Il danno scolastico. Appunti per una possibile recensione
Ho finito Il danno scolastico di Ricolfi e Mastrocola. Confermo quanto detto dopo le prime pagine: trasuda disprezzo per chiunque non sia simile agli autori (per percorso di vita, letture, frequentazioni…) e per chi ha provato, fallendo come dirò sotto, a costruire una scuola veramente democratica negli ultimi sessant’anni (dalla scuola media unica in poi, per darsi un riferimento temporale).
Inoltre (e questa è la cosa più grave di tutte) si auto definisce ‘ricerca’, ma di scientifico non ha nulla. È un libro difficile, ma per confutare (scientificamente) i dati buttati lì a caso e spacciati per ricerca si veda ‘Equità e merito nella scuola’ recentemente pubblicato per Franco Angeli da Benadusi e Giancola.
Insomma, un pessimo libro – Il danno scolastico – che spero verrà dimenticato presto.
Ciò detto, leggendo alcune reazioni nella mia bolla, mi vedo costretto a dire una cosa impopolare: la toppa che propongono è peggiore del buco che descrivono, ma alcuni dei loro critici (soprattutto se ‘interni’ alla scuola) negano l’esistenza stessa del buco, che invece non solo esiste, ma è una voragine.
La risposta ai problemi della scuola non può essere quella di Mastrocola e Ricolfi, ma nemmeno la negazione del fatto che la scuola ha molti problemi è una risposta. Il principale? Abbiamo realizzato in cinquant’anni la scuola di massa (oggi si iscrive ahttps://www.amazon.it/Liberare-scuola-M-Campione/dp/8815284419/lle superiori la quasi totalità dei quattordicenni, solo trent’anni fa era il 70%, cinquant’anni fa il 50%), ma non riusciamo a ancora a renderla pienamente democratica, appunto (ogni riferimento a abbandoni, ripetenze e dispersione implicita non è casuale). Anche qui un rimando, che è quello all’introduzione che Berlinguer ha scritto per il libro che ho curato, Liberare la scuola.
I problemi della scuola sono questi, non quelli che molti detrattori del volume di Mastrocola e Ricolfi accampano. In questo sono anche io in sintonia con Roberto Maragliano, per come ne riporta il pensiero Vanessa Roghi in un pezzo (molto condivisibile) scritto a quattro mani con Raimo per Minima et moralia: “questo libro dà voce alla parte più oscura dell’inconscio scolastico, alla frustrazione senza ragionamento che colpisce chi, da sempre, si sente svalutato, messo in discussione socialmente, bistrattato e come lo fa? prendendola con le riforme, attribuendo a un elemento esterno le ragioni del proprio fallimento didattico”.
Aggiungo però che questo sentimento è presente non solo in chi, nella scuola, concorda più o meno in silenzio con le tesi reazionarie di Mastrocola e Ricolfi.
È anche in molti di quelli che li criticano. Ma che te frega? L’importante è che non concordino con loro. Me ne frega perché questo ambito è uno di quelli dove non vale la regola che basta che il gatto acchiappi il topo.
Trovo, in sintesi, che le tesi del libro e quelle di un certo tipo di detrattori siano in qualche modo speculari: la responsabilità per i problemi della scuola sono per entrambi di tutti e tutto tranne che per responsabilità della scuola stessa (il legislatore, lo spirito del tempo, la scuola democratica per Mastrocola e Ricolfi; il legislatore, lo stipendio basso, l’efficientismo tecnocratico, per gli altri).
E mentre i due gruppi continuano a darsele di santa ragione incolpando il mondo intero tranne loro stessi del fallimento (scolastico) di Martina, Martina subisce le conseguenze dei loro fallimenti (professionali).