La Costituzione ha radici profonde, ma è anche un progetto dinamico

di Rodolfo Marchisio

La Costituzione è un progetto da realizzare (e non un insieme definitivo di regole), e allora  “bisogna continuare a pedalare” (Calamandrei), perché se non viene realizzata, nel tempo diventa “un progetto tradito” (Bobbio).

I filoni fondamentali che hanno contribuito alla stesura della Carta sono come noto:

a) il pensiero illuminista (libertà e diritti individuali – diritti di prima generazione per N. Bobbio-),
b) quello socialista e comunista (diritti sociali: lavoro, istruzione, salute), diritti di II° generazione,
c) quello cristiano (famiglia, persona, lavoro…).

Nel tempo si sono aggiunti nel 1900 i diritti sanciti dalle Carte e Dichiarazioni internazionali cui l’Italia ha aderito (diritti di terza Generazione) e più recentemente i diritti legati al mondo digitale (che spesso si intrecciano con quelli di prima e seconda generazione).

Un utile punto di riferimento è il libretto Le età dei diritti di N. Bobbio in cui si descrivono le 4 generazioni dei diritti, secondo l’autore.
Per approfondire il discorso sui diritti, che nascono quando un gruppo sociale è disposto a lottare contro un altro per ottenerli e per difenderli, perché si possono perdere in tutto o in parte (vedi  Incontro con N. Bobbio).

Chi erano i padri e le madri della C. e perché è stato necessario riscriverla (C. Marchesi).
La Assemblea Costituente era formata prevalentemente da giuristi, esperti di diritto, politici, docenti. Non c’erano contadini, pochi operai o sindacalisti. Molti antifascisti e qualche partigiano. Solo 21 le madri della Costituzione, prevalentemente socialcomuniste e cattoliche, unite dall’obiettivo della parità da raggiungere nella nuova situazione.

Per una verifica puntuale di questa composizione si possono usare gli url
I Costituenti
https://it.wikipedia.org/wiki/Deputati_dell%27Assemblea_Costituente_(Italia)
che presenta i componenti e la loro professione (basta passar sopra col puntatore)
Le donne (le madri)
https://culturalfemminile.com/vari/le-madri-della-costituzione-italiana/

Per questo l’assemblea si è poi divisa in commissioni più ristrette che hanno redatto i vari articoli poi discussi e approvati in plenaria.
Come primo atto di democrazia la Costituente ha dato a Concetto Marchesi, l’incarico di riscrivere il documento finale, di 9900 parole ca, usando solo 900 lemmi, per renderlo un documento leggibile non solo da addetti ai lavori.

Concetti fondanti dei primi 54 articoli: Democrazia, diritti /doveri, Repubblica, potere, popolo, lavoro (art 1 e seg.), regole, equilibrio. Molti diritti, pochi doveri e 2 diritti/doveri.
I doveri non sono una “compensazione” dei diritti, ma parte dell’impegno che viene richiesto ai cittadini di partecipare col loro lavoro e col loro contributo al progetto complessivo.

Diritti e doveri

Art 2. La Repubblica… garantisce i diritti inviolabili dell’uomo… ma richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

  1. a) l Diritto/dovere di votare. Alle ultime elezioni il 40/45% non ha votato. Sommando le schede bianche/nulle succede che il 18/20% degli Italiani ha deciso chi avrebbe comandato. Perché?
  2. b) Il dovere di pagare le tasse ( 53) in modo proporzionale e progressivo. Evasione fiscale record 200 miliardi
  3. c) quello di difendere la Patria se attaccata ( 52).
  4. d) quello fondamentale di partecipare col proprio lavoro, le proprie risorse al bene comune (art 2, 4 ed altri)
  5. e) Il diritto ma anche il dovere di allevare e prendersi cura dei figli ( 30 e seguenti).Dobbiamo collaborare tutti a realizzare il progetto descritto dalla Costituzione.
    Il contrario di mi faccio i fatti miei, non pago le tasse, voglio essere padrone a casa mia.

Contribuire a prosperità, benessere, progresso della nazione (lavoro, partecipazione … art. 2 e 4) Oggi invece prevale “l’ipertrofia” del diritto individuale contro il diritto degli altri ed il dovere di solidarietà, Zagrebelsky.
Calamandrei diceva che in democrazia: «non mi sento padrone neanche a casa mia.»
Imparare ad imparare
per contribuire al progetto è una competenza di cittadinanza (2018) non una cosa che riguarda solo gli studenti, ma anche i lavoratori, gli artigiani, gli imprenditori. Tutti i cittadini.

Una verifica statistica

C’è la possibilità di verificare con uno studio linguistico/statistico del linguaggio della C. e delle ricorrenze dei concetti/parole dei primi 54 articoli con semplici software Snap o foglio Excell, come fatto nel libro Dati Cittadinanza e coding (Le Parole della Costituzione) di Penge, Marchisio ed altri e sperimentato con l’IIS Volterra di S. Donà del Piave.
https://www.anicialab.it/coding/dati

La democrazia è governo del popolo e non per o con il popolo che sono demagogia (dalla democrazia Greca coi suoi noti limiti e la deriva demagogica – I sofisti contro Socrate – allo scritto di Platone, Contro la democrazia)

La Costituzione deve tener conto della evoluzione storica e sociale. Non è fuori del tempo.
Il concetto di famiglia di cui tanto si discusse e che compare in più articoli è passato dal primato del pater familias romano alla parità dei coniugi, ad un diverso concetto di famiglia anche non eterosessuale.
L’affermazione della priorità della famiglia sullo stato aveva all’epoca senso dopo la esperienza delle dittature in cui avveniva il contrario. Oggi famiglia e Stato dovrebbero armonizzarsi.

La Costituzione non parlava di ambiente (integrazione recente dell’art 9), i problemi all’epoca erano altri e la carta non può contenere tutto, è un progetto non una enciclopedia. Vedi
https://www.cortecostituzionale.it/documenti/download/pdf/Costituzione_della_Repubblica_italiana.pdf  (art 9 e le altre integrazioni o modifiche).

Cos’è Democrazia.
Le condizioni per definire un governo democratico sono:

  • Che si eleggano regolarmente i propri rappresentanti Bobbio
  • Che li si elegga liberamente e a maggioranza. Bobbio cfr video Bobbio
  • Che ci sia una assemblea legislativa indipendente e democratica.
  • Che la Magistratura sia indipendente.
  • La Separazione dei 3 poteri.
  • Che la stampa sia libera ( Runciman)
  • La possibilità del popolo di cambiare la élite che lo governa, secondo altri

Equilibrio fra poteri. Quando storicamente, nel nostro paese la Magistratura invade e limita il potere politico (da “mani pulite” in poi) è un fatto spesso legato anche ad una crisi della politica ed a reati.
Quando il potere esecutivo invade il campo di quello legislativo, come in epoca Covid, la Corte Costituzionale ha stabilito che è legittimo se: a) Legato ad una emergenza, b) Limitato nel tempo c) bene giustificato e delimitato.
Non è quindi, in genere, come qualcuno sostiene, una invasione di campo, ma deve essere una eccezione.
Legata anche al fatto che noi oggi viviamo una situazione di Democrazia “malata”, con problemi, come tante democrazie liberali che passano una “crisi di mezza età” (Runciman).

Infine

  • Parole ombrello che vanno ridefinite: democrazia, diritto sono tra le parole da tutti abusate che hanno logorato il loro significato.
  • Persona o cittadino. Il personalismo cristiano sosteneva il concetto di persona, le forze di sinistra si riferivano alle persone, al popolo (che non devono però diventare massa). La attualità fa prevalere il concetto di cittadino, che mi pare meno divisivo.

Per concludere.
Ai giorni nostri con episodi di violenza politica di origine neofascista,  discussione per interessi di parte su aspetti e parole chiave (“colonne”) della Carta e l’incertezza di come uscire dalle querelle su questo progetto che di sicuro ha soprattutto una matrice storica antifascista per costruire insieme una democrazia meno malata possono essere utili studi specialistici tra esperti di diritto romano, da cui non può derivare una posizione di parte; ma è vitale riaffermare che la  Costituzione va realizzata, sviluppata, contestualizzata rispetto ai tempi e non deformata né “tirata per la giacchetta” per motivi politici sottolineando solo alcune parole chiave ( persona, famiglia , stato, proprietà, libertà) né tanto meno diventare campo di battaglie di parte.




Come il web cambia la nostra lingua

di Rodolfo Marchisio

Come il web cambia la nostra lingua.[1]

La lingua del web ed i linguaggi non verbali. Spunti per una riflessione sull’e-taliano.[2]

Lingua: aggressività e mancanza dei linguaggi non verbali nel web

 “Abbiamo avuto migliaia di anni di evoluzione per prendere confidenza con le interazioni umane in contesti faccia a faccia, ma appena due decenni per il mondo online diffuso su larga scala che ora è il luogo dove si svolge molta dell’interazione umana, con strumenti del tutto diversi.”
Quando si comunica online, la gente non solo sembra più brusca e aggressiva, in realtà lo è davvero.

A volte ci si dimentica che il tono, nelle comunicazioni più tradizionali, è veicolato con i segnali non verbali, le espressioni facciali, ma anche la postura del corpo, il contatto visivo, la voce, per esempio.
In assenza di questi segnali, online è più difficile esprimersi in maniera sottile, quindi le comunicazioni appaiono più brusche e aggressive”. Wallace, psicolinguista

Le comunicazioni online possono essere facilmente fraintese

Online, siamo insomma meno capaci di interpretare le comunicazioni testuali con precisione, anche quando il mittente pensa che il significato dovrebbe essere ovvio.
Questo accade con il sarcasmo, l’ironia, per esempio.
È molto difficile identificare con precisione un commento sarcastico in una e-mail (o in un messaggio scritto online NdA), una mancanza che può generare interpretazioni errate eclatanti.

Linguaggi non verbali in rete

Manca il contatto faccia a faccia, ma c’è anche

  •  la distanza fisica,
  • l’incertezza sul pubblico che ci vede e ci ascolta,
  • la percezione dell’anonimato (e della impunita NdA) Entrambi presunti.
  •  la mancanza di un feedback immediato e gli strumenti di comunicazione che usiamo si basano principalmente su testo e immagini.

” Al tempo stesso Internet è un motore senza precedenti d’innovazione, connessione e sviluppo umano“.

Il tono della voce e il contesto

Proviamo a dire: Ma quanto sei furbocon tre intonazioni diverse: assertivo, ammirativo, ironico.
Le parole sono le stesse, ma il messaggio che arriva è diverso.
1- Sono convinto, 2- ti ammiro per questo, 3- ti sto prendendo in giro.
Se lo scriviamo questo non è chiaro.

 I messaggi e il contesto.

I messaggi dipendono sia dal mezzo o ambiente, che dal contesto.
La professoressa ci ha dato l’ennesima insufficienza.
Come lo racconti
ad un tuo amico (Quella beep della X …),
ad un altro docente (la prof X mi ha dato, ma io mi sto impegnando…),
ai genitori (“Non è colpa mia, ma la X …)
o al Dirigente scolastico?

La comunicazione, oggi avviene soprattutto, non solo per i giovani, nei Social coi loro vantaggi (diffusione), limiti strutturali e coercizioni volute e imposte.

L’informazione dipende dalla rete. Googlare è uno dei neologismi, legato a una delle azioni più frequenti in rete. Anche da parte dei quei ragazzi che non sono consapevoli di essere in rete, perché confondono le 3 stanze che frequentano (di solito un social, un motore di ricerca, la posta elettronica) per il tutto. E non è colpa loro, perché sono indotti a pensarlo. Pariser.  [3]

Nel frattempo i SN sono diventati Social media – veicoli di informazioni, di cui negano la responsabilità – e si frequentano tramite smartphone.

Come funziona il linguaggio nei social? Breve, assertivo, aggressivo, per il poco tempo e per il poco spazio (vedi caratteri Twitter all’inizio 140 massimo poi 280. Non è cambiato granché).

Non è un problema tecnico, è emerso anche dalle ricerche, ma di abitudine e di cultura.

Emozioni ed emoticon

In rete proviamo allora ad usare faccine, emoticon, per integrare la comunicazione ed esprimere emozioni, stati d’animo, reazioni, ma non basta.
Esercizi con le emoticon: raccogliere, riconoscere e tradurle in parole.
Oppure produrre emoticon che imitino un tono o uno stato d’animo diverso.
È l’antico discorso della narrazione con le parole o con le immagini; oppure con immagini semplificate e torniamo ai racconti sulle pareti delle caverne o al linguaggio pittografico.
Dice la Wallace: in rete si litiga di più che in presenza.
Perché, tranne che nelle videoconferenze, mancano sia il tono della voce, che tutti i messaggi che inviamo attraverso il viso, gli occhi, la postura del corpo.
Io posso dirti che m’interessa quello che dici, ma se ho un’aria annoiata o sono girato dall’altra parte capisci che penso il contrario. Questo nei post è difficile da spiegare. Per questo nascono equivoci, discussioni, lunghi post o mail di chiarimenti.
Messaggi inutili e inquinanti.

Le emoticon

  • Le faccine hanno cambiato il nostro mondo? “Quando fu fondato il Consorzio (NdA delle emoticon), nel 1995, erano appena 76, oggi sono 3363, divise in dieci categorie. Dal 2015 esistono anche gli emoji personalizzabili a seconda del colore della pelle o delle abitudini sessuali.
  • “La lingua è lo specchio della società: quella parlata e ancor più quella scritta. Così oggi, se esiste la parola per esprimere un concetto, con ragionevole certezza si può dire che dovrebbe esistere anche l’emoji o gli emoji per farlo.
  • D’altra parte sono anni che grandi classici della letteratura vengono tradotti in pittogrammi: è successo, ad esempio, con Pinocchio o Moby Dick, opportunamente rinominato Emoji Dick.”
  • Potremmo interrogarci sul senso di ricerche e traduzioni come quella di Pinocchio raccontato solo tramite emoticon. Per farlo è stato necessario inventare una grammatica e un lessico appositi.

Come la lingua influenza il nostro modo di pensare.

 Ci sono circa 7.000 lingue parlate nel mondo, e ognuna è composta di suoni, parole e strutture diverse. Ma le lingue plasmano il modo in cui pensiamo? Come sono legate a noi ed al mondo in cui viviamo?
La studiosa di scienze cognitive Lera Boroditsky mostra esempi di varie lingue: da una comunità aborigena in Australia che usa i punti cardinali invece della destra o della sinistra, alle diverse parole usate per indicare il “blu” in russo (o alla mancanza di alcuni colori nel linguaggio degli eschimesi, che hanno invece molte tonalità dal bianco al grigio, al nero, a causa dell’ambiente in cui vivono NdA).
Chi non ha un colore o un oggetto non ha bisogno delle parole per dirlo.

Viceversa chi ha una cosa da dire e non possiede le parole per esprimerla ne soffre, oltre ad essere limitato, come le tribù che possono descrivere il dolore fisico, ma non quello psichico, cosa che li fa stare ancora peggio.

Universi linguistici e cognitivi e rapporto con l’ambiente

“La bellezza della diversità linguistica è che ci rivela come possa essere ingegnosa e flessibile la mente umana”, dice Boroditsky.
“La mente umana non ha inventato un unico universo cognitivo, bensì 7.000”.
TED Vera Borodisky  a lato sottotitoli in Italiano.

Linguistica e letteratura del coding

Il coding, il pensiero computazionale, ha inventato ormai più delle 7000 lingue conosciute: sono 8000 i linguaggi di programmazione ed hanno autori, correnti, collegamenti con l’arte e meritano una letteratura ed uno studio linguistico come quello sulla nostra lingua ed i suoi autori. In proposito vedi Il primo festival del codice sorgente  https://codefe.st/  e La prima mostra al mondo del codice sorgente come fenomeno letterario allestita coi ragazzi dell’ IIS Avogadro di Torino da  http://codexpo.org/ che si occupa di questo.  La mostra è visitabile: https://www.codeshow.it/

  1. Questo articolo è stato scritto utilizzando una delle più potenti possibilità che ci offre il web. Quella di una scrittura e quindi di una lettura ipertestuale che diventa ipermediale.

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[1] Queste osservazioni si riferiscono al linguaggio prevalente in rete cioè alla lingua scritta (210 miliardi di mail e 140 milioni di post al giorno solo nei 2 principali Social). Anche perché si presta meglio ad una riflessione sulla lingua italiana. In rete si stanno sviluppando linguaggi prevalentemente fatti di video (Youtube, Tik Tok) o linguaggi multimediali in senso lato. Ma allora il discorso si sposta dalla lingua del nostro paese ai linguaggi misti dove ad esempio l’immagine prevale, talora col linguaggio parlato, anche se non sempre decifrabile in modo evidente.  Anche la DaD ci ha insegnato qualcosa.

[2] Enciclopedia Treccani.

[3] TED di Pariser con testo in Italiano. 8 min. https://www.bing.com/videos/search?q=Pariser+TED&docid=608022015048428796&mid=39FE07E616144EBD5AC639FE07E616144EBD5AC6&view=detail&FORM=VIRE




La lingua italiana ai tempi del web

di Rodolfo Marchisio

“I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”. Wittgenstein

 La lingua cambia continuamente. Ma le modifiche apportate alla lingua che usiamo, con l’avvento del web, sono molte e, come molte cose che passano attraverso quel moltiplicatore e acceleratore che è la rete, hanno conseguenze molto significative anche sulla nostra vita personale e sui nostri diritti di cittadini.
Tanto che la domanda oggi, a partire dalla lingua, non è più “cosa ci faccio col web” ma “cosa il web sta facendo a noi”, al nostro linguaggio e di conseguenza al nostro modo di esprimerci; quindi di ragionare, di sentire, di avere relazioni e fare amicizie, di agire e scegliere, cioè di essere cittadini. (S. Turkle).
“I ragazzi devono saper cosa succede sulla loro pelle in rete” …perché “cambiare è ancora possibile” recitava il Sillabo sulla Educazione civica digitale del MI 2018. In relazione alla attuale fase del web che ha fatto dire a T. B. Lee “Non riconosco più la mia creatura”.

Cominciando dalla lingua, perché di qui comincia il processo che coinvolge informazioni, conoscenze, pensieri; ma anche emozioni, sentimenti, percezioni, relazioni, amicizie e il nostro modo di essere. Persone e cittadini.

Allora è il momento di fare, insieme ai nostri ragazzi, una riflessione linguistica attraverso esempi, ricerche, dati ed autori, su come il nostro linguaggio, in molti modi, sia cambiato con l’avvento del web e su quali siano le conseguenze di questo cambiamento dinamico.

Se ne sta occupando anche la Accademia della Crusca. Ma, fortemente intrecciata con la dimensione lessicale, grammaticale e linguistica, c’è una dimensione culturale e di cittadinanza.

Ad esempio di semplificazione, del linguaggio e del pensiero. Da “Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno…” a “E’ tutta colpa del governo”! Da ipotassi a paratassi.
Un problema che riguarda la grammatica, la linguistica, ma anche la cittadinanza.

Potremmo parlare allora della lingua e del pensiero come gioco di costruzioni.
Del rapporto, ad esempio, tra quantità e qualità di parole conosciute e democrazia (Don Milani, Orwell, Zagrebelsky).
Oppure del rapporto parole-azioni-potere come ci ricordano “Alice nel paese delle meraviglie” o Orwell con la neolingua (1984).
Del rapporto fra semplificazione della lingua e svalutazione della conoscenza e della competenza. Nichols, Asimov.
Della scomparsa di modi e tempi dei verbi nei media e della semplificazione della nostra espressione, specie nel web; anche, ma non solo, per la brevità imposta dagli ambienti social.

Verso la assertività: l’indicativo è il modo dei semplici e dei prepotenti.

Della lingua del web, spesso breve, aggressiva, equivocabile per mancanza di linguaggi non verbali (viso, gesti, tono). Wallace.
Del linguaggio dell’odio in rete (del rapporto odio/linguaggio), di odiatori seriali e di chi sono, della industria delle Fake news che, ormai regolarmente, “inquinano” il nostro stanco diritto/dovere di votare.
Della frammentazione e dell’eccesso di informazioni in rete, spesso inutili e inquinanti.
Di parole “ombrello” come digitaleGuastavigna – o di parole suicide.
Dei vantaggi e dei rischi (anche ecologici) legati alla disintermediazione nel campo della espressione; di post verità e delle sue conseguenze.
Dal punto di vista del vocabolario in ingresso. Dei neologismi, delle parole straniere entrate a far parte del nostro lessico, di sigle o abbreviazioni, del “gergo” dei social che fanno ormai parte anche della lingua parlata/scritta nella vita di tutti i giorni.

Dovremmo riflettere sul rapporto emozioni/emoticon: anche semplicemente giocando con le emoticon (oggi oltre 3600 divise in dieci categorie) o col tono della voce.
Ma anche lavorando su abbreviazioni e modifiche della grafia, sms, lapidi e placiti Cassinesi.
O ancora sul senso di esperienze di libri riscritti con le emoticon, come Pinocchio.
Soprattutto di riflettere su quanti e quali diritti queste modifiche, talora implicite, talora volute e pagate, parte di un sistema economico di controllo del cittadino e del consumatore, stiano limitando o violando.

In sintesi.

Occorrono nuove consapevolezze (e competenze) sulla lingua che partano da una riflessione su:

  1. come cambia la lingua del web,
  2. ma anche la nostra lingua col web,
  3. come il web condizioni la lingua che parliamo,
  4. quali siano le conseguenze relazionali, sociali e di cittadinanza on e off line

Essendo consapevoli:

a- del fatto che oggi i giovani ci propongono, attraverso il web, un modo nuovo di comunicare multimediale cui prestare attenzione,
b- che il loro linguaggio (ma solo il “loro”?) sta utilizzando sempre meno parole (800 secondo il MI Inglese, poche decine negli sms). Il vocabolario di base di De Mauro, partiva da meno di 2000 parole per arrivare a un massimo di 7000 di più largo uso.
c- ma anche delle potenzialità dei linguaggi ipertestuali (e ipermediali) a più livelli che ci offre la espressione online.

L’insegnamento deve adeguarsi al cambiamento dei linguaggi e dei comportamenti cognitivi, imparando ad animare gli spazi di un immaginario che si compone anche dentro e attraverso la Rete. C. Scognamiglio.




Educazione alla cittadinanza, occasioni (forse) perdute

di Rodolfo Marchisio

Pandemia, crisi ecologica e climatica, crisi energetica, elezioni e diritti

Siamo al terzo ed ultimo anno della sperimentazione dei progetti di Ed Civica (meglio Ed. alla cittadinanza), ma le attività, anche se rimaneggiate dai futuri governi, resteranno obbligatorie, oltre che collegiali e trasversali alle varie discipline.

Ci siamo confrontati su questo, negli ultimi 3 anni (come nei 15 precedenti sui temi di Cittadinanza e Costituzione) con centinaia di docenti; anche sul tema della valutazione (o meglio della Programmazione, Osservazione, Valutazione e Certificazione delle progettualità, perché i vari momenti sono inscindibili).
La valutazione proposta dalle linee guida della EC era molto vicina, come logica, a quella proposta per legge alla scuola primaria. Una valutazione formativa, collegiale, partecipata e condivisa con allievi e genitori. Trasparente, perché altrimenti non sarebbe stata democratica.
Questa era la prima sfida della EC legge 92/19. Portare la valutazione formativa anche negli altri ambiti di scuola. Osservare e descrivere il progresso verso le competenze e gli obiettivi attesi (in modo condivisibile) attraverso indicatori. Osservare i progressi. Non misurare i livelli.
Valutazione formativa e non voto come si discute anche alle superiori.

Il MI ha rilevato che diverse scuole non hanno ancora attivati progetti e aveva, mesi fa, stanziato fondi. In molte scuole dei vari livelli si erano realizzati notevoli progetti, esemplari buone pratiche.
In molte scuole, la progettualità è stata scaricata su un docente (nelle superiori diritto o storia ad es) o su un ristretto numero di docenti del Consiglio di classe.

Mi hanno lasciata sola. Non possiamo fare un lavoro collegiale, perché mancano gli spazi ed i tempi per confrontarci (specie nella secondaria); ma manca anche l’abitudine e spesso la disponibilità a lavorare insieme.
Non posso partecipare perché ho già poche ore per la mia materia; anche se una buona progettualità non sarebbe una attività in più, ma una flessibilizzazione del proprio curricolo – i programmi non esistono più ma molti ci si nascondono dietro – una partecipazione, con ricerche relative ad argomenti disciplinari, ad un puzzle interdisciplinare comune con una sua logica che quindi non richiederebbe più ore di didattica (attiva). Come molti progetti dimostrano.

Una prima impressione è che gli IC (infanzia, primaria, sec. di 1 grado) abbiano cercato di lavorare in verticale, anche se con qualche difficoltà. Mentre gli IIS abbiano fatto progetti più inquadrati in una programmazione di Istituto e lavorato in orizzontale (tutte le prime fanno una cosa…)
Partendo da quanto appreso in 43 anni di scuola come docente (e 40 come formatore), so che gli allievi non imparano da quello che diciamo, ma da quello che siamo (ad es democratici o no), dalle esperienze anche emotivamente significative che fanno con noi. Dal clima di classe (Losito).
Abbiamo vissuto, negli ultimi 3 anni, e vivremo ancora almeno 4 grosse esperienze sociali che ben si prestavano o si prestano ad essere ricerca attiva, concreta di cittadinanza. Imparare a lavorare insieme, raccogliere ed elaborare dati ed informazioni validate e riflettere su quello che viviamo.

  1. La crisi sanitaria, sociale ed economica della pandemia, è stata (o poteva essere) un enorme laboratorio attivo di esperienze di cittadinanza e di cittadinanza digitale Non sfruttata dalla scuola, presa ad affrontare la emergenza e miope nei confronti della realtà come esperienza che si vive insieme, drammatica, ma formativa.
    Questa riflessione, questo modo di vivere la crisi in modo attivo dipendeva dalle famiglie (già in crisi) e dalla scuola anch’essa in enorme difficoltà. Ma ci sono esempi di buone pratiche, un esempio alle superiori ma anche in altri ordini di scuola.

Con la pandemia – smart working, DaD, ma anche divieti e limitazioni di diritti, passaggio temporaneo e limitato dei poteri all’esecutivo, peraltro regolamentato dalla Corte Costituzionale; ma anche abuso della rete e dello smartphone (Cfr dati Polizia Postale: + 133% di uso e dipendenza dai device, + 77% reati e cyberbullismo) – abbiamo imparato che:

  1. La rete è finita. La rete, la banda, è una cosa finita come l’acqua. Non apparentemente infinita come l’aria. Se tutti usiamo l’acqua ne arriva un filino a ognuno e le cose si rallentano (specie con i video) e si complicano.
  2. Siamo ormai, a scuola e nel lavoro, “schiavi di Google” anche a causa del MI.

Quindi in Dad siamo “andati a scuola da Google”, per responsabilità del MI e per pigrizia.

  1. Usiamo la rete soprattutto attraverso lo smartphone, di cui abbiamo il record mondiale (93%), lo strumento più discutibile e pericoloso.
  2. Della rete usiamo solo alcune “stanze”, social o app ed ignoriamo tutto il resto: abbiamo un mondo da esplorare e stiamo chiusi in 3 stanze, sempre quelle. Quando domando ad un ragazzo “tu usi internet”, spesso la risposta è no. Poi scopro che ha un profilo social, fa ricerche con Google e invia mail e post. Quasi tutto da smartphone. È in rete, ma non lo sa.
  1. Siamo prigionieri in quelle poche stanze di Google e degli altri monopolisti (GAFAM), con i loro servizi apparentemente gratuiti e le loro app; anche nella scuola ed anche in epoca Covid hanno proseguito la loro politica di schedatura dei nostri dati, di “personalizzazione” della rete, di isolamento in gabbie [1] confortevoli ma vincolanti. (Bauman e Pariser).[2] Ed hanno guadagnato centinaia di miliardi di dollari.
  1. Esistono 4 tipi di fratture digitali

Si sono evidenziate nella società e nelle famiglie attraverso la scuola e la DaD quattro tipi di fratture digitali e di cittadinanza dovute a motivi sociali, economici, talora di zone del paese. Ma anche di arretratezza tecnologica (tipo di banda) o di scelte politiche: privato vs pubblico, chiuso/privato vs open/libero/pubblico:

  1. Chi ha e chi non ha la rete.
  2. Chi ha e chi non ha le tecnologie: soprattutto PC, Tablet.
  3. Chi ha e chi non ha le competenze alfabetiche (di base) digitali per usare la rete.
  4. L’essere esclusi per disabilità, povertà, cultura. I “dispersi” in DaD sono stati principalmente i disabili, gli stranieri, ma anche i più poveri che non avevano gli strumenti e che spesso si vergognavano di far vedere la casa in cui abitavano.

7- Che il web inquina. È la quarta potenza al mondo dopo USA, Cina, Russia, come consumo di energia elettrica e quindi produzione di CO2. Soprattutto se abusiamo di social e di video (spesso inutili), contribuiamo alla decadenza della terra. Coi nostri sfoghi o le nostre inutili esibizioni creiamo una massa di dati che si raddoppia ogni due giorni contribuendo a fare della rete una pattumiera digitale frammentaria di difficile utilizzo a livello informativo. Roncaglia.
E di questo è bene essere consapevoli.
Alla fine del percorso, dice la legge sulla Ed. civica i ragazzi non dovranno – come pensano troppi – “saper usare i computer”.  Dovranno invece oltre a Valutare fonti, Interagire con gli altri attraverso il web, informarsi, partecipare, crescere in modo autonomo. Conoscere e rispettare norme di comportamento e norme del web. Gestire la loro identità digitale. Preoccuparsi della Privacy e della dipendenza da device (smartphone e rete), ma anche… conoscere gli svantaggi della personalizzazione e del vivere in una bolla social. art 5.2 legge 92/19.
Essere consapevoli dei veri pericoli della rete
. Dai cattivi padroni (Rampini) al CB, sapere “Cosa succede sulla loro pelle in rete”. Vademecum MI 2018.

Bambini e ragazzi delle varie età dovranno essere consapevoli, in modo proporzionato alla età, di: in che mondo web vivo? Come funziona la rete e perché? Quali sono le conseguenze su di me anche come cittadino, e sulla società? Quali vantaggi posso trarre dal web e quale è la sua utilità?

In questo cammino è utile sapere che esistono vari tipi di intelligenze, e che si può essere bravi in una cosa e meno in un’altra. Molte di queste intelligenze (interpersonale/social, intra personale/ identificazione attraverso i social, oltre che linguistica, logico-matematica etc…) si esercitano in rete. [3]

b- La crisi ecologica, i cambiamenti climatici, la crisi energetica, che sarà anche una crisi economica ci pongono di fronte alla necessità, troppo trascurata, di modificare in fretta comportamenti individuali e collettivi.
Sinora, ci ricorda Zagreblesky da anni, abbiamo consumato “come se non ci fosse un domani e come se non avessimo figli”. In tre saggi paragona la ipertrofia ego-individualista attuale alla crisi dell’isola di Pasqua che è collassata su se stessa, sino al cannibalismo, consumando tutto (piante, habitat, fauna) per rivalità, guerre e sete di potere. Abbiamo i granai vuoti e consumiamo più di quanto possiamo permetterci.
La crisi energetica/economica sarà lunga e complessa, perché è l’intreccio di scelte politiche non lungimiranti, non generazionali (solo gli statisti “pensano alle generazioni future”- De Gasperi), di divisioni politiche, di una guerra complicata, di speculazioni finanziarie.
Non credo che i singoli comportamenti più razionali e virtuosi che in passato, ci possano salvare da soli, ma
– una somma di comportamenti improntati al risparmio a partire dalle piccole cose che possiamo fare, incide per una quota.
– Soprattutto dimostra, in modo esplicito, che stiamo cambiando mentalità individuale. Che non siamo più come quelli dell’Isola di Pasqua. Che c’è un cambiamento di mentalità, di cultura.

c- I 3 filoni indicati della Ed Civica si intrecciano in modo inscindibile in continuazione, perché non sono altro che i 3 ambienti in cui viviamo in contemporanea: l’ambiente sociale (le regole, i diversi tipi di diritti e i doveri); l’ambiente naturale (il mondo, le sue crisi e le sue risorse); il “digitale”, se possiamo usare questa parola “ombrello” ormai priva di significato, il luogo dove viviamo, noi e i nostri ragazzi anche 7 ore al giorno e 2, 3 di notte.
Da cui dipendiamo psicologicamente e fisicamente (dopamina).

La ipertrofia dell’individualismo sociale è speculare (e coltivata, indotta, dai “cattivi padroni della rete” Pariser, Bauman) all’uso che facciamo della rete, non come risorsa collettiva, ma come luogo della esibizione e vanto della nostra ignoranza (se 1 vale 1 “la mia ignoranza vale come la tua competenza”, Asimov); come luogo di protagonismo, di esibizione, come luogo dove sfogare la propria difficoltà di identificarci se non in contrapposizione ad un gruppo di altri, di diversi: ovviamente le donne, gli omossessuali, gli stranieri soprattutto.  Non come luogo di convivenza, cittadinanza, collaborazione, comunicazione, condivisione. Le finalità originali.
Sino alle parole dell’odio ed agli odiatori seriali.

d- Anche durante la crisi pandemica, in DaD e dopo, abbiamo continuato a voler usare gli strumenti digitali e alcuni ambienti che ci sono stati imposti dal MI in modo pericoloso.
Pochi di quelli che hanno usato le piattaforme per la DaD e continueranno (nella “Scuola di Google”: Zoom, Class room… ) ad usarle hanno potuto fare prima una riflessione sugli Ambienti di Apprendimento, sulle loro caratteristiche formative (non tecniche: ma spazi, tempi, relazioni, ruolo del docente, metodologie possibili o indotte) e sugli ambienti di apprendimento digitali.

Il digitale può essere inteso come strumento (e tutti li vogliamo o li abbiamo), ambiente di ricerca (googlare), lavoro, didattica, ma soprattutto è un ambiente di vita che richiede consapevolezza e cultura. Quante ricerche troviamo su questo tema?
Come il digitale può favorire la cittadinanza attiva ed agita e come si forma la cittadinanza e la cultura digitale?
Usare il digitale senza cultura non solo è pericoloso, ma è diseducativo.

e- Infine. Fra pochi giorni si vota. Sarebbe un atto di consapevole cittadinanza interrogarsi, prima (e a scuola a posteriori) e documentare in base a dati e riflessioni:

  • Quanti e perché non esercitano più questo stanco diritto/dovere?
  • Quali diritti, pochi sono stati menzionati sinora, corrono rischi in queste elezioni?Meglio che far studiare gli articoli della Costituzione o l’inno, perché studiare gli articoli senza una vera ricerca che si sa da dove parte, ma non si sa dove finisce, non forma cultura di cittadinanza.  

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Bolla_di_filtraggio
[2] https://www.ted.com/talks/eli_pariser_beware_online_filter_bubbles Breve conferenza TED di Pariser.
[3] Pluralità delle intelligenze, Gardner

 




Diritti, conflitti, responsabilità e regole durante la crisi: la Costituzione

Stefaneldi Rodolfo Marchisio

Come noto Bobbio divide i diritti sanciti dalla Costituzione in 4 categorie ognuna corrispondente ad un secolo. Il secolo in cui un gruppo sociale ha lottato per strapparle ad un altro gruppo o potere sociale. Temporaneamente. N. Bobbio L’età dei diritti

Siamo di fronte con la crisi del Covid 19-> Delta (per ora) e le polemiche già citate ad un conflitto tra le liberta di 1° generazione individuali, illuministiche, borghesi (pensiero, parola, espressione, manifestazione) conquistate dai liberali e dagli illuministi nel 700 e i diritti sociali (Salute, Istruzione, Assistenza, Lavoro) conquiste del movimento operaio, sindacale e contadino nell’ 800.
Libertà individuale, di espressione ed azione vs diritto alla salute art 32 (anche pubblica) alla istruzione art. 34, alla assistenza, al lavoro art 35 e seguenti.
La Costituzione è impegnativa per lo Stato, negli articoli che sanciscono i diritti sociali (Salute, Istruzione, Assistenza, Lavoro) “lo Stato deve rimuovere ogni ostacolo…”; ad es all’accesso al diritto alla salute o alla istruzione da parte di tutti cittadini.

Ma ricorda anche Art 2, 3 e 4 che ognuno di noi deve dare il suo contributo attivo al miglioramento e al progresso sociale. Cioè fare al meglio la nostra parte nell’interesse di tutti.

Art 2. …e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale.
Art 4. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la
propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società
. Responsabilità. Solidarietà, Partecipazione.

In altre parole siamo responsabili a livello sociale anche degli altri.

A maggior ragione se siamo pubblici ufficiali (art 28) e formatori di cittadini che educhiamo col nostro esempio (legge 92/19 Ed Civica). Non colle nostre lezioni.

Questo è un argomento ostico in una epoca in cui la ipertrofia del diritto individuale (ad es: alla espressione) diventa, in rete e nei media, diritto all’insulto, alla incitazione alla violenza, alla negazione di fatti a danno del diritto degli altri. Zagrebelsky.
In una epoca in cui si mette in crisi la competenza e pretendiamo, per avere letto e non validato una informazione trovata in rete che conferma la nostra opinione, che questa valga più delle competenze degli esperti e di chi ha studiato.  T. Nichols La conoscenza e i suoi nemici.

Senza tener conto che una informazione non validata non è conoscenza, non vale nulla e che non possiamo improvvisarci medici, esperti della qualunque solo perché lo dice il web o la TV.

Una situazione che Asimov ha sintetizzato nella frase “la mia ignoranza vale come la tua competenza” e che Eco aveva riassunto a distanza di anni in 2 osservazioni (entrambe vere):

  • La rete dà la parola a tutti. È un passo verso la democrazia. Vero!
  • La rete dà la parola a legioni di imbecilli che prima non facevano danni, se ne stavano al bar dicevano la loro e risolvevano i problemi del mondo, ma tanto c‘erano 3 o 4 persone a sentirli… Vero! Ma adesso chi posta su FB arriva a 2,5 miliardi di possibili “vittime”.

Con l’aggravante che il meccanismo della personalizzazione della rete, ci fa vivere in una gabbia, in una bolla – Parisier, Bauman – dove l’algoritmo è programmato per farci conoscere amici che la pensano già come noi rafforzando l’idea che abbiamo ragione. Lo dice anche lui/lei…
Non è colpa della rete, Bauman, che non danna e non salva – Rodotà-, ma dell’uso che ne fanno i “padroni della rete” – Rampini- Usando Google non per darci quello che ci serve, ma quello che ci piace. E dell’uso sprovveduto che ne facciamo noi utenti consapevoli o “utonti”.

Rete a parte, la democrazia è un conflitto non solo tra gruppi sociali (la conquista di un diritto è temporanea e conflittuale e toglie qualcosa ad altri: l’abolizione della schiavitù comporta la abolizione del diritto di possedere degli schiavi N. Bobbio), ma anche nel rapporto, che sta alla base della democrazia, tra quante persone esercitano un diritto (ad es. di espressione pubblica) e la loro competenza nel merito.

La democrazia comunque vive sul fatto di garantire il diritto a tutti. Ma stiamo, per ipertrofia dell’individualismo, in cui ci rifugiamo di fronte alla difficile realtà, a danno degli altri, perdendo l’equilibrio tra diritti e competenza e tra diritti individuali e doveri sociali. Zagrebelsky.

Ovviamente noi siamo per diritti a tutti, a differenza di Platone che in Contro la democrazia diceva che dovevano governare i migliori. Cioè i filosofi (o i tecnici o altre élite). Per diversi studiosi comunque la democrazia è soprattutto la possibilità di cambiare governo, sostituendo una élite delegata con un’altra. Mentre per Bobbio si riduce a 2 condizioni base.
Infine l’idea di una democrazia diretta salvata dalla rete è già implosa su sé stessa.
Il web permette di ampliare diritti, non di salvare una democrazia malata.
Un popolo che vuole governarsi da sé deve armarsi del potere che dà la conoscenza. Madison

Sappiamo ormai che questo equilibrio in casi di crisi e se non poniamo un freno a “so tutto io” può creare problemi, perché informarsi correttamente e ragionare su fatti e dati è più faticoso e difficile che parlare e quindi la rete abbonda di tuttologi saccenti e rabbiosi.

La Costituzione

a- È fatta di diritti (tanti, di 4 generazioni). 1° generazione; liberta di (parlare, esprimersi, riunirsi, associarsi…). Libertà da: dal bisogno, dalla malattia, dalla ignoranza …quindi diritto al lavoro, alla salute, alla istruzione) diritti di 2° generazione (‘800) che si lotta per mantenere anche in questo momento. Poi i diritti delle categorie di persone (anziano, bambino, disabile…) delle carte internazionali, ‘900. E i diritti in rete, quelli del “villaggio globale”. N. Bobbio
Ci sono anche 2 diritti/doveri e 3 doveri. Tra questi doveri quello della partecipazione e dalla solidarietà.
Il contrario di “voglio essere padrone a casa mia” “voglio essere libero di fare quello che voglio” (anche di sparare, non solo cavolate, ma anche proiettili e di uccidere per futili motivi). Oggi viviamo, come segno della nostra insicurezza, la crescita abnorme della pretesa ai diritti individuali vs il dovere dei diritti di tutti. Zagrebelky

b- La Carta ammette già l’obbligo vaccinale per tutte le malattie che ci hanno minacciato recentemente, e che un tempo uccidevano.

c- Richiede il contributo di tutti al miglioramento della situazione, specie in momenti di crisi.
Noi over ci siamo vaccinati con Astra Zeneca non solo per proteggerci da situazioni gravi che riempivano gli ospedali, ma per proteggere la nostra famiglia e gli altri. Compresi i no vax che adesso sfuggono ad ogni controllo per andare in vacanza o piazza. Responsabilità sociale.

d- La Corte Costituzionale ha già chiarito che:
1- l’obbligo vaccinale c’è già e non è incostituzionale, ma anche
2- i limiti di questa situazione, in cui il governo prende decisioni di limitazione di libertà/diritti individuali, per interesse collettivo, in emergenza, ma che devono essere “ben motivate, delimitate nel tempo per poi passare la parola al Parlamento organo legislativo”.

Non c’è altro da discutere. Ricordiamoci dei cortei di bare in Lombardia mentre corriamo in discoteca o minacciamo altri in modo violento.

Analogamente si sono espressi per l’obbligo vaccinale 2 presidenti emeriti (Zagrebelsky e Onida) e S. Cassese, già membro della Consulta. Il green pass oggi è come la patente per guidare.

La scienza

Dicevamo che la scienza non è certezza, ma ragionevolezza, probabilità, suffragata da dati, ricerche, prove.
Allora dato per assodato che la scienza non è né certa né pura, che spesso è legata a interessi di parte, che ha però organismi di controllo a livello mondiale, europeo, Usa e Italia o pensiamo che tutti gli scienziati e gli Enti preposti di tutto il mondo siano incompetenti, corrotti e d’accordo in un complotto mondiale servo degli oligopoli oppure, cosa più probabile, quando molti studi puntano in una direzione e i risultati, ma anche le conseguenze, i dati si confermano tra loro, la probabilità che quella strada sia utile e ragionevole, fino a prova contraria, è alta.
Senza aspettarci che se ne esca in fretta, né che sia semplice, né soprattutto che si ritorni ad una normalità pregressa che non vedremo mai più. Supereremo questa crisi come altre più gravi (AIDS, colera etc..) vaccinarsi diventerà obbligatorio e normale e sconfiggeremo questa situazione  (ai miei tempi i bambini rischiavano poliomielite, tetano, difterite e tante altre malattie, oggi no)
Ma non torneremo a prima, ad una “normalità” utopica, improbabile.
Non auguriamocelo, perché la “normalità” scrivevano sui muri di Madrid è parte del problema
La crisi sanitaria ha solo scoperchiato i punti critici di sanità pubblica, scuola e lavoro nel nostro sistema occidentale.
Speriamo di non tornare indietro, ma di costruire un sistema sociale migliore. Anche per i no vax.
“C’erano tante di quelle cose (difficili) da capire a quei tempi che io ero contento quando parlavamo d’altro” H. Hemingway, Festa mobile




Quando un uomo con un ragionamento incontra un uomo con uno slogan, l’uomo col ragionamento è un uomo morto

di Rodolfo Marchisio

Quando un uomo con un ragionamento incontra un uomo con uno slogan, l’uomo col ragionamento è un uomo morto
Cit. storica da FB

 

Non seguo di solito i dibattiti social fatti di frasi brevi assertive che presuppongono “ho ragione io” e non portano spesso al dialogo né a un risultato. Né i titoli urlati ad arte dei giornali, fatti per vendere o le trasmissioni televisive dette talk show.

Mi piacciono i dati ed il dialogo. “Non che ciò interessi, ma…” da La storia infinita di M. Ende.

Non solo perché sollecitato, ma anche perché mi hanno colpito molto alcuni aspetti delle polemiche, manifestazioni e dibattito/rimpallo infinito sui media sui temi No vax, No pass e via negando in una contrapposizione tipica per cui non solo si tifa per una squadra ma più spesso contro un’altra, provo a riflettere ad “alta voce”.
Il dibattito fra scienziati e politici assertivi e contrapposti in TV non ha giovato. Meglio stare zitti e lavorare. Dare tutte le informazioni utili, spetta alla politica su indicazione degli addetti ai lavori. I cittadini hanno diritto ad essere informati in modo chiaro e ordinato, nonostante l’emergenza.

  • Chi e quanti sono quelli che spingono questo dibattito? Dai numeri delle piazze 5mila a Torino (città? area metropolitana? regione?) non molti. Dietro di loro movimenti e partiti, ma anche fabbricanti di Fake news, le solite agenzie con legami con la Russia. Fonte Il Fatto quotidiano 29 7 21
    Chi sono è più difficile da dire: sicuramente gente spaventata, che esprime i suoi timori e va rispettata, poi complottisti e tanti altri; essendo in una democrazia – “malata” ma democrazia – e non in un regime come temono di essere hanno diritto di manifestare ed esprimersi.
  • Neonazisti invece non dovrebbero esserci perché “è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista” (Disposizione transitoria XII)
  • Soprattutto i neonazisti non dovrebbero poter usare simboli delle orribili dittature cui si ispirano e paragonare una democrazia (malata) alla dittatura da cui nascono. E sopra ogni cosa non dovrebbero usare simboli e paragoni con il dramma della Shoa.
    Per molti motivi: il senso della storia o anche solo il rispetto umano per i troppi morti innocenti che la dittatura cui si ispirano ha voluto e perseguito. E per i tanti morti di Covid 19. Cui non si aggiungeranno grazie al SSN. In questo caso disponibile e gratuito come sempre.
  • Colpisce la ignoranza e la strumentalizzazione della storia. In parte per superficialità in parte voluta e pianificata. Manca il senso della complessità degli eventi e c’è una semplificazione eccessiva: da una frase assertiva ad uno slogan.
  • La crisi sanitaria sociale, economica attuale è nuova, sconosciuta, inaspettata, da un lato; prima di prender decisioni bisogna capire, non ci sono precedenti. Dall’altra occorre fare in fretta per evitare morti e malati. In Cina e in Russia non è un problema. Decide il capo.

In una democrazia che come concordano 2 studi, uno di un istituto di ricerca, l’altro dell’Economist e di altri giornali USA, è una “democrazia con problemi” – siamo collocati concordemente al 3 posto della serie B con una votazione che sfiora l’8/10, insieme a USA e Giappone in zona promozione – occorre arrivare alla sintesi attraverso il dialogo. Defatigante. Specie se chi discute lo fa per interesse di parte o ambizione.
Ma siamo pur sempre secondo Bobbio ed altri una delle democrazie del mondo.

  • Una crisi del genere fa paura, crea incertezza e questo va rispettato.
    È difficile ma necessario mantenere aperto, in questo contesto di crisi, uno spazio emotivo per accogliere le notizie e le novità spesso negative e ripetute, ma questo è l’unico modo di capire emotivamente il nuovo, buono o cattivo che sia.
  • La scienza che in questo caso ha fatto un grosso lavoro coi vaccini, non vive di certezze, ma di dati e di conferme reciproche. “Falsificabile per principio ma non – ancora – falsificata di fatto” diceva Popper. Ma quando tanti dati di diverse fonti, convergono verso un risultato unico ci sono buone probabilità che sia attendibile. È come validare notizie in rete cosa che non sappiamo fare. Cercare tutti; verificare e confrontare le fonti no. Costa fatica.
  • Come ci ha insegnato Baumanmodernità liquida – la fase attuale del capitalismo monopolistico potenziata dalla rete e non controllata a sufficienza dalla politica crea disagio, incertezze, paura che si sfogano identificando nuclei di nemici contro cui scaricare la nostra rabbia, il nostro odio, con parole ed atti violenti, aggressività e Fake news. La retrotopia (“si stava meglio quando c’era la famiglia patriarcale” – ingiusta ma chiara) la difficoltà di affrontare cose nuove e complesse. Vedi le mappe che approfondiscono il tema

Far Web CB dei grandi 1 + 2  + 3  + 4 Scarica apri e nella cartella clicca l’unico file html

  • L’aggressività verbale che sfocia negli insulti, nel complottismo, nella falsificazione della realtà e dei dati è un atto. Le parole e le informazioni sono atti e fanno altrettanto danno.
    Se una ragazza si butta dalla finestra per gli insulti ricevuti online “è un gioco” o un fatto?
    Detto, Fatto” dice la regina di Alice. Le parole sono fatti e vanno usate con cautela.
  • Ah ma allora esistono i monopolisti che ci sfruttano! Certo che si, basta pensare ai Gafam, ma anche alle industrie farmaceutiche che cercano di sfruttare anche il Covid su cui hanno fatto un sacco di soldi e non vogliono pagare neanche (in USA e UE) il 15% di tasse, perché stanno in paradisi fiscali (anche europei). La lotta agli oligopoli è fatta di informazioni reali, trasparenza, controllo da parte della politica e della popolazione e richiesta di far pagare le tasse e rispettare regole (dati e privacy). Quello che stanno cominciando a fare (contro le lobby) i governi UE e USA.

Chi diffonde false notizie e denuncia complotti fa il loro gioco. La realtà è decisamente più complessa di un unico complotto internazionale. Questa cosa sa molto di “Protocollo dei savi di Sion”, il complotto sionista inventato dalla polizia segreta russa a inizio del 900 e poi usato dai nazisti per motivare lo sterminio degli ebrei nei campi.

  • Lo sfruttamento complottista di alcune forze politiche fa parte della campagna elettorale senza tregua del nostro paese per procurarsi quei milioni di voti alle prossime elezioni. Questo si è un complotto ed una manipolazione.
  • Anche qualche frangia della sinistra (qualsiasi cosa voglia dire) grida al complotto e contro la scienza. Ho dedicato parte della mia gioventù universitaria allo studio di Marx di tutte le sue opere ed in particolare al 1° libro del Capitale, dove Marx, che ha fondato il socialismo scientifico, contro il socialismo umanitario o utopistico, conduce una analisi dettagliata zeppa di dati e informazioni sulle condizioni del proletariato, inglese e europeo, molto convincente.
    Ce l’aveva col capitalismo non con la scienza. Purtroppo all’analisi non è seguita la sconfitta deterministica del capitalismo monopolistico, contro il quale, più forte di prima anche per l’uso che fa della rete, ci troviamo ancora oggi a combattere. Magari conoscendolo meglio e non in modo semplicistico.
    L’intelligenza artificiale è fatta da milioni di persone senza diritti. Lavoratori invisibili e consumatori inconsapevoli. Siamo tutti schiavi del clic. Schiavi del clic A. Casilli.

Concludo con le parole di un amico medico oncologo che ha fatto un grosso lavoro nel maggiore ospedale della mia città. Dopo avere chiarito che lui proprio per il suo ruolo conosce meglio di tanti il potere e le strategie oscure e truffaldine delle case farmaceutiche conclude:
Stiamo ai dati: la vaccinazione riduce l’aggressività del virus e la velocità della sua diffusione; chi contrae l’infezione e non è vaccinato ha molte più probabilità di finire in rianimazione o in ricovero ospedaliero per la gravità dei sintomi; sulle decine di milioni di vaccinati gli effetti tossici hanno mostrato al momento di essere percentualmente inferiori a quelli di numerosi farmaci di ampio utilizzo e anche di alcuni fitofarmaci e prodotti di estrazione naturale. Questi sono dati certi e fatti reali: tutto il resto sono deliranti supposizioni, immotivate paure, interessate strumentalizzazioni. In pochi casi si tratta di inviti a una valutazione più critica, meno frettolosa e più attenta ai possibili rischi dovuti alle nuove formulazioni dei vaccini prodotti: posizioni rispettabili ma non condivisibili in una visione di sanità pubblica e di considerazioni di costi e benefici di fronte alla aggressività di questa pandemia. Oscar Bertetto. Come direbbe l’ispettore Clouseau: dei fatti.
La ritengo una fonte affidabile proprio perché basata su dati, probabilità ragionevoli, responsabilità.

Le certezze agli incerti, agli ignoranti e ai manipolatori.
Segue…

‘Pensare è difficile. Per questo la maggior parte della gente giudica’ Carl Gustav Jung




Non vedo l’ora che cominci la scuola

di Rodolfo Marchisio

Premetto che sarà un articolo impopolare.
Seguo il mondo della scuola dal 1955 in assoluto, dal 1969 come docente e poi – 1982- formatore.

Seguo 3 quotidiani online e 3 riviste specializzate ogni giorno. Ogni giorno articoli sulla scuola con titoli allarmanti – per parole chiave spesso drammatiche “i docenti fragili non vogliono tornare in classe” con foto di doc accasciato- cui spesso non corrisponde un contenuto coerente, anzi talora l’opposto.
Recentemente tra l’altro l’età dei docenti (ma le definizioni finora non parlavano di età = fragilità) e dei loro timori.
Scopriamo adesso l’età dei docenti? Risponde a stretto giro comunque l’ISS sulle criticità sanitarie. Ieri i trasporti con una assurda conferenza EELL e Governo in cui tutto sembra funzionare salvo poi, accesi i microfoni dei giornalisti, lanciare appelli e minacce da parte degli EELL. Forse è rimandato il problema.

Premetto che non approvo l’atteggiamento del MI (ma questo accade spesso) ma questo pericoloso gioco di nervi, questo ping pong pur comprensibile in relazione alla situazione, penso abbia aspetti su cui riflettere.

Credo che la situazione della scuola e della sua riapertura sia molto molto complessa, ma risenta anche di aggravanti non sempre inevitabili.

  • Un MI che ha parlato troppo, comunicando male, talora contraddicendosi e creando confusione. Soprattutto perdendo tempo. Compito (non facile) del MI era di costruire un quadro generale, anche a protezione delle situazioni più deboli e della scuola “a macchia di leopardo” e di fornire strumenti: ad es una piattaforma unica per tutti controllata dal “pubblico”, gratuita come in Francia, visti anche i 3 richiami del garante della privacy sulla scuola in mano a Google – da oggi anche università stile CEPU – ed ai Gafam.
    Ma anche linee guida entro cui le scuole potessero costruire, contestualizzando, in autonomia. Invece è stato un botta e risposta di problema <–> linee guida. Un puzzle da ricostruire. Vedi ora Call MI e Promemoria per DS e scuole su quanto va fatto.
  • Una scuola cui sono stati tolti ca 10 miliardi in 3 riforme tra organici e fondi era già una scuola debole prima, che ha comunque tenuto botta (nel bene e nel male, ne abbiamo discusso per mesi) al picco della crisi. Lo sapevamo già. Resta da chiarire se i vari fondi, non pochi, ma arrivati a rate, in risposta ad un singolo problema, non all’interno di un quadro complessivo, saranno spesi bene o se saranno solo una pezza che tiene per un anno. Tanti soldi così non li vedremo più e quindi sarebbe utile progettare la scuola della crisi pensando anche alla scuola del futuro.
  • La “narrazione” che ne fanno giornali, TV, riviste online, dibattiti (non si è mai parlato tanto di scuola), spesso contraddittoria, ma anche più utile a vendersi sparando titoli allarmanti o a mettersi in mostra come presunti esperti che a raccontare e capire quello che avviene.
    Troppo rumore è uguale a meno informazione, più confusione, più paura. Il compito di esperti e giornalisti responsabili sarebbe di mediare e selezionare le notizie.
  • La aspettativa di alcuni (famiglie e docenti in primis) che tutto fosse a posto prima di cominciare, aspettativa rassicurante e comprensibile, ma non realistica considerando la complessità dei problemi, ma anche la precarietà della situazione: a che punto sarà la epidemia fra 15 gg e poi fra 1 mese e 3 mesi? Il covid, con cui dovremo convivere ancora mediamente a lungo ci deve insegnare che non c’è la normalità del prima a cui tornare e non c’è una situazione certa da cui partire. Per cui meglio essere pronti a novità, speriamo buone, a flessibilità ed aggiustamenti. Un puzzle da finire di comporre. Un laboratorio di cittadinanza agita per tutti.

Questa non era una novità già nella scuola di “prima”, che non ha mai ad esempio cominciato a pieno organico, tanto è vero che quasi tutte le scuole hanno sempre avuto un orario “provvisorio” ed un orario “definitivo” a sua volta possibile solo grazie a supplenze etc.
La scuola per mettersi in moto ha sempre avuto bisogno di alcuni mesi. Figuriamoci nella situazione attuale di crisi sanitaria e sociale complessa che ci accompagnerà temo tutto l’anno.

Chi si aspettava il contrario, giustamente per rassicurazione a volte, o non conosce la complessità del sistema scuola o non si rende conto che la normalità e la certezza in epoca covid non può esistere. Come scritto sui muri di Madrid, “non vogliamo tornare alla normalità perché la normalità (di prima NdA) era parte del problema”. Il covid ha solo fatto emergere e resi evidenti, molti problemi della scuola che c’erano già prima. Il temporale ha fatto saltare molti tombini.

La crisi e la trascuratezza passata verso la scuola hanno solo gonfiato i problemi.

  • L’intervento di più attori (EELL e Associazioni) ha aiutato a decentrare compiti e districare la matassa. Ma la democrazia (e la sua “deformazione” mediatica/digitale: “dare la parola a tutti” specie attraverso la rete, è un bene o un problema si chiedeva U. Eco) impone poi che ognuno dica la sua e si facciano mediazioni che sono lo strumento della democrazia. Siamo da capo.
  • Poi ci sono le elezioni e Ministri e Governatori devono distinguersi. Vedi proclami, conflitti. Campagne elettorali squallide sul Covid e sulla scuola, sondaggi fascioleghisti sulla ministra (ovvio donna) peggiore. Se ci andate, leggete i commenti violenti rozzi e da denunciare di chi vuole chiedere le dimissioni “a nome del popolo italiano”. Non a nome mio, ovvio.
  • Alternativa la Cina, dove decide il governo o meglio il dittatore quando comincia la pandemia, quando finisce, quando e in quanto tempo si costruiscono ospedali e scuole; fino a rifarsi una faccia (siamo prossimi al Comitato Centrale l’unico che può mettere in dubbio il dittatore) inviando medici e mascherine agli altri come segnale di superato pericolo interno; facendo un sacco di vittime dirette o indirette. Si fa prima a decidere, ma a quale prezzo.

Potrebbe essere una idea per una prima ricerca di EC?

Ho seguito quasi TUTTO quello che è stato pubblicato fatto deciso per tutta l’estate e sono fiducioso che pur dovendo turare ancora buchi e affrontare incertezze e nuovi problemi, pur essendoci dubbi e timori comprensibili, i DS che hanno lavorato tutta l’estate, i buoni docenti che li hanno supportati e li affiancheranno, le buone scuole che hanno retto la crisi, le famiglie di buona volontà (vedi Patto educativo) in condizioni peggiori di adesso, faranno il meglio possibile. Spero con l’aiuto di tutti. In modo diverso e contestualizzato, in una situazione che è e resterà incerta, grave e purtroppo parzialmente ineguale.

Ma basta chiacchiere. Crisi = Ognuno al suo posto a fare al meglio il suo lavoro in modo responsabile e intelligente, collaborativo. Lo dicevo nel mio primo e unico intervento all’esplodere della crisi.
L’ho documentato in  3 interviste incrociate e un webinar sulla scuola che verrà.

Che non deve essere la scuola di questo anno, che è ancora una scuola di transizione e di crisi.
Ma che ci deve insegnare a ripensare alla scuola (ed anche alla società) del dopo crisi.
Anche tenendo aperto uno spazio emotivo dentro di noi non per riempirlo di “infodizia”.
Ma per gestire crisi, emozioni, sentimenti positivi e negativi nostri e dei nostri ragazzi.

Buon lavoro, di cuore!