Diritti, conflitti, responsabilità e regole durante la crisi: la Costituzione

Stefaneldi Rodolfo Marchisio

Come noto Bobbio divide i diritti sanciti dalla Costituzione in 4 categorie ognuna corrispondente ad un secolo. Il secolo in cui un gruppo sociale ha lottato per strapparle ad un altro gruppo o potere sociale. Temporaneamente. N. Bobbio L’età dei diritti

Siamo di fronte con la crisi del Covid 19-> Delta (per ora) e le polemiche già citate ad un conflitto tra le liberta di 1° generazione individuali, illuministiche, borghesi (pensiero, parola, espressione, manifestazione) conquistate dai liberali e dagli illuministi nel 700 e i diritti sociali (Salute, Istruzione, Assistenza, Lavoro) conquiste del movimento operaio, sindacale e contadino nell’ 800.
Libertà individuale, di espressione ed azione vs diritto alla salute art 32 (anche pubblica) alla istruzione art. 34, alla assistenza, al lavoro art 35 e seguenti.
La Costituzione è impegnativa per lo Stato, negli articoli che sanciscono i diritti sociali (Salute, Istruzione, Assistenza, Lavoro) “lo Stato deve rimuovere ogni ostacolo…”; ad es all’accesso al diritto alla salute o alla istruzione da parte di tutti cittadini.

Ma ricorda anche Art 2, 3 e 4 che ognuno di noi deve dare il suo contributo attivo al miglioramento e al progresso sociale. Cioè fare al meglio la nostra parte nell’interesse di tutti.

Art 2. …e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale.
Art 4. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la
propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società
. Responsabilità. Solidarietà, Partecipazione.

In altre parole siamo responsabili a livello sociale anche degli altri.

A maggior ragione se siamo pubblici ufficiali (art 28) e formatori di cittadini che educhiamo col nostro esempio (legge 92/19 Ed Civica). Non colle nostre lezioni.

Questo è un argomento ostico in una epoca in cui la ipertrofia del diritto individuale (ad es: alla espressione) diventa, in rete e nei media, diritto all’insulto, alla incitazione alla violenza, alla negazione di fatti a danno del diritto degli altri. Zagrebelsky.
In una epoca in cui si mette in crisi la competenza e pretendiamo, per avere letto e non validato una informazione trovata in rete che conferma la nostra opinione, che questa valga più delle competenze degli esperti e di chi ha studiato.  T. Nichols La conoscenza e i suoi nemici.

Senza tener conto che una informazione non validata non è conoscenza, non vale nulla e che non possiamo improvvisarci medici, esperti della qualunque solo perché lo dice il web o la TV.

Una situazione che Asimov ha sintetizzato nella frase “la mia ignoranza vale come la tua competenza” e che Eco aveva riassunto a distanza di anni in 2 osservazioni (entrambe vere):

  • La rete dà la parola a tutti. È un passo verso la democrazia. Vero!
  • La rete dà la parola a legioni di imbecilli che prima non facevano danni, se ne stavano al bar dicevano la loro e risolvevano i problemi del mondo, ma tanto c‘erano 3 o 4 persone a sentirli… Vero! Ma adesso chi posta su FB arriva a 2,5 miliardi di possibili “vittime”.

Con l’aggravante che il meccanismo della personalizzazione della rete, ci fa vivere in una gabbia, in una bolla – Parisier, Bauman – dove l’algoritmo è programmato per farci conoscere amici che la pensano già come noi rafforzando l’idea che abbiamo ragione. Lo dice anche lui/lei…
Non è colpa della rete, Bauman, che non danna e non salva – Rodotà-, ma dell’uso che ne fanno i “padroni della rete” – Rampini- Usando Google non per darci quello che ci serve, ma quello che ci piace. E dell’uso sprovveduto che ne facciamo noi utenti consapevoli o “utonti”.

Rete a parte, la democrazia è un conflitto non solo tra gruppi sociali (la conquista di un diritto è temporanea e conflittuale e toglie qualcosa ad altri: l’abolizione della schiavitù comporta la abolizione del diritto di possedere degli schiavi N. Bobbio), ma anche nel rapporto, che sta alla base della democrazia, tra quante persone esercitano un diritto (ad es. di espressione pubblica) e la loro competenza nel merito.

La democrazia comunque vive sul fatto di garantire il diritto a tutti. Ma stiamo, per ipertrofia dell’individualismo, in cui ci rifugiamo di fronte alla difficile realtà, a danno degli altri, perdendo l’equilibrio tra diritti e competenza e tra diritti individuali e doveri sociali. Zagrebelsky.

Ovviamente noi siamo per diritti a tutti, a differenza di Platone che in Contro la democrazia diceva che dovevano governare i migliori. Cioè i filosofi (o i tecnici o altre élite). Per diversi studiosi comunque la democrazia è soprattutto la possibilità di cambiare governo, sostituendo una élite delegata con un’altra. Mentre per Bobbio si riduce a 2 condizioni base.
Infine l’idea di una democrazia diretta salvata dalla rete è già implosa su sé stessa.
Il web permette di ampliare diritti, non di salvare una democrazia malata.
Un popolo che vuole governarsi da sé deve armarsi del potere che dà la conoscenza. Madison

Sappiamo ormai che questo equilibrio in casi di crisi e se non poniamo un freno a “so tutto io” può creare problemi, perché informarsi correttamente e ragionare su fatti e dati è più faticoso e difficile che parlare e quindi la rete abbonda di tuttologi saccenti e rabbiosi.

La Costituzione

a- È fatta di diritti (tanti, di 4 generazioni). 1° generazione; liberta di (parlare, esprimersi, riunirsi, associarsi…). Libertà da: dal bisogno, dalla malattia, dalla ignoranza …quindi diritto al lavoro, alla salute, alla istruzione) diritti di 2° generazione (‘800) che si lotta per mantenere anche in questo momento. Poi i diritti delle categorie di persone (anziano, bambino, disabile…) delle carte internazionali, ‘900. E i diritti in rete, quelli del “villaggio globale”. N. Bobbio
Ci sono anche 2 diritti/doveri e 3 doveri. Tra questi doveri quello della partecipazione e dalla solidarietà.
Il contrario di “voglio essere padrone a casa mia” “voglio essere libero di fare quello che voglio” (anche di sparare, non solo cavolate, ma anche proiettili e di uccidere per futili motivi). Oggi viviamo, come segno della nostra insicurezza, la crescita abnorme della pretesa ai diritti individuali vs il dovere dei diritti di tutti. Zagrebelky

b- La Carta ammette già l’obbligo vaccinale per tutte le malattie che ci hanno minacciato recentemente, e che un tempo uccidevano.

c- Richiede il contributo di tutti al miglioramento della situazione, specie in momenti di crisi.
Noi over ci siamo vaccinati con Astra Zeneca non solo per proteggerci da situazioni gravi che riempivano gli ospedali, ma per proteggere la nostra famiglia e gli altri. Compresi i no vax che adesso sfuggono ad ogni controllo per andare in vacanza o piazza. Responsabilità sociale.

d- La Corte Costituzionale ha già chiarito che:
1- l’obbligo vaccinale c’è già e non è incostituzionale, ma anche
2- i limiti di questa situazione, in cui il governo prende decisioni di limitazione di libertà/diritti individuali, per interesse collettivo, in emergenza, ma che devono essere “ben motivate, delimitate nel tempo per poi passare la parola al Parlamento organo legislativo”.

Non c’è altro da discutere. Ricordiamoci dei cortei di bare in Lombardia mentre corriamo in discoteca o minacciamo altri in modo violento.

Analogamente si sono espressi per l’obbligo vaccinale 2 presidenti emeriti (Zagrebelsky e Onida) e S. Cassese, già membro della Consulta. Il green pass oggi è come la patente per guidare.

La scienza

Dicevamo che la scienza non è certezza, ma ragionevolezza, probabilità, suffragata da dati, ricerche, prove.
Allora dato per assodato che la scienza non è né certa né pura, che spesso è legata a interessi di parte, che ha però organismi di controllo a livello mondiale, europeo, Usa e Italia o pensiamo che tutti gli scienziati e gli Enti preposti di tutto il mondo siano incompetenti, corrotti e d’accordo in un complotto mondiale servo degli oligopoli oppure, cosa più probabile, quando molti studi puntano in una direzione e i risultati, ma anche le conseguenze, i dati si confermano tra loro, la probabilità che quella strada sia utile e ragionevole, fino a prova contraria, è alta.
Senza aspettarci che se ne esca in fretta, né che sia semplice, né soprattutto che si ritorni ad una normalità pregressa che non vedremo mai più. Supereremo questa crisi come altre più gravi (AIDS, colera etc..) vaccinarsi diventerà obbligatorio e normale e sconfiggeremo questa situazione  (ai miei tempi i bambini rischiavano poliomielite, tetano, difterite e tante altre malattie, oggi no)
Ma non torneremo a prima, ad una “normalità” utopica, improbabile.
Non auguriamocelo, perché la “normalità” scrivevano sui muri di Madrid è parte del problema
La crisi sanitaria ha solo scoperchiato i punti critici di sanità pubblica, scuola e lavoro nel nostro sistema occidentale.
Speriamo di non tornare indietro, ma di costruire un sistema sociale migliore. Anche per i no vax.
“C’erano tante di quelle cose (difficili) da capire a quei tempi che io ero contento quando parlavamo d’altro” H. Hemingway, Festa mobile




Quando un uomo con un ragionamento incontra un uomo con uno slogan, l’uomo col ragionamento è un uomo morto

di Rodolfo Marchisio

Quando un uomo con un ragionamento incontra un uomo con uno slogan, l’uomo col ragionamento è un uomo morto
Cit. storica da FB

 

Non seguo di solito i dibattiti social fatti di frasi brevi assertive che presuppongono “ho ragione io” e non portano spesso al dialogo né a un risultato. Né i titoli urlati ad arte dei giornali, fatti per vendere o le trasmissioni televisive dette talk show.

Mi piacciono i dati ed il dialogo. “Non che ciò interessi, ma…” da La storia infinita di M. Ende.

Non solo perché sollecitato, ma anche perché mi hanno colpito molto alcuni aspetti delle polemiche, manifestazioni e dibattito/rimpallo infinito sui media sui temi No vax, No pass e via negando in una contrapposizione tipica per cui non solo si tifa per una squadra ma più spesso contro un’altra, provo a riflettere ad “alta voce”.
Il dibattito fra scienziati e politici assertivi e contrapposti in TV non ha giovato. Meglio stare zitti e lavorare. Dare tutte le informazioni utili, spetta alla politica su indicazione degli addetti ai lavori. I cittadini hanno diritto ad essere informati in modo chiaro e ordinato, nonostante l’emergenza.

  • Chi e quanti sono quelli che spingono questo dibattito? Dai numeri delle piazze 5mila a Torino (città? area metropolitana? regione?) non molti. Dietro di loro movimenti e partiti, ma anche fabbricanti di Fake news, le solite agenzie con legami con la Russia. Fonte Il Fatto quotidiano 29 7 21
    Chi sono è più difficile da dire: sicuramente gente spaventata, che esprime i suoi timori e va rispettata, poi complottisti e tanti altri; essendo in una democrazia – “malata” ma democrazia – e non in un regime come temono di essere hanno diritto di manifestare ed esprimersi.
  • Neonazisti invece non dovrebbero esserci perché “è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista” (Disposizione transitoria XII)
  • Soprattutto i neonazisti non dovrebbero poter usare simboli delle orribili dittature cui si ispirano e paragonare una democrazia (malata) alla dittatura da cui nascono. E sopra ogni cosa non dovrebbero usare simboli e paragoni con il dramma della Shoa.
    Per molti motivi: il senso della storia o anche solo il rispetto umano per i troppi morti innocenti che la dittatura cui si ispirano ha voluto e perseguito. E per i tanti morti di Covid 19. Cui non si aggiungeranno grazie al SSN. In questo caso disponibile e gratuito come sempre.
  • Colpisce la ignoranza e la strumentalizzazione della storia. In parte per superficialità in parte voluta e pianificata. Manca il senso della complessità degli eventi e c’è una semplificazione eccessiva: da una frase assertiva ad uno slogan.
  • La crisi sanitaria sociale, economica attuale è nuova, sconosciuta, inaspettata, da un lato; prima di prender decisioni bisogna capire, non ci sono precedenti. Dall’altra occorre fare in fretta per evitare morti e malati. In Cina e in Russia non è un problema. Decide il capo.

In una democrazia che come concordano 2 studi, uno di un istituto di ricerca, l’altro dell’Economist e di altri giornali USA, è una “democrazia con problemi” – siamo collocati concordemente al 3 posto della serie B con una votazione che sfiora l’8/10, insieme a USA e Giappone in zona promozione – occorre arrivare alla sintesi attraverso il dialogo. Defatigante. Specie se chi discute lo fa per interesse di parte o ambizione.
Ma siamo pur sempre secondo Bobbio ed altri una delle democrazie del mondo.

  • Una crisi del genere fa paura, crea incertezza e questo va rispettato.
    È difficile ma necessario mantenere aperto, in questo contesto di crisi, uno spazio emotivo per accogliere le notizie e le novità spesso negative e ripetute, ma questo è l’unico modo di capire emotivamente il nuovo, buono o cattivo che sia.
  • La scienza che in questo caso ha fatto un grosso lavoro coi vaccini, non vive di certezze, ma di dati e di conferme reciproche. “Falsificabile per principio ma non – ancora – falsificata di fatto” diceva Popper. Ma quando tanti dati di diverse fonti, convergono verso un risultato unico ci sono buone probabilità che sia attendibile. È come validare notizie in rete cosa che non sappiamo fare. Cercare tutti; verificare e confrontare le fonti no. Costa fatica.
  • Come ci ha insegnato Baumanmodernità liquida – la fase attuale del capitalismo monopolistico potenziata dalla rete e non controllata a sufficienza dalla politica crea disagio, incertezze, paura che si sfogano identificando nuclei di nemici contro cui scaricare la nostra rabbia, il nostro odio, con parole ed atti violenti, aggressività e Fake news. La retrotopia (“si stava meglio quando c’era la famiglia patriarcale” – ingiusta ma chiara) la difficoltà di affrontare cose nuove e complesse. Vedi le mappe che approfondiscono il tema

Far Web CB dei grandi 1 + 2  + 3  + 4 Scarica apri e nella cartella clicca l’unico file html

  • L’aggressività verbale che sfocia negli insulti, nel complottismo, nella falsificazione della realtà e dei dati è un atto. Le parole e le informazioni sono atti e fanno altrettanto danno.
    Se una ragazza si butta dalla finestra per gli insulti ricevuti online “è un gioco” o un fatto?
    Detto, Fatto” dice la regina di Alice. Le parole sono fatti e vanno usate con cautela.
  • Ah ma allora esistono i monopolisti che ci sfruttano! Certo che si, basta pensare ai Gafam, ma anche alle industrie farmaceutiche che cercano di sfruttare anche il Covid su cui hanno fatto un sacco di soldi e non vogliono pagare neanche (in USA e UE) il 15% di tasse, perché stanno in paradisi fiscali (anche europei). La lotta agli oligopoli è fatta di informazioni reali, trasparenza, controllo da parte della politica e della popolazione e richiesta di far pagare le tasse e rispettare regole (dati e privacy). Quello che stanno cominciando a fare (contro le lobby) i governi UE e USA.

Chi diffonde false notizie e denuncia complotti fa il loro gioco. La realtà è decisamente più complessa di un unico complotto internazionale. Questa cosa sa molto di “Protocollo dei savi di Sion”, il complotto sionista inventato dalla polizia segreta russa a inizio del 900 e poi usato dai nazisti per motivare lo sterminio degli ebrei nei campi.

  • Lo sfruttamento complottista di alcune forze politiche fa parte della campagna elettorale senza tregua del nostro paese per procurarsi quei milioni di voti alle prossime elezioni. Questo si è un complotto ed una manipolazione.
  • Anche qualche frangia della sinistra (qualsiasi cosa voglia dire) grida al complotto e contro la scienza. Ho dedicato parte della mia gioventù universitaria allo studio di Marx di tutte le sue opere ed in particolare al 1° libro del Capitale, dove Marx, che ha fondato il socialismo scientifico, contro il socialismo umanitario o utopistico, conduce una analisi dettagliata zeppa di dati e informazioni sulle condizioni del proletariato, inglese e europeo, molto convincente.
    Ce l’aveva col capitalismo non con la scienza. Purtroppo all’analisi non è seguita la sconfitta deterministica del capitalismo monopolistico, contro il quale, più forte di prima anche per l’uso che fa della rete, ci troviamo ancora oggi a combattere. Magari conoscendolo meglio e non in modo semplicistico.
    L’intelligenza artificiale è fatta da milioni di persone senza diritti. Lavoratori invisibili e consumatori inconsapevoli. Siamo tutti schiavi del clic. Schiavi del clic A. Casilli.

Concludo con le parole di un amico medico oncologo che ha fatto un grosso lavoro nel maggiore ospedale della mia città. Dopo avere chiarito che lui proprio per il suo ruolo conosce meglio di tanti il potere e le strategie oscure e truffaldine delle case farmaceutiche conclude:
Stiamo ai dati: la vaccinazione riduce l’aggressività del virus e la velocità della sua diffusione; chi contrae l’infezione e non è vaccinato ha molte più probabilità di finire in rianimazione o in ricovero ospedaliero per la gravità dei sintomi; sulle decine di milioni di vaccinati gli effetti tossici hanno mostrato al momento di essere percentualmente inferiori a quelli di numerosi farmaci di ampio utilizzo e anche di alcuni fitofarmaci e prodotti di estrazione naturale. Questi sono dati certi e fatti reali: tutto il resto sono deliranti supposizioni, immotivate paure, interessate strumentalizzazioni. In pochi casi si tratta di inviti a una valutazione più critica, meno frettolosa e più attenta ai possibili rischi dovuti alle nuove formulazioni dei vaccini prodotti: posizioni rispettabili ma non condivisibili in una visione di sanità pubblica e di considerazioni di costi e benefici di fronte alla aggressività di questa pandemia. Oscar Bertetto. Come direbbe l’ispettore Clouseau: dei fatti.
La ritengo una fonte affidabile proprio perché basata su dati, probabilità ragionevoli, responsabilità.

Le certezze agli incerti, agli ignoranti e ai manipolatori.
Segue…

‘Pensare è difficile. Per questo la maggior parte della gente giudica’ Carl Gustav Jung




Non vedo l’ora che cominci la scuola

di Rodolfo Marchisio

Premetto che sarà un articolo impopolare.
Seguo il mondo della scuola dal 1955 in assoluto, dal 1969 come docente e poi – 1982- formatore.

Seguo 3 quotidiani online e 3 riviste specializzate ogni giorno. Ogni giorno articoli sulla scuola con titoli allarmanti – per parole chiave spesso drammatiche “i docenti fragili non vogliono tornare in classe” con foto di doc accasciato- cui spesso non corrisponde un contenuto coerente, anzi talora l’opposto.
Recentemente tra l’altro l’età dei docenti (ma le definizioni finora non parlavano di età = fragilità) e dei loro timori.
Scopriamo adesso l’età dei docenti? Risponde a stretto giro comunque l’ISS sulle criticità sanitarie. Ieri i trasporti con una assurda conferenza EELL e Governo in cui tutto sembra funzionare salvo poi, accesi i microfoni dei giornalisti, lanciare appelli e minacce da parte degli EELL. Forse è rimandato il problema.

Premetto che non approvo l’atteggiamento del MI (ma questo accade spesso) ma questo pericoloso gioco di nervi, questo ping pong pur comprensibile in relazione alla situazione, penso abbia aspetti su cui riflettere.

Credo che la situazione della scuola e della sua riapertura sia molto molto complessa, ma risenta anche di aggravanti non sempre inevitabili.

  • Un MI che ha parlato troppo, comunicando male, talora contraddicendosi e creando confusione. Soprattutto perdendo tempo. Compito (non facile) del MI era di costruire un quadro generale, anche a protezione delle situazioni più deboli e della scuola “a macchia di leopardo” e di fornire strumenti: ad es una piattaforma unica per tutti controllata dal “pubblico”, gratuita come in Francia, visti anche i 3 richiami del garante della privacy sulla scuola in mano a Google – da oggi anche università stile CEPU – ed ai Gafam.
    Ma anche linee guida entro cui le scuole potessero costruire, contestualizzando, in autonomia. Invece è stato un botta e risposta di problema <–> linee guida. Un puzzle da ricostruire. Vedi ora Call MI e Promemoria per DS e scuole su quanto va fatto.
  • Una scuola cui sono stati tolti ca 10 miliardi in 3 riforme tra organici e fondi era già una scuola debole prima, che ha comunque tenuto botta (nel bene e nel male, ne abbiamo discusso per mesi) al picco della crisi. Lo sapevamo già. Resta da chiarire se i vari fondi, non pochi, ma arrivati a rate, in risposta ad un singolo problema, non all’interno di un quadro complessivo, saranno spesi bene o se saranno solo una pezza che tiene per un anno. Tanti soldi così non li vedremo più e quindi sarebbe utile progettare la scuola della crisi pensando anche alla scuola del futuro.
  • La “narrazione” che ne fanno giornali, TV, riviste online, dibattiti (non si è mai parlato tanto di scuola), spesso contraddittoria, ma anche più utile a vendersi sparando titoli allarmanti o a mettersi in mostra come presunti esperti che a raccontare e capire quello che avviene.
    Troppo rumore è uguale a meno informazione, più confusione, più paura. Il compito di esperti e giornalisti responsabili sarebbe di mediare e selezionare le notizie.
  • La aspettativa di alcuni (famiglie e docenti in primis) che tutto fosse a posto prima di cominciare, aspettativa rassicurante e comprensibile, ma non realistica considerando la complessità dei problemi, ma anche la precarietà della situazione: a che punto sarà la epidemia fra 15 gg e poi fra 1 mese e 3 mesi? Il covid, con cui dovremo convivere ancora mediamente a lungo ci deve insegnare che non c’è la normalità del prima a cui tornare e non c’è una situazione certa da cui partire. Per cui meglio essere pronti a novità, speriamo buone, a flessibilità ed aggiustamenti. Un puzzle da finire di comporre. Un laboratorio di cittadinanza agita per tutti.

Questa non era una novità già nella scuola di “prima”, che non ha mai ad esempio cominciato a pieno organico, tanto è vero che quasi tutte le scuole hanno sempre avuto un orario “provvisorio” ed un orario “definitivo” a sua volta possibile solo grazie a supplenze etc.
La scuola per mettersi in moto ha sempre avuto bisogno di alcuni mesi. Figuriamoci nella situazione attuale di crisi sanitaria e sociale complessa che ci accompagnerà temo tutto l’anno.

Chi si aspettava il contrario, giustamente per rassicurazione a volte, o non conosce la complessità del sistema scuola o non si rende conto che la normalità e la certezza in epoca covid non può esistere. Come scritto sui muri di Madrid, “non vogliamo tornare alla normalità perché la normalità (di prima NdA) era parte del problema”. Il covid ha solo fatto emergere e resi evidenti, molti problemi della scuola che c’erano già prima. Il temporale ha fatto saltare molti tombini.

La crisi e la trascuratezza passata verso la scuola hanno solo gonfiato i problemi.

  • L’intervento di più attori (EELL e Associazioni) ha aiutato a decentrare compiti e districare la matassa. Ma la democrazia (e la sua “deformazione” mediatica/digitale: “dare la parola a tutti” specie attraverso la rete, è un bene o un problema si chiedeva U. Eco) impone poi che ognuno dica la sua e si facciano mediazioni che sono lo strumento della democrazia. Siamo da capo.
  • Poi ci sono le elezioni e Ministri e Governatori devono distinguersi. Vedi proclami, conflitti. Campagne elettorali squallide sul Covid e sulla scuola, sondaggi fascioleghisti sulla ministra (ovvio donna) peggiore. Se ci andate, leggete i commenti violenti rozzi e da denunciare di chi vuole chiedere le dimissioni “a nome del popolo italiano”. Non a nome mio, ovvio.
  • Alternativa la Cina, dove decide il governo o meglio il dittatore quando comincia la pandemia, quando finisce, quando e in quanto tempo si costruiscono ospedali e scuole; fino a rifarsi una faccia (siamo prossimi al Comitato Centrale l’unico che può mettere in dubbio il dittatore) inviando medici e mascherine agli altri come segnale di superato pericolo interno; facendo un sacco di vittime dirette o indirette. Si fa prima a decidere, ma a quale prezzo.

Potrebbe essere una idea per una prima ricerca di EC?

Ho seguito quasi TUTTO quello che è stato pubblicato fatto deciso per tutta l’estate e sono fiducioso che pur dovendo turare ancora buchi e affrontare incertezze e nuovi problemi, pur essendoci dubbi e timori comprensibili, i DS che hanno lavorato tutta l’estate, i buoni docenti che li hanno supportati e li affiancheranno, le buone scuole che hanno retto la crisi, le famiglie di buona volontà (vedi Patto educativo) in condizioni peggiori di adesso, faranno il meglio possibile. Spero con l’aiuto di tutti. In modo diverso e contestualizzato, in una situazione che è e resterà incerta, grave e purtroppo parzialmente ineguale.

Ma basta chiacchiere. Crisi = Ognuno al suo posto a fare al meglio il suo lavoro in modo responsabile e intelligente, collaborativo. Lo dicevo nel mio primo e unico intervento all’esplodere della crisi.
L’ho documentato in  3 interviste incrociate e un webinar sulla scuola che verrà.

Che non deve essere la scuola di questo anno, che è ancora una scuola di transizione e di crisi.
Ma che ci deve insegnare a ripensare alla scuola (ed anche alla società) del dopo crisi.
Anche tenendo aperto uno spazio emotivo dentro di noi non per riempirlo di “infodizia”.
Ma per gestire crisi, emozioni, sentimenti positivi e negativi nostri e dei nostri ragazzi.

Buon lavoro, di cuore!




La scuola pubblica che verrà non deve essere prigioniera dei cattivi padroni della rete

di Rodolfo Marchisio

Dopo un intervento iniziale in cui auspicavo linee guida dal MI, ma soprattutto soluzioni contestualizzate in autonomia elaborate dalle scuole, vista l’emergenza e dopo avere portato a termine una ricerca sui documenti, sugli studi e le ricerche in atto, pubblicate su Tecnica della Scuola, rubrica Ed. Civica e didattica digitale cfr i temi trattati, ritengo opportuno sottolineare un aspetto di quanto emerso che è stato poco seguito dai molti interventi.

Riassumo:

  • La DaD NON è la didattica digitale che come riconosce anche la commissione Bianchi ed il MI deve tornare dentro una scuola capace di osmosi, perché il digitale è a tutti gli effetti un ambiente di apprendimento, ricerca, collaborazione, cooperazione, oltre che comunicazione. Un mondo da esplorare non solo da usare. Spesso male.
  • La DaD ha bisogno di piattaforme
  • Il MI ha fatto da vetrina alle piattaforme GAFAM quelli che Rampini ha chiamato “I cattivi padroni della rete”. Google, Amazon, Face book, Apple, Microsoft, con particolare riferimento alla prima ed all’ultima. Suggerendone implicitamente l’uso alle scuole e proseguendo la politica di pigrizia mentale, ignoranza ed asservimento a prodotti commerciali nati per il lavoro e non per la didattica e quindi poco adattabili ed a scatola chiusa. Vedi Classi 2,0, LIM, Classi 3.0, ed ora videoconferenza … e via spendendo (2 miliardi ca). Prodotti che non solo non hanno un futuro nella scuola (dare LIM a tutte le 40.749 classi x 2600 – costerebbe oltre 106 milioni), ma che sono il museo vivente nelle nostre scuole, delle scelte errate fatte in nome della mentalità:

a-  “se non riesco a progettare il progresso mi butto sulla innovazione, perché nuovo è sempre meglio” e fa bella figura- cfr Gui Il digitale nella scuola.
b- si fa meno fatica a pensare che la tecnologia salvi una scuola malata che a pensare una scuola nuova. Cfr OCSE 2014 e 2015: è dimostrato che le tecnologie di per sé non migliorano l’apprendimento. “I bravi docenti si”. Su questo esistono ormai centinaia di studi citati anche da Gui e la storia che alcuni di noi hanno vissuto dalla fine anni 70.
Diamo buone tecnologie ai bravi docenti. Ma soprattutto cultura.
Mentre si smantellava la scuola pubblica con le riforme, da Moratti a Gelmini e Tremonti i tagli sono stati di ca 8 miliardi, si investivano 2 miliardi in tecnologie autoreferenziali. Compreso il PNSD e il coding.

  • Le ditte GAFAM, come sappiamo, vivono catturando i nostri dati, rivendendoli e facendoci comprare prodotti o votare in un altro modo (nel periodo Covid 1 hanno guadagnato in borsa 500 miliardi ed Amazon ha fatto i soldi con le consegne a casa che tutti abbiamo usato e che hanno creato in Europa 200 mila disoccupati in più).
  • Con il trucco del consumattore: facendoci credere di essere attori protagonisti della rete mentre siamo li solo per fornire dati e per consumare prodotti “su misura per noi”.

Questi servizi “sono fondamentalmente depotenzianti. Li paghi e credi di ricevere in cambio un servizio. Ma tu gli dai molto più del tuo denaro: gli dai anche i tuoi dati, e rinunci al controllo, rinunci all’influenza. Non puoi plasmare la loro infrastruttura, né cambiarla per adattarla alle tue esigenze”. E. Snowden

Scuola DaD e privacy

  • La scuola pubblica, nel mettere in gioco anche i dati ulteriori di famiglie e docenti necessari alla DaD, non si è posta il problema che, oltre agli oligopoli privati che gestiscono i nostri dati esistono piattaforme alternative o pubbliche:
  • Quelle free od open (da jitsi ad Ada ma l’elenco è lungo) che non creano problemi di privacy
  • Quella pubbliche di consorzi come il GARR che ha sostenuto ca 1000 scuole durante la crisi
  • Quelle pubbliche che altri Stati (Francia) hanno costruito sulla base di jitsi, perché il pubblico controlli il privato, facendo una piattaforma per la scuola e affidando la continuità pedagogica a un ente pubblico, il CNED, con il servizio Ma classe à la maison.

 DaD e Garante della privacy

Cosa c’entra con la DaD? Il garante della privacy, come detto è dovuto intervenire 3 volte:

  • Interventi:

Trattamento dati “Le istituzioni scolastiche e universitarie dovranno assicurarsi (anche in base a specifiche previsioni del contratto stipulato con il fornitore dei servizi designato responsabile del trattamento), che i dati trattati per loro conto siano utilizzati solo per la didattica a distanza.”

  • Ha ribadito il principio della “correttezza (=legittimità) della scuola nel trattare dati personali, purché questi siano coerenti (non esorbitanti) con le sue finalità (art. 18 D.Lvo196/03 e “Privacy a scuola” 2016). Il medesimo principio, unito a quello della non eccedenza, è applicabile ai servizi di supporto (Didattica a distanza)”.
    garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9302778
  • “Il trattamento di dati svolto dalle piattaforme per conto della scuola o dell’università dovrà limitarsi a quanto strettamente necessario alla fornitura dei servizi richiesti ai fini della didattica on line e non per ulteriori finalità proprie del fornitore”.
  • Infine di fronte a una Ds che ha rifiutato il contratto con Google, che lei aveva dovuto firmare mentre Google non lo controfirmava e quindi non aveva valore legale è arrivato a scrivere al MI “gli istituti scolastici hanno sinora provveduto (alla didattica a distanza, ndr) ricorrendo a soluzioni tecnologiche, offerte da vari fornitori, non sempre caratterizzate da garanzie adeguate in termine di protezione dei dati personali e talora notevolmente vulnerabili”. Lo stesso Soro suggerisce di usare (temporaneamente) il registro elettronicoriducendo proporzionalmente il ricorso ad altre piattaforme”.

Conclusioni:

  • Dobbiamo avere la forza e la lucidità, vista la occasione, di pensare a una scuola nuova per il futuro, che vuol dire avere un progetto realizzabile, un uso del digitale dentro una scuola capace di osmosi con l’esterno, ma che non si aggrappi al digitale come tecnologia salvifica.
    E che non rinunci alle classi, non come ambiente chiuso ma come nucleo flessibile di educazione, socialità, relazione, progettualità (il clima di classe favorisce l’apprendimento – Losito)
    L’idea è quella di una città capace di tornare a scuola e di una scuola in grado di aprirsi alla città. Lorenzoni 
  • La didattica digitale (che non è la DaD) è ambiente di apprendimento, ricerca collaborazione, cooperazione oltre che comunicazione, ma bisogna essere consapevoli che
    a- Usare il web senza formare cultura digitale è diseducativo e pericoloso
    b- Scegliere una piattaforma non è come comprare un gadget. È una decisione da un lato politica, occorre “Una politics dell’educazione pubblica digitally enriched che tracci la via. Anche per (regolare) il mercato” (dal quale la scuola rischia di continuare ad essere fagocitata). A proposito di Ed. civica e cittadinanza digitale…
    c- dall’altro strettamente legata alle scelte educative, ai progetti, alla didattica. Al “che cosa ci devo fare, come, in che modo e contesto”. Per quali obiettivi e competenze.
  • La controparte delle piattaforme GAFAM – se proprio non possiamo farne a meno- con annesse responsabilità, non sono le singole scuole e i DS che firmano i contratti, ma sulla privacy, la controparte, per motivi di squilibrio di potere, deve essere il governo. Meglio, come su tasse, violazione norme e Fake news attraverso la UE che ha un regolamento apposta.

Purtroppo siamo ormai abituati a comprare a scatola chiusa e senza pensare.
Per questo occorre formare cultura digitale.

Vale la pena di leggere (grazie a M. Guastavigna e S Penge per le condivisioni di idee):

Mazzoneschi: I Rischi di affidarsi ai colossi della tecnologia per la didattica a distanza.
 Pievatolo: Teledidattica. Proprietaria e privata o libera e pubblica.
Lorenzoni: Le città devono aprirsi agli studenti
Gui, Il digitale a scuola, Il Mulino




Tre aneddoti sulla valutazione sommativa

di Rodolfo Marchisio

Perché amo la valutazione formativa che derivi da un lavoro/processo per competenze

1)      Quando ancora insegnavo, non molto tempo fa, non c’erano ancora registri elettronici raffinati, ma tabelle da compilare con funzioni elettroniche autonome.
Un alunno ammesso all’esame con una media “reale” del 5,5 (questo si un 6 “politico”) dopo le prove d’esame di terza media risultava avere una media del 6,5.
All’esame siamo tutti un po’ più “larghi” e poi faceva media il voto di condotta, che ovviamente era 9.
Il foglio elettronico arrotonda per eccesso. Il 6.5 diventa magicamente un 7 senza che il C di classe ci possa fare nulla. Quindi da 5,5 a 7. L’esame tira fuori il meglio di ognuno di noi?

2)      Da quando era stato introdotto questo sistema lo scrutinio era diventato, anziché una discussione sulla situazione dei ragazzi, sui loro progressi o meno, sulle motivazioni di una decisione collegiale, una compilazione di schedina, una dettatura di numeri.
Avevo chiesto di fare almeno un pre-scrutinio dove discutere dei ragazzi, ma la riduzione del numero dei Consigli per motivi sindacali (40 ore) e la fretta o il disinteresse dei colleghi, costringevano a forzare la discussione. Ma sono convinto che da allora le cose siano cambiate vero?
Io da giovane docente avevo cominciato a seguire il tema della valutazione con un corso di Don Calonghi sulla docimologia, ma presto mi ero convinto che i giudizi sintetici (numeri o lettere) dovessero essere accompagnati da una spiegazione, da una motivazione per inserire la valutazione nel processo di consapevolezza e crescita. Da masochista ritenevo utili i giudizi analitici, la spiegazione (accanto al “voto”, alla sentenza). La retorica di allora era “non tutti i 6 sono uguali.”
E ritenevo persino utili i giudizi globali, come traccia per un dialogo con le famiglie o come messaggio ai ragazzi ed alle famiglie che non venivano neanche a ritirare le pagelle.
Ero considerato dai colleghi un noioso sadomaso.

 3)     Ho fatto dal 1982 il formatore sulle didattiche che oggi è di moda chiamare digitali.
PSTD, FORTIC 1 e 2, PNSD e via formando…al digitale. Se guardo le statistiche sui docenti esperti di digitale di oggi mi deprimo un po’.
Per Fortic 1 in Piemonte si era fatta una graduatoria per titoli e pubblicazioni di 200 formatori in cui risultavo al 2° posto. Per questo con M. Guastavigna (al 1°) ero stato inserito in un team che doveva preparare, insieme a USR Piemonte ed UNITO (Gallino- Scienze della formazione) il programma ed i materiali per i corsi dei tutor B (leggi poi A. Digitali) che a loro volta avrebbero formato i colleghi della scuola. Tutto la regione avrebbe avuto un progetto e denominatori comuni; a differenza ad es. della formazione Animatori Digitali dove ogni regione ha fatto in modo completamente diverso (Più pedagogia nel Lazio, tutto il potere ai tecnici in Piemonte).
La preparazione prevedeva un corso con un assistente di Gallino, che tutto “goduto”, ha raccontato ad una platea tra l’annoiato e l’irritato che lui aveva inventato un programma che:
a- somministrava le prove ai suoi allievi
b- le correggeva in automatico
c- comunicava agli allievi il risultato via pubblicazione graduatoria

Gli ho fatto una sola domanda: ma lui quando ci parlava e quando vedeva i suoi allievi?
Alcune derive possibili della DaD temo puntino in quella direzione.
Mi scuseranno gli esperti di valutazione; io adesso mi occupo di cittadinanza e di cittadinanza – e soprattutto di cultura – digitali.
Con Istoreto mi occupo di didattica per competenze e quindi di strumenti ODV (Osservazione, Valutazione, Documentazione), ma non sono un esperto.
Temo siano solo i ricordi di un “anziano” in quiescenza.




Perchè il piano della Ministra per settembre non può funzionare

arcobaleno
di Rodolfo Marchisio

Dopo un primo intervento relativo alla fase 1 “Fate quello che potete e che oggi è prioritario” ho deciso di tacere, perché nella seconda fase densa di fatica, ricerca, dubbi da parte dei colleghi, più pareri e consigli non sarebbero stati uguali a più conoscenze.

Era secondo me il momento di cercare di dare un senso, suggerire una direzione ai colleghi e lasciare che con l’aiuto di quelli più esperti o di pochi affidabili esperti esterni (non interessati a venderti una piattaforma) trovassero la loro strada.
Convinto che nella eterogeneità delle scuole (livelli, ambienti, problematiche, competenze, strumenti…) e dei docenti (stili di insegnamento) o delle famiglie (competenze e possibilità) e nella assenza di una soluzione migliore di altre anche teorica fosse bene che ogni scuola scegliesse, mediando, quella più adatta alla sua situazione.
Più contestualizzata e possibile. Possibile per i docenti, per le famiglie e per i ragazzi.

Adesso siamo al passaggio dalla fase 2 alla 3.
Cosa abbiamo imparato e cosa faremo il prossimo anno? Esistono alcuni studi (Mi, Invalsi, CIDI etc…) e molti pareri cui fare, con cautela, riferimento.

Ovviamente la ottica era ed è quella che

1-   La didattica online è cosa non semplice e controversa, ma questa è una emergenza. 

2-   Non esistono ricette e offerte commerciali che risolvano e non esiste UNA soluzione. Come sempre l’ideale è che i buoni docenti (OCSE 2014,15) usino in modo intelligente quello che hanno, sanno e possono usare e che si adatta alla loro situazione. Con intelligenza, flessibilità, contestualizzazione di strumenti conosciuti e possibili. Per tutti.

3-   Le scelte tecnologiche sono importanti ma quelle educative lo sono molto di più e che la grave emergenza attuale non è un’occasione per incrementare la didattica a distanza (la scuola del futuro?), ma una situazione di assenza della scuola reale da fronteggiare con ragionevolezza. (CIDI)

4-   La chiave del nostro lavoro (e del digitale a scuola) è la relazione educativa ed è per questa che si è spesso lavorato, articolando attività diverse, che le tecnologie veicolano o permettono. Anche la attività di leggere insieme e commentare un libro
” La rete non danna e non salva”. Permette. Rodotà

Che occorra condividere un senso, in mezzo a tante proposte ed esperienze diverse, radunando quelle condivisibili e in sintonia, non solo su “con che tecnologia, ma su cosa ci faccio, come, perché” , che sono problemi strettamente collegati.

Poche osservazioni mentre sta per uscire una analisi più completa

È mancata una regia dall’alto
La prima osservazione è che è mancata una regia tempestiva dall’alto. Meno male, così i bravi docenti hanno trovato bene o male (dati MI,CIDI, Tecnica della scuola, le osservazioni Invalsi) la sua strada. Non sempre una “buona strada”. Sulla soddisfazione di docenti e allievi le prime ricerche sono discordanti. Vedi dati parziali indagine CIDI su 750 docenti

Il MI è intervenuto 2 volte (per dare un contributo prima e la ultima per il problema della valutazione finale soprattutto).
La sua conclusione è che la situazione “è a macchia di leopardo” (?)

Diritti, piattaforme, privacy e garante. Non siamo in Cina.
La privacy dei cittadini e le conseguenze delle scelte delle piattaforme sono stati oggetto di 2 interventi di Soro. In una democrazia (seppur malata) la privazione di diritti (una decina) deve essere: 1- Decisa dal governo (e quindi non dalle Regioni o dai Comuni) 2- Ben definita 3- Limitata nel tempo.

Per quanto riguarda le scuole:
Le istituzioni scolastiche e universitarie dovranno assicurarsi (anche in base a specifiche previsioni del contratto stipulato con il fornitore dei servizi designato responsabile del trattamento), che i dati trattati per loro conto siano utilizzati solo per la didattica a distanza.”

Dice anche che quei fornitori che permettono l’uso dei servizi (gratuito) solo se si accetta che i dati vadano altrove sono nell’illegalità: E’ peraltro inammissibile il condizionamento, da parte dei gestori delle piattaforme, della fruizione dei servizi di didattica a distanza alla sottoscrizione di un contratto o alla prestazione– da parte dello studente o dei genitori – del consenso al trattamento dei dati connesso alla fornitura di ulteriori servizi on line, non necessari all’attività didattica.”
Rispetto a questo la scuola è stata lasciata sola, perché la scelta e il pagamento dei fornitori (dai 3 ai 9 mila euro) spetta alle scuole. Come la responsabilità connessa.

Didattica a distanza e Privacy.
“Il Coronavirus ha impresso un’accelerazione al processo di implementazione del digitale a scuola. Questo però richiede un chiarimento e la conferma di quanto già contenuto nella letteratura giuridica, nella legislazione europea e italiana (GPDR, decreto attuativo 101/18).
E il provvedimento del Garante per la Privacy (30 marzo 2020) non si è fatto attendere. Sono confermati tutti i principi che girano intorno al trattamento del dato personale. E’ ribadito il principio della correttezza (=legittimità) della scuola nel trattare dati personali, purché questi siano coerenti (non esorbitanti) con le sue finalità (art. 18 D.Lvo196/03 e “Privacy a scuola” 2016).  Il medesimo principio, unito a quello della non eccedenza, è applicabile ai servizi di supporto (Didattica a distanza).”

“Il trattamento di dati svolto dalle piattaforme per conto della scuola o dell’università dovrà limitarsi a quanto strettamente necessario alla fornitura dei servizi richiesti ai fini della didattica on line e non per ulteriori finalità proprie del fornitore”.

Perché i doppi turni non possono funzionare

1-    Fare i doppi turni, per esperienza di docente ed allievo è un passo indietro. Ma è una emergenza…
2-    Per dividere ogni classe in 2 o 2/3 + 1/3 e rispettare le distanze, non potendo abbattere i muri, occorrono più locali (fino al doppio) o che durante il pranzo si disinfettino tutte le aule, bagni, etc. Il personale è sufficiente? Piantiamo delle tende in cortile?
3-    Visto che dopo la “riforma” Moratti” ma soprattutto la Gelmini/Tremonti è stato equiparato orario in organico con orario frontale (più la dotazione postuma di alcuni colleghi tuttofare) dove prima bastava un docente adesso ne occorrerebbero 2. LI assumiamo? Chi le ha volute le “classi pollaio”
4-    Si può pensare di fare gruppetti interclasse con gli “avanzi”, ma salta la continuità didattica, le relazioni ed il clima di classe quando la relazione educativa ed il rapporto coi compagni è più necessario. E poi con quali docenti?
5-    Le conseguenze sulle famiglie prevedono una modifica di orari rispetto agli attuali. Tornano in pista i nonni, quelli sopravvissuti agli errori di governo e regioni ed alla immunità del gregge?

Una scuola depredata sino ad ora, che insieme alla sanità è stata oggetto dei maggiori tagli indiscriminati, avrebbe bisogno di tante risorse e solo con abnegazione ammirevole sta reggendo una crisi grave e imperscrutabile.
Scopriamo che i “fannulloni” di ieri sono gli “eroi” nei tempi di crisi?

Didattica a distanza
I MI precedenti hanno scelto le attrezzature (ed oggi proporrebbero una piattaforma) dietro la spinta di industrie, esperti di turno, per moda o scambiando la innovazione per progresso Gui (nuovo è sempre meglio?). Ma a parte una costosa formazione mirata all’uso dello strumento di moda, dalla LIM al coding (4 milioni in sospeso anche ora?), non hanno costruito nella scuola una cultura del digitale, quella che adesso ci manca. Né nei docenti, né nei ragazzi. Dove sono i presunti nativi digitali che ne sanno più di noi?

Questa esperienza se meditata e vissuta come un enorme e tragico laboratorio dal vivo di cittadinanza agita (rispetto degli altri e delle regole, solidarietà…) e di cittadinanza e cultura digitale, invece di aggrapparsi ad un programma non più credibile, potrebbe aiutare a farlo. Di questo vorrei riparlare la prossima volta.




Didattica a distanza, ma con insegnanti buoni artigiani

io_noidi Rodolfo Marchisio

Dedicato a tutte le colleghe ed i colleghi che si stanno facendo il mazzo per riannodare il rapporto educativo coi propri alunni
Si parla ormai molto di didattica a distanza e didattica online (che non sono la stessa cosa).

Non sempre in modo proattivo e talora un po’ dispersivo. Ognuno dice la sua.

Premesso che:

1. La didattica online è cosa non semplice e controversa, ma questa è una emergenza.
2. Se pensi che non esistano ricette e offerte commerciali che risolvano e che non esiste UNA soluzione. Che come sempre l’ideale è che i buoni docenti usino in modo intelligente quello che hanno, sanno e possono usare e che si adatta alla loro situazione. Come state facendo.
Con intelligenza, flessibilità, contestualizzazione di strumenti conosciuti e possibili. Per i docenti, per i ragazzi e le loro famiglie
3.   Le scelte tecnologiche sono importanti ma quelle pedagogiche lo sono molto di più (Paola Limone) e che la grave emergenza attuale non è un’occasione per incrementare la didattica a distanza, ma una situazione di assenza della scuola reale da fronteggiare con ragionevolezza. (CIDI)
4. La chiave del nostro lavoro (e del digitale) è la relazione educativa ed è per questa che state lavorando, articolando attività diverse, che le tecnologie veicolano o permettono. Anche la attività di leggere insieme e commentare un libro…

Allora queste poche riflessioni che cercano di condividere un senso, in mezzo a tante proposte ed esperienze diverse, radunando quelle condivisibili e in sintonia, non su con che tecnologia, ma su cosa ci faccio e perché allora ti può, spero, essere utile .

Buon lavoro. Di cuore….
Per leggere tutto