di Raimondo Giunta
La missione della scuola è stata sempre quella di educare a vivere con gli altri; ma oggi gli altri sono quelli che vengono da molto lontano e sono diversi da noi e diversi tra di loro.
La scuola oggi ha responsabilità di fare vivere armoniosamente e quotidianamente le diversità, di porsi consapevolmente come antidoto contro l’imperversare di sentimenti di odio, contro la manipolazione dell’informazione che di fatto ne è strumento; la scuola oggi o diventa scuola del dialogo o non è scuola; dialogo tra gli alunni; dialogo tra docenti e docenti; tra alunni e docenti; dialogo tra alunni e il sapere; dialogo tra scuola e società.
Dopo ogni indagine sullo stato di salute della scuola, così come dopo ogni fatto che documenta la condizione di fragilità e di disorientamento delle nuove generazioni si alzano le voci per reclamare una scuola nuova e diversa rispetto a quella di cui si dispone. Puntualmente.
E allora diciamolo. La scuola intrinsecamente nuova, naturalmente nuova è quella che insegna a pensare, che educa all’autonomia intellettuale e del giudizio morale. Non è la ricchezza della strumentazione, né l’attrattività degli ambienti di apprendimento a farla diventare nuova. Nemmeno l’articolazione del curriculum.
La scuola, anche quella sgarrupata è veramente nuova se aspira nelle sue date condizioni a rendere l’alunno protagonista, contento del proprio apprendimento. Consapevole della propria crescita.
La scuola ha una propria costitutiva proiezione verso il futuro e fa bene il proprio mestiere se del futuro non restringe l’orizzonte, non amputa le sue possibilità. Se tutto ciò ha un senso, la scuola che prepara al futuro non è quella che si piega al diffusissimo mito dell’impiegabilità, perché colloca la scuola su una prospettiva di breve durata e ne impoverisce l’orizzonte sotto molti aspetti. Continua a leggere