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Patti territoriali per la formazione: il ristoro educativo

di Raffaele Iosa e Massimo Nutini

Proposte pedagogiche sull’ampliamento dell’offerta formativa per la prossima estate, da realizzare con le risorse del Decreto legge Sostegni

 Le cospicue risorse stanziate dal D.L. Sostegni (1) rappresentano un’ opportunità per realizzare pratiche educative inedite nella storia della scuola, a patto che si evitino fraintendimenti tra scuole e territori, e tra gli insegnanti stessi, sugli obiettivi  pedagogici richiesti da questa difficile epoca.(2)

Se vi sarà lo spirito giusto, dagli insegnanti al Ministero, dai sindacati agli enti locali, fino al terzo settore, potremmo pensare che i 300 milioni stanziati(3) per l’ampliamento formativo in estate e in autunno potranno rappresentare un primo ristoro civile alle ferite educative, sociali, psicologiche, e anche curricolari, che i nostri bambini e ragazzi hanno subito in questi difficilissimi mesi.

Lo chiamiamo appunto ristoro perché è una risposta dello Stato di aiuto all’educazione, e come tale simile ai ristori finora erogati alle diverse categorie che hanno subito perdite a causa della pandemia. Ristoro come boccata di energia per ripartire.

  1. Riflessioni sull’emergenza educativa

Quale azione pedagogica è necessaria affinché il ristoro educativo sia efficace e ricostituisca fiducia tra educazione e società? Per rispondere alla domanda, sarà necessario iniziare da una realistica analisi di cosa i nostri bambini e ragazzi hanno pagato sul piano del loro sviluppo da marzo 2020 ad oggi, evitando il rischio di una deriva medicale delle loro ferite, come fosse una questione clinica.

Se si osserva la scuola solo con l’arida visione del curricolo hard, cioè quello del “io spiego, tu a casa studi, poi compiti o interrogazione”, si può per paradosso dire che in questo anno scolastico, anche se tormentato, gli studenti hanno subito una sorta di iper-curricolo, sia in presenza sia online, perché le condizioni materiali  hanno ridotto le relazioni, l’attivismo nell’apprendere, lo scambio. Insomma di quell’ambiente fatto di contenuti mescolati a relazioni ed esperienze vive.

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Patti territoriali per la formazione: dalle parole ai fatti

Stefaneldi Raffaele Iosa e  Massimo Nutini

Un commento pedagogico e alcune indicazioni operative sull’ampliamento dell’offerta formativa possibile, per la prossima estate, con i 150 milioni di euro previsti dal “Decreto legge Sostegni”

 

 

Dunque, dal Decreto Sostegni del governo Draghi arrivano 150 milioni direttamente alle scuole come primo segno di carattere squisitamente sociale ed educativo per i nostri bambini e ragazzi che da febbraio 2020 ad oggi hanno patito gli effetti sconvolgenti della pandemia da Covid nell’esperienza scolastica, nella vita sociale, nella dimensione esistenziale di crescita.
Tali risorse si aggiungono ad una cifra di circa 175 milioni destinabile alla stessa finalità nell’ambito del Programma operativo nazionale PON “Per la Scuola” 2014-2020.

Una novità assoluta che deve essere ben compresa e attuata

E’ una novità che rischia di non essere capita in tutta la sua potenzialità da molte scuole ed enti locali e forse anche fraintesa. Non siamo più infatti nel periodo delle passioni generose della primavera del 2020, ma in quello (con la seconda e terza pandemia) delle passioni tristi di questo anno scolastico, in cui il clima sociale ed educativo si è complicato e raffreddato anche con la nuova grande chiusura di tutte le scuole delle zone rosse, di cui oggi non è nota la fine, anche se il Governo garantisce che le scuole saranno (auguriamocelo) le prime ad essere riaperte.

Eppure questa novità arriva giusto al momento in cui emerge, giorno dopo giorno, la drammatica emergenza sociale ed educativa fatta pagare ai nostri bambini e ragazzi con ferite non solo curricolari ma anche e forse soprattutto sociali, emotive, esistenziali, proattive.
Tutti aspetti che hanno (eccome) a che fare con l’educazione e con la scuola nel suo offrire quotidianamente, e insieme, istruzione e formazione.

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Per una nuova valutazione mite nella scuola primaria

di Iosa Raffaele

Proposte per una “variante M”

Sto studiando attentamente tutta la normativa sulla “nuova valutazione” nella scuola primaria, nata per merito delle leggi 6.6.2020  n. 41,  e 13.10.2020 n. 126.

Accompagnano le leggi un’Ordinanza ministeriale e le “Linee guida” corrispondenti per l’applicazione a scuola.

Materia ricca e complessa, che merita scavare bene per comprendere la connessione tra le sue ispirazioni pedagogiche e i fatti attuativi richiesti nei nuovi documenti di valutazione proposti.
Sono naturalmente molto lieto del fatto che almeno nella scuola primaria si sia superata, per la seconda volta della storia contemporanea,  la logica di valutazione sommativa con voti numerici.

Ma proprio per questo, per evitare che la nuova valutazione scada in una finzione formale e non in un processo di qualità, mi permetto di approfondire alcune questioni che per me sono cruciali per garantire una qualità formativa della valutazione come processo di sviluppo vero e non sanzionatorio.

E, soprattutto, proporrò qui l’aggiunta, per la nuova scheda di valutazione,  di un nuovo “spazio testuale” per me essenziale. Aggiunto, non alternativo, per rendere più efficace  la novità valutativa.

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La pandemia pedagogica

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di Raffaele Iosa

In questi ultimi tre giorni ho ricevuto molte telefonate e mail da dirigenti scolastici, insegnanti e genitori su cosa (di brutto) sta accadendo in molte classi a seguito del “ritorno a casa” di molti bambini e ragazzi del primo ciclo per via delle zone neo-rosse e la diffusione della “variante inglese”.
In un clima d’ansia collettiva e di forte incertezza, assisto ad una “frenesia curricolare” nelle Dad in corso ben diversa dall’epoca di primavera 2020 che ho chiamato della “didattica della vicinanza” con una generosa azione dei docenti più legata alla relazione educativa che al completare il “programma”. Oggi invece mi raccontano di una specie di una “pandemia pedagogica” di iper curricularismo online di dubbio valore.
Per esempio in una 2ª primaria a tempo pieno 8 ore di lezione online tendenzialmente frontale, con 15 minuti di pausa tra un’ora e l’altra. Sconcertante.

Provo in breve a spiegarmi il perchè di tutto questo.

1. Un’insufficiente fase di riflessione pedagogica sugli eventi scolastici febbraio-giugno 2020 ha prodotto una ripresa delle lezioni a settembre con l’ansia del “recupero del programma” e l’ansia della sicurezza limitante. Da qui in forte aumento di lezioni frontali e di compiti per casa, favoriti anche dal fatto che le regole sanitarie strette in classe riducevano di molto la flessibilità didattica e la progettualità (es. progetti interdisciplinari, uscite, ecc…). Ci vedo perfino una buona fede nei docenti, anche perché i “messaggi” sul recupero o l’allungamento dei giorni di scuola pareva implicitamente criticare gli insegnanti. Si è quindi fatto troppo di jn curricolo tornato duro e lineare.

2. Questa pandemia pedagogica sembra continuare anche adesso in questa seconda peste che inizia questa settimana ma rischia di durare a lungo. Quindi molte ore di Dad, lezioni frontali online, relazione educativa addio. Con effetti depressivi per tutti, anche dei genitori. È evidente che questa seconda primavera di Covid è più dura e pessimista della precedente, ma proprio per questo merita riflettere e rallentare, flessibilizzare e addolcire questa pandemia dell’online direttivo.

3. Lo stato d’animo, lo stress, le depressioni e le tristezze nei nostri bambini e ragazzi sono in aumento. Servirebbe anche nell’online una vicinanza dialogante e rassicurante senza l’ansia nevrotica dei programmi.
Per questo il mio messaggio è di riflettere bene su una fase più drammatica della precedente. Più relazione educativa attivistica, più I CARE donmilaniano che tabelline, capitoli di storia, compiti per casa.

Il nuovo PEI. Tra rose e spine. E un dulcis in fundo


di Raffaele Iosa

Il “nuovo PEI” previsto dal DM 182/2020, con annesse corpose “Linee Guida”, è una cosa seria. Seria e complessa perché il Ministero (di concerto col MEF)  ha messo insieme molte questioni,  alcune delicatissime,  realizzando ben  più di un semplice adattamento del PEI come strumento di programmazione, ma toccando vaste  altre questioni connesse: l’uso dell’ ICF, il calcolo delle  risorse di personale, fino ai temi della valutazione,  anche con l’interessante debutto del tema della transizione alla vita adulta nell’istruzione superiore.

Un’operazione vasta di restyling da leggere bene,  con molta (a volte pesante) scrittura, che tocca non solo la disabilità ma l’intero fare scuola. Spesso questi temi sembrano specialistici e tecnicamente difficili, almeno per gli insegnanti curricolari, e rischiano di restare cosa di nicchia. Per questo cercherò qui di esprimere con un linguaggio il più accessibile possibile un mio commento tecnico sia su questioni generali che analitiche sui punti più “caldi”  .

Esprimo da subito una mia valutazione d’insieme: è un lavoro di  spessore, con aspetti importanti di innovazione (le rose) ma contiene anche alcuni vizi e assenze (le spine) che rischiano di produrre per lo più l’ennesima “grida manzoniana”  di come dovrebbe essere l’inclusione (ce ne sono state molte in passato), con attese di qualità che potrebbero essere difficilmente mantenute.

Ne scrivo qui criticamente ma in modo propositivo sulla base della mia esperienza professionale  pedagogica, scientifica, amministrativa, a livello locale, nazionale, internazionale.

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Dalla pandemia alla sindemia. E la pedagogia? La lezione di Lancet

di Raffaele Iosa

Richard Horton, direttore di The Lancet, prestigiosa rivista scientifica, ha pubblicato un editoriale lo scorso 26 settembre di grande interesse non solo scientifico ma anche sociale e politico. Per me anche pedagogico. Pubblico qui il suo breve ma ricco scritto, anticipato da un mio commento.

 

L’ abstract come si direbbe, ci dice:
“…Due tipi di malattie stanno interagendo all’interno di popolazioni specifiche (gli anziani): una infezione con grave sindrome respiratoria coronavirus 2 (Sars-CoV-2) e una serie di malattie non trasmissibili (NCD), tra cui diabete, ipertensione, obesità, patologie cardiache, tumori, ecc.
La combinazione di queste malattie su uno sfondo di disuguaglianza sociale ed economica accentua gli effetti negativi di ogni singola malattia. L’attuale visione clinica che mette al centro solo il vaccino è ristretta. Covid-19 non è una pandemia. È una sindemia…”

L’ editoriale di Horton mette in discussione l’attuale approccio “scientifico” al Covid-19 come se si trattasse di una semplice pandemia, e punta invece il dito sull’importanza delle malattie non trasmissibili nella sua diffusione, e sulla matrice sociale di queste ultime.

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Per un ri-torno mite a scuola. Proposte pedagogiche di accomodamento ragionevole

di Raffaele Iosa

A poco più di due mesi dalla ripresa, nulla si sa di concreto sul ritorno a scuola a settembre. Il protocollo sanitario è uscito come cornice, ma potrebbe cambiare (spero in meglio) secondo l’evoluzione del virus. Intossicano il clima anticipazioni che durano lo spazio di un giorno, come la bizzarria del plexigas.
Il ritardo della politica può determinare confusione paranoica e fretta dannosa a prepararsi per settembre.
Potrebbe ridursi in calcoli ingegneristici tra numeri studenti / aule / orari senza uno sguardo e una progettazione pedagogica, che dovrebbe invece essere la pre-condizione di ogni soluzione organizzativa.

Questo ritardo è il sintomo di un paese che spesso nelle catastrofi ha una grande generosità iniziale, ma poi per la ricostruzione torna il paese peggiore, confuso e lento. Generosa è stata la “didattica della vicinanza” che gli insegnanti hanno donato ai ragazzi, perché consapevoli del dramma vissuto non solo per la scuola chiusa ma anche perchè chiusi in casa.
Ma adesso? L’anno scolastico si è concluso con stanchezza, sono accadute cose traumatiche, ma anche utili fratture tra gli insegnanti sulla didattica, per esempio sulla valutazione formativa. Ed ora il vuoto?

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