Esame di Stato primo ciclo: come prepararsi serenamente al colloquio

di Annalisa Filipponi[1]

L’esame di stato conclusivo del primo ciclo dell’istruzione torna nella sua veste conosciuta (tre prove scritte e un colloquio orale) prima della pandemia. La Nota ministeriale informativa n° 4155 del 7 febbraio 2023 del Ministero dell’Istruzione del Merito in relazione al colloquio conclusivo recita: “Il colloquio (DM. 741/2017, articolo 10), condotto collegialmente dalla sottocommissione, valuta il livello di acquisizione delle conoscenze, abilità e competenze descritte nel profilo finale dello studente previsto dalle Indicazioni nazionali per il curricolo, con particolare attenzione alle capacità di argomentazione, di risoluzione di problemi, di pensiero critico e riflessivo, di collegamento organico e significativo tra le varie discipline di studio. Il colloquio accerta anche il livello di padronanza delle competenze connesse all’insegnamento trasversale di educazione civica.

La prima domanda da porsi è quella relativa all’efficacia del colloquio d’esame della Secondaria di I grado, condotto dagli insegnanti di classe a pochi giorni dalla fine della scuola e come ultimo momento di un ciclo di studi, con una modalità che molto spesso si risolve in una carrellata di contenuti raccolti in una “tesina” o con risposte del discente a domande specifiche dell’insegnante quasi esclusivamente correlate alle singole discipline. Una attenta lettura della nota ministeriale nella parte centrale del suo articolato sul colloquio (“particolare attenzione alle capacità di argomentazione, di risoluzione di problemi, di pensiero critico e riflessivo, di collegamento organico e significativo tra le varie discipline di studio”) apre la possibilità a valutare se vi possono essere altre modalità, oltre a quelle conosciute, per condurre un esame che soddisfi appieno la norma e al tempo stesso costituisca un elemento di novità e un’occasione formativa per gli studenti nell’ultima parte e nel primo esame del loro percorso scolastico nel Primo ciclo d’istruzione.

Per questo l’Accademia di Argomentazione e Debate del Friuli-Venezia Giulia- DeAFVG.APS- ha avviato in due importanti Istituti comprensivi del Friuli-Venezia Giulia delle azioni formative per preparare gli studenti e le studentesse a nuove modalità e nuovi moduli didattici che li conducano con rinnovata motivazione al colloquio d’esame. Una delle due esperienze innovative ha carattere sperimentale e introduce il Debate come modalità facoltativa di svolgimento del colloquio d’esame; l’altra invece si sviluppa in alcuni moduli formativi propedeutici al colloquio, liberamente scelti da allievi e famiglie, e utilizza la metodologia del Dialogo euristico peer to peer in Comunità di ricerca oltre a porre le basi del Public Speaking.

Entrambe le sperimentazioni sono tese verso uno sviluppo problematizzante della dialettica argomentativa per costruire, insieme agli studenti e ai loro insegnanti, una modalità che sposti la comunicazione in sede d’esame dalla sola esposizione ad una argomentazione ragionata. Dunque, la finalità che accomuna le due diverse esperienze è quella di poter osservare e valutare le competenze acquisite da ciascun discente nel processo cognitivo maturato nel corso del triennio della Secondaria di I grado.

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L’attività sperimentale condotta in un Istituto vuole verificare gli effetti della trasformazione del colloquio d’esame attraverso l’utilizzo del
Debate, levando quella prova sia dalla sua forma tradizionale (esposizione di un argomento e poi eventuali domande sulle varie materie di studio), sia da forme sperimentali ma trasmissive (redazione ed illustrazione di tesine, power point, ricerche, ecc.). Si tratta di cercare di spostare il focus del colloquio dalla trasmissione di contenuti all’utilizzo, in quella sede, di abilità analitiche, critiche, argomentative e di vere competenze comunicative anche nell’ambito di diversi contenuti, da presentare e rielaborare per sostenere un colloquio d’esame sereno, divertente ma profondo.
Il Debate possiede tutte le caratteristiche per toccare gli elementi sopra citati, nell’ambito di un apprendimento critico in cui l’argomentazione si costruisce per un’azione comunicativa efficace e approfondita. La sperimentazione trasforma il colloquio d’esame in una forma di innovazione didattica di Debate formativo, che non ha alcun valore agonistico, ma permette allo studente di usare la struttura argomentativa come strumento di comunicazione trasversale di contenuti didattici. Le conoscenze disciplinari saranno utilizzate per rendere solida la ricerca documentale, che costituisce la basa strutturale della prova, dato che l’esame si svolgerà a coppie di studenti e in forma dialettica, all’interno di argomentazioni PRO e CONTRO su una Mozione data. La Mozione, comunicata agli studenti una quindicina di giorni prima dell’esame, sarà formulata dai docenti esaminatori e verterà su argomenti afferenti ai curricoli disciplinari e/o di educazione civica analizzati in classe durante l’anno.

Si tratta, dunque, di un modo innovativo di condurre l’esame di stato, in cui lo studente non deve solo assemblare contenuti e argomenti, ma scegliere quali contenuti e quali argomenti supportano la sua posizione (pro o contro) in rapporto alla Mozione. Si tratta della metodologia del Debate, adattata però ad una funzione non competitiva, ma solamente formativa. Ciascun allievo cercherà di convincere la commissione del livello di competenze acquisite lungo il triennio non attraverso la sola trasmissione di contenuti, ma utilizzando i contenuti come elemento cardine della loro rielaborazione cognitiva, che comunicherà tramite argomentazioni a sostegno o a confutazione di una tesi data.

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La seconda esperienza formativa coinvolge gran parte degli studenti di due Scuole secondarie di un Istituto comprensivo e si fonda su un processo formativo che tocca alcuni elementi del Debate e delle pratiche argomentative più collaudate come la Comunità di ricerca e il Public Speaking. Infatti, i moduli su cui si è sviluppato il percorso preparatorio hanno cercato di produrre un processo di apprendimento significativo, al fine di sviluppare un reale apprendimento cognitivo, con l’analisi e, quindi, lo sviluppo di diversi stili comunicativi dentro contesti plurali, con una base argomentativa preparata per cercare di coinvolgere chi ascolta. Il corso preparatorio è stato strutturato su tre cardini didattici:

 

  1. La Comunità di ricerca per un dialogo euristico tra pari (saper ascoltare, rielaborare un pensiero proprio su un testo dato, imparare a comunicarlo in modo corretto ed efficace).
  2. Saper comunicare in modo efficace: il Public Speaking.
  3. Saper tenere il focus in un colloquio rielaborando alcuni collegamenti interdisciplinari raccordandoli tra loro con i connettivi appropriati.

Gli esiti di queste nuove modalità di approccio al colloquio d’esame conclusivo del Primo ciclo dell’istruzione si potranno analizzare solo al termine dell’anno scolastico, ma fin d’ora si può indicare la metodologia formativa proposta, come esperienza vissuta con vero entusiasmo dai/dalle giovani studenti/studentesse che l’hanno scelta.
Le docenti formatrici esperte esterne sono state affiancate, in entrambe le azioni formative, da un docente tutor facente parte della commissione d’esame. Il tirocinio formativo ha visto alunni ed alunne sperimentare il passaggio dalla trasmissione di contenuti (propria delle interrogazioni, anche delle più problematizzanti) allo sviluppo argomentativo di una tesi, incentrata su un’area tematica di interesse. In questo modo alunni ed alunne si confronteranno con un compagno o una compagna che sta sostenendo le tesi opposte in una delle due scuole; mentre trasformeranno l’esposizione di contenuti in una tesi argomentativa nell’altra scuola. Non si tratta di un esercizio di retorica, ma dello sviluppo della competenza che permette di verificare un argomento da diversi punti di vista. In questo modo si forniscono agli studenti competenze che rendono attivo l’ascolto, che permettono anche nella fase adolescenziale di affrontare questioni complesse, che consentono di esporre le proprie ragioni e ascoltare quelle degli altri interlocutori, ma solo dopo aver analizzato attentamente la Mozione o l’argomento scelto non sull’onda di un’interlocuzione basata sull’improvvisazione emotiva, ma attraverso un approfondimento centrato sul lavoro preparatorio.

L’attività così progettata sposta le potenzialità argomentative da un indistinto luogo libero (in cui ognuno può dire quello che vuole) ad un esame di stato in cui la qualità della propria argomentazione viene valutata nella sua profondità, pertinenza, coerenza logica, anche nello scambio dialogico, dalla commissione d’esame. Si cerca di passare, in questo modo, dall’esposizione di una “tesina” o dall’illustrazione di un power point, ad una prova di dialettica argomentativa dentro una vera prova di realtà qual è l’esame di stato.

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Il colloquio d’esame si trasforma, dunque, in una vera prova esperta, dentro il campo reale dell’argomentazione, cogliendo in pieno il senso della nota ministeriale citata.
Il lavoro è ambizioso, ma collega formazione, innovazione e ricerca didattica al fine di sperimentare le potenzialità del Debate e del Dialogo euristico tra pari in Comunità di ricerca in una logica che sposta l’attenzione dello studente dalla comunicazione trasmissiva (propria della scuola) o istintiva (propria dei social) a quella del discorso connesso ad un’organizzazione preventiva del sapere argomentato da comunicare.

Collocare tutto questo in un esame di stato vuol dire cercare di costruire percorsi di senso dentro una preparazione scolastica che, comunque, attesta la fine di un importantissimo ciclo dell’istruzione.

  1. Docente e formatrice. Presidentessa dell’Accademia di Argomentazione e Debate del Friuli Venezia Giulia e della Sezione Friuli Venezia Giulia della Società Nazionale Debate Italia.



Linguaggio, dialogo e debate per far crescere una comunità di ricerca

Stefaneldi Annalisa Filipponi

 Il futuro non è mai stato così aperto e incerto e così condizionato dalle scelte individuali di ciascuno di noi.[1] Il contesto attuale prevede un forte richiamo alla responsabilità personale già nei bambini e nei ragazzi, in particolare richiede una loro inedita responsabilità sociale nelle relazioni, con un inevitabile superamento della prospettiva individualista ed autoreferenziale consueta nei decenni precedenti alla crisi economica prima, e a quella pandemica poi.

Le relazioni tra pari si sono frammentate e utilizzano sistemi comunicativi diversi, che si sviluppano attraverso nuovi linguaggi, in primis quello dell’immagine che scorre fluida e viene rapidamente sostituita da altre e diverse immagini. Le storie, che stabiliscono le relazioni e determinano la comunicazione peer to peer, raramente offrono il tempo alla rielaborazione delle forti emozioni che suscitano. Le dinamiche causa-effetto non stanno alla base di questa nuova narrazione e le visibili conseguenze nei nuovi legami amicali che si stringono- in particolare nella fase preadolescenziale ed adolescenziale- danno segnali preoccupanti. Le amicizie che si sviluppano nel mondo virtuale, possono essere vissute in modo intenso, ma appartengono a quel contesto e spesso non sono trasferibili ad un contesto altro. Soprattutto non sono automaticamente trasferibili dal contesto virtuale a quello reale.

Due persone che insieme vanno” come descriveva Omero un legame di amicizia, presuppone la condivisione di esperienze vissute nel mondo reale per crescere insieme ed imparare a tenersi per mano nei difficili sentieri del percorso di maturazione e crescita personale. Gli adolescenti di oggi stanno crescendo più soli, anche se supportati da molti like virtuali che spesso però mascherano un grande vuoto emotivo. I segni di disagio, conseguenti ad un contesto di crescita condizionato anche da isolamenti causati dall’emergenza sanitaria non ancora superata, sono molteplici e allarmanti.

Di conseguenza i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze vanno aiutati a ridefinire alcuni aspetti della loro identità individuale e sociale. Richiamerei qui una bellissima frase di Papa Francesco: “In una società che fatica a trovare punti di riferimento è necessario che i giovani trovino nella scuola un riferimento positivo” .

Una Proposta di didattica innovativa: il recupero del valore metacognitivo del linguaggio in contesto curricolare

“Dagli alberi cadono foglie gialle
Danzano con leggerezza
Sembrano foglie d’oro
Si posano per terra
Ed ecco non sono più nulla:
vengono calpestate come le mie opinioni.”
Laura, 9 anni

In un contesto classe tradizionale – sia esso in presenza o in virtuale – a scuola viene dato poco spazio alla comunicazione orale non finalizzata alla trasmissione di contenuti veicolati dagli insegnanti o dallo studio. A scuola non si dialoga tra pari in forma libera e viene dato poco reciproco ascolto alle riflessioni spontanee stimolate anche da contenuti o esperienze curricolari.

Non possiamo non tener conto del grande e inatteso cambiamento che ha travolto il sistema scolastico tradizionale dando una forte accelerazione ad una trasformazione digitale, da tutti ritenuta necessaria, ma che stentava a decollare nelle nostre scuole. Oggi la repentina trasformazione digitale ha modificato l’ambiente di apprendimento rendendo all’improvviso obsolete vecchie forme di controllo quali, ad esempio, il divieto dell’uso del cellulare in classe.[2] Si è resa così evidente l’urgenza di andare verso una nuova direzione in cui devono essere create innovative occasioni di apprendimento e di dialogo.

Ci si deve dunque interrogare sul perché della necessità di recuperare l’oralità nella dimensione scolastica.  Emergono- non solo nei discenti- sempre più evidenti incertezze nelle competenze trasversali quali: leggere, selezionare contenuti, individuare i collegamenti all’interno di un ragionamento e di un testo. Sono documentabili in ogni contesto comunicativo difficoltà nell’ascoltare, nel mettere in discussione i propri pensieri per crescere, nel trasformarsi, nel comunicare in modo autenticamente dialettico. Emergono, in contesto scolastico, incertezze crescenti nel sapersi esprimere – trovare occasioni e relazioni dialogiche – nel narrare un fatto, nel costruire un ragionamento collettivo, nel riferire un pensiero proprio o di un gruppo, senza ripetere solo un riassunto di contenuti trasmessi da altri. Dialogare, riferire i propri dubbi e i propri pensieri senza lo scopo di essere valutati è esperienza tanto rara, quanto potenzialmente preziosa. “Cosa ce ne facciamo dei ragazzi che prendono 10, 9, 8 a scuola quando non sono in grado di intervenire quando viene fatto del male ad un compagno? Quando hanno delle prestazioni eccezionali, ma non hanno strumenti per aiutare un loro amico e riconoscere un bisogno? così ha mirabilmente sintetizzato Piero Angela in una frase che è diventata virale.

Ritengo di fondamentale importanza recuperare la spontanea attitudine dei bambini e dei preadolescenti alla problematizzazione, a quei tanti preziosi perché dei più piccoli che sono tesi alla ricerca metacognitiva di un preciso significato lessicale e concettuale delle esperienze e del linguaggio stesso. E’ necessario occupare uno spazio didattico all’interno del quale sviluppare l’oralità attraverso la metodologia del Dialogo euristico peer to peer in Comunità di ricerca


Dalla Classe alla Comunità di ricerca

 Dentro questo quadro è fondamentale che ogni progetto abbia una sua chiara trasferibilità educativa e valoriale per la costruzione di un apprendimento significativo. La problematizzazione è una competenza profonda, che deve essere costruita con attenzione dal basso e non considerata come un requisito che uno studente acquisisce, quasi per caso, con la crescita. Il dialogo euristico peer to peer, che si sviluppa nel gruppo classe trasformato in una Comunità di ricerca, mette il pensiero al confronto con la complessità delle esperienze attraverso un metodo pedagogico e didattico (preciso) che punta alla formazione di un pensiero complesso e alla costruzione di un pensiero critico[3]. Nella classe intesa come Comunità di ricerca, i discenti riflettono sul pensiero, si allenano ad un reale ascolto attivo, esercitano alcuni processi complessi quali la dialettica argomentativa. Si sviluppa così un processo cognitivo in cui l’interazione tra l’ascolto attivo e la rielaborazione dinamica dei contenuti del proprio pensiero, permette l’acquisizione di abilità trasversali e il graduale sviluppo di un pensiero critico.

La trasversalità della metodologia

L’esperienza dell’attività correlata ad un Progetto didattico acquisisce una dimensione educativa/valoriale trasferibile in contesto altro (apprendimento significativo) se rielaborata attraverso il linguaggio in un gruppo classe trasformato in una Comunità di ricerca (capacità di ricercare, identificare, definire, valutare, organizzare, riutilizzare…) dove venga dato spazio al dialogo euristico peer to peer per la scoperta di nuovi significati e la rielaborazione, con il conseguente arricchimento, dei propri pensieri.

Nella scuola intesa come luogo di ascolto e di rispetto, l’insegnante ASCOLTA il pensiero di tutti i bambini/ragazzini non solo a scopo valutativo, ma perché ogni pensiero è degno di essere ascoltato e insegna qualcosa. Nella classe trasformata in Comunità di ricerca gli allievi ‘’si insegnano’’ tra loro e l’insegnante svolge il ruolo di coordinatore direzionale e non direttivo della discussione. Il Dialogo euristico[4] in Comunità di ricerca educa il pensiero al confronto con la complessità delle esperienze attraverso un metodo pedagogico e didattico (preciso) che punta: al recupero dell’intuizione spontanea (domande); allo sviluppo di competenze comunicative in forma dialogica e dialettica (domande/risposte/domande); alla formazione di un pensiero complesso con raccordi transdisciplinari; alla costruzione di un pensiero critico in una esperienza di ricerca fondata sul dialogo per favorire l’esperienza del pensiero attraverso l’uso del linguaggio.[5]

Obiettivo di questa esperienza non è la soluzione di problemi, ma la loro definizione (domande, curiosità intellettive etc.) tramite lo sviluppo e la ricerca di definizioni precise (recupero lessicale) come base di argomentazioni correlate tra loro da connettivi logico argomentativi che si sostanziano nell’esperienza stessa. L’ apprendimento funzionale diventa così un processo metacognitivo: non basta il fare, è necessario riflettere e rielaborare attraverso il linguaggio in una dimensione dialogica peer to peer– L’esperienza è una fase importante dello sviluppo dell’apprendimento significativo in quanto permette l’acquisizione di informazioni attraverso l’interazione sensibile con la realtà circostante. Leggere, ascoltare, osservare, intervenire, sperimentare, cooperare etc. sono tutte esperienze che sostanziano le fondamenta dello sviluppo di un pensiero dinamico in ogni età della vita. La fase successiva, che sviluppa l’attività cognitiva comprendente la costruzione di concetti e asserti, è la rielaborazione dell’esperienza attraverso il linguaggio. Ricordare, comprendere, applicare, analizzare, valutare, ideare etc. diventano i tasselli attraverso i quali gradualmente si costruisce un pensiero critico e dinamico. E in questo passaggio tra il fare e il rielaborare, si colloca l’esperienza del dialogo euristico tra pari in una Comunità di ricerca.

Dalla Comunità di ricerca al Debate

Favorire lo sviluppo del Debate all’interno delle Istituzioni Scolastiche, quale fondamentale momento di reale innovazione didattica curricolare e progettuale, rappresenta un importante passaggio verso il recupero dell’oralità nel contesto scolastico.[6] Una spinta in tal senso viene certamente dall’introduzione dell’Educazione civica in forma obbligatoria nella scuola italiana che ha aperto un largo dibattito e molta attività formativa nella scuola italiana su argomenti sostanziali e non formali. Il primo articolo della legge è estremamente significativo proprio in riferimento al pensiero argomentativo e ai suoi esiti pratici: “L’educazione civica contribuisce a formare cittadini responsabili e attivi e a promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità, nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri. L’educazione civica sviluppa nelle istituzioni scolastiche la conoscenza della Costituzione italiana e delle istituzioni dell’Unione europea per sostanziare, in particolare, la condivisione e la promozione dei principi di legalità, cittadinanza attiva e digitale, sostenibilità ambientale e diritto alla salute e al benessere della persona”. Come si può notare gli obiettivi della legge sono di tipo sostanziale e non formale e costituiscono un banco di prova importante per lo sviluppo delle competenze argomentative funzionali all’acquisizione di un corretto senso civico.

L’esperienza del Debate permette di veicolare in modo attivo e condiviso conoscenze disciplinari e interdisciplinari con modalità didattica innovativa e promuove in modo responsabile, ordinato e ragionato abilità di ricerca e analisi di contenuti utili ad un Dibattito attorno ad un tema dato (Topic o Mozione) Il Debate promuove inoltre l’ascolto attivo e il piacere di esprimersi oralmente in modo corretto e, per gli allievi più adulti, autonomamente documentato, permette anche di raccordarsi con le competenze trasversali di cittadinanza e con le competenze chiave europee (Competenza alfabetica funzionale, Competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare; Competenza sociale e civica in materia di cittadinanza; Competenza imprenditoriale; Competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali.)[7]

Nel contesto scolastico contemporaneo – anche precedentemente all’acuirsi delle problematiche conseguenti all’emergenza pandemica non ancora superata – sono evidenti e documentati[8] forti elementi di criticità, quali ad esempio la poca autostima di troppi studenti che, assieme ad una carenza di motivazione in una parte di loro, causano dati allarmanti di dispersione scolastica. Tutto il tema delle povertà educative collegato alle povertà materiali e sociali è esploso facendo emergere preoccupanti prospettive per il futuro.

In un percorso didattico curricolare, stretto tra condizionamenti derivanti da consuetudini programmatiche e didattiche non ancora superate e contesti classe sempre più complessi – ora fortemente condizionati anche da eventi esterni alla scuola – emerge inoltre la mancanza di occasioni per valorizzare gli studenti e le studentesse con talenti di livello eccellente che potrebbero emergere e trainare il contesto classe attraverso metodologie didattiche innovative e trasversali. Come scrivevo poco sopra l’Educazione civica apre uno spiraglio di possibilità anche perché ha acquisito la dignità di disciplina da valutare in forma trasversale.[9]

Il Debate inserito in forme graduali e diverse nel percorso didattico curricolare disciplinare o trasversale di ogni ordine di scuola, rappresenta un’importante opportunità per promuovere, attraverso il suo modello applicativo, la strutturazione di un pensiero dinamico derivante dallo sviluppo di capacità logiche ed argomentative arricchite da spontanee connessioni trasversali e interdisciplinari.[10] La ricerca documentale su cui si fonda la costruzione delle linee argomentative PRO e CONTRO di una Mozione data, promuove la comprensione storica e critica del proprio tempo attraverso la proposta di tematiche attinenti alla contemporaneità. Ne consegue la sedimentazione di atteggiamenti sociali positivi utili allo sviluppo dell’identità personale quali: curiosità, tensione positiva verso l’apprendimento, ascolto attivo, capacità di organizzare e comunicare un pensiero autonomo. La Mozione e la sua ricerca sono dunque un momento fondamentale e fondante per permettere uno sviluppo ordinato, chiaro e competente del dibattito. E’ fondamentale che la Mozione non entri in campi troppo delicati e divisivi, ma attraversi, con una definizione chiara e perfettamente comprensibile, il campo di ricerca, prima ancora di quello delle argomentazioni.

L’ attitudine alla problematizzazione e al pensiero complesso, derivanti da un’esperienza didattica motivante e strutturata quale c’è il Debate, offre un importante contributo all’innovazione metodologica disciplinare, interdisciplinare e trasversale, grazie al potenziamento delle capacità di comunicazione orali e scritte e all’apertura verso idee nuove tramite l’allenamento all’ascolto attivo e alla rielaborazione contenutistica. Risulta fondamentale per il recupero del co-protagonismo cognitivo, il potenziamento della motivazione del singolo tramite la collaborazione del lavoro in team e il nuovo approccio verso i nuclei fondanti disciplinari che diventano occasioni di arricchimento per lo studente e per il docente.  L’attenzione verso fonti documentali articolate, complesse e verificabili (non solo trasmissive) promuove infine la formazione di quella cittadinanza attiva e responsabile (esperenziale ed extraesperenziale) che fonda le basi di un processo di sviluppo del senso civico che diviene vero civismo spendibile in contesto altro

Un ponte tra la conversazione libera attorno ad un argomento e la gara di Debate , senza essere giudicati e dichiarati vincitori o perdenti

Prima di giungere al Debate-gara (che si sviluppa attorno a precisi indicatori, dai quali deriva una dichiarazione netta di vittoria o sconfitta degli oratori) ritengo che gli i discenti debbano allenarsi ad esprimersi oralmente, a dialogare in contesto non competitivo, per essere protagonisti dello sviluppo processuale di un pensiero dinamico pronto ad accogliere anche le sollecitazioni che giungono dai pensieri dei compagni.

Attraverso percorsi didattici appositamente predisposti, il/la docente potrà così condurre gradualmente il gruppo classe verso il Dibattito, dapprima inteso come libero confronto di idee, poi come dialogo semi-strutturato/strutturato con ruoli definiti, fino al Debate inteso come gara con regole precise da rispettare.

Questo passaggio-ponte tra il contesto scuola trasmissivo e il Debate – inteso solo come gara competitiva – è a mio avviso necessario per sviluppare negli studenti il piacere di esprimersi tramite il linguaggio orale e di dialogare in modo sereno, senza essere giudicati e dichiarati vincitori o perdenti.

[1]I due riferimenti principali che voglio indicare sono

Learning to become with the world: education for future survival (Imparare a cambiare con il mondo: educazione per una sopravvivenza futura), UNESCO, 2020. Scaricabile da https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000374032?1=null&queryId=N-EXPLORE-5e0571f5-9523-4e9a-8e25-a40a2cdd9e38. UNESCO per l’educazione, la scienza e la cultura

Learning to be: the world of education today and tomorrow (Imparare ad essere: il mondo dell’educazione di oggi e domani), UNESCO 1972. Scaricabile in https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000223222.

[2] Il concetto di BYOD (Bring You Our Device – Usa lo strumento di tua proprietà) è ormai entrato nel linguaggio comune, sia per essere inglobato nella curricolarità ordinaria, sia per esserne respinto. Non è cosa da poco che uno strumento linguistico così complicato sia entrato nel linguaggio comune.

[3] Una base solida per il Debate: apprendere in “Comunità di ricerca”, www.gessetticolorati.it, www.edscuola.it del 10 dicembre 2019. Il problema era stato affrontato in una ricerca universitaria di largo respiro. Educazione al pensiero complesso attraverso la Kinderphilosophie in una comunità di ricerca, Progetto BRI, in www.uniud/cird.it. 2001, ora in Ricerche nella pratica didattica per la formazione degli Insegnanti. Le quindici ricerche del progetto Borsa di Ricerca per insegnanti a Udine, a cura di Marisa Michelini, Forum, Editrice Universitaria Udinese, Udine 2003.

[4] Il dialogo euristico. Orientamenti operativi per una pedagogia dell’ascolto nella scuola, a cura di Laura Parigi e Franco Lorenzoni, Ricerche Indire, Carocci editore, Roma 2019.

[5] Ritengo fondamentale il rimando a Lev Semënovič Vygotskij e al suo socio costruttivismo. Benché il suo nome sia legato ad un altro momento storico, la teoria dell’apprendimento favorito dallo sviluppo prossimo mi sembra ancora attualissima. Molte anche le traduzioni italiane dei suoi scritti tra cui citerei Immaginazione e creatività nell’età infantile, Roma, Editori Riuniti, 2010, Il processo cognitivo, Torino, Boringhieri, 1980, La Teoria delle emozioni, Roma, L’Albatros 2015.

[6] Legge n° 92 del 20 agosto 2019: Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica. Questa legge ha reso obbligatoria l’educazione civica per almeno 33 ore annue per classe. L’Educazione civica ha una valutazione paritaria rispetto alle altre materie del curricolo.

[7] Un testo di riferimento è certamente Il Debate. Una metodologia per potenziare le competenze chiave, di Letizia Ciganotto, Elena Mosa, Silvia Panzavolta, Ricerche Indire, Carocci, Roma 2021

[8] I dati INVALSI in Italia e le ricerche internazionali annuali che appaiono nella pubblicazione dell’OCSE Education at a Glance sono molto significativi di una tendenza in atto molto preoccupante per una parte significativa della popolazione giovanile europea.

[9] La trasversalità dell’Educazione civica dal punto di vista didattico e da quello valutativo ha messo in evidenti difficoltà quei segmenti di scuola che hanno fatto del disciplinarismo spinto una ragione esistenziale.

[10] Il Debate si sta molto sviluppando in Italia con la duplice scansione di attività didattica spinta verso l’innovazione e l’argomentazione e attività di tipo “sportivo”. Si veda Una nuova Accademia di Debate in Friuli (a cura di Gian Paolo Terravecchia), La Ricerca, Loescher, 27 dicembre 2019 in cui, sollecitata da Gian Paolo Terravecchia, analizzo la questione del presidio culturale e territoriale del Debate. Rimando al sito : https://www.accademiadeadebatefvg.it/ in cui sono contenuti molti materiali didattici e culturali sul Debate sviluppato in funzione didattico-formativa, anche in funzione di possibili competizioni.




Una base solida per il Debate: apprendere in “Comunità di ricerca”

                                 matitadi Annalisa Filipponi

Il Debate è un confronto/scontro di opinioni tra due squadre che sostengono una tesi a favore e una contro un’affermazione data (definita Mozione o Topic).
Le regole della competizione sono specifiche e, tra i diversi modelli quello più diffuso è il WSDC (World SchoolS Debating Championships) [1] che è seguito anche dalle Olimpiadi nazionali di Debate che dal 2017 si svolgono anche in Italia.

Le molte esperienze di innovazione didattica che si stanno sviluppando nelle scuole, riconoscono nella tecnica del Debate una importante opportunità per una didattica che vuole essere più dinamica, attualizzata, attiva e motivante per allievi e docenti.

Il lavoro di un team degli studenti, il ruolo del docente/coach coordinatore esterno all’attività; una fondata ricerca documentale; la strutturazione e l’esposizione di una linea argomentativa chiara, corretta ed espressa con disinvoltura e precisione lessicale sono solo alcuni fra i molti aspetti che riconoscono nell’introduzione del Debate a scuola, una reale opportunità per una svolta rispetto alla didattica trasmissiva che ancora oggi è prassi comune nelle nostre aule.

Eppure il Debate desta in molti docenti fondate perplessità. Infatti in questa nuova esperienza didattica può accadere che la rigorosa struttura tecnica del format si sovrapponga alla comprensione dei contenuti o che vengano riportati dagli allievi con forza espressiva degli argomenti che in realtà possono essere poco corrispondenti ad un reale processo di conoscenza e comprensione dei temi in oggetto. Il formalismo strutturale della gara correlato ad affinate tecniche di public speaking, potrebbero risultare anche stonati in rapporto ai contenuti effettivamente esposti.
Tutti questi elementi di criticità potrebbero rendere fragile la portata di una reale innovazione didattica disciplinare ed interdisciplinare, introdotta con il Debate. [2]

Oltre il (solo) tecnicismo

E proprio riconoscendo questi elementi di criticità, riterrei importante rifondare una nuova, solida prospettiva per il Debate visto come una reale educazione verso una cittadinanza attiva e partecipata.

Il modello attraverso il quale riterrei utile introdurre il DEBATE a scuola come reale innovazione didattica, si fonda sul riconoscimento della necessità di educare il pensiero al confronto con la complessità delle esperienze in un mondo in cui il pensiero appare sempre più a rischio di riduzioni, di banalizzazioni.
Questo metodo, valorizzando contraddizioni, relazioni, complessità, tende alla formazione di un pensiero complesso, ed alla costruzione di un pensiero critico (ragionevole, diretto verso un obiettivo, valutativo). Il procedimento attraverso cui ritengo si possano raggiungere questi obiettivi è un procedimento di ricerca fondato sul dialogo, che favorisca le esperienze del pensiero attraverso l’uso del linguaggio (il riferimento teorico più diretto è relativo al socio-costruttivismo di Vygotskij, che ritiene il processo cognitivo determinato dai contesti socio-culturali di riferimento).

Interiorizzando il dialogo infatti non solo si riproducono le procedure cognitive ed i pensieri espressi dagli altri, ma si attivano meccanismi interindividuali di risposta a tali pensieri, assumendo il procedimento critico ed argomentativo che si produce a livello intersoggettivo come pensiero individuale.

Per ottenere tutto ciò la classe, organizzata con regole specifiche, finalizza il suo lavoro alla ricerca, trasformandosi in tal modo in una vera Comunità di ricerca, tesa allo sviluppo di nuovi percorsi nel ragionamento logico che sarà espresso in un evolversi dialettico di domande e risposte lontano dall’ambito della “chiacchiera”.

In questa Comunità di ricerca si attiva l’analisi dei materiali utili alla strutturazione delle linee argomentative per il DEBATE attraverso il dialogo peer to peer, problematizzando innanzitutto una situazione e spingendo il gruppo a trovare soluzioni.

Come già asseriva Socrate, anche la pedagogia contemporanea ritiene che non si possa apprendere attraverso la sola mnemonica esposizione. Gli studenti infatti imparano: proponendo problemi – discutendone – cercando soluzioni e imparando ad argomentarle.

L’obiettivo cognitivo diviene così non tanto la soluzione di problemi, quanto la loro ricerca. Nella Comunità di ricerca ognuno esprime con ordine il suo punto di vista e sta attento a quello degli altri ed attraverso la dialettica della ricerca si giunge alla costruzione di qualche cosa che è di tutti e dove ognuno riconosce il proprio contributo. Punto di partenza di questo processo didattico è la presa di coscienza della complessità del proprio io, e del riconoscimento di quello altrui. Riflettendo sul pensiero, gli studenti sono poi condotti a chiedersi il significato di alcuni processi quali: comunicare, apprendere, confrontarsi, rispettarsi.

Un ruolo diverso per l’insegnante

Nella Comunità di ricerca [3] così strutturata, necessariamente cambia la posizione dell’ insegnante che per conoscere ed entrare in questa metodologia deve accettare di mettersi in discussione come insegnante e deve avere un reale desiderio di farlo.
La scelta dell’ insegnante verso un’esperienza di reale innovazione didattica può essere dettata da molte e diverse motivazioni, che si intrecciano con l’indirizzo che ha preso la scuola italiana o con una personale analisi della professione docente. L’adesione alla ricerca didattica innovativa può prendere le mosse da diversi punti di vista, legati alla necessità di modificare la propria didattica, al tentativo di recuperare credibilità verso gli alunni, alla presa d’atto che la didattica trasmissiva non è più al passo con i tempi, all’avanzare di nuove e più complesse competenze di cittadinanza che non sono più attuabili con gli strumenti tradizionali della scuola.
E’ necessario iniziare con una ricognizione teorica per collocare i concetti di base di una metodologia didattica innovativa nel loro specifico ambito di riferimento.

L’insegnante e la classe

A questo punto si rende necessario fermarsi ad analizzare il contesto scolastico italiano attuale. In classe l’insegnante è sempre la persona che parla di più. E su questo non ci sono dubbi. Usa il silenzio o per richiamare l’attenzione o per rimproverare: chi ha esperienza di insegnamento sa che l’insegnante sta zitto se fa eseguire dei compiti in classe oppure se c’è troppa confusione si mette in silenzio per avere un atteggiamento di rimprovero. Tipico atteggiamento dell’insegnante e della funzione insegnante così come ancora oggi viene normalmente esercitata nelle scuole italiane, è quello di porre domande di cui conosce già la risposta. Un insegnante sollecita gli allievi e fa delle domande di cui conosce sempre le risposte. Si sente sicuro per questo.

Porre delle domande di cui si sa la risposta nelle relazioni normali non accade mai, non ci sono altri contesti in cui questo succede. Interloquire in questo modo può mettere molto a disagio l’interlocutore: faccio le domande e verifico se tu sai le risposte.

E la posizione dell’alunno in questa situazione di didattica trasmissiva?
Adattandosi al contesto, raramente egli pone domande conseguenti ad una spontanea curiosità intellettiva o domande contestualizzate che si riferiscono ad una sua precisa spontanea curiosità, questo soprattutto perché la gran parte degli argomenti trattati a scuola sono completamente avulsi rispetto ai suoi reali interessi.
L’alunno è facilmente distraibile e usa il silenzio in forma cooperativa con l’insegnante. Accetta cioè la richiesta di non disturbare, ma ha sempre molta poca autonomia di azione. Chi ha esperienza di scuola sa che l’autonomia dei ragazzi è un problema dei nostri giorni: ci sono sempre meno alunni autonomi e sempre più alunni che chiedono in maniera pressante: “E adesso cosa facciamo? E adesso cosa dobbiamo fare? Cosa devo esattamente studiare e per quando?

Agli studenti raramente viene concessa la possibilità di organizzare spazi di tempo in autonomia e dunque l’adattamento al contesto scolastico evolve in parallelo con una progressiva regressione ad uno stadio fanciullesco in cui il riempimento del tempo diventa una sorta di elemento preliminare spesso slegato dal contenuto di quel riempimento.

La principale conseguenza di queste posizioni speculari dei docenti e degli alunni è la modesta disposizione all’apprendimento come dimostrano le molte rilevazioni di organismi internazionali sui livelli degli apprendimenti nelle nostre scuole.
Esiti particolarmente allarmanti per quello che concerne gli ambiti attinenti al LINGUAGGIO.
Difficoltà di attenzione, modesto interesse, poca autonomia, scarsissima capacità di comprensione testuale… noi riassumiamo tutto questo dicendo che i nostri alunni stanno progressivamente “peggiorando”.

La progressiva regressione del linguaggio

I ragazzi e le ragazze del nostro tempo in alcuni settori possiedono abilità sorprendentemente più sviluppate degli adulti, ma dal punto di vista del linguaggio dimostrano delle difficoltà in quanto non sono abituati a parlare, a conversare, a dialogare e tanto meno ad argomentare il proprio pensiero [4].
Questo perché vivono in una società della comunicazione molto frammentata in cui si comunica prioritariamente per immagini o per slogan.
L’uso del linguaggio attualmente è poco esercitato in particolare dai giovani e questo ha pesanti ricadute nella formazione dei processi cognitivi, perché i processi cognitivi sono sempre collegati all’utilizzo del linguaggio.
Più si impediscono il linguaggio e la capacità argomentativa, più si abbassa il livello della comunicazione cognitiva. Gli studi attuali sull’apprendimento dicono che l’approccio educativo che ottiene migliori risultati in questo momento è il costruttivismo socio-culturale, ma in generale varie scuole di pensiero anche contrapposte sono concordi nell’indicare la didattica trasmissiva come quella meno adatta a produrre apprendimenti e competenze durature.

Un apprendimento significativo è andare in bicicletta o saper leggere o saper scrivere. Apprendimenti significativi sono quelli che mi danno delle competenze che acquisisco in forma stabile e che poi posso utilizzare nel contesto in cui mi troverò anche alla fine della lunga esperienza scolastica a cui ho dedicato una parte preziosa della mia infanzia e della mia giovinezza.

La grande responsabilità della scuola

Ritengo che l’esperienza scolastica costituisca un’occasione unica per la costruzione di un percorso di educazione e di cultura. La missione primaria del lavoro scolastico deve tendere alla costruzione di uno “stare insieme” corretto e partecipato. E’ in questo percorso di civilizzazione verso cui deve tendere il tempo scuola vissuto dagli studenti, che intendo l’inserimento dell’innovazione didattica attraverso un Debate che si fondi su solide basi di comprensione, conoscenza, trasmissione, rielaborazione, problematizzazione dei contenuti (oggetto delle gare) che struttureranno le linee argomentative PRO e CONTRO una mozione data. Scansando i rischi di un’esperienza che ricorda più un’esibizione sofistica di contenuti (né pienamente compresi, né condivisi) l’argomentazione del pensiero logico argomentativo in Comunità di ricerca vuole offrire agli studenti l’occasione di un riordino delle idee e delle conoscenze, tramite l’ordine lessicale e logico del linguaggio espositivo consapevole.

Dall’immaginazione all’intuizione al pensiero consapevole

All’inizio della ricerca documentale e della conversazione argomentativa, i pensieri possono rivelarsi anche attraverso immagini che via via si traducono in parole fino al raggiungimento di un processo di conoscenza partecipata e rielaborata.
Solo dopo aver acquisito, attraverso questi passaggi, la consapevolezza contenutistica, gli studenti, sempre cooperando in team, potranno strutturare l’ordine logico funzionale alla team line di una gara di Debate vissuto, a questo punto sì, come esperienza di ludica competizione.
Come il Teatro ha nella recita il punto culminante di un processo esperienziale ricco, articolato e complesso, così la competizione insita nella prassi del Debate, con il contributo arricchente del dialogo in Comunità di ricerca per una rielaborazione critica dei contenuti affrontati, avrà nella gara il punto di arrivo di una vera esperienza di conoscenza.

NOTE

[1] Il World SchoolS Debating Championships è nato nel 1988 in Australia. Sono state organizzate 28 edizioni organizzate per lo più da Paesi di lingua inglese.

[2] Su questi argomenti si può vedere anche un mio precedente contributo dal titolo Integrazione tra i contenuti disciplinari e l’innovazione didattica, pubblicato su questo stesso sito e su www.scuolaoggi.org il 22 novembre 2019. Rimando a quel mio intervento per alcuni approfondimenti su alcune tematiche che affronto anche in questo testo.

[3] Il concetto di Comunità di ricerca ha avuto un serio presidio dalla pratica didattica della Philosophy for Children (Matthew Lipman) e della Kinderphilosophie (Daniela Camhy).
Su questo rimando ad alcune mie pubblicazioni sull’argomento: Educazione al pensiero complesso attraverso la Kinderphilosophie in una comunità di ricerca, Progetto BRI, in www.uniud/cird.it. 2001, ora in Ricerche nella pratica didattica per la formazione degli Insegnanti. Le quindici ricerche del progetto Borsa di Ricerca per insegnanti a Udine, a cura di Marisa Michelini, Forum, Editrice Universitaria Udinese, Udine 2003; Il testo di partenza nella Kinderphilosophie. Una riflessione, in Fare filosofia con i bambini, Edizione, Libreria al Segno editrice, Pordenone 2004; Dalla Kinderphilosophie alla fisica, Edizione, Libreria al Segno editrice, Pordenone 2004; Filosofare con i bambini, in Bollettino C.R.I.F., Roma 2000; Per un’educazione al pensiero complesso, in www.filosofare.net 2001; E’ possibile ragionare sulla vita con i ragazzi di 13 e 14 anni, in Forum BRI, www.uniud/cird.it 2001.

[4] E’ impossibile rimanere insensibili ai dati che l’OCSA-PISA e l’INVALSI ci trasmettono con una precisa periodicità e che ribadiscono i problemi dei nostri studenti e della scuola italiana. Sul sito dell’Invalsi (www.invalsi.it) sono riportati i report sulle due valutazioni e in entrambi i casi sono maggiori i problemi evidenziati rispetto alle positività. La comprensione testuale sta alla base del Debate e dunque chi lavora su questa nuova procedura didattica deve tenere in debito conto quanto viene evidenziato dalle rilevazioni. Il discorso è complesso ed andrà approfondito in seguito, ma certamente le competenze chiave europee (nella nuova edizione del 2018) e l’Agenda 2030 dell’ONU impongono di spostare il focus dell’attenzione.




Integrazione tra i contenuti disciplinari e innovazione didattica

di matitaAnnalisa Filipponi[1]

Il cambiamento non è mai stato così veloce
e non sarà mai più così lento
(Graeme Wood, 2019)

Il paradigma della complessità, caratteristico della società contemporanea, richiede mutamenti ed adattamenti sempre più frequenti e repentini ed ha necessariamente imposto un ripensamento tuttora in corso, sia dal punto di vista organizzativo, sia dal punto di vista didattico.
Come descrive bene Giovanni Lo Storto[2] due saranno i modelli educativi prevalenti: l’ormai tradizionale lifelong learning (imparare nuovi saperi lungo tutto il corso della vita) e quello che possiamo chiamare life largelearning, che, usando le parole di Lo Storto in un passaggio del suo libro “Ero Studente”, possiamo definire in questo modo: “Life largelearning è altro. Non è più la sola determinazione temporale che conta, perché è oramai un dato di fatto che la formazione debba durare tutta la vita. (…) E’ un processo di istruzione e allo stesso modo di vita – ecco perché life – e conta al suo interno opportunità e abilità, conoscenza e umanità

Infatti, posto che si dovrà imparare sempre, è necessario “allargare la formazione, abbracciando ogni occasione di apprendimento che si presenta davanti a noi”. Sempre secondo Lo Storto nessuno è più “studente” in senso tradizionale, non si riceve più la conoscenza in forma diretta e trasmissiva dall’alto, siamo tutti “apprenditori permanenti”. Il life largelearning si realizza quando gli studenti imparano che, oltre allo studio, c’è tutto un mondo da conoscere, quando appare chiaro che continuare a formarsi “all’antica”, anche se in un’ottica multidisciplinare, escluderà da molte opportunità.

Il comfort delle certezze consolidate trasmesse da generazioni di docenti “legati a retaggi del passato che appesantiscono le aule di paura e di fantasmi inutili” nasconde un senso generale di non adeguatezza, che non sempre è facile percepire e da cui è comunque complicato uscire.

Agli antipodi del conformismo mentale, i nostri ragazzi devono imparare a “sporcarsi le mani” capendo che studiare è importante, ma scoprendo anche l’impulso dei loro specifici talenti, delle loro curiosità e dei loro interessi in un rinnovato “eroico furore”[3] culturale. Una formazione pronta a comprendere il cambiamento è ciò che ci permetterà di essere protagonisti del nostro futuro.

In passato la scuola e la formazione degli studenti richiedevano un processo lento, che corrispondeva ad un sistema scolastico da riformare con cautela. Questa lenta trasformazione, che probabilmente è stata funzionale ad un periodo della nostra storia, è giustificata dalla necessità, per lungo tempo percepita, di veicolare conoscenze e abilità utili soprattutto nel contesto scolastico. Tutto questo è rimasto inalterato per molto tempo in quanto i valori e le nozioni trasmesse erano durevoli e molto stabili.
Se però si continuasse per questa strada si finirebbe per chiudere le aule al futuro e questo non è più accettabile.

Come non sbagliare ?

Il rischio di banalizzare, frammentare, disperdere, distorcere i saperi che sono alla base della nostra cultura è alle porte e bisogna saperlo guardare in faccia e riconoscerlo. La preparazione dei nuovi docenti deve essere più articolata, complessa, accurata e costantemente aggiornata. E questa è una fatica che pochi sono disponibili ad affrontare perché non ne riconoscono ancora la portata in termini di urgenza socio culturale e di soddisfazione professionale e personale. La conoscenza e la cultura, a cui siamo stati formati, non vanno disperse, ma riaggiornate per essere nuovamente riconsolidate su basi mobili, elastiche, ma solide. Come i grattacieli di nuova generazione che sanno affrontare senza spezzarsi i terremoti nelle aree più sismiche del mondo.

L’insegnante deve conoscere molto chiaramente i binari entro i quali i contenuti della propria disciplina si articolano anche nella sua dimensione multidisciplinare. I nuclei fondanti disciplinari prevaricano qualsiasi tentativo solo formale di ingabbiarli in programmi, assi, materie. Essi sono una seria analisi epistemica, che si fonda su consolidati e riconosciuti paradigmi scientifici. Questo deve valere anche per i contenuti essenziali degli argomenti che il docente, con il contributo delle sue conoscenze specialistiche, si accinge a porgere (non a trasmettere !!!) ai suoi studenti. Anche i contenuti più semplici e apparentemente solo disciplinari devono mantenere nel contesto pluridisciplinare la loro valenza specifica: il passaggio dal disciplinare al pluridisciplinare deve avvenire attraverso un percorso chiaro e coerente di senso, che mantenga la profondità della disciplina e il suo rigore epistemico dentro un contesto più ampio.

Alla ricerca dei nuclei fondanti

Prima di intraprendere la strada di un qualsivoglia progetto di innovazione didattica, riconosciuto valido da una comunità scientifica di esperti del settore, il docente deve inserire lo studente all’interno delle sintesi concettuali essenziali e corrette dell’argomento che andrà a trattare. Se ad esempio si vogliono far dibattere[4] gli studenti in una comunità di ricerca[5] attorno al pensiero di Machiavelli, prima di scegliere un qualsivoglia argomento su cui dibattere deve essere chiarito dal docente il significato di amoralità del Principe nel pensiero del grande autore toscano, dove la moralità è collegata solo all’utile politico in rapporto all’efficacia e all’efficienza del Principe nello svolgere al meglio la sua funzione. Il nodo concettuale di Machiavelli è che il fine giustifica i mezzi. Solo una volta chiariti quali sono i nuclei fondanti espressi dal Machiavelli nel “Principe” e con la lettura di passi scelti dall’opera dell’autore, il docente potrà inserire il progetto di innovazione didattica (ad esempio discussione argomentativa in comunità di ricerca), che reputa più adatto per attualizzare e rendere più motivante e aggiornato l’approfondimento autonomo da parte degli studenti, l’arricchimento della prospettiva multisciplinare, l’utilizzo delle nuove tecnologie per approdare ad una conoscenza corretta dell’autore e delle sue tesi.

Così, raccordandosi con il rigore contenutistico, l’innovazione didattica riuscirà a condurci tutti – docenti e studenti – dentro un life largelearning che potrà mettere le sue radici in noi per il prosieguo del long lifelearning.

[1] Insegnante di scuola secondaria (primo e secondo ciclo) attualmente è Presidentessa dell’Accademia di Debate e Argomentazione del Friuli Venezia Giulia.
[2] Si vedano sia Le nuove vie dell’apprendimento, articolo apparso sul “Corriere della sera” del 21 novembre 2019, sia “Ero Studente. Il desiderio di prendere il largo”, Rubettino editore 2017.
[3] Il richiamo è ovviamente a Giordano Bruno, un po’ attualizzato.
[4] Mi riferisco più che ad un generico dibattito alla pratica del Debate entrata da non molto nelle scuole, che permette di assumere una posizione pro o contro lo stesso argomento, organizzato come mozione da discutere. La pratica di dibattito in questo caso è successiva alla costruzione di argomentazioni a supporto della mozione o in opposizione alla mozione stessa. Importante è sottolineare anche la funzione della ricerca documentale insita in questa nuova forma di didattica attiva, che permette allo studente di utilizzare l’argomento per sviluppare la sua curiosità dentro una comunità di ricerca che discute e porta all’attenzione di tutti i problemi e le possibili soluzioni.
[5] Il concetto di comunità di ricerca è molto ben sviluppato nella pratica della Kinderphilosophie o Philosophy for Children, dove il lato argomentativo e dialogico permette uno scambio di idee degli studenti tra loro, alla ricerca della costruzione di un pensiero critico complesso. Interessante notare come, per ora in Italia, il Debate sia sviluppato quasi solo nel secondo ciclo, mentre la Kinderphilosopie – che di fatto è un’espressione filosofica e non storico-filosofica – sia appannaggio del solo primo ciclo.