La scuola dannosa e gli ultimi difensori della fortezza Bastiani

di Giovanni Fioravanti Ormai la letteratura sulla crisi del nostro sistema scolastico è sterminata, ognuno ne analizza le cause da diverse angolazioni ma la conclusione è sempre la stessa, la nostra scuola resta la “grande disadattata” di cui scriveva Bruno Ciari negli anni ’70 del secolo scorso. Istat, Invalsi, Ocse e tutti i rapporti di Education at a Glance ormai da decenni denunciano i mali di cui soffre il nostro sistema formativo a cui mai nessun governo ha però pensato di porre seriamente rimedio. Che la macchina dell’istruzione, oggi, contro le sue intenzioni, sia diventata un formidabile amplificatore delle diseguaglianze per saperlo non avevamo certo bisogno del tempismo editoriale della Nave di Teseo che in occasione del salone del libro di Torino pubblica “Il danno scolastico”, con il sottotitolo significativo: “La scuola progressista come macchina della diseguaglianza”. Opera a quattro mani del sociologo Luca Ostillio Ricolfi e signora, l’ex professoressa Paola Mastrocola. Una operazione commerciale che porterà vantaggio alle casse della casa editrice, ma che nulla aggiunge alle riflessioni necessarie per risollevare dal disastro il sistema formativo del nostro paese. Anzi, i topos sono sempre gli stessi di quella cultura nostalgica che non riesce a distogliere gli occhi dal passato e che non sa guardare avanti. Continua a leggere

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Agenda 2030: come giocarsi la credibilità dell’Educazione civica nelle nostre scuole

C’è una sostanziale inscindibilità tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015, e l’istruzione permanente, vale a dire un apprendimento che accompagna l’intero arco della vita delle persone. Non so se di questo fossero consapevoli gli estensori della legge con la quale si è reintrodotto l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado del nostro paese.Tra i temi che durante l’anno scolastico le nostre ragazze e i nostri ragazzi dovranno studiare c’è appunto questo dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.Nutro il sospetto che il legislatore avesse un’approfondita consapevolezza dei contenuti di questa Agenda, forse più affascinato dagli obiettivi della sostenibilità che interessato a conoscere effettivamente le pratiche richieste per la loro realizzazione dai diversi soggetti promotori dell’Agenda, dall’Onu all’ Unesco. Questo potrebbe diventare un terreno molto sdrucciolevole per la credibilità e l’efficacia formativa dell’ Educazione civica come materia, dico subito perché e vedrò di spiegarlo meglio di seguito. Continua a leggere

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La DaD mette in crisi le liturgie scolastiche

di Giovanni Fioravanti

L’esperienza pare abbia dimostrato che DAD e liturgie scolastiche di classe non possano convivere. Diversamente non si spiegherebbe come gli studenti siano abili a navigare in rete alla ricerca di informazioni e saperi, e pure riuscire ad apprendere, mentre quando usano la rete per collegarsi alle lezioni di classe si determina una sorte di entropia, di modificazione di stato che rende tutto diverso. La spiegazione più semplice suggerirebbe che scuola e digitale sono due ambienti di apprendimento differenti, con regole e  liturgie difficilmente conciliabili tra loro. Ma se apprendimento informatico e apprendimento d’aula sono tra loro irriducibili, merita compiere alcune riflessioni. Intanto stupisce l’avversione di molti docenti nei confronti dell’apprendimento a distanza, il quale è già una realtà per le tante piattaforme e-learning che offrono un apprendimento misto “blended learning”, di cui pure i nostri docenti dovrebbero avere fruito sia per ottenere la cattedra, sia per mantenersi aggiornati. È evidente che di fronte alla necessità di attivare l’apprendimento a distanza le nostre scuole si sono trovate sprovvedute, né hanno provveduto a ricorrere ai ripari aggrappandosi al mantra della scuola in presenza, mentre mezzo mondo si sta organizzando per rendere la didattica digitale a distanza organica alla implementazione dei propri curricoli. Continua a leggere

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PNRR, Mission e Cultura

di Giovanni Fioravanti Il sistema istruzione del paese funziona male, ormai è molto tempo che mostra segni di invecchiamento tanto da far presagire il suo esaurimento, dunque non è questione né di Covid  né di Dad. Ora però siamo di fronte ad una svolta, il governo ha licenziato il PNRR che contiene quattro macro mission, dieci riforme e dodici investimenti per oltre diciannove miliardi  con l’obiettivo del “Potenziamento  dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università”, da realizzare da qui al 2026. Asili nido, tempo pieno e mense, riduzione dei divari territoriali nella formazione, riforma degli istituti tecnici e professionali, sviluppo degli istituti tecnici superiori, riforma del sistema di orientamento. Nuove competenze e nuovi linguaggi, sviluppo del digitale e della didattica integrata, nuove aule didattiche e laboratori, riqualificazione dell’edilizia scolastica. E in fine riforma dell’organizzazione del sistema scolastico, riforma del sistema di formazione e reclutamento dei docenti. Ma sorge un interrogativo: con quale cultura? La cultura di un sistema formativo morente? Quali modelli? Quale idea di istruzione? Il problema della cultura è rilevante in tutto il mondo. Continua a leggere

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Saperi, futuro e destino umano

di Giovanni Fioravanti L’otto luglio Edgar Morin, uno dei più grandi intellettuali contemporanei, raggiungerà il traguardo del secolo. Troppo complesso per essere preso sul serio, lui iniziatore del pensiero complesso, della necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi a cui siamo ancora abbarbicati, semmai rivendicata come merito del passato da una scuola incapace di preparare al pensiero della complessità. La conoscenza è avventura e la scuola è parte del territorio in cui vivere questa avventura, in cui apprendere a conoscere e a ri-conoscere la conoscenza. La palestra in cui esercitarsi fin da piccoli alla metacognizione, a interrogarsi, a nutrire la curiosità, a inseguire lo stupore. Il compito dell’istruzione non può ridursi all’angustia di formare cittadini da integrare nella società presente, né in ipotetiche società future, le categorie pedagogiche degli Stati-Nazione come le pedagogie progressive del Novecento hanno fatto il loro tempo. Morin ci rappresenta il nostro pianeta come una nave spaziale che viaggia grazie alla propulsione di quattro motori scatenati: scienza, tecnica, industria, profitto e dove nello stesso tempo la minaccia nucleare e la minaccia ecologica impongono alla umanità una comunità di destino, non c’è possibile futuro che valga la pena costruire se non riscoprendo la centralità di ogni donna e di ogni uomo, la centralità dell’intelligenza, la centralità del pensare oggi  per il futuro. In gioco non è l’integrazione culturale nella propria comunità, in gioco per tutti, da ogni lato della Terra, è la vivibilità del futuro. L’asfittico obiettivo dei sistemi scolastici nazionali è soppiantato dal ben più impegnativo e difficile compito di attrezzare le giovani generazioni a vivere un futuro vivibile. L’Agenda 2030 dell’Onu è lì a ricordarcelo in ogni istante. Continua a leggere

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Cambiamo slogan: “A scuola come ti pare purché tu ci vada per imparare”

di Giovanni Fioravanti  La fine della pandemia prometteva che l’aria sarebbe cambiata, meno viziata dai miasmi del passato. Invece tira aria di restaurazione. Sembra che i giovani siano minori, non perché più piccoli, ma perché “minus”, cioè meno dotati, meno dotati di noi adulti. Dove inizi e dove finisca la minore dotazione è tutto da stabilire. Intanto Frida Bollani Magoni a soli sedici anni suona la sua interpretazione dell’inno d’Italia alla presenza del Presidente della Repubblica e il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, rivendica il voto ai sedicenni. Eppure c’è sempre qualche adulto che sente il bisogno di dare una qualche lezione ai giovani, perché i loro modi di essere non combaciano con la sua cultura, con i modelli comportamentali introiettati. Così Chiara Saraceno concorda con la dirigente dell’Istituto Comprensivo Leonardo da Vinci di Milano che con circolare interna ha dettato il dress code a cui si devono attenere le sue studentesse e i suoi studenti. Continua a leggere

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Io, disciplina e carisma: la "nuova scuola" che sognano i nostri intellettuali

di Giovanni Fioravanti Non conosco gli estensori del “Manifesto per la nuova scuola” sottoscritto  da uno stuolo di intellettuali che vanno da Alessandro Barbero a Chiara Frugoni, da Vito Mancuso a Massimo Recalcati, da Tomaso Montanari a Gustavo Zagrebelsky che, ovviamente, non potevano mancare. “Nuova scuola” sta a significare che questa che abbiamo è la “vecchia scuola”, diversamente non si comprenderebbe la necessità di un manifesto. Le “buone scuole”, “le offerte formative” tutto tempo sprecato, inquinamenti nell’esercizio principe della trasmissione del sapere, come nel lontano 1994 il Testo Unico aveva decretato consistere la funzione docente. Nuova scuola e non “scuola nuova”, forse perché agli estensori risuonava un po’ come le “scuole nuove”, il movimento di rinnovamento scolastico dei primi del novecento sorto per rispondere ai bisogni di una mondo in rapida trasformazione. Le trasformazioni del mondo non sono cura di cui prendersi per i promotori del nostro manifesto, perché la nuova scuola in esso disegnata è atemporale, fuori dallo spazio e dal tempo, un’entità dello spirito, un tabernacolo del sapere dispensato dai suoi sacerdoti. Un ritorno allo spirito di Hegel e di Croce tanto bistrattati dal materialismo dei tempi della scienza e della tecnica. Una scuola senza storia, senza prima e senza dopo, senza ricerca, senza un propria cultura accumulata nel tempo, senza conflitti, anzi una scuola dall’identità violata, sfregiata dalle riforme e dagli interventi legislativi che si sono succeduti negli anni, che ne hanno deturpato la sua vera natura di otia studiorum. Se qualcuno mai avesse pensato che fosse finalmente giunto il tempo di porre fine alla pratica dell’insegnamento ex cathedra, dell’insegnamento trasmissivo, di un sistema scolastico cattedracentrico, per gli estensori del manifesto è bene che si metta il cuore in pace. Continua a leggere

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Comunità educante o Sistema nazionale di istruzione?

di Giovanni Fioravanti La consideravo archiviata, appartenere ad altri tempi, una sorta di attrezzo arrugginito del secolo scorso, riposto in soffitta tra la polvere delle cose da abbandonare all’usura del tempo. Poi l’espressione in questi lunghi mesi stravolti dalla pandemia ha iniziato a salire di tono, a ridondare nel lessico ministeriale e in quello scolastico: la “comunità educante”. Incuriosito sono tornato a leggere la lettera che il 27 marzo 2020 la ministra Azzolina ha indirizzato alla comunità scolastica nella quale l’espressione “comunità educante” ricorre ben due volte. Non c‘è documento ministeriale dall’inizio della pandemia in cui compaiano espressioni come società della conoscenza, apprendimento permanente, come se le nostre istituzioni scolastiche fossero calate in un altro mondo, quello ancora del secolo scorso insieme alla loro scarsa familiarità con le nuove tecnologie. Continua a leggere

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