elaborate dalle scuole, vista l’emergenza e dopo avere portato a termine una ricerca sui documenti, sugli studi e le ricerche in atto, pubblicate su Tecnica della Scuola, rubrica Ed. Civica e didattica digitale cfr i temi trattati, ritengo opportuno sottolineare un aspetto di quanto emerso che è stato poco seguito dai molti interventi.

Riassumo:

  • La DaD NON è la didattica digitale che come riconosce anche la commissione Bianchi ed il MI deve tornare dentro una scuola capace di osmosi, perché il digitale è a tutti gli effetti un ambiente di apprendimento, ricerca, collaborazione, cooperazione, oltre che comunicazione. Un mondo da esplorare non solo da usare. Spesso male.
  • La DaD ha bisogno di piattaforme
  • Il MI ha fatto da vetrina alle piattaforme GAFAM quelli che Rampini ha chiamato “I cattivi padroni della rete”. Google, Amazon, Face book, Apple, Microsoft, con particolare riferimento alla prima ed all’ultima. Suggerendone implicitamente l’uso alle scuole e proseguendo la politica di pigrizia mentale, ignoranza ed asservimento a prodotti commerciali nati per il lavoro e non per la didattica e quindi poco adattabili ed a scatola chiusa. Vedi Classi 2,0, LIM, Classi 3.0, ed ora videoconferenza … e via spendendo (2 miliardi ca). Prodotti che non solo non hanno un futuro nella scuola (dare LIM a tutte le 40.749 classi x 2600 – costerebbe oltre 106 milioni), ma che sono il museo vivente nelle nostre scuole, delle scelte errate fatte in nome della mentalità:

a-  “se non riesco a progettare il progresso mi butto sulla innovazione, perché nuovo è sempre meglio” e fa bella figura- cfr Gui Il digitale nella scuola.
b- si fa meno fatica a pensare che la tecnologia salvi una scuola malata che a pensare una scuola nuova. Cfr OCSE 2014 e 2015: è dimostrato che le tecnologie di per sé non migliorano l’apprendimento. “I bravi docenti si”. Su questo esistono ormai centinaia di studi citati anche da Gui e la storia che alcuni di noi hanno vissuto dalla fine anni 70.
Diamo buone tecnologie ai bravi docenti. Ma soprattutto cultura.
Mentre si smantellava la scuola pubblica con le riforme, da Moratti a Gelmini e Tremonti i tagli sono stati di ca 8 miliardi, si investivano 2 miliardi in tecnologie autoreferenziali. Compreso il PNSD e il coding.

  • Le ditte GAFAM, come sappiamo, vivono catturando i nostri dati, rivendendoli e facendoci comprare prodotti o votare in un altro modo (nel periodo Covid 1 hanno guadagnato in borsa 500 miliardi ed Amazon ha fatto i soldi con le consegne a casa che tutti abbiamo usato e che hanno creato in Europa 200 mila disoccupati in più).
  • Con il trucco del consumattore: facendoci credere di essere attori protagonisti della rete mentre siamo li solo per fornire dati e per consumare prodotti “su misura per noi”.

Questi servizi “sono fondamentalmente depotenzianti. Li paghi e credi di ricevere in cambio un servizio. Ma tu gli dai molto più del tuo denaro: gli dai anche i tuoi dati, e rinunci al controllo, rinunci all’influenza. Non puoi plasmare la loro infrastruttura, né cambiarla per adattarla alle tue esigenze”. E. Snowden

Scuola DaD e privacy

  • La scuola pubblica, nel mettere in gioco anche i dati ulteriori di famiglie e docenti necessari alla DaD, non si è posta il problema che, oltre agli oligopoli privati che gestiscono i nostri dati esistono piattaforme alternative o pubbliche:
  • Quelle free od open (da jitsi ad Ada ma l’elenco è lungo) che non creano problemi di privacy
  • Quella pubbliche di consorzi come il GARR che ha sostenuto ca 1000 scuole durante la crisi
  • Quelle pubbliche che altri Stati (Francia) hanno costruito sulla base di jitsi, perché il pubblico controlli il privato, facendo una piattaforma per la scuola e affidando la continuità pedagogica a un ente pubblico, il CNED, con il servizio Ma classe à la maison.

 DaD e Garante della privacy

Cosa c’entra con la DaD? Il garante della privacy, come detto è dovuto intervenire 3 volte:

  • Interventi:

Trattamento dati “Le istituzioni scolastiche e universitarie dovranno assicurarsi (anche in base a specifiche previsioni del contratto stipulato con il fornitore dei servizi designato responsabile del trattamento), che i dati trattati per loro conto siano utilizzati solo per la didattica a distanza.”

  • Ha ribadito il principio della “correttezza (=legittimità) della scuola nel trattare dati personali, purché questi siano coerenti (non esorbitanti) con le sue finalità (art. 18 D.Lvo196/03 e “Privacy a scuola” 2016). Il medesimo principio, unito a quello della non eccedenza, è applicabile ai servizi di supporto (Didattica a distanza)”.
    garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9302778
  • “Il trattamento di dati svolto dalle piattaforme per conto della scuola o dell’università dovrà limitarsi a quanto strettamente necessario alla fornitura dei servizi richiesti ai fini della didattica on line e non per ulteriori finalità proprie del fornitore”.
  • Infine di fronte a una Ds che ha rifiutato il contratto con Google, che lei aveva dovuto firmare mentre Google non lo controfirmava e quindi non aveva valore legale è arrivato a scrivere al MI “gli istituti scolastici hanno sinora provveduto (alla didattica a distanza, ndr) ricorrendo a soluzioni tecnologiche, offerte da vari fornitori, non sempre caratterizzate da garanzie adeguate in termine di protezione dei dati personali e talora notevolmente vulnerabili”. Lo stesso Soro suggerisce di usare (temporaneamente) il registro elettronicoriducendo proporzionalmente il ricorso ad altre piattaforme”.

Conclusioni:

  • Dobbiamo avere la forza e la lucidità, vista la occasione, di pensare a una scuola nuova per il futuro, che vuol dire avere un progetto realizzabile, un uso del digitale dentro una scuola capace di osmosi con l’esterno, ma che non si aggrappi al digitale come tecnologia salvifica.
    E che non rinunci alle classi, non come ambiente chiuso ma come nucleo flessibile di educazione, socialità, relazione, progettualità (il clima di classe favorisce l’apprendimento – Losito)
    L’idea è quella di una città capace di tornare a scuola e di una scuola in grado di aprirsi alla città. Lorenzoni 
  • La didattica digitale (che non è la DaD) è ambiente di apprendimento, ricerca collaborazione, cooperazione oltre che comunicazione, ma bisogna essere consapevoli che
    a- Usare il web senza formare cultura digitale è diseducativo e pericoloso
    b- Scegliere una piattaforma non è come comprare un gadget. È una decisione da un lato politica, occorre “Una politics dell’educazione pubblica digitally enriched che tracci la via. Anche per (regolare) il mercato” (dal quale la scuola rischia di continuare ad essere fagocitata). A proposito di Ed. civica e cittadinanza digitale…
    c- dall’altro strettamente legata alle scelte educative, ai progetti, alla didattica. Al “che cosa ci devo fare, come, in che modo e contesto”. Per quali obiettivi e competenze.
  • La controparte delle piattaforme GAFAM – se proprio non possiamo farne a meno- con annesse responsabilità, non sono le singole scuole e i DS che firmano i contratti, ma sulla privacy, la controparte, per motivi di squilibrio di potere, deve essere il governo. Meglio, come su tasse, violazione norme e Fake news attraverso la UE che ha un regolamento apposta.

Purtroppo siamo ormai abituati a comprare a scatola chiusa e senza pensare.
Per questo occorre formare cultura digitale.

Vale la pena di leggere (grazie a M. Guastavigna e S Penge per le condivisioni di idee):

Mazzoneschi: I Rischi di affidarsi ai colossi della tecnologia per la didattica a distanza.
 Pievatolo: Teledidattica. Proprietaria e privata o libera e pubblica.
Lorenzoni: Le città devono aprirsi agli studenti
Gui, Il digitale a scuola, Il Mulino




Tre aneddoti sulla valutazione sommativa

di Rodolfo Marchisio

Perché amo la valutazione formativa che derivi da un lavoro/processo per competenze

1)      Quando ancora insegnavo, non molto tempo fa, non c’erano ancora registri elettronici raffinati, ma tabelle da compilare con funzioni elettroniche autonome.
Un alunno ammesso all’esame con una media “reale” del 5,5 (questo si un 6 “politico”) dopo le prove d’esame di terza media risultava avere una media del 6,5.
All’esame siamo tutti un po’ più “larghi” e poi faceva media il voto di condotta, che ovviamente era 9.
Il foglio elettronico arrotonda per eccesso. Il 6.5 diventa magicamente un 7 senza che il C di classe ci possa fare nulla. Quindi da 5,5 a 7. L’esame tira fuori il meglio di ognuno di noi?

2)      Da quando era stato introdotto questo sistema lo scrutinio era diventato, anziché una discussione sulla situazione dei ragazzi, sui loro progressi o meno, sulle motivazioni di una decisione collegiale, una compilazione di schedina, una dettatura di numeri.
Avevo chiesto di fare almeno un pre-scrutinio dove discutere dei ragazzi, ma la riduzione del numero dei Consigli per motivi sindacali (40 ore) e la fretta o il disinteresse dei colleghi, costringevano a forzare la discussione. Ma sono convinto che da allora le cose siano cambiate vero?
Io da giovane docente avevo cominciato a seguire il tema della valutazione con un corso di Don Calonghi sulla docimologia, ma presto mi ero convinto che i giudizi sintetici (numeri o lettere) dovessero essere accompagnati da una spiegazione, da una motivazione per inserire la valutazione nel processo di consapevolezza e crescita. Da masochista ritenevo utili i giudizi analitici, la spiegazione (accanto al “voto”, alla sentenza). La retorica di allora era “non tutti i 6 sono uguali.”
E ritenevo persino utili i giudizi globali, come traccia per un dialogo con le famiglie o come messaggio ai ragazzi ed alle famiglie che non venivano neanche a ritirare le pagelle.
Ero considerato dai colleghi un noioso sadomaso.

 3)     Ho fatto dal 1982 il formatore sulle didattiche che oggi è di moda chiamare digitali.
PSTD, FORTIC 1 e 2, PNSD e via formando…al digitale. Se guardo le statistiche sui docenti esperti di digitale di oggi mi deprimo un po’.
Per Fortic 1 in Piemonte si era fatta una graduatoria per titoli e pubblicazioni di 200 formatori in cui risultavo al 2° posto. Per questo con M. Guastavigna (al 1°) ero stato inserito in un team che doveva preparare, insieme a USR Piemonte ed UNITO (Gallino- Scienze della formazione) il programma ed i materiali per i corsi dei tutor B (leggi poi A. Digitali) che a loro volta avrebbero formato i colleghi della scuola. Tutto la regione avrebbe avuto un progetto e denominatori comuni; a differenza ad es. della formazione Animatori Digitali dove ogni regione ha fatto in modo completamente diverso (Più pedagogia nel Lazio, tutto il potere ai tecnici in Piemonte).
La preparazione prevedeva un corso con un assistente di Gallino, che tutto “goduto”, ha raccontato ad una platea tra l’annoiato e l’irritato che lui aveva inventato un programma che:
a- somministrava le prove ai suoi allievi
b- le correggeva in automatico
c- comunicava agli allievi il risultato via pubblicazione graduatoria

Gli ho fatto una sola domanda: ma lui quando ci parlava e quando vedeva i suoi allievi?
Alcune derive possibili della DaD temo puntino in quella direzione.
Mi scuseranno gli esperti di valutazione; io adesso mi occupo di cittadinanza e di cittadinanza – e soprattutto di cultura – digitali.
Con Istoreto mi occupo di didattica per competenze e quindi di strumenti ODV (Osservazione, Valutazione, Documentazione), ma non sono un esperto.
Temo siano solo i ricordi di un “anziano” in quiescenza.




Perchè il piano della Ministra per settembre non può funzionare

arcobaleno
di Rodolfo Marchisio

Dopo un primo intervento relativo alla fase 1 “Fate quello che potete e che oggi è prioritario” ho deciso di tacere, perché nella seconda fase densa di fatica, ricerca, dubbi da parte dei colleghi, più pareri e consigli non sarebbero stati uguali a più conoscenze.

Era secondo me il momento di cercare di dare un senso, suggerire una direzione ai colleghi e lasciare che con l’aiuto di quelli più esperti o di pochi affidabili esperti esterni (non interessati a venderti una piattaforma) trovassero la loro strada.
Convinto che nella eterogeneità delle scuole (livelli, ambienti, problematiche, competenze, strumenti…) e dei docenti (stili di insegnamento) o delle famiglie (competenze e possibilità) e nella assenza di una soluzione migliore di altre anche teorica fosse bene che ogni scuola scegliesse, mediando, quella più adatta alla sua situazione.
Più contestualizzata e possibile. Possibile per i docenti, per le famiglie e per i ragazzi.

Adesso siamo al passaggio dalla fase 2 alla 3.
Cosa abbiamo imparato e cosa faremo il prossimo anno? Esistono alcuni studi (Mi, Invalsi, CIDI etc…) e molti pareri cui fare, con cautela, riferimento.

Ovviamente la ottica era ed è quella che

1-   La didattica online è cosa non semplice e controversa, ma questa è una emergenza. 

2-   Non esistono ricette e offerte commerciali che risolvano e non esiste UNA soluzione. Come sempre l’ideale è che i buoni docenti (OCSE 2014,15) usino in modo intelligente quello che hanno, sanno e possono usare e che si adatta alla loro situazione. Con intelligenza, flessibilità, contestualizzazione di strumenti conosciuti e possibili. Per tutti.

3-   Le scelte tecnologiche sono importanti ma quelle educative lo sono molto di più e che la grave emergenza attuale non è un’occasione per incrementare la didattica a distanza (la scuola del futuro?), ma una situazione di assenza della scuola reale da fronteggiare con ragionevolezza. (CIDI)

4-   La chiave del nostro lavoro (e del digitale a scuola) è la relazione educativa ed è per questa che si è spesso lavorato, articolando attività diverse, che le tecnologie veicolano o permettono. Anche la attività di leggere insieme e commentare un libro
” La rete non danna e non salva”. Permette. Rodotà

Che occorra condividere un senso, in mezzo a tante proposte ed esperienze diverse, radunando quelle condivisibili e in sintonia, non solo su “con che tecnologia, ma su cosa ci faccio, come, perché” , che sono problemi strettamente collegati.

Poche osservazioni mentre sta per uscire una analisi più completa

È mancata una regia dall’alto
La prima osservazione è che è mancata una regia tempestiva dall’alto. Meno male, così i bravi docenti hanno trovato bene o male (dati MI,CIDI, Tecnica della scuola, le osservazioni Invalsi) la sua strada. Non sempre una “buona strada”. Sulla soddisfazione di docenti e allievi le prime ricerche sono discordanti. Vedi dati parziali indagine CIDI su 750 docenti

Il MI è intervenuto 2 volte (per dare un contributo prima e la ultima per il problema della valutazione finale soprattutto).
La sua conclusione è che la situazione “è a macchia di leopardo” (?)

Diritti, piattaforme, privacy e garante. Non siamo in Cina.
La privacy dei cittadini e le conseguenze delle scelte delle piattaforme sono stati oggetto di 2 interventi di Soro. In una democrazia (seppur malata) la privazione di diritti (una decina) deve essere: 1- Decisa dal governo (e quindi non dalle Regioni o dai Comuni) 2- Ben definita 3- Limitata nel tempo.

Per quanto riguarda le scuole:
Le istituzioni scolastiche e universitarie dovranno assicurarsi (anche in base a specifiche previsioni del contratto stipulato con il fornitore dei servizi designato responsabile del trattamento), che i dati trattati per loro conto siano utilizzati solo per la didattica a distanza.”

Dice anche che quei fornitori che permettono l’uso dei servizi (gratuito) solo se si accetta che i dati vadano altrove sono nell’illegalità: E’ peraltro inammissibile il condizionamento, da parte dei gestori delle piattaforme, della fruizione dei servizi di didattica a distanza alla sottoscrizione di un contratto o alla prestazione– da parte dello studente o dei genitori – del consenso al trattamento dei dati connesso alla fornitura di ulteriori servizi on line, non necessari all’attività didattica.”
Rispetto a questo la scuola è stata lasciata sola, perché la scelta e il pagamento dei fornitori (dai 3 ai 9 mila euro) spetta alle scuole. Come la responsabilità connessa.

Didattica a distanza e Privacy.
“Il Coronavirus ha impresso un’accelerazione al processo di implementazione del digitale a scuola. Questo però richiede un chiarimento e la conferma di quanto già contenuto nella letteratura giuridica, nella legislazione europea e italiana (GPDR, decreto attuativo 101/18).
E il provvedimento del Garante per la Privacy (30 marzo 2020) non si è fatto attendere. Sono confermati tutti i principi che girano intorno al trattamento del dato personale. E’ ribadito il principio della correttezza (=legittimità) della scuola nel trattare dati personali, purché questi siano coerenti (non esorbitanti) con le sue finalità (art. 18 D.Lvo196/03 e “Privacy a scuola” 2016).  Il medesimo principio, unito a quello della non eccedenza, è applicabile ai servizi di supporto (Didattica a distanza).”

“Il trattamento di dati svolto dalle piattaforme per conto della scuola o dell’università dovrà limitarsi a quanto strettamente necessario alla fornitura dei servizi richiesti ai fini della didattica on line e non per ulteriori finalità proprie del fornitore”.

Perché i doppi turni non possono funzionare

1-    Fare i doppi turni, per esperienza di docente ed allievo è un passo indietro. Ma è una emergenza…
2-    Per dividere ogni classe in 2 o 2/3 + 1/3 e rispettare le distanze, non potendo abbattere i muri, occorrono più locali (fino al doppio) o che durante il pranzo si disinfettino tutte le aule, bagni, etc. Il personale è sufficiente? Piantiamo delle tende in cortile?
3-    Visto che dopo la “riforma” Moratti” ma soprattutto la Gelmini/Tremonti è stato equiparato orario in organico con orario frontale (più la dotazione postuma di alcuni colleghi tuttofare) dove prima bastava un docente adesso ne occorrerebbero 2. LI assumiamo? Chi le ha volute le “classi pollaio”
4-    Si può pensare di fare gruppetti interclasse con gli “avanzi”, ma salta la continuità didattica, le relazioni ed il clima di classe quando la relazione educativa ed il rapporto coi compagni è più necessario. E poi con quali docenti?
5-    Le conseguenze sulle famiglie prevedono una modifica di orari rispetto agli attuali. Tornano in pista i nonni, quelli sopravvissuti agli errori di governo e regioni ed alla immunità del gregge?

Una scuola depredata sino ad ora, che insieme alla sanità è stata oggetto dei maggiori tagli indiscriminati, avrebbe bisogno di tante risorse e solo con abnegazione ammirevole sta reggendo una crisi grave e imperscrutabile.
Scopriamo che i “fannulloni” di ieri sono gli “eroi” nei tempi di crisi?

Didattica a distanza
I MI precedenti hanno scelto le attrezzature (ed oggi proporrebbero una piattaforma) dietro la spinta di industrie, esperti di turno, per moda o scambiando la innovazione per progresso Gui (nuovo è sempre meglio?). Ma a parte una costosa formazione mirata all’uso dello strumento di moda, dalla LIM al coding (4 milioni in sospeso anche ora?), non hanno costruito nella scuola una cultura del digitale, quella che adesso ci manca. Né nei docenti, né nei ragazzi. Dove sono i presunti nativi digitali che ne sanno più di noi?

Questa esperienza se meditata e vissuta come un enorme e tragico laboratorio dal vivo di cittadinanza agita (rispetto degli altri e delle regole, solidarietà…) e di cittadinanza e cultura digitale, invece di aggrapparsi ad un programma non più credibile, potrebbe aiutare a farlo. Di questo vorrei riparlare la prossima volta.




Didattica a distanza, ma con insegnanti buoni artigiani

io_noidi Rodolfo Marchisio

Dedicato a tutte le colleghe ed i colleghi che si stanno facendo il mazzo per riannodare il rapporto educativo coi propri alunni
Si parla ormai molto di didattica a distanza e didattica online (che non sono la stessa cosa).

Non sempre in modo proattivo e talora un po’ dispersivo. Ognuno dice la sua.

Premesso che:

1. La didattica online è cosa non semplice e controversa, ma questa è una emergenza.
2. Se pensi che non esistano ricette e offerte commerciali che risolvano e che non esiste UNA soluzione. Che come sempre l’ideale è che i buoni docenti usino in modo intelligente quello che hanno, sanno e possono usare e che si adatta alla loro situazione. Come state facendo.
Con intelligenza, flessibilità, contestualizzazione di strumenti conosciuti e possibili. Per i docenti, per i ragazzi e le loro famiglie
3.   Le scelte tecnologiche sono importanti ma quelle pedagogiche lo sono molto di più (Paola Limone) e che la grave emergenza attuale non è un’occasione per incrementare la didattica a distanza, ma una situazione di assenza della scuola reale da fronteggiare con ragionevolezza. (CIDI)
4. La chiave del nostro lavoro (e del digitale) è la relazione educativa ed è per questa che state lavorando, articolando attività diverse, che le tecnologie veicolano o permettono. Anche la attività di leggere insieme e commentare un libro…

Allora queste poche riflessioni che cercano di condividere un senso, in mezzo a tante proposte ed esperienze diverse, radunando quelle condivisibili e in sintonia, non su con che tecnologia, ma su cosa ci faccio e perché allora ti può, spero, essere utile .

Buon lavoro. Di cuore….
Per leggere tutto




Insegnare educazione civica in una società a democrazia malata

bimbo_leggedi Rodolfo Marchisio

La necessità di insegnare ad essere cittadini informati, critici, attivi è indubitabile.
Non perché lo prescriva una legge frutto di decine di proposte di varia origine, ma perché seguendo i fatti di cronaca, le vicende politiche, la involuzione della società un campanello di allarme sta suonando da tempo. Ma, prendendo atto della realtà, cosa gli raccontiamo?

Visto che i giovani non imparano da quello che diciamo loro, ma da quello che ci vedono fare, da quello che noi siamo, dal clima in cui vivono e dalle esperienze significative anche dal punto di vista emotivo e relazionale che facciamo insieme, come coinvolgerli nel rispetto (non nella conoscenza) delle regole e della Costituzione in una società malata ed in una democrazia in crisi?

Democrazia e diritti sono parole con significato solamente positivo come pensiamo o le cose sono molto più complesse?

1-      Stiamo assistendo da anni alla crisi dei vari modelli di democrazia: dal crollo di quella socialista, alla crisi della d. liberale rappresentativa in Europa, USA, mondo, di fronte ad un capitalismo e ad una globalizzazione selvaggia e incontrollata (anche nel web); alla utopia di una democrazia diretta grazie alla rete. Di quale democrazia parliamo?

2-      La nostra Costituzione riconosce diritti di 4 generazioni, affermatisi in 4 secoli (N. Bobbio, L’età dei diritti). E su questi è impegnativa. “E’ compito dello Stato rimuovere tutti gli ostacoli…che impediscono di avere quel diritto”, si conclude ogni articolo. Non promette la “Felicità” come quella USA – stato soggettivo/individuale che è valso per i ricchi e i potenti, non per gli schiavi e per i poveri che avevano altri problemi – Zagrebelsky – ma Lavoro, Salute, Istruzione, Assistenza…(diritti sociali conquistati nell’800 dalle lotte operaie e contadine ), oltre ai diritti individuali e personali conquistati dalla borghesia dall’Illuminismo in poi. Perché i diritti si conquistano, si strappano non sono un dono o uno stato né sono per sempre (N Bobbio).
Si possono anche perdere in tutto o in parte. Il d. allo studio, al lavoro come stanno oggi?
Secondo 2 studi uno dei maggiori giornali USA ed uno di giuristi italiani l’Italia in quanto a democrazia avrebbe un voto tra il 7 e l’8 come “d. con problemi e sotto tutela”(UE) e l’altro ci colloca in serie B terzi, dopo Giappone ed USA, come d. con problemi al 21° posto voto 7/8.

Ma anche impegnativa per noi perché a decine di diritti nella Carta si affiancano 4 doveri:

Art 2. Garantisce i diritti inviolabili dell’uomo…ma richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

a) l Diritto/dovere di votare. Alle ultime Europee il 46% non ha votato. Sommando le schede bianche/nulle succede che il 18% degli Italiani ha deciso chi avrebbe comandato.
Perché?
Gli Italiani che hanno dal 2004 al 2014 perso la propria fiducia nelle Istituzioni è passato dal 38 al 70,6% e secondo alcune indagini si salvano Il Presidente della Repubblica, talora i carabinieri, in modo altalenante la Magistratura e “stranamente”(?) tiene la fiducia nella scuola. Inoltre è molto aumentata la differenza fra la realtà e la percezione della gente che stima il 25% (con punte del 40, 50%) il numero di stranieri presenti in Italia (secondo UNHCR il 2,4% della popolazione nel 2014); comunque già prima di questo governo il 5% e senza leggi speciali: tra i più bassi d’Europa. Distrarre l’attenzione e catturare consenso con falsi pericoli e nemici è la tattica del populismo, da sempre. La gente si sente impaurita, scontenta ed agisce di pancia e non di testa. Invoca “soluzioni dure e un uomo forte”.

Con la attuale legge elettorale il partito che raggiungerà il 40% avrà il controllo non solo del governo ma anche del Parlamento che dovrebbero essere poteri separati.
Scelto dal 20% della popolazione attiva.
Come in passato saranno il Presidente della Repubblica, la Magistratura, la Corte Costituzionale e quindi la Costituzione la vera opposizione al “regime” di una “élite” (?) politica?

b) Il dovere di pagare le tasse (?) art 53 in modo proporzionale e progressivo

c) quello di difendere la Patria art 52.

d) quello di partecipare col proprio lavoro, le proprie risorse al bene comune art 2, 4 ed altri

Il contrario di mi faccio i fatti miei, non pago le tasse, voglio essere padrone a casa mia…

 3-      Il limite ai diritti, che nascono da bisogni è sempre stato indicato nei diritti degli altri e i doveri non sono una compensazione, ma parte di un progetto. Perché la nostra ricca, articolata, equilibrata Costituzione è un progetto cui tendere, una serie di conquiste da difendere e rielaborare. Oggi. Subito.
Ma oggi assistiamo a idee individuali senza limiti che diventano bisogno e poi diritto (insultare, perseguitare, sparare e uccidere, usare violenza, essere padroni a casa propria, violare i diritti umani e le norme internazionali vs art 10 (diritti di 3° generazione- N. Bobbio) cit .Zagrebelky. Dentro e fuori la rete.

4-      Non ci aspettiamo la salvezza dalla rete. La rete non salva e non danna (Rodotà), dipende da chi e come la usa, le piattaforme possono essere truccate e le elezioni da Trump in poi lo sono di sicuro tra Fake news (2/3 delle notizie del sito del partito repubblicano e 1/3 per i democratici) e spioni russi che ledono in modo evidente il nostro stanco diritto ad esprimerci . Ma non è colpa della rete (Bauman) . Diritti di 4° generazione (il digitale) sono “solo e spesso” espansioni dei diritti di 1 generazione.

5-      Allora la democrazia secondo Zagrebelky da sempre definita governo del popolo (art 1) ma anche con il popolo e per il popolo, che deve essere rappresentato, è da sempre la lotta del popolo contro una élite (politico/economica), che si realizza pienamente in certi momenti brevi della storia (De Tocqueville); per noi dalla Resistenza alla Costituzione; per il resto deve essere difesa o conquistata.
Perché non diventi governo attraverso il popolo cioè demagogia, populismo. Attenzione: niente populismo manovrato art 1. …La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Limiti, Istituzioni, equilibrio dei poteri, mediazione…

6-      “Lo statista pensa alle generazioni future, il politico alle prossime elezioni, il demagogo, dai sofisti in poi, ai sondaggi. La sondocrazia.
“Io non mi interesso di politica ma di cosa vuole la gente” G. R. Casaleggio
“Il miglior modo per far fare alla gente quello che vuoi è promettergli quello che sai che desidera” E. Goering

Approfondiremo. Ma questa forse potrebbe essere la prima lezione di un corso di Ed. Civica?

Testo Costituzione commentato
Approfondimenti ed idee per la didattica della cittadinanza
Approfondimenti e idee per la formazione alla cittadinanza digitale
(art 5 legge Ed Civica)




Pensavamo ci fosse Cittadinanza e Costituzione ed invece mancava la Educazione civica

matita di Rodolfo Marchisio

Il ritorno imminente e forzatamente voluto dell’Educazione civica creerà problemi di orientamento e riorganizzazione all’interno delle scuole e interrogativi seri.

In quali ore? Chi la fa? Con quali risorse? Su quali temi? Come si arriva al voto? Che ruolo ha il C di classe?
Cosa c’entra il voto di “educazione” con gli altri (famigerati i collegamenti col voto di condotta)? Interrogativi più seri:
1- che rapporto c’è tra la formazione di competenze di cittadinanza e la conoscenza delle regole?
2- Quanto influisce sull’educazione dei nostri ragazzi, l’esempio, il clima in cui vivono a casa, a scuola, nella società?  “Il clima” in cui viviamo, mondo web compreso (B. Losito) ? E quanto imparare a memoria delle regole?

Quando frequentavo la scuola “media” – primi anni “60- eravamo solo il 30% dei giovani, si studiava latino e c’era la Educazione civica…

Come noto dal 2008/9 nella scuola, in tutti gli ordini, è stata introdotta Cittadinanza e Costituzione, un’attività (non materia) traversale che doveva coinvolgere tutti i docenti del Consiglio di classe per aumentare la consapevolezza e la cultura della cittadinanza, dei diritti ma anche dei doveri: solo quattro (tra cui pagare le tasse), più un diritto/dovere obsoleto come quello di andare a votare nella nostra Costituzione, contro decine di diritti di 4 generazioni- N. Bobbio L’età dei diritti.

Prima ancora dell’ufficializzazione della novità: seminari, approfondimenti, aggiornamenti.

Lavorando allIstoreto nel settore della didattica che si occupa di CC seguo da oltre 15 anni queste tematiche e il loro sviluppo nella scuole della regione.
Esistendo un protocollo d’intesa con USR Piemonte su queste specifiche attività, da oltre 15 anni ho avuto occasione di monitorare l’andamento delle attività legate a questo settore e
di costruire una sezione del sito USR in cui ci si occupa solo di questo. http://www.istruzionepiemonte.it/cittadinanza/

Ritorno dopo qualche anno a riprendere il discorso anche su PavoneRisorse
Rubriche Ed. alla cittadinanza e Democrazia web, non inutili anche ora.

Poche annotazioni:

1- In positivo le attività della scuola piemontesi sono sempre state molte e siamo riusciti a censire sino a centinaia di progetti ogni anno. I seminari e i corsi dedicati hanno sempre attirato una grande attenzione.

2- La deriva che si è un po’ evidenziata è che in educazione alla cittadinanza attiva e critica si sono aggiunte come componenti principali ed accanto al filone classico, la educazione ambientale, alla salute, all’ambiente. Ottimo.
Sino ad arrivare alla educazione alla cittadinanza ed alla cultura digitale di cui mi occupo.

3- Poi sono finiti in CC sino a 40 educazioni di tipo diverso. Alcune utili, altre che sollevano qualche perplessità. Molti progetti o idee finivano lì.

4- A parte i momenti e temi rituali – le giornate del Ricordo e della Memoria, 25 aprile etc… – la Costituzione e la storia sono finite un po’ in un angolo. Abbiamo parlato molto di Cittadinanza e diritti e meno di Costituzione. Questo è uno dei problemi di cui dovremo occuparci: che rapporto c’è far diritti e democrazia? E fra Democrazia, Diritti e Digitale?

Già ai tempi di CC due obiezioni che si facevano erano: 1- che di una attività di cui tutti erano, giustamente – perché l’educazione e la formazione del cittadino è compito di tutti i docenti e non solo di quello di lettere o di diritto – responsabili, nessuno alla fine era responsabile.

Che se non c’era uno spazio orario (tipo materia) ricadeva nella zona progetti e ricerche o sul docente di lettere (o di diritto alle superiori), che con Gelmini già aveva perso due ore d’italiano (poi ci lamentiamo dei risultati delle prove Invalsi) e che adesso se voleva fare CC di geografia – avete letto il libro di geo-politica Dodici mappe per capire il mondo?– gli rimaneva 1 ora.
Che senso ha poi insegnare la cittadinanza se si diminuiscono anche le due ore di Storia da cui nasciamo noi?

Questa rubrica si occuperà di:
– Illustrare la legge in arrivo. Tanto prima o poi arriva
–  Valutare l’impostazione che propone (non vi spaventate piuttosto scarna e un po’ scontata)
– Rispondere agli interrogativi che docenti e DS si porranno a partire da settembre.
– Riflettere sul fatto che la maggior parte del testo è dedicato all’art. 5 che si occupa, lo dico meglio, di educazione alla cittadinanza digitale che è ciò di cui come ricerca pubblicazioni aggiornamento mi occupo dal 1982.

D’altra parte in un paese in cui 2 padri su 3 entro un’ora dalla nascita hanno già fotografato o filmato il figlio/a e la sera stessa lo postano sui social ce n’è bisogno.
Tutti abbiamo due cittadinanze e diverse identità, sin da piccoli. E siamo più utonti che utenti.
Anche perché come ci avverte Soro garante della privacy, negli ultimi anni 2 milioni di foto dei nostri bimbi sono finite ad alimentare la pedo-pornografia.
Ma anche di questo parleremo…

A presto!