Quando Mario Lodi e Bruno Ciari si incontrarono

Nel collage (in alto: Massimo Bondioli, Donatella Merlo, Enrico Bottero; in basso: Giorgio Testa e Pamela Giorgi)

 

 

 

di Massimo Bondioli (*)

Mario Lodi e Bruno Ciari si incontrarono la prima volta nel novembre del 1955 al Congresso della Cooperativa della Tipografia a Scuola (due anni dopo cambierà il nome in Movimento di Cooperazione Educativa) e il loro rapporto di amicizia e collaborazione durò fino alla morte di Ciari.

Addentrarsi nella conoscenza di questo rapporto vorrebbe dire toccare temi come la corrispondenza interscolastica, la Biblioteca di Lavoro, la comune visione del ruolo del MCE, l’azione da condurre sul terreno più direttamente politico e tanti altri che hanno segnato la ricerca didattica e il dibattito pedagogico del secolo scorso. Non è un caso che siano stati percepiti dagli insegnanti e dall’opinione pubblica più sensibile ai problemi dell’educazione come le figure più rappresentative del Movimento di Cooperazione Educativa.

Dato il tempo a disposizione, mi limiterò a 3 “spigolature” che ricavo dal lavoro di ricerca che ha accompagnato la scrittura della biografia di Mario Lodi (Mario Lodi e Piadena. Una vita tra educazione e impegno in un microcosmo padano, Editoriale Sometti, 2022).

Schedati e sorvegliati

Rinaldo Rizzi, uno dei dirigenti storici del MCE, nel ricostruire la storia del Movimento, scrive:
Ferveva così un grande entusiasmo in quest’opera di rivolgimento dell’attività didattico-organizzativa, nonostante le molteplici difficoltà per questa avanguardia pedagogica che iniziava ad attirare su di sé lo sguardo sospettoso del potere.

 A quel tempo gli insegnanti progressisti, e quelli del MCE in modo particolare, erano non solo guardati con sospetto, ma schedati e sorvegliati.
Una conferma delle “attenzioni” riservate dalle autorità di pubblica sicurezza agli esponenti del MCE l’ho trovata nei documenti conservati nell’Archivio di Stato di Cremona.
Il 3 agosto 1963 il Questore di Macerata inviava una segnalazione al Ministero dell’Interno sulle attività del Movimento di Cooperazione Educativa e la richiesta a 14 Questure di informazioni sui partecipanti al corso estivo di Frontale.

Eccone uno stralcio:

Lo scopo del convegno-soggiorno, al pari dello scorso anno, sarebbe quello di mettere in pratica ed incrementare, su larga scala, il metodo di insegnamento “Freinet” per permettere lo scambio delle osservazioni e delle esperienze degli alunni tra scuola e scuola, anche di Stati diversi. I partecipanti si sottopongono a lunghe ore di lezioni teorico pratiche e rimangono quasi sempre nell’abitazione del TAMAGNINI senza frequentare persone del luogo. Sebbene non si siano, finora, esposti politicamente, si ritiene che la maggior parte di essi siano orientati verso i partiti di sinistra dal momento che frequentano il TAMAGNINI, il quale, pur essendosi dimesso dal P.C.I. in seguito ai fatti Ungheria, continuò a manifestare sentimenti favorevoli alle correnti di estrema sinistra […]. Il TAMAGNINI fa anche pubblicare e diffondere, in qualità di direttore responsabile, un opuscolo mensile dal titolo “Cooperazione Educativa” […] Al convegno partecipano le sottonotate persone, sul conto delle quali le Questure in indirizzo sono pregate di fornire, direttamente al superiore Ministero e qui per conoscenza, le informazioni di rito.

Seguiva l’elenco dei 18 partecipanti, tra i quali figuravano i nomi di Mario Lodi, Aldo Pettini, Brunello Ciari, Ermelinda Criscuolo, Armando Novelli, Dino Zanella, ecc.

Da osservare che questo documento è interessante anche perché rappresenta una involontaria testimonianza della totale dedizione al lavoro dei partecipanti, concentrati nelle loro attività in un ritiro quasi monastico.

 La vicenda del “Razzo”

Un capitolo del rapporto tra Lodi e Ciari poco conosciuto ruota attorno all’attività delle Edizioni Avanti! e, successivamente, delle Edizioni del Gallo. Provo a riassumerlo per sommi capi.
Nel 1959 Mario Lodi era entrato in contatto con Gianni Bosio, direttore delle Edizioni Avanti!, la casa editrice ufficiale del Partito Socialista per proporgli la pubblicazione di Cipì.
Tra i due nacque subito un intenso rapporto di collaborazione.
In una riunione del gennaio 1961 Bosio annunciò l’intenzione di voler aprire una collana di libri per ragazzi, per la quale erano già disponibili due titoli. Uno di questi era il Cipì di Mario Lodi.  Da subito, Lodi divenne di fatto e poi formalmente il responsabile della collana.
Dopo una prima riunione organizzativa tenutasi in giugno presso la Biblioteca Popolare di Piadena, Lodi presentò a Bosio una lista di possibili nomi da dare alla Collana e sottopose al suo vaglio alcune ipotesi di testi da pubblicare, tra i quali figurava “Il razzo” di Bruno Ciari.

Scriveva Lodi: “Potrei far portare il materiale a Ciari quando ci vedremo a Frontale e lo aiuterei a completarlo in modo da terminarlo entro agosto”.§
Aggiungeva poi che il libro più adatto, nel caso fosse stato scelto “Universale Ragazzi” come titolo della collana (titolo che poi venne effettivamente scelto), gli sembrava proprio “Il razzo” e che prima di scrivere a Ciari attendeva un cenno di conferma da Bosio.
Pochi giorni dopo, Adele Faccio, che lavorava allora per la casa editrice, scriveva a Lodi una breve lettera nella quale affermava che “Bosio vuole assolutamente il razzo”.
Lodi rispondeva che “A Frontale Ciari ha promesso di mandare il razzo in… orbita entro settembre”.
Già, perché il razzo di cui parlava Lodi non era soltanto un libro, a cavallo tra la narrativa e l’educazione scientifica, a cui teneva tantissimo, ma si trattava di un vero razzo in miniatura costruito da Ciari.
Si era in un momento storico particolare: da pochi mesi il cosmonauta sovietico Jurij Gagarin era diventato il primo essere umano a raggiungere lo spazio sulla navetta Vostok 1; quattro anni prima aveva avuto inizio la corsa allo spazio con il lancio del satellite sovietico Sputnik 1. Questi eventi avevano impressionato fortemente l’opinione pubblica mondiale segnando un capitolo decisivo nel contesto della guerra fredda tra i due blocchi.
Questo spiega bene anche l’interesse editoriale per l’argomento trattato nel libro di Ciari.
A Frontale il razzo non decollò. Lodi tornò a parlarne a novembre. Riferendosi all’annuale convegno MCE tenutosi a Certaldo qualche giorno prima, scriveva a Bosio:

A Certaldo c’era tutto pronto per il lancio definitivo del razzo, che sarebbe stato, di fronte a tutti gli amici del convegno, la migliore propaganda per il prossimo libro, ma per il mancato arrivo del propellente, il lancio è stato rimandato di qualche giorno.

Ho avuto fra le mani il perfetto ordigno, curato nei minimi particolari; l’abbiamo smontato e ricomposto: è veramente un eccezionale lavoro, portato avanti con una meticolosità straordinaria. Il razzo dovrebbe salire a duemila metri ed essere ricuperato a mezzo di paracadute contenuto nella punta. Sarà fotografato e filmato il lancio.
Il libro sarà illustrato con fotografie e disegni. Siamo rimasti d’accordo, per non appesantire il racconto, di mettere in appendice una relazione tecnica con tutti i dati occorrenti per ripetere l’esperimento. Alla fine di dicembre il libro dovrebbe essere pronto.

Ma all’inizio di marzo dell’anno successivo, il 1962, il libro di Ciari non era ancora pronto e Lodi scriveva a Bosio che “Dato il ritardo del Razzo”, sarebbe stato favorevole a precederlo mandando in tipografia un altro libro.

Sempre in marzo, altra lettera di Lodi a Bosio:

Ciari mi scrive che il libro ha subito un rallentamento essendo egli stato ammalato. “Abbiamo comunque continuato e sviluppiamo le esperienze pratiche (di ieri un lancio discretamente riuscito con parabola compiuta dal razzo che torna a terra infilandosi di punta); i miei appunti sono ricchissimi, un po’ di pagine sono abbozzate. Ma arriverò in fondo, a ogni costo. Il problema sta tutto nella ‘forma’, che sento sta tornando”. Aggiunge che ha altre idee: tra l’altro una storia dell’uomo, a cominciare dall’antropoide delle foreste del terziario.

Nonostante i continui rinvii, non ci si rassegnava a rinunciare alla pubblicazione di quel testo. In una riunione del Comitato di Redazione dell’agosto 1962, Bosio stesso propose come strenna della collana ragazzi il libro di Ciari definendolo l’optimum e prevedendone la conclusione già per la fine di agosto. Ma, anche questa volta, il testo non arrivò.

A novembre, in uno scritto per la Redazione, Lodi ripercorreva la vita della collana per ragazzi e ne indicava i possibili sviluppi. Elencava poi le novità già in programma, tutte quante assai coraggiose per i tempi, a iniziare da Come nascono i bambini, che affrontava il problema dell’educazione sessuale dei bambini. Ancora una volta, prospettava per l’immediato futuro la pubblicazione del “Razzo” di Ciari.

A quanto mi risulta, fu questo l’ultimo riferimento al libro “fantasma” di Ciari.

Il tentativo di pubblicarlo durò dunque almeno un anno e mezzo, con una insistenza inusitata che fa comprendere quanto Lodi ne apprezzasse sia l’idea sia l’autore.

Ma la collaborazione sul versante editoriale non finì qui.
Nel 1964 le Edizioni Avanti! si resero autonome dal Partito Socialista e cambiarono il nome in Edizioni del Gallo, sempre sotto la direzione di Gianni Bosio.
Molti filoni di ricerca rimasero sostanzialmente gli stessi, ma già dall’inizio del ’64 cominciarono ad assumere un peso crescente la ricerca sul canto popolare, la produzione discografica sotto l’etichetta “I dischi del Sole” e l’organizzazione di rassegne e spettacoli nell’ambito dell’attività del Nuovo Canzoniere Italiano fondato da Bosio e da Roberto Leydi.
Tra le iniziative a cui guardava il nuovo progetto editoriale vi era quella di dare vita a una collana dei Dischi del Sole destinata ai ragazzi, la cui responsabilità sarebbe stata affidata a Mario Lodi e Bruno Ciari.

Il 31 agosto del 1965 in una lettera a Michele Straniero, Lodi esponeva il programma concordato con Ciari, che comprendeva diversi lavori di Lodi, di Ciari e della moglie di questi Marcella Bufalini. In particolare, venivano citati “Nasolungo e Orecchiofino” di Bruno e i “Canti di Bambini” curato da Marcella.

A una prima riunione tenutasi il 2 novembre 1965 Lodi, Ciari e la moglie Marcella portarono delle registrazioni effettuate nelle rispettive classi, ma queste non convinsero Bosio, Straniero e gli altri presenti e il progetto non andò in porto.
La vicenda del razzo, libro e modello autocostruito, credo meriterebbe un approfondimento e una più puntuale ricostruzione.

Più di una amicizia

Lodi parlò di Ciari in più occasioni, nel corso di convegni, in testi e interviste.
In un’intervista riportata nel volume del 1978 Animazione e conoscenza di Elisa Salvatori Vincitorio, ne tracciò un ritratto vivo, profondamente umano, carico di affetto e stima.

Eccone alcuni stralci:

Il mio primo incontro fu in quel novembre a S. Marino […].
Nativo di Certaldo, possedeva il dono discorsivo direi boccaccesco, esuberante carico di umorismo, per cui ciò che raccontava era pregnante, avvincente, in quel linguaggio vivo toscano. Nello stesso tempo sentivi l’autodidatta dalla mentalità scientifica che si manifestava anche nelle piccole cose. Dall’allevamento dei criceti […][alla] costruzione dell’acquario che faceva con i suoi ragazzi […].
Lui era contrario alle cose comperate finite e perfette; era invece per la costruzione materiale degli strumenti che servono alla ricerca e all’osservazione. Diceva che “si vede con la mente, non si vede con gli occhi”. E, tutte queste cose le raccontava quasi scherzando e noi eravamo presi da questo suo modo di raccontare […]. Aveva una mente scientifica e filosofica, completa e coerente. […] Il suo aspetto esteriore non rivelava la ricchezza interiore: era dimesso, semplice, distratto. […]
Fu lui che pose il problema dell’organicità delle tecniche, che sono valide non per i risultati che danno isolatamente, ma se fanno saltare il sistema scolastico, ponendo un’alternativa globale.

Proseguendo, Lodi arrivava ad affermare che
Bruno Ciari fu una di quelle persone dalle quali presi molto perché non ero come lui. Lui era una mente scientifica, io ero più intuitivo, per questo ci completavamo a vicenda. Infatti lui cercava me e io cercavo lui e insieme eravamo come un’unica persona con una più ampia dimensione umana e culturale.

Raramente è dato trovare un’amicizia e una intesa così profonde e solide da generare quasi una fusione tra due individui. Uno stile di vita, di relazione e di lavoro che ha saputo tradurre in pratica fino in fondo i valori in cui hanno creduto e per cui si sono battuti.

(*) Questo articolo è una rielaborazione dell’intervento dell’autore al convegno promosso da Gessetti Colorati e dall’MCE svoltosi a Ivrea il 5 ottobre 2023 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lettera del Questore di Macerata al Ministero dell’Interno – Direzione Generale della P.S. – Divisione AA.RR. – Sez. 2ª e alle Questure di Roma, Milano, Torino, Brescia, Varese, Ancona, Perugia, Cremona, Treviso, Campobasso, Cagliari, Reggio Calabria, Pesaro, Firenze, 3 agosto 1963, ASCR, Questura, b. 26.