– di Marco Guastavigna
Su questi bit mi sono espresso in modo inequivocabile a proposito di dispositivi digitali e di intelligenza artificiale: bisogna andare senza esitazione nella direzione dell’emancipazione e della decostruzione dei miti di mercato. Su altri ho presentato un possibile approccio professionale agli assistenti artificiali e una traccia di percorso di formazione in proposito.
Ad accomunare i tre interventi ci sono parecchie concettualizzazioni analitiche e proposte operative, ma soprattutto il rifiuto in blocco e il rovesciamento dello sciocchezzaio corrente – “il digitale”, “competenze digitali”, “didattica digitale”, “educazione (al) digitale e così via -, caratterizzato da un approccio adattivo.
Che “naturalizza” la situazione esistente considerandola, anziché un recinto da cui liberarsi per ritornare all’autodeterminazione didattica, la sola alternativa possibile e la declina in abilità e capacità da acquisire in una condizione di subalternità gerarchizzata e gerarchizzante.
Credo pertanto di disporre di un patrimonio di consapevolezza utile per affrontare più da vicino i dispositivi di intelligenza artificiale, secondo un posizionamento esplicitamente critico della logistica capitalistica della conoscenza e dell’istruzione. Patrimonio che non voglio considerare di mia esclusiva proprietà, ma piuttosto condividere, come per altro ho già fatto.
Ad incuriosirmi è questa volta il portale Magic School, esplicitamente dedicato ad insegnanti interessati a usare l’IA nella propria didattica, per due ragioni.
La prima: l’uso di un’iperbole, ovvero di un linguaggio per scelta mistificante e efficacemente manipolatorio, sottolineato dalla presenza – come nel caso delle iniziative autopromozionali degli insegnanti imprenditori – di una zona per lo shopping virtuale.
La seconda: la ricostruibilità di un profilo professionale a partire dalle diverse funzionalità AI offerte, sempre con un meccanismo commerciale teso al lucro su licenze individuali e massive. Vediamo meglio. Continua a leggere