di Marco Guastavigna
Sta per cominciare l’ennesimo anno scolastico.
Su questo incombe una terribile minaccia: essere caratterizzato dalle quattro stagioni dell’intelligenza artificiale.
Non nel senso della circolarità dei 12 mesi, ma in quello della mescolanza e della confusione dei sapori. L’aggettivo “generativa” (denotazione fondamentale e dirimente, almeno dall’epifania mediatica di ChatGPT), è già scomparso dall’orizzonte lessicale e dalla tecnica operativa. Gli accademici hanno occupato “manu epistemica” lo spazio della discussione. Reti di scuole si accingono a curricularizzare le versioni beta di applicazioni in costante adattamento alle richieste e ai feedback del mercato dell’istruzione.
Dai livelli più alti del tecno-feudalesimo nostrano è tuttavia percolata una formula che sembra mettere tutti d’accordo, anche quelli che si schierano contro, una sorta di impasto trasversale e digeribile da tutti: l’IA può servire a personalizzare la didattica e a ridurre la burocrazia.
Mentre aspettiamo che la prima istanza sappia andare oltre ai quiz delegati agli accrocchi digitali e alla citazione dei cobot cinesi che ormai più di un anno fa apriva all’orientalismo la prima pubblicazione destinata a fungere da forza di occupazione del perimetro di dibattito e confronto, diamo uno sguardo ravvicinato alla seconda. Continua a leggere→