Breve storia dell'Italia, a partire dal '68

di Franco De Anna (per gentile concessione dell’autore e del sito www.ceredaclaudio.it ) Il ’68 di Scienze. Quale registro di comunicazione? Ho accolto con trepidazione l’invito ad aprire questa riunione del nostro ritrovarsi a quarant’anni di distanza. Quale registro dare alla comunicazione? Come sfuggire al doppio rischio comunicativo del registro del “reduce” oppure del “tutto politica”? Ma anche del solo ricordo personale (nulla è meno oggettivo della memoria…) o della lettura analitica politico-economico-sociologica, entrambi falsificabili ampiamente da chiunque ascolti, ma anche dallo stesso autore se appena si scosti dal “punto di vista” nel quale si ponga  contingentemente. Bisognerebbe dichiarare preliminarmente il proprio “posizionamento” per non fare di un intervento di apertura il bersaglio di ogni possibile successiva precisazione o polemica. Se, come hanno dichiarato i compagni che si sono impegnati nell’organizzazione di questo ritrovarsi, questa occasione potrebbe anche essere l’avvio per un lavoro successivo che mantenga aperto, se non altro, un canale di comunicazione, allora, nell’impostare questo intervento di apertura si può anche andare “sul leggero”, e lasciare a quel possibile ulteriore sviluppo il compito di approfondire ed esplorare tutte le pieghe di una storia che è anche l’intreccio di tante “storie”. Chiedo preventivamente scusa di tale “leggerezza” che mescola insieme registri diversi, e necessariamente non approfondisce nulla, lasciando solo delle tracce eventualmente da seguire.

Le passioni “tristi”

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Dice Valditara: promuovere i talenti per rilanciare l'economia. Ma funziona davvero così?

di Franco De Anna Le affermazioni del Ministro che tentano di connettere funzionalmente la “promozione dei talenti” nella formazione e nella scuola, con l’eguaglianza delle opportunità offerte ai soggetti in formazione e lo sviluppo economico territoriale (facciamo il “made in Italy”?), appaiono assai impegnative. Ma soprattutto legate da una più che discutibile “funzionalità” soprattutto se intesa in automatico. Al contrario suscitano necessità di “analisi differenziata”. Un impegno che non ha grande successo nella dinamica politica attuale. Provo a offrire qualche spunto proprio sul piano della “analisi differenziata” I talenti nella formazione Promuovere le capacità, attitudini, abilità, impegni dei soggetti in fase di formazione ed istruzione non può che richiedere un approccio di “valorizzazione soggettiva”. Fondato dunque sulla “diversità” dei soggetti stessi.  La “diversità” come valore L’impresa più difficile come sa chiunque si misuri (soprattutto ma non solo da docente professionista: vale anche per le famiglie) con l’azione e la ricerca formativa. Il rapporto e l’uso degli strumenti innovativi. Le scuole, gli insegnanti, le famiglie sono investiti oggi dalle sollecitazioni all’uso degli strumenti collegati alle nuove Tecnologie della Informazione e Comunicazione (le TIC), e alle applicazioni della AI. L’argomentazione in proposito non può che essere assai complessa e stratificata Continua a leggere

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Autonomia differenziata e equivoci culturali, politici, istituzionali

disegno di Matilde Gallo, anni 10[/caption] di Franco De Anna La questione della “autonomia differenziata” è oggi alla attenzione del dibattito politico, culturale, istituzionale, perché ha assunto il significato di una rivendicazione esplicita da parte di alcune Regioni italiane tra le più rilevanti sotto il profilo economico e sociale, che chiedono, sia pure con differenze significative, un ampliamento della devoluzione e una estensione delle loro titolarità rispetto alla ripartizione con lo Stato Una parte significativa della alleanza politica che supporta il Governo generato dall’ultima consultazione elettorale dei cittadini italiani, si batte, e da tempo, per la costruzione di prospettive e strumenti di autonomia differenziata da riconoscere alle Regioni italiane. La “rivendicazione” politica, è storica per il movimento della Lega e la sua ispirazione federalista (almeno nella versione “originale”), ma acquista oggi significati e valori che occorre reinterpretare e ricollocare nella attualità politico culturale, sociale, economica, profondamente diversa dal contesto nel quale fu inizialmente formulata. Basti ricordare che quella rivendicazione originale si inseriva nella “novità” costituita dall’intreccio tra Riforma Costituzionale (il Titolo V e in particolare art.117, il “nuovo” ruolo delle Regioni) e il processo della riforma della Pubblica Amministrazione rielaborata attraverso la cosiddetta “Legge Bassanini” (la Legge 59/97, con le sue successive “interpretazioni”, fino al 1999). (1) Il contesto politico, culturale, istituzionale dei primi anni “interpretativi” di quell’intreccio tra riforma PA e Riforma Costituzionale è oggi “strutturalmente” diverso, e dunque è necessario rielaborare diversi significati che acquista l’attuale confronto. O meglio “rileggere” i significati culturali, politici e istituzionali entro i processi “strutturali” che hanno modificato la “materialità” delle condizioni sociali, economiche, produttive, che stiamo attraversando. Continua a leggere

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MERITO, RESPONSABILITA' DEI FALLIMENTI E POVERTA' EDUCATIVA

di Franco De Anna Il dibattito/confronto che si è sviluppato sulla questione del “merito” (e della possibile temuta deriva “meritocratica”: non hanno medesima semantica …) in seguito al cambiamento del nome” del Ministero dell’Istruzione, mi pare carico di potenziali equivoci che, a mio parere occorre disciogliere. Sia per questioni di principio iscritte nel pensiero pedagogico, sia per ragioni immediatamente politiche. Equivoci che rischiano di sottrarre al confronto politico serrato la questione nodale: quali “programmi di politica scolastica” verranno messi all’ordine del giorno e posti in realizzazione oltre la suggestione della terminologia? E quali possibili alternative per opporvisi? Vorrei che, in merito alle responsabilità relative ai cattivi e diseguali risultati della scuola italiana, si assumesse un rigore ed una correttezza analitica capaci di togliere alimento ad ogni equivoco. (Troppo semplice, altrimenti, “dare la colpa” a questo Governo…) Il Sistema di Istruzione italiano ha una normativa relativa a problematiche di accoglienza ed integrazione tra le più avanzate a livello internazionale ed essa è parte costitutiva delle stesse Istituzioni. La ispirazione costituzionale dell’art. 34 nella essenzialità delle sue affermazioni è senza dubbio altrettanto chiara circa gli impegni fondamentali delle istituzioni pubbliche. Ciò che si opera concretamene a livello di “Sistema” per dare realizzazioni a tali ispirazioni conosce invece non solo fallimenti (gli errori accompagnano sempre la operatività concreta) ma spesso delle contraddizioni strutturali, culturali e istituzionali che rappresentano un vero e proprio “tradimento” di tali ispirazioni e impegni. Continua a leggere

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Il digitale nell'apprendimento

di Franco De Anna Una considerazione generale Se guardiamo alla Storia con lo sguardo della “lunga durata”, e dunque per transizioni e fasi di secoli, non possiamo non riscontrare una permanenza critica ad ogni passaggio che investa le forme della comunicazione, ed in particolare di quella destinata all’apprendimento e alle nuove generazioni. Si ricorda la critica e la diffidenza di Platone verso la “parola scritta” rispetto alla interazione dialogica diretta. Ma quanti secoli dovettero passare per misurarsi con la disponibilità diffusa della parola scritta attraverso il libro come strumento essenziale nella riproduzione della cultura, la cui diffusione di massa è legata alla invenzione della stampa? Anzi della tecnologia della stampa a caratteri mobili. Potremmo continuare gli esempi: ma ciò che conta è la consapevolezza che lo sviluppo delle ICT corrisponde ad un passaggio storico che ha portata simile a quelle transizioni citate, e dunque sfida radicalmente la nostra capacità di interpretare, decostruire, ricostruire significati connessi alla comunicazione sociale. D’altra parte, non mancano certo sensate elaborazioni e pensieri sui problemi che nascono dalla intersezione tra sviluppo delle ICT, formazione ed apprendimento. Non solo, anche se specialmente, per le nuove generazioni. Un pensiero preoccupato per tanti adulti e finanche pensionati hikikomori maturi. In questa elaborazione cercherò di esaminare tali processi per i riflessi che essi hanno sulla organizzazione della scuola, tenendo conto ovviamente delle diverse elaborazioni ed esperienze sviluppate in proposito in questi anni. (Mi preme sottolineare il riferimento al rapporto con l’“organizzazione” della scuola . I cambiamenti indotti dal digitale nei processi di apprendimento vanno proiettati sulla dimensione di “sistema organizzato della istruzione e dell’apprendimento”.) Continua a leggere

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Risorse per l’istruzione e lo sviluppo digitale: il quadro generale e il piano scuola 4.0

di  Franco De Anna Alle scuole stanno arrivando quantità significative di risorse economiche. La fonte principale (anche se non l’unica) è il processo/programma di digitalizzazione sostenuto dal PNRR. Si veda in proposito il “Piano Scuola 4.0”. Esso giunge a compimento e completamento di processi innovativi relativi alla digitalizzazione nella scuola che hanno comunque interessato il sistema a partire dal 2014 e con impulso significativo nel complesso attraversamento della emergenza COVID con la sviluppo della “Didattica a Distanza” e poi “Didattica Mista” (1) Il “Piano Scuola 4.0” legato espressamente e direttamente al PNRR, Missione 4 (Istruzione e ricerca) componente 1 ” Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione dagli asili nido alle università”, relativamente a processi di digitalizzazione dell’istruzione, prevede complessivamente 5 linee di intervento: Continua a leggere

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Lo specchio e la fotografia: a proposito di autovalutazione

di Franco De Anna La cultura sociale del nostro Paese è singolarmente percorsa da un costrutto di lutto e mancanza. Il Risorgimento è una “rivoluzione mancata”; la Vittoria è “mutilata”, la Resistenza è “tradita”; la Costituzione è “irrealizzata”… E’ un costrutto che in parte proviene da una (datata) riflessione storica, ma viene rielaborato nel senso comune dalla vulgata della riproduzione politica e dell’informazione. Non è questa la sede per approfondire, ma certo questo costrutto sembra proiettare l’intera collettività in una dimensione di irrealizzato che, scontando il riflesso del lutto e dell’abbandono della memoria dolorosa, consente alla cultura politica un paio (almeno) di abusati strumenti di comunicazione di massa. Il primo è il lusso di predicare come sempre nuove (di moda il termine “epocale”) ipotesi riformatrici in realtà già esplorate e di cui si tralascia sia la memoria, sia la necessità di valutarne rigorosamente i fallimenti e le loro ragioni. Ne viene favorito un opportunismo implicito, variamente interpretato, nei caratteri del “nuovismo”. Il secondo vantaggio politico di tale opportunistica elaborazione è che “tutti sono riformatori”; anzi, quale che sia il colore politico ciascuno proclama la propria autenticità e radicalità riformistica. In questo paese, sostanzialmente e prevalentemente conservatore, nessuno (pochissimi) dichiara di esserlo. Potremmo offrire a qualche lacaniano, che pare interessato alla scuola, il destro per una riflessione psicanalitica sul rapporto tra tale paradigma della mancanza e dell’irrealizzato, e il fatto che la psicologia collettiva del nostro Paese non abbia mai rielaborato la “patria” (il padre) ma la sua consistenza collettiva sia da “matria”. Il “collettivo nazionale” è in realtà “mai nato”. Un cordone ombelicale mai reciso. Una dannazione ed una salvezza congiuntamente, operanti nelle fasi più critiche della storia nazionale: ci aiutò ad uscire dalla “morte della patria” nel 1943; ci impedisce di costruire un assennato sistema di welfare di cittadinanza, “paterno e non materno” … Al precedente elenco dei lutti storici potremmo aggiungere (si parva licet…) l’Autonomia delle Istituzioni scolastiche che è congiuntamente normata da strumenti di legge (dalla 59/97 al Regolamento) e richiamata della Costituzione (titolo V, art. 117). Continua a leggere

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Signora mia, non c'è più la scuola di una volta: la ragione astuta del sociologo illustre (…e famiglia)

di Franco De Anna C’è una intuizione di fondo nelle argomentazioni utilizzate da Luca Ricolfi in una intervista rilasciata al Giornale sul libro da lui scritto insieme alla prof.ssa Paola Mastrocola (consorte). Nella sua formulazione “la scuola progressista” (quella del “tutti a scuola” … quella “promozionale” donmilaniana) è generatrice e di disuguaglianza sociale e di deterioramento culturale generale. Sollecitato dall’intervistatore enumera tutti di diversi tentativi di riforma scolastica, a partire dalla Media Unica con la scomparsa del Latino, come fonte del progressivo degrado Si tratta di affermazioni, sgradevoli per alcuni, ma che contengono una base di verità. Non scoperta da Ricolfi certamente, ma ben prima e da un molto autorevole protagonista. Ricordo un episodio primi anni ’70 (cruciali nella analisi “scientifica” di Ricolfi) Parlavo di scuola con un operaio siderurgico (allora facevo un altro mestiere), ed egli con anticipato acume rocolfmastrocoliano, battendo con forza il dorso di una mano sul palmo dell’altra, quasi a voler rappresentare fisicamente il concetto, mi diceva (mi scuso per il suo dialetto lombardo…) “pu sè slarga, pu sè sbasa” (più si allarga, più si abbassa). Intendeva dire (aveva fatto la vecchia scuola) che secondo lui vi era il rischio, con la scuola di massa, che accadesse ciò che accade su una incudine battendo il martello su un pezzo di ferro incandescente. Sotto le martellate si allarga certo il perimetro del pezzo. Ma se ne abbassa lo spessore. Insomma, Ricolfi ha copiato il concetto. Allora, per completare il ricordo di quella discussione di scuola con e tra operai metalmeccanici (i chimici, si sa, erano più “raffinati”), potrei ripetere a Ricolfi ciò che dissi a loro. Che avevano assolutamente ragione: il problema era non pensare sempre allo stesso “pezzo” che per allargarlo bisogna abbassarlo…e non pensare sempre allo stesso mezzo (incudine e martello). Una “vera riforma” avrebbe dovuto cambiare sia “mettendoci più materiale” sia cambiando gli attrezzi. La parte che Ricolfi tace è invece proprio questa: gli effetti che lui descrive sono dovuti al fatto che si siano voluti dare compiti e significati di crescita, promozione, emancipazione sociale, mantenendo in sostanza la struttura e lo strumento e il contenitore, semplicemente “forzandone” l’ingresso, l’uso e il perimetro, non con “riforme strutturali” ma con “manutenzione” più o meno adeguata (responsabilità anche di parte della cultura progressista). Naturalmente all’occhio “sociologico” ricolfmastrocoliano, è di scarsa rilevanza che il “compagno” siderurgico che affermava la sua stessa osservazione (…pu sè slarga….) abbia acquisito anche “la terza media” approfittando di una delle poche ipotesi di (potenziale) innovazione strutturale come le 150 ore.]]>

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Prove Invalsi nel secondo anno di pandemia: cosa ci dicono i risultati

di Franco De Anna Premessa doverosa Sono da sempre convinto della importanza delle rilevazioni annuali che INVALSI compie sui livelli di apprendimento nella nostra scuola, del valore essenziale di questo aspetto della Ricerca Educativa, delle modalità di restituzione all’intero sistema, e con articolazioni che nel tempo si sono andate via via approfondendo, dei risultati di tale ricerca in termini di strumenti preziosi di elaborazione diagnostica su diversi livelli. In primo luogo, come strumenti utili a supportare la “razionalità decisoria” relativa al sistema stesso innanzitutto in termini strategie di politiche dell’istruzione e di conseguenza della congruenza e dei risultati delle scelte operative ad esse legate. In secondo luogo, proprio per i caratteri delle articolazioni delle restituzioni di rilevazioni condotte sull’universo del sistema, come strumenti di possibile e analitico riscontro della stessa operatività molecolare a livello di scuola e di classe. Per tali ragioni di fondo sono sempre stato convinto della necessità di sviluppare attorno a tali aspetti essenziali della Ricerca Educativa il massimo di consapevolezza dei significati specifici degli indicatori e dei protocolli utilizzati, del valore sostanziale di strumenti per l’impegno analitico diagnostico dei dati rilevati, della necessità di accompagnare tale impegno analitico diagnostico a tutti i livelli del sistema, dai decisori agli interpreti professionali. Come sempre nella Ricerca e in particolare nella ricerca sociale: gli esiti non sono “certezze indiscutibili” ma strumenti per approfondire, verificare, ricombinare scelte operative. Tanto più se l’oggetto è un sistema sociale complesso e particolarmente articolato e pluridimensionale come la scuola. Continua a leggere

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Giancarlo Cerini, ispettore "analitico", sempre con appunti e scalette

di Franco De Anna Caro Giancarlo, Sto tentando disperatamente di uscire dal silenzio che da ieri sera mi blocca (la notizia me l’ha passata un comune amico poco dopo le 22.30), non solo per il dolore che sento, ma anche per la resistenza a cercare e trovare parole che lo descrivano sinceramente, capaci di disfarsi delle inevitabili funzioni “difensive” che la parola, come ogni altra “rappresentazione” finisce per assumere. Soprattutto nel lutto. Ho sempre declinato un certo imbarazzo nei nostri rapporti. Chi mi è più vicino sa che spesso quando mi descrivo in termini autoanalitici dico “io sono terroso”. Ecco l’interazione con te, sempre dedicata al contesto professionale, sia pure con tutta l’umanità possibile, mi confermava tale giudizio su me stesso. Ho sempre guardato, tra l’ammirazione e l’interrogazione stupita, alla tua capacità analitica, fino al particolare più dettagliato (qualcuno ha mai avuto l’occasione, seduto accanto al tavolo della medesima conferenza, di dare un’occhiata alle scalette dei suoi interventi, e ai suoi appunti?) mentre io ho sempre teso a “sgombrare il campo” e “potare”. Continua a leggere

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