I programmi del ’45 – Le indicazione metodologiche

di Franca Da Re 

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Le indicazioni metodologiche nei programmi della scuola elementare del 1945[1]

Nella Premessa dei Programmi, oltre alle finalità connesse alla formazione del cittadino nel nuovo Stato democratico, si insiste molto sulla necessità di mantenere unità nell’insegnamento, superando la partizione tra materie. Si raccomanda di valorizzare il lavoro di gruppo, la collaborazione tra scolari, l’apprendimento basato sull’esperienza, lo sviluppo delle capacità di autogoverno dei ragazzi, che comprende anche la possibilità che essi partecipino alla definizione delle attività da realizzare.

Non si prescrive ai maestri alcun metodo particolare; essi saranno liberi di utilizzare le tecniche e le strategie che più riterranno opportune, a patto di raggiungere le finalità educative prefissate. Al maestro si raccomanda di “intendere l’intima connessione esistente tra i problemi della cultura e quelli del lavoro”.

I Programmi determinano le materie di insegnamento: 1) Religione; 2) Educazione morale, civile e fisica; 3) Lavoro; 4) Lingua italiana; 5) Storia e geografia; 6) Aritmetica e geometria; 7) Scienze e igiene; 8) Disegno e bella scrittura; 9) Canto.
Non fissano, però un orario delle lezioni predeterminato, richiamandosi proprio all’unità di insegnamento, pur raccomandando ai maestri di formulare un accurato piano di lavoro:

“L’unità dell’insegnamento, che sta alla base di questi programmi e la necessità, da parte dell’insegnante, di svolgere la sua opera in rapporto alle reali condizioni della scolaresca e alle esigenze locali, non hanno consigliato la formulazione di un orario ufficiale delle lezioni. Ciò non toglie che l’insegnante debba seguire un piano di lavoro e formulare un orario settimanale e giornaliero delle lezioni stesse. Nella preparazione di tale piano, e sopratutto nelle inevitabili varianti suggerite dalle circostanze, gli alunni potranno esercitare il diritto d’iniziativa, che consiste nella libertà di proporre al maestro lo svolgimento di particolari argomenti o attività in rapporto a loro reali e sentite esigenze. Così ad esempio un gruppo di alunni potrà prospettare il desiderio di svolgere una determinata attività manuale o di organizzare una data ricerca, provocando in tal modo la revisione del piano di lavoro. (…)

Per quanto concerne le votazioni, l’Educazione morale, civile e fisica comprende anche la condotta. Non si assegnano voti di Lavoro, Storia e geografia, Scienze e igiene, Canto nelle prime due classi.”

Per quanto riguarda la Religione, ricordiamo che il carattere originariamente interconfessionale e laico del testo, più orientato all’educazione religiosa previsto dalla Commissione Alleata, fu rimaneggiato su pressione dei cattolici presenti nel Governo provvisorio. Il testo definitivo, pertanto, è ricondotto pienamente nell’alveo della confessione cattolica. I contenuti si riferiscono alle Scritture, alle preghiere più comuni, alla vita di Gesù e dei Santi, ai Sacramenti e alle Opere di misericordia, alle principali feste religiose e alle tradizioni agiografiche locali. Tuttavia, si raccomanda che:

“Nulla di pesante turbi la spiegazione delle parti dogmatiche del programma. La norma religiosa derivi da una spontanea adesione dello spirito ai principi del Vangelo e dall’evidenza dei rapporti fra tali principi e la legge morale e civile. L’insegnante può trarre argomento di educazione religiosa anche dalle altre materie del programma. Apposite figurazioni e soprattutto riproduzioni di capolavori d’arte sacra, possono giovare all’efficacia di questo insegnamento.”

Dell’educazione morale, civile e fisica si era detto in un precedente contributo.

A proposito della disciplina Lavoro, esso è distinto in tre tipologie: lavoro artigiano, lavoro agricolo, lavoro femminile. La finalità della disciplina è straordinariamente coerente con le previsioni che la nuova Costituzione conterrà a proposito del lavoro. Si afferma che è necessario che le nuove generazioni riconoscano nel lavoro la principale risorsa per l’economia e il mezzo più efficace per la rinascita nazionale. Solo con il lavoro, si dice, si possono stabilire saldi e pacifici rapporti di collaborazione tra i popoli. I lavori proposti ai ragazzi dovrebbero sempre rivestire carattere di utilità. I piccoli lavori di artigianato dovrebbero vertere su semplici sussidi, manufatti a supporto delle materie di studio, arnesi per il lavoro in classe. Il lavoro deve avere sempre valenza educativa: educare l’occhio, la mano, il gusto, l’immaginazione e nello stesso tempo la tensione a fare da sé. Nel lavoro, si dice, confluiscono tutti gli insegnamenti, specialmente quello del disegno, che permette l’ideazione e la progettazione di manufatti precisi. Quando il lavoro lo consente, si incoraggi la costituzione di cooperative tra ragazzi che attuino semplici forme di lavoro collettivo per squadre o per serie progressive. Il lavoro agricolo potrà essere attuato negli appezzamenti di terreno nelle pertinenze delle scuole e potrà essere di supporto anche allo studio delle scienze. La realizzazione di semplici esperimenti agricoli potrà aiutare i futuri piccoli coltivatori ad affrontare il lavoro su un piano più tecnico e razionale. Si potranno anche effettuare visite alle aziende agricole.

Il lavoro femminile dovrà contribuire alla formazione della donna, non solo per l’utilità alla vita domestica, ma anche per la sua funzione rasserenatrice, poiché, si dice, i lavori di cucito, di maglieria, di ricamo, inducono alla calma e richiedono cura e attenzione. La maestra non disdegni il rattoppo e il rammendo, utili all’economia domestica e tenga conto che principalmente alla donna è affidata l’economia della casa. Si evitino, comunque, le mostre dei lavori degli alunni. I manufatti dovranno avere utilità pratica e potranno essere destinati anche a scopi di assistenza sociale.

Con riferimento alla lingua italiana, si raccomanda di dare impulso all’apprendimento della lingua attraverso la lettura e la scrittura. Per l’apprendimento della lettoscrittura non viene prescritto un particolare metodo, ma si raccomanda di tenere sempre sotto controllo il progredire di tutti gli alunni, anche con l’organizzazione di gruppi omogenei, ma senza pretendere di livellare la classe.

Il primo periodo di scolarizzazione sia dedicato alla familiarizzazione con l’ambiente attraverso il disegno, giochi, canti, conversazioni. Le letture e le conversazioni serviranno anche ad introdurre il lavoro sulla lingua. Nel progredire del lavoro, si sconsiglia il dettato ortografico e la correzione collettiva. Il brano da scrivere sarà scelto possibilmente dall’alunno e avrà significato logico. La correzione dovrà privilegiare lo sforzo dell’alunno stesso a trovare l’errore e ad autocorreggerlo. La conversazione ordinata e corretta dovrà essere incoraggiata in tutte le classi, perché il tempo ad esso dedicato “è utilmente impiegato”. Si incoraggi la lettura e si dia molta cura alla biblioteca scolastica, con libri adatti all’età e buoni giornalini. Il prestito dei libri anche a casa, sia dato senza restrizioni, perché “è meglio vedere libri che per l’uso si sono sgualciti, piuttosto che una bella collana di volumetti immacolati e intonsi.” Il maestro dia esempio di buona lettura e abbia cura di educare all’espressività, correggendo false cadenze, enfasi, monotonia, sciatteria. La lettura e la scrittura serviranno anche allo sviluppo delle conoscenze grammaticali e sintattiche. Si raccomanda di non trattare la grammatica con apprendimenti mnemonici di classificazioni e con esercizi privi di significato, ma di reperire dal testo le corrette forme e di riflettere su di esso per evidenziare le strutture della frase e le parti del discorso. La composizione dovrebbe sempre avere senso e significato: una lettera familiare o di affari, una domanda di impiego, una relazione, telegrammi o fonogrammi, tutti scritti con chiarezza e precisione. Dal punto di vista dell’educazione sociale, sarà utile incoraggiare gli alunni a curare da soli la redazione e pubblicazione di un giornalino.

Per quanto riguarda la storia e la geografia, il testo dei programmi è chiaro nell’esplicitarne la finalità.

“La necessità di un’intima connessione tra l’insegnamento della storia e quello della geografia deriva, più che da un semplice e ormai riconosciuto legame di interdipendenza delle due discipline, da una loro profonda concomitanza di fini in rapporto alla vita civile e sociale. Infatti sia la storia che la geografia – quando la prima non si risolva in una cronologia di guerra e di vicende dinastiche, e la seconda in un’arida nomenclatura – mirano a seguire e a spiegare il cammino della civiltà, considerando la terra come la sede dell’uomo. Ne consegue che il maestro dovrà costantemente esaminare i fatti storici nella loro intima connessione con quelli geografici, illustrando al fanciullo, sia pure in forma intuitiva elementarissima, i rapporti del mondo umano con quello naturale. Riuscirà tuttavia vano ogni sforzo per liberare l’insegnamento della storia dal suo groviglio di guerre e di tirannie, di rivalità dinastiche e di sterili combinazioni politiche, se non supereremo, una volta per sempre, la passione nazionalistica che nel recente passato riuscì a sviare anche la geografia dall’obiettiva valutazione delle forze economiche mondiali con la concezione delle utopie autarchiche. L’insegnamento della storia e della geografia dovrà finalmente diventare un insegnamento morale dopo la tragica esperienza sofferta dall’umanità. (…)

È evidente che i motivi programmatici indicati vogliono anche essere un invito rivolto al maestro di rinnovare la propria preparazione storico-geografica nel senso sopra esposto, condizione necessaria questa perché’ l’insegnamento risulti attraente, vivo e veramente efficace per l’educazione morale e civile. Il maestro intelligente saprà, inoltre, fare uso di tutti quei sussidi che contribuiscono alla concretezza di tale insegnamento, come cartine storiche, carte geografiche e topografiche, plastici, illustrazioni e letture scelte, poesie di contenuto storico, visite a monumenti e musei, escursioni d’interesse storico-geografico, osservazione di oggetti caratteristici del passato, corrispondenza interscolastica, esame e valutazione dei fenomeni naturali in rapporto all’economia locale, ecc. Per la geografia, in particolare, si raccomanda l’uso costante della carta geografica, che l’alunno dovrà saper leggere con sicurezza. Ed è inutile aggiungere che anche per questi insegnamenti occorre far leva sull’iniziativa, la spontanea volontà di ricerca e di studio degli scolari.”

 Anche per quanto concerne l’Aritmetica e la Geometria, i Programmi sono attenti all’ aderenza della disciplina all’esperienza concreta e allo sviluppo dell’autonoma capacità di analisi e ragionamento dell’alunno. La matematica, pur con l’attenzione al rigore concettuale e metodologico, è vista come disciplina necessaria alla vita e alla soluzione di problemi e le sue strutture dovrebbero essere acquisite proprio a partire dalle situazioni e dai problemi stessi.

L’insegnamento dell’aritmetica e della geometria, principalmente nelle prime classi, deve tener nel dovuto conto le immagini e le intuizioni di grandezza, di numero, di forma e di distanza che animano e arricchiscono il mondo in cui il bambino si va formando. Contare le cose a giudicarle quantitativamente, rilevare linee e figure è per il bambino esercizio gradito, dal quale deve partire e a cui deve continuamente riferirsi il lavoro di scoperta che egli compie in collaborazione con il maestro e i condiscepoli, in forma libera e autonoma, nuova, varia, attuale, più conversando che scrivendo. Negli esercizi di calcolo, nello studio del sistema metrico, delle frazioni, della geometria, nell’acquisto delle cognizioni di computisteria, nella formazione e risoluzione dei problemi, è necessario che il maestro valorizzi al massimo le possibilità intuitive degli alunni.

(…) Così, ad esempio, le idee di spesa, ricavato, guadagno e dei rapporti relativi a quelle riguardanti l’entità di un lavoro, il numero delle persone ad esso adibite, il tempo necessario all’esecuzione e i rapporti tra tali dati, ben determinate che siano, costituiranno il mezzo sicuro per la risoluzione di ogni questione affine. Nella formulazione di problemi ed esercizi, lavoro da farsi anche questo possibilmente dagli scolari, gioverà utilizzare, correggendole se del caso, le conoscenze che i fanciulli hanno sui prezzi delle cose, sulle tariffe di trasporto, sui salari, sugli stipendi, sui compensi della mano d’opera, ecc., perché’ possa, anche così, stabilirsi una piena aderenza tra la scuola e la vita. Ciò che più importa, nella pratica dell’aritmetica, è di farne intuire il valore sociale, mettendo l’alunno in condizione di vivere reali situazioni di carattere economico, affinché’ possa padroneggiarle. Particolarmente indicate, per questo, sono le forme di cooperativismo scolastico.  Si avrà cura che l’enunciato dei problemi e degli esercizi sia chiaro, per evitare deviazioni ed errori nella risoluzione. Ogni problema venga prima risolto per intero mediante un processo atto a rivelare e formare le possibilità ragionative dello scolaro, il quale soltanto in un secondo momento passerà all’esecuzione delle operazioni. In ogni caso gli alunni saranno condotti a controllare le loro risposte, mediante tipi di domande logiche e progressive, che li inducano alla riflessione sulle soluzioni proposte. Solo così essi riusciranno a costruirsi un sistema coerente, a raggiungere cioè una tecnica aritmetica personale, nei limiti della loro esperienza. Per gli esercizi di numerazione e di calcolo intuitivo nelle prime classi, il buon senso ha ormai condannato il vecchio pallottoliere, come tipica espressione dei sussidi didattici preformati e usati fino alla noia, con scadimento di qualsiasi interesse. Il vario, il nuovo, l’occasionale e tutti i mezzi sussidiari che rispondono a questi requisiti saranno meglio indicati per i predetti esercizi, che possono pure giovarsi dei giochi, del disegno e del lavoro. Anche l’insegnamento del sistema metrico deve essere liberato dai formalismi del passato e dal peso degli interminabili esercizi scritti di riduzione. Oralmente, e sempre per le vie delle misurazioni pratiche, del giudizio e del ragionamento, si riuscirà meglio e più presto a chiarire i concetti di valore ed entità di ciascuna misura e dei rapporti corrispondenti.”

Particolarmente interessante, per contestualizzare la scuola nell’epoca, è il richiamo all’importanza della computisteria e alla tenuta di scritture contabili.

Scienze ed Igiene sono insegnamenti che particolarmente si prestano agli orientamenti dei programmi diretti alla valorizzazione dell’esperienza, all’apprendimento per scoperta e per ricerca e all’acquisizione del metodo scientifico e della capacità di pensare razionalmente, basandosi su dati.

“L’esercizio continuato all’osservazione attenta e alla riflessione, alle prove e agli esperimenti, induce ad essere cauti nelle ipotesi, prudenti nelle affermazioni, equilibrati nel giudizio, a ricercare con pazienza le cause dei fenomeni, a dedurre gli effetti, eliminando quelle forme di superficialità, leggerezza e faciloneria proprie non soltanto dell’età infantile. Occorre quindi che questo insegnamento non si riduca alle consuete classificazioni, alla enunciazione di leggi e di definizioni proprie di altre età e di gradi superiori di studio. Non ha importanza che il fanciullo sappia ripetere meccanicamente determinate nozioni; l’essenziale è che egli vi pervenga attraverso uno sforzo e un contributo personale di ricerca, stimolato da un desiderio di sapere e di ordinare meglio e chiarire le proprie intuizioni.”

Soprattutto dalla classe terza, l’insegnamento si baserà su esperimenti, ricerche, osservazioni sistematiche, escursioni, tenuta di quaderni di campagna, raccolta e classificazione di reperti. Anche per le scienze, si richiama l’importanza delle esperienze di lavori agrari, attraverso le visite alle fattorie e la tenuta dell’orto scolastico.

Molta attenzione è dedicata alle norme di igiene personale e all’educazione a stili di vita sani. Particolare attenzione si riserva alla riflessione sull’igiene e la sicurezza sul lavoro e quindi alla prevenzione di infortuni durante le attività di movimento e di lavoro. Il maestro curerà anche l’esplorazione degli ambienti, proprio alla ricerca di possibili fonti di pericolo e relativi comportamenti di prevenzione. Particolarmente interessante l’indicazione di tenere un quaderno della salute dove gli alunni potranno realizzare questionari e annotare le osservazioni relative all’esplorazione degli ambienti. Infine, i Programmi richiamano all’importanza di sviluppare negli alunni il metodo scientifico e della ricerca.

A Disegno e bella scrittura è riservata un’attenzione non meno importante che agli altri insegnamenti. Si raccomanda ai maestri di curare particolarmente la precisione, accuratezza, chiarezza della scrittura. Attraverso l’esercizio della calligrafia, si eserciteranno anche l’autocontrollo, l’ordine, la pulizia, il senso estetico.

Il disegno partirà nei primi anni dall’espressione libera, via via affinata nella cura delle forme e dei colori, per passare poi al disegno dal vero su soggetti scelti dallo scolaro. Il maestro affinerà le espressioni artistiche dei ragazzi insegnando a correggere le storture, ad usare la prospettiva, come ottenere scorci, gamme di scolori realizzare figure in movimento… Non ci saranno lezioni formali, ma sarà la stessa opera degli alunni la fonte dei progressivi insegnamenti. Il disegno sarà di supporto ai diversi insegnamenti, dalle raffigurazioni utili in storia, ai disegni per le scienze, alla redazione di carte in geografia, di schemi e rappresentazioni di quantità in matematica, al disegno tecnico nel lavoro.

Il Canto, come libera espressione del bambino, sarà progressivamente educato attraverso il canto corale, fino a diventare espressione artistica. Il canto corale verrà esercitato con la riproduzione di canti tradizionali, religiosi, patriottici e di opere dei grandi musicisti. Il canto “educa il sentimento sociale, affratellando gli animi attraverso una forma collettiva d’espressione artistica.”

Particolarmente interessante è l’Allegato B ai Programmi, che detta prescrizioni su come dovrebbero essere organizzati i libri di lettura e i sussidiari.
Anche in questo caso, il richiamo è sempre a realizzare opere accattivanti nei colori e nelle immagini, ad evitare aride classificazioni e invece privilegiare buoni brani di lettura, scritti in buona lingua e che stimolino la riflessione, contribuendo all’educazione morale e civile.

“I sussidiari, quindi, allontanandosi dai sistemi prevalenti del passato, dovranno offrire larga copia di spunti all’iniziativa dello scolaro, di stimoli al suo lavoro di ricerca e problemi pratici perle esercitazioni individuali e per gruppi, a scuola e più ancora a casa. L’ordine e la gradazione con cui onesti motivi, esercizi, quesiti e problemi saranno presentati nel volume, corrisponderà logicamente alla progressione delle relative conoscenze e abilità pratiche. Alle regole e alle definizioni il fanciullo dovrà naturalmente pervenire, attraverso un processo personale e con l’aiuto dell’insegnante, per un bisogno di chiarificazione e di sistemazione del sapere. È inutile aggiungere che, come le singole materie non debbono procedere isolate nell’insegnamento, così nei sussidiari la trattazione esercitativa di ogni singola disciplina deve richiamarsi alle cognizioni relative alle altre. “

In conclusione, pur dovendoli contestualizzare nel periodo, i Programmi del 1945 raccolgono le più avanzate istanze pedagogiche che anche nei decenni successivi animeranno i dibattiti nelle comunità professionali.
I successivi Programmi del 1955 rappresenteranno, a parere di chi scrive, un ritorno indietro rispetto all’idea di alunno, di apprendimento, di metodologia. Soprattutto su pressione delle istanze cattoliche, l’insegnamento religioso viene considerato come   fondamento   e coronamento di tutta l’opera educativa. Scompariranno le tensioni all’apprendimento cooperativo, all’autogoverno, l’imparare facendo si mantiene presente, ma molto sfumato. L’attenzione viene riportata prevalentemente all’individualità del fanciullo, sfumando notevolmente i richiami alla funzione della scuola per la formazione del cittadino alla vita democratica, così presente nei Programmi del 1945.

[1] Programmi della scuola elementare, 1945, in: https://www.gazzettaufficiale.it/atto/vediMenuHTML?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1945-08-21&atto.codiceRedazionale=045U0459&tipoSerie=serie_generale&tipoVigenza=originario

 

 




I programmi del ’45: 80 anni (o quasi) ma sono modernissimi!

di Franca Da Re

Il 24 maggio 1945, con decreto n. 459 del Luogotenente del Regno, Umberto II di Savoia, furono emanati i primi Programmi per le scuole elementari e materne successivi all’era fascista e alla guerra. L’Italia non era ancora una Repubblica e non aveva una Costituzione democratica, tuttavia il Governo Provvisorio di allora, insediatosi dopo la liberazione di Roma, formato da tutte le componenti del CLN e presieduto da Bonomi, con Ministro dell’Istruzione il liberale Vincenzo Arangio Ruiz, emanò, insieme a molti altri importanti provvedimenti, i nuovi Programmi per la scuola elementare e materna[1].

Tali programmi erano stati redatti con la collaborazione del Comando Alleato e infatti la Commissione incaricata era diretta dal colonnello Carlton Washburne, eminente pedagogista allievo di John Dewey e ideatore dell’esperimento pedagogico condotto a partire dagli anni ’20 nelle scuole di Winnetka, un sobborgo di Chicago dove egli era Sovrintendente.

Nella Commissione lavorarono anche pedagogisti italiani, tra i quali Gino Ferretti. La Commissione Alleata aveva già operato nei territori del Sud liberati allo scopo di defascistizzare la scuola e le sue pratiche e i libri di testo.

L’impostazione generale dei Programmi è ispirata ai principi dell’attivismo pedagogico e attenta all’educazione civile, allo scopo di educare alla democrazia i giovani cittadini nel nuovo Stato. La Commissione aveva licenziato un testo dove l’educazione civile era preminente rispetto all’educazione religiosa che aveva peraltro una valenza pluriconfessionale, ma l’opposizione dei cattolici determinò un testo definitivo di compromesso dove l’educazione religiosa rientrava nell’alveo cattolico e dove anche gli indirizzi metodologici assunsero un carattere più moderato.

Ciò nonostante, il testo dei Programmi del 1945 ci restituisce passaggi di una impressionante attualità, con suggestioni che possono validamente orientare anche anche oggi le pratiche didattiche nelle nostre scuole.

In questo primo contributo esamineremo la Premessa e la parte dedicata all’Educazione morale e civile, ricavandone i suggerimenti utili per l’attualità.

In un contributo successivo riserveremo attenzione alle indicazioni metodologiche nei diversi insegnamenti e alle indicazioni per la redazione dei libri di testo, contenute in uno degli Allegati al Decreto luogotenenziale.

La Premessa e le finalità della scuola

“I programmi che seguono sono sorti dalla necessità, vivamente sentita, di mettere la scuola elementare italiana nelle condizioni più favorevoli perché possa contribuire alla rinascita della vita nazionale, assumendo la sua parte di responsabilità nell’educazione della fanciullezza. Condizione essenziale di tale rinascita è la formazione di una coscienza operante, che associ finalmente le forze della cultura a quelle del lavoro in modo che la cultura non si risolva in sterile apprendimento di nozioni e il lavoro non sia soltanto inconsapevole espressione di forza fisica. (…)
La scuola elementare, pertanto, non dovrà limitarsi a combattere solo l’analfabetismo strumentale, mentre assai più pernicioso è l’analfabetismo spirituale che si manifesta come immaturità civile, impreparazione alla vita politica, empirismo nel campo del lavoro, insensibilità verso i problemi sociali in genere. Essa ha il compito di combattere anche questa grave forma d’ignoranza, educando nel fanciullo, l’uomo e il cittadino.”

Dopo avere auspicato che nella scuola elementare si instaurino sentimenti di viva fraternità umana che superino “l’angusto limite dei nazionalismi” e si concretizzino in serena volontà “di lavorare e di servire il Paese con onestà di propositi”, la Premessa ricorda che tali finalità trovano riferimento in tutte le discipline insegnate, in particolare nella religione, nell’educazione morale, civile e fisica, nella storia e geografia. Il successivo passaggio è particolarmente interessante e attuale, poiché tratta l’unitarietà dell’insegnamento e la necessità di superare la partizione delle materie.

“È da rilevare che con l’educazione morale e civile si mira, più che a una precettistica di vecchia maniera, alla formazione del carattere, con un avveduto esercizio della libertà nella pratica dell’autogoverno. A tal fine è premessa indispensabile l’unità d’insegnamento. La stessa costituzione delle singole materie è sorta da questa esigenza unitaria e dalla critica all’indirizzo dispersivo delle precedenti partizioni, che favorivano un insegnamento frammentario e slegato. Così l’educazione morale e civile, ricostituita come disciplina vera e propria, attira nella sua orbita, non senza significato, la educazione fisica; il lavoro assume valore di attività  sociale; l’insegnamento della lingua italiana si ricostituisce in logica unità; la storia e la geografia si svolgono su di un piano di più concreti rapporti tra l’ambiente e l’uomo; le scienze richiamano nel loro preciso ambito i capitoli dispersi qua e là nelle nozioni varie, che erano l’espressione più patente della trita cultura elementare. Queste materie non debbono essere considerate distinte l’una dall’altra; esse costituiscono un tutto unitario e armonico che si fonde nella coscienza dell’alunno.”

Non solo in questo passaggio si richiama alla necessità di impartire un insegnamento che veda l’integrazione delle diverse discipline per l’analisi della realtà, ma si rammenta anche che ogni insegnamento contribuisce all’educazione morale e civile e tutti insieme contribuiscono alla formazione della persona e del cittadino. L’integrazione dei punti divista disciplinari nell’analisi della realtà fornisce evidentemente gli strumenti perché il giovane sviluppi la capacità di “esercizio della libertà nella pratica dell’autogoverno”.

Tali esortazioni sono tanto attuali quanto scarsamente praticate: la frammentazione disciplinare, solitamente appannaggio della scuola secondaria, sta rapidamente contagiando anche la scuola primaria; gli insegnamenti molto spesso riguardano i contenuti, le teorie, talvolta, non sempre, i metodi, ma non sempre viene evidenziato l’aspetto civico che ogni sapere contiene, ovvero la responsabilità che ciascuno di noi ha nell’utilizzare i saperi per il bene comune e non contro di esso. Autonomia e responsabilità nell’agire conoscenze, abilità, capacità personali e metodologiche sono ciò che caratterizza l’agire della persona competente. Per questo sono necessari spirito critico, capacità di gestire pensiero complesso e tensione etica. Aiutare gli alunni a sviluppare tali dimensioni è ciò che connota educativamente l’insegnamento, distinguendolo dall’addestramento.

La Premessa si occupa anche del profilo del maestro:
“Per l’attuazione di questo piano educativo, che mira soprattutto a preparare il fanciullo alla vita civile, non è quindi sufficiente all’insegnante la sola cultura umanistica, su cui si è fatto finora quasi esclusivo assegnamento per la sua preparazione professionale. Necessita all’educatore un alto senso di responsabilità sociale che l’induca, nella scuola e fuori, ad essere maestro di vita, esempio di probità in ogni sua manifestazione. Solo così egli potrà intendere l’invito, che gli viene da questi programmi, di considerare l’insegnamento come una missione di civiltà. Avrà pure bisogno -sia detto ben chiaro – di una tecnica educativa, cioè di un metodo didattico che dovrà sempre perfezionare, sia meditando sul proprio insegnamento e sui risultati ottenuti, sia partecipando con attivo interesse al movimento pedagogico italiano e straniero.”

L’educazione morale, civile e fisica

“È noto che i soli precetti, le conversazioni e le letture non bastano a formare la volontà morale, perché se possono indicare lavia migliore da seguire, restano pur sempre nel campo dell’astrazione. Ha somma importanza, invece, l’esercizio costante e illuminato della azione, guidata dall’esempio vivente del maestro.
La scuola, ordinata secondo il sistema razionale della libertà disciplinata, deve svegliare nei fanciulli il senso individuale della responsabilità e destare in essi il bisogno dell’ordine, del rispetto, dell’aiuto reciproco (…)”

Per lo sviluppo dell’educazione morale e civile è quindi necessario che gli alunni siano attivamente coinvolti nell’attività della scuola, che possano partecipare alla definizione delle attività da affrontare, nella formazione delle decisioni, anche attraverso forse di referendum e di votazione.

Gli alunni dovranno assumersi responsabilità nella gestione della classe e della scuola attraverso lavori di pulizia, di riordino, di piccola manutenzione, di gestione quotidiana e discuterne collettivamente regole e modalità. Il maestro avrà il compito di incoraggiare la discussione e di orientarla. Così l’alunno potrà affinare il senso del giusto e dell’ingiusto e svilupperà senso etico e si renderà “sensibile al valore delle proprie azioni, viste nel quadro degli interessi generali del suo gruppo”. L’alunno sarà guidato ad osservare le forme di vita associata nella sua comunità e così, accanto al costante esercizio dell’autogoverno e della concertazione all’interno della scuola, egli, nel tempo, desumerà “la necessità delle leggi e delle istituzioni che nello Stato tutelano la libertà di ciascuno e di tutti, rendendo così possibile la civile convivenza”.

All’educazione morale e civile contribuisce direttamente l’educazione fisica, attraverso la disciplina del corpo e dei suoi movimenti e l’esercizio delle regole nei giochi di squadra. Nei giochi gli allievi svilupperanno comportamenti di salvaguardia della salute e impareranno i valori della lealtà, del rispetto reciproco, della solidarietà, sperimentando, nel contempo, i propri limiti ed esercitando costantemente la responsabilità. L’educazione civica contribuirà a costruire la socialità e il cameratismo. Il maestro cercherà di attenuare l’esasperato spirito agonistico che potrebbe minacciare gli equilibri del gruppo e scoraggerà in tutti i modi “ogni forma di quel caporalismo che tanto ha mortificato lo spirito della giovinezza nel recente passato”.

In conclusione, nei programmi del 1945 troviamo richiami diretti alla formazione di cittadini tesi al bene comune, alla solidarietà, alla convivenza democratica.

L’unitarietà dell’insegnamento, con il superamento delle partizioni disciplinari è vista come misura imprescindibile per perseguire gli obiettivi dello sviluppo della coscienza morale, civile, etica e dello spirito critico. Tutti gli insegnamenti devono concorrere a queste finalità educando gli alunni alla responsabilità nel proprio agire.

La vita scolastica dovrebbe essere regolata attraverso l’autogoverno, la diretta partecipazione degli allievi, i quali si assumeranno responsabilità nella gestione delle attività quotidiane e nelle scelte di lavoro. Dovrebbero essere costantemente incoraggiate la discussione e l’assunzione di decisioni attraverso meccanismi condivisi e democratici.

Crediamo che le indicazioni dei programmi del 1945 siano ampiamente condivisibili tutt’oggi e siano coerenti con le Indicazioni Nazionali e le Linee Guida. Con animo sereno dovremmo però anche chiederci in quale misura nelle nostre scuole, all’alba del 2024, tali costumi didattici e relazionali siano diffusi, praticati e incoraggiati.

[1] Programmi della scuola elementare, 1945, in: https://www.gazzettaufficiale.it/atto/vediMenuHTML?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1945-08-21&atto.codiceRedazionale=045U0459&tipoSerie=serie_generale&tipoVigenza=originario