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Non avere fretta

di Marco Guastavigna

Tra i molti limiti di chi anela di occupare lo spazio culturale (ed economico) dell’introduzione dell’intelligenza artificiale nei tre gradi di istruzione, vi è la grottesca indicazione di puntare sulla didattica conversazionale e sul prompt engineering. Con l’idea di fondo che imparare a dare le giuste imbeccate è un modo per mantenere il controllo e per far evolvere le proprie capacità di ragionamento.

Il fatto è che molti dispositivi si vanno a collocare ben oltre questo approccio. Oggi diamo uno sguardo a NotebookLM di Google, il cui compito è assistere nella presa di appunti e nella riflessione su testi, propri e altrui, compresi quelli presenti su internet. L’ambiente di lavoro comprende:

  • fonti, chiamate “origini”, riportate integralmente, ma anche oggetto di riepilogo automatico e “taggate” in funzione degli argomenti principali;
  • chat per conversare sui contenuti;
  • spazio per raccogliere le annotazioni.

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È IA? È IA! Ah, là, là…

di Marco Guastavigna

Mi capita sotto gli occhi una proposta di legge di iniziativa dei Deputati Cavo, Bicchielli, Cesa, Romano, Semenzato, Tirelli che mi ha costretto a riflettere.
Il tema, infatti, è quanto mai attuale: la riconoscibilità dei prodotti frutto di sistemi di intelligenza artificiale.

Le formulazioni adottate nella relazione di accompagnamento ingenerano però disperazione – siamo di fronte ai soggetti detentori (si fa per dire) del potere legislativo – per la loro imprecisione: sembrano attingere tutte al peggior senso comune, quello di chi per più di un anno si è accontentato di leggere e/o ascoltare i titoli sensazionalistici dei mass media.

Immagine realizzata con Microsoft Copilot Pro

 

 

 

 

 

 

 

A voler essere precisi, infatti, stiamo parlando di intelligenza artificiale generativa: è questa, infatti, la matrice operativa dei dispositivi in grado di produrre o modificare i contenuti di cui il testo di legge lamenta la non immediata identificabilità. E questo tipo di AI non simula “i processi dell’intelligenza umana”, ma gli esiti.
Ad essere plausibili devono essere i testi, le immagini e quant’altro, non gli sviluppi interni della macchina statistico-predittiva: interessano infatti come risultato, come testimonianza di una prestazione computazionale efficiente. Continua a leggere

Da Amazzonici a (potenziali) Amazoniani

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cdi Marco Guastavigna

Ne hanno (s)parlato in molti: i satelliti Starlink hanno portato la connessione internet alla comunità Marubo, con la conseguenza di renderne gli appartenenti assimilabili agli “sdraiati”, gli adolescenti descritti qualche anno fa da Michele Serra.

Al di là degli aspetti pruriginosi – accesso alla pornografia digitale – e degli “o tempora o mores!” di rito, l’evento dà l’occasione di riflettere su un tema importante e complesso.

È infatti un classico caso in cui il dominio tecno-capitalista dell’Occidente si traduce non solo in supremazia cognitiva, ma anche in soperchieria morale e comportamentale.

Come se non bastasse, inoltre, questi esiti vengono considerati troppo spesso effetti collaterali di processi definiti con grande leggerezza e perniciosa ostinazione “progresso”, “sviluppo”, “crescita”, a seconda della convenienza politico-lessicale del momento.

Oltre che richiamo dell’epistemicidio denunciato da pensatori e attivisti non subalterni alla cultura europocentrica e fautori della pluralità delle storie, anziché della Storia così come è stata istituzionalizzata, la scelta di Musk è quella di rifiutare una visione della conoscenza come arcipelago di punti di enunciazione a favore dell’universalizzazione dell’immaginario e dell’agire di un segmento (demograficamente minoritario) dell’umanità.

Questa decisione, per altro certamente ponderata sul piano mediatico e aziendale, mi spinge perciò a proporre di insignire l’ imprenditore sudafricano del settimo grado del quadro di riferimento occidentale per le competenze digitali, fino ad ora assegnabile solo a Harry S. Truman: Colono.

Chat-tanooga Choo Choo 4.0

di Marco Guastavigna

Se non fosse una tragedia professionale e culturale, sarebbe divertente.

Da una parte l’accademia giunge alla geniale conclusione che con un dispositivo che simula un dialogo si può praticare nientepopodimeno che la didattica conversazionale.

Dall’altra, sinergicamente, una rete di scuole definisce criteri e parametri per un’introduzione dell’intelligenza artificiale nell’istruzione primaria e secondaria, producendo un documento molto limitato nell’approccio, discutibile nel contenuto e sciatto nella forma. Immediati però complimenti e adesioni, in genere avendo letto solo il titolo e l’annuncio “social”.

In parallelo, i teorici dei massimi sistemi continuano a discutere in termini generali ed estremamente astratti di etica e AI, IA e apprendimento, lavoro e AI, IA e informazione e così via. Il tutto proiettato sul lungo termine, in modo da non dover fare i conti con il presente, dalla disumanizzante robotizzazione dei lavoratori della logistica globale, alla dicotomia tra sud globale, addetto all’addestramento e alla verifica dei dispositivi di intelligenza artificiale mediante prestazioni taskificate e retribuite in modo vergognoso, e nord globale, destinatario dei – forse presunti, certamente discriminanti – vantaggi delle tecnologie emergenti. Continua a leggere

Resistere alla maturità artificiale è possibile. Forse

di Marco Guastavigna

Manca poco ad una scadenza che formalmente non esiste più dal 1997, se non nell’immaginario bigotto e paternalista di una visione conservatrice del rapporto tra adultità e adolescenza – si chiama Esame di Stato.
Già immagino serpeggiare il terrore: come impedire agli studenti di rivolgersi ai chatbot e di avere le soluzioni delle prove confezionate in pochi minuti? Divieti, sequestri, pedinamenti, esclusioni e altre soluzioni poliziesche sono probabilmente le più in tono con i tempi.

Si potrebbe però vivere il tutto più serenamente. Ovvero, produrre tracce di lavoro “resistenti all’IA”. MagicSchool fornisce un modulo operativo apposito: basta inserire la consegna originale e il grado di istruzione di riferimento e si ottengono almeno due idee per realizzare assegnazioni di compiti significativi e – appunto – resistenti all’IA, con tanto di spiegazione delle scelte operate dal dispositivo.

Un esempio per capire meglio.

Esame di Stato, 2023 – Prova di italiano
TIPOLOGIA C – RIFLESSIONE CRITICA DI CARATTERE ESPOSITIVO-ARGOMENTATIVO SU TEMATICHE DI ATTUALITÀ

PROPOSTA C1
LETTERA APERTA AL MINISTRO BIANCHI SUGLI ESAMI DI MATURITÀ
(https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=150602) Continua a leggere

Excursus nel mercato della scrittura digitale, probabilmente incompleto

di Marco Guastavigna

Sono di nuovo in modalità “pippone”.

A ripristinarmi la logorrea è stata una lettura: “Potremmo chiamare mestiere il tipo di attività in cui il tempo non è sotto controllo, e riservare il termine lavoro ai compiti regolati da vincoli di tempo. Nel mestiere, il tempo non è centrale. L’uomo di esperienza lascia che la sua temporalità sia dettata dalla situazione che incontra e dal modo in cui potrà intervenire. Il medico sa che alcuni pazienti richiederanno trattamenti lunghi e spiegazioni dettagliate, mentre altri risponderanno e capiranno rapidamente. Allo stesso modo, uno scrittore di solito non si costringe a scrivere una pagina sotto pressione oraria. Tutto dipende dal soggetto, dalla sua forma, dalla sua meditazione preliminare.” (P. Chabot, “Avere tempo. Saggio di cronosofia”, Treccani. 2024).

Da una parte il mestiere di scrivere, insomma, dall’altra il lavoro di scrittura.
Nella tabella il modo in cui Copilot Pro di Microsoft rappresenta le due situazioni.

Scrittore senza tempo
Scrittore vincolato dal tempo

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Flashmob

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Esattamente, esattamente, esattamente…quali sono le differenze epistemologiche, ontologiche e deontologiche tra le tre situazioni di seguito rappresentate?