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La valutazione esatta e quella giusta. Per una critica della docimologia

di Raimondo Giunta

La scuola esiste per trasmettere valori, saperi e competenze; la sua funzione costitutiva e intrascendibile è quella conoscitiva e l’insegnamento è il lavoro che se ne occupa e la rende operante presso le nuove generazioni.
Protagonista indiscusso di questo processo di trasmissione è l’insegnante col suo bagaglio di esperienze e di saperi.
Mediatore tra la cultura, le conoscenze del passato e del presente, e il bisogno e il dovere di apprendimento delle nuove generazioni. In questo spazio si costruiscono il suo ruolo e la sua legittimazione sociale. E’ il sapere il punto d’origine del lavoro scolastico e tutto il resto è strumentale alla loro acquisizione.

• Le scienze cosiddette dell’educazione entrano in servizio per favorire e rendere efficace questo compito. Sono convocate per farci conoscere l’alunno e per offrire i mezzi più adeguati per consentire il successo dell’apprendimento.
Sono scienze funzionali all’insegnamento e al diritto di formazione delle nuove generazioni. Nessuno purtroppo sa stare al proprio posto.
La tentazione delle scienze dell’educazione è quella di dirigere il lavoro scolastico e non di servirlo, di proporre la propria strumentalità in finalità di tutto il processo di formazione. Questo succede in modo evidente con la docimologia, per lo spazio egemonico assegnato alla valutazione nell’intero sistema di istruzione; senza adeguate garanzie e tutele rischia di essere la vera regista di tutto il sistema di istruzione.

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Galli Della Loggia, come un Salvini qualsiasi

ripresa_scuoladi Raimondo Giunta

Ernesto Galli della Loggia sa come va il mondo e come va raddrizzato e ne ha per tutti quelli che non sanno quello che fanno e il danno che fanno.
A cominciare dal Papa, al quale in più di un intervento ha spiegato dove e come sbaglia, per finire ai sindacati scuola e soprattutto alla Cgil-Scuola, che si permette di avere come segretario “un tizio che palesemente in vita sua non si è seduto dietro una cattedra neppure per un’ora”.
Ha praticamente tolto le parole a Salvini, secondo cui la CGIL comanda in Italia.
E se comanda in Italia, chiaramente comanda al Ministero della Pubblica Istruzione.
Mai attacco ai sindacati è stato così violento e volgare.
Provo a mettere le cose in ordine e lo farò da uomo di scuola, che è stato dietro una cattedra per 17 anni e per 21 anni in una presidenza.
1) La scuola è una comunità educativa e da ciò consegue che un sindacato che si rispetti, confederale direi, deve rappresentare unitariamente il mondo che vi lavora: docenti e personale Ata. Al sottoscritto andava bene anche i presidi, ma il mio parere non contava niente

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PRENDERSI LA SCUOLA IN DIFFICOLTA’

arcobalenodi Raimondo Giunta

Si pensava che fosse una dichiarazione dal senno uscita per caso quella dei dirigenti scolastici che alcune settimane fa gridavano “LASCIATECI LAVORARE” e invece era il preannuncio del documento uscito da poco a nome dell’Anp, uno dei sindacati dei dirigenti scolastici, che crede fin dalla sua nascita di essere l’unica voce autorizzata a parlare come si deve della scuola.
Un documento per nulla originale nelle tesi di fondo che inopportunamente e con clamore viene lanciato nei giorni in cui per inadeguatezza crollano i miti delle leadership solitarie, degli uomini solo al comando, perché, come sempre insegna la vita, nei momenti buoni e soprattutto in quelli cattivi il rapporto fiduciario, il dialogo, la collaborazione tra le persone sono gli unici mezzi per fare bene tutto quello che deve essere fatto.

Che cosa vuole l’ANP ?
Di cose ne vuole tante, ma quella che fra tutte le preme è l’eterna richiesta di pieni poteri a scuola, accampata con il pretesto che le difficoltà create dall’epidemia esigano risposte chiare, immediate e indiscutibili.
A questa se ne accompagnano alcune che si dispongono come semplici corollari.
In termini vagamente istituzionali chiede di ridefinire i ruoli del personale della scuola così come le relazioni della scuola con studenti, famiglie e territorio; in termini più comprensibili vuole ridimensionare l’autonomia professionale dei docenti e riformulare l’attuale struttura degli organi collegiali, che di fatto non prevedono un capo che comanda , ma un una persona capace di governare in situazioni di democrazia diffusa .
L’ANP vuole che i dirigenti scolastici siano liberati da ”vincoli e costrizioni che nulla hanno a che fare col principio costituzionale del buon andamento, ma che favoriscono al contrario conflittualità deleterie per il clima relazionale e in definitiva per la funzionalità del sistema”.

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Errando discitur. Appunti per una riflessione sulla valutazione

votidi Raimondo Giunta 

  • “Pensare è andare da un errore all’altro”(Alain);”Lo spirto scientifico si costruisce su un insieme di errori rettificati”(G.Bachelard).”Se gli uomini sono i soli a poter fare gli errori, sono anche i soli a poterli correggere”(G.Le Boterf).
  • Di simili citazioni se ne possono raccogliere tante altre, ma a scuola anche nei momenti drammatici che stiamo vivendo e che dovrebbero indurre a ripensare tutte le procedure di valutazione, per darle un senso che faccia presa sulla realtà effettuale del lavoro svolto, non mancano gli insegnanti per i quali  gli errori nei compiti, le carenze e i limiti di preparazione sono una colpa di cui si deve rendere in qualche modo conto e di cui si deve pagare pegno. Altrimenti non ci sarebbe più serietà. Soffermiamoci sugli errori, fatto salvo l’impegno degli studenti.

Gli errori non sono colpe da condannare, nè imperfezioni da disprezzare. Sono sintomi interessanti degli ostacoli con i quali si confronta il pensiero degli alunni e si collocano dentro il processo di apprendimento. L’ostacolo incontrato e non superato ci parla dei processi intellettuali messi in giuoco dall’alunno. L’errore segnala a volte un’incomprensione delle consegne da parte degli alunni o il loro disinteresse per l’argomento trattato o ancora la loro lontananza dalla cultura della scuola. Può essere l’affiorare di concezioni proprie dell’ambiente umano e sociale di provenienza degli alunni; è prova del loro modo di ragionare. L’errore può essere anche l’ostacolo creato dal modo in cui gli alunni agiscono e riflettono con i mezzi di cui dispongono.
Non bisognerebbe cercare l’errore, ma la logica che l’ha prodotto.  Bisogna considerare gli errori come tappe dello sforzo di comprendere dell’alunno e dargli i mezzi per superarli. Non si deve perdere la memoria del cammino fatto dal sapere e dalla scienza, degli ostacoli, delle incertezze, delle vie traverse dei momenti di panico che l’hanno contrassegnato.
Si è proceduto da sempre laicamente per tentativi ed errori: solo dove e quando il sapere costituito vuole assurgere al ruolo di verità inconfutabile, l’errore si connota negativamente come devianza, opposizione, rifiuto.
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La forma della scuola. La didattica a distanza tende a modificarla

ripresa_scuoladi Raimondo Giunta

  • I giorni difficili della pandemia hanno aperto non pochi interrogativi sul destino della scuola, sull’identità e sul significato che debba avere.  Ne è stata causa la necessità di ricorrere alla didattica a distanza per mantenere nei limiti del possibile il rapporto educativo con gli alunni; una necessità che per alcuni si è subito trasformata in una opportunità per pensare di ristrutturare le procedure abituali dell’insegnamento,di riconfigurare con uno sguardo proiettato nel futuro gli ambienti di apprendimento e l’articolazione del rapporto tra alunni e luoghi di formazione.
    Di cambiamenti nel modo di essere scuola se ne sono visti tanti negli ultimi decenni e in qualche modo la scuola è riuscita a reinventarsi rimanendo se stessa, conservando la propria forma.
    Sarà ancora una volta così?
  • La scuola è un’istituzione ancora facilmente identificabile per i luoghi in cui le sue attività si svolgono, per le finalità che deve  o che dovrebbe realizzare, per l’organizzazione complessiva che la distingue da ogni altra istituzione pubblica.
    Fino ad oggi l’insegnamento è ancora distribuito per anni, secondo un criterio di difficoltà e di complessità crescenti, per classi omogenee di  età, che si succedono le une alle altre.

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Vorrei una scuola che non lascia indietro nessuno

io_noidi Raimondo Giunta

La scuola che vorrei è quella che non lascia nessuno indietro e in cui gli insegnanti si impegnano affinché tutti gli alunni posseggano i saperi indispensabili per orientarsi nella vita e per inserirsi nel mondo del lavoro.
Una scuola che tiene fede a queste finalità non abbassa il livello delle proprie esigenze,anzi; sceglie soltanto di non essere un luogo di discriminazione; di volere il successo di tutti e non quello di una minoranza.

Gli alunni in difficoltà, come dice Meirieu, rendono un servizio immenso agli insegnanti e ai compagni, perchè li rendono consapevoli dei problemi che bisogna affrontare per crescere e andare avanti.
E molti alunni a scuola sono in difficoltà, perché spesso sono arbitrarie le mete che si dovrebbero raggiungere ,arbitrari i livelli da superare,arbitrari i criteri di valutazione, non adeguati i metodi di insegnamento.
Oggi diventa fondamentale esercitare i giovani a sapere utilizzare l’immenso capitale culturale parallelo ed esterno a quello della scuola;farli diventare capaci di discernimento e di selezione delle informazioni.
L’educazione e l’istruzione sono diventate una sfida difficile,ma sono le uniche alternative alla stupidità e alla violenza,alla seduzione dei media e dei social che non danno conoscenza.
Se si vuole il bene dei giovani, se si vuole sottrarli alla realtà virtuale, la scuola sia per loro l’incontro con le cose, le persone, le tradizioni e i valori del mondo circostante.
Sia per loro l’incontro con la realtà. Per apprendere a scuola e fuori della scuola bisogna volerlo; questo significa che bisogna motivare i giovani a volerlo, perché senza il piacere di volere imparare non si produce apprendimento.
Non ci sono in giuoco, però, solo elementi intellettuali e cognitivi. Questi sono alcuni aspetti del problema, che non è solo un problema pedagogico-scolastico.

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