È l’ennesima notizia di colore: il guru di turno – Geoffrey Hinton – affida a Twitter la propria consapevolezza sui “”pericoli” dell’intelligenza artificiale e abbandona la propria giostra di comfort (Alphabet, la holding dei servizi di Google).
L’approccio sensazionalistico, del resto, è ormai quasi uno standard, in particolare dopo la serrata di ChatGPT, dai più presentata e interpretata come “blocco del garante”.
Non vi è medium che si sia sottratto a questo approccio.
Ultimo esempio una succulenta puntata di Zarathustra, che ha dedicato ampio e divertito spazio ai furbetti dell’IA come trucco scolastico.
Sono stato per altro coinvolto in prima persona, intervistato da Fahrescuola, di nuovo per Radio 3.
Quale che sia l’incipit, una cosa è certa: prima o poi i conduttori delle trasmissioni o gli autori degli articoli dovranno almeno accennare al rischio del superamento dell’umanità, dell’autonomia decisionale dei dispositivi, della Singolarità prossima ventura.
Questa impostazione, tra il mitologico, il distopico e il romantico, è davvero irrinunciabile.
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