[caption id="attachment_3287" align="alignright" width="319"] disegno di Matilde Gallo, anni 10[/caption] di Giuseppe Bagni
La giornata della libertà senza libertà
[caption id="attachment_3287" align="alignright" width="319"] disegno di Matilde Gallo, anni 10[/caption] di Giuseppe Bagni
di Beppe Bagni Si può non ascoltare nessuno e non rileggere nulla di quello che è stato scritto negli anni recenti sulla valutazione dei docenti e la loro progressione di carriera. Ma c’è del metodo in questa follia del docente esperto partorito all’interno di un decreto denominato Aiuti, ma che in questo caso spinge a chiedere aiuto. Ci deve essere una logica altrimenti non si spiegherebbe perché tutte le principali novità che riguardano la scuola vengono sempre proposte in estate a scuole chiuse. Quando dovremmo attenderci di sentire il rumore dei lavori in corso dentro le scuole in vista di un rientro degli alunni più sicuro ascoltiamo invece il rimbombo delle notizie su nuove normative che stravolgono i difficili equilibrio di un sistema complesso quale la scuola. La figura del docente esperto spinge a tre brevi osservazioni. La prima riguarda la scuola come contesto nel quale opera la nuova figura. Fra una decina di anni saranno 8000 su 800.000 i nuovi docenti esperti. Uno su cento; in una ipotetica distribuzione omogenea sarebbero meno uno per collegio: quale contributo su presume possano dare al sistema scuola non è dato capirlo, forse raccoglieranno qualche incarico dal dirigente, ma sarà difficile non siano invisi agli altri colleghi. Ma ovviamente non saranno distribuiti omogeneamente: alcune scuole ne avranno molti, altre pochi, altre ancora nessuno. Come verranno gestiti? Tutti in una sezione o come capita? E come si risponderà al genitore che chiede di avere per il figlio o la figlia il docente doc? Come spenderanno la quota dei futuri super docenti in servizio nelle proprie istituzioni i dirigenti nel perenne marketing scolastico per alzare le iscrizioni? La “dote” sarà pubblicata nella Homepage e nei trasferimenti trattati come merce preziosa? Auguri a chi dovrà gestire la situazione. VAI ALLA PAGINA DEDICATA AL TEMA DEL DOCENTE ESPERTO Continua a leggere
di Giuseppe Bagni (per gentile concessione dell’autore della Associazione CIDI) Si fa fatica a commentare il Ddl approvato alla Camera l’11 gennaio scorso che vuole l’introduzione di competenze non cognitive nei percorsi formativi. Verrebbe voglia di fermarsi a una alzata di spalle, scuotere la testa in sala insegnanti e continuare il proprio lavoro nella scuola reale. Quella che evidentemente è sconosciuta nelle sedi parlamentari. Eppure si deve commentare, perché la deriva verso cui si sta andando è grave e non può essere ignorata né minimizzata. La proposta approvata nel primo passaggio parlamentare mette in evidenza la convinzione che la scuola debba ammodernarsi rompendo il dominio del cognitivo e del formale per essere, come ha dichiarato Valentina Aprea, “volano delle economie innovative e creative, per poter consentire crescita, sviluppo e risoluzione dei problemi del nostro tempo in una prospettiva originale…” Il propugnare un qualunque livello di originalità risulta paradossale se confrontato con il progetto di mettere le mani fin nella sfera più interna degli allievi per forgiarne il carattere. Come se l’amicalità, la coscienziosità, la stabilità emotiva e l’apertura mentale fossero attitudini insegnabili direttamente dalla cattedra invece che il risultato della metabolizzazione personale delle conoscenze acquisite, dei legami costruiti, delle testimonianze offerte loro nella scuola. Una scuola secondo Costituzione non forgia il carattere, non cerca elementi di valutazione nell’animo dei suoi allievi; crea e offre le condizioni per favorire “lo sviluppo armonico e integrale della persona”. Le competenze non cognitive non sono oggetti misteriosi per la scuola: le norme e i suoi documenti vi fanno riferimento da molti anni. Continua a leggere
di Giuseppe Bagni presidente nazionale CIDI
In questo periodo di emergenza sono in pochi ad aver mantenuto un atteggiamento coerente e scientificamente sensato. Ancora meno i governanti che hanno saputo resistere alla tentazione di sfoggiare per scopi puramente elettoralistici il proprio potere territoriale, contribuendo a dare l’immagine di una Italia in pezzi nei suoi livelli decisionali, con scelte “fai da te” che hanno seminato caos e sconcerto in tutto il Paese, e dandoci anche un’idea più precisa di cosa potrebbe diventare con il regionalismo differenziato.