“Assimilazione”, la nuova parola d’ordine del Ministro per gli studenti immigrati. Per meritarsi l’Italianità.


Il nostro Aristarco Ammazzacaffè è riuscito ancora una volta a raccogliere alcune confidenze riservate da uno strettissimo collaboratore del Ministro.
E noi, come facciamo da tempo, non ci sottraiamo al delicato compito di divulgare qualche succulenta informazione.

 

 

Sulle questioni dei ragazzi immigrati che frequentano le nostre scuole, capita di sentire troppe voci stonate, e a tratti anche ingiuriose, nei confronti del Ministro, che non se le merita proprio.

Abbiamo voluto perciò chiarircene i termini raccogliendo precisazioni e considerazioni di un Collaboratore Speciale del Ministro. Che, nell’incontro a Viale Trastevere, ci ha tenuto a richiamare in premessa che, sugli studenti immigrati, il pensiero del Ministro, è stato proditoriamente frainteso: “Si vogliono oscurare, in tutta evidenza, gli evidenti risultati strategici del suo dicastero; che sono lì a portata di tutti: basta chiedere in giro e avere fede!”. Così.

1.“Un tweet che passerà alla storia”.

“In questo incontro – continua il nostro Collaboratore Dirigente – mi limiterò a commentare, per ragioni di tempo, solo i primi due punti che vi richiamo testualmente;  a partire dalla frase che li introduce
– L’accoglienza va certamente assicurata: 1. se nelle classi la maggioranza sarà di italiani; 2. se studieranno in modo potenziato l’italiano (Sic. Senza soggetto. Per licenza ministeriale. Comunque a volo lo si intuisce. È solo questione di ali. Nota del Redattore).

E dopo un sorso d’acqua, il messaggio tonificante:

“Sul primo punto, le precisazioni ulteriori del Ministro: – Mai più studenti stranieri sopra il livello massimo del 20% -. Esattamente così.  E, subito dopo, l’anticipazione delle mosse che ha in mente per raggiungere l’obiettivo. Tra le quali soprattutto l’intenzione di assumere (udite! Udite!) un principio scientifico come promettente garanzia di risultato: quello dei vasi comunicanti. Addirittura!

“Personalmente lo condivido moltissimo anch’io – chiarisce la sua posizione il Collaboratore Colto -; perché è questo principio scientifico che permette di individuare la mossa vincente: trasferire i ragazzi stranieri in esubero rispetto al 20% programmato, dagli Istituti, generalmente collocati nelle città grandi e medie, soprattutto al Nord, a quelli dei Comuni più o meno limitrofi e certamente più piccoli, dove i ragazzi stranieri o non ci sono o sono pochi, se non pochissimi. Comuni limitrofi, ha tenuto a precisare il Ministro; mai comunque molto lontani dalla città di residenza (30-40 km, i numeri che girano. Abbastanza ragionevoli).

La grande idea del Ministro – questa è una primizia – sembra si articolerà in tre mosse:

  1. Autorizzare, come ministero dell’Istruzione e del Merito, assieme al Tesoro, l’acquisto di pulmini o pulmoni da mettere a disposizione per i vari trasferimenti giornalieri dai comuni grandi e medi a quelli limitrofi con adeguata disponibilità. Verrebbero addirittura facilitati, altra grande e ben pensata idea, anche i trasferimenti di famiglie, che però lo vogliano e ne facciano richiesta, nei comuni dove si trovano le nuove scuole a cui sono stati destinati i figli diventati esuberi. (Straordinario! Ma come fa a pensarle tutte in una volta sola? Glielo ho anche chiesto. Ma lui non ha risposto. Ha solo sorriso. Una lezione!).
  2. Rendere il trasporto garantito e sicuro, e comunque gratuito e a spese dei Comuni. I quali, si pensa, potranno però richiedere, se vogliono, un contributo, ma solo di piccolissima entità; di fatto per far capire alle famiglie immigrate che di aiuto si tratta e che ne siano riconoscenti. Il ministro, secondo voci di corridoio mai smentite, intende al riguardo metterci la faccia, dichiarandosi personalmente garante. Grande!
  3. Per gli Istituti Professionali ed eventualmente anche Tecnici delle città grandi o medie, con studenti in esubero – situazioni molto diffuse e problematiche – si potrebbe provvedere, con due diverse modalità: la prima, ridistribuire tali studenti in eventuali istituti dello stesso tipo (o anche no; chi lo può dire…) nei piccoli centri viciniori ove si registrassero disponibilità; la seconda, ricollocarne i più bravi degli istituti professionali con esuberi, sempre delle città grandi o medie, nei licei classici e scientifici delle stesse, preferibilmente tra le più rinomate; e questo per un principio di egualitarismo.(Lui, all’uguaglianza ci tiene molto. A volte, anche moltissimo). E studiarne opportunamente l’effetto che fa. Soprattutto tra i genitori degli studenti liceali.

Se – questo l’orientamento accorto del Ministro – l’operazione non riuscisse, per le più varie ragioni, ci si può (secondo l’idea realistica circolata soprattutto al Ministero) sempre attaccare al tram, eccezionalmente. In caso di disordini, il Ministro si offrirebbe volontariamente per la pacificazione.

E veniamo al secondo punto dello storico tweet: il potenziamento dell’italiano per gli studenti immigrati. A questo tipo di impegno il Ministro è da sempre affezionato e ci tiene molto, soprattutto nei suoi discorsi. Ed è particolarmente importante perché la padronanza della nostra lingua è per lui il lasciapassare obbligato per chi aspira alla cittadinanza italiana.

Il ministro, sempre di persona, si farà anche qui garante dell’attivazione di mirati corsi di recupero e potenziamento. Ovviamente a Dio piacendo. Il Quale, sia detto con rispetto, non potrebbe neanche tanto tirarsi indietro; come si fa capire negli ambienti religiosi vicinissimi al Ministro. Che di questo gesto prodigioso sarebbe invece addirittura certo (Come è risaputo, il Nostro è religiosissimo e vivrebbe male – si dice e non si dice, trattandosi di questioni grosse – l’eventuale disattenzione di Chi di dovere). Comunque, misteri della fede. E non diciamo altro.”

2. “Accoglienza, sì. Ma senza tabu”. Il punto fermo del Ministro

Il Collaboratore Perspicace, a questo punto, diventa all’improvviso pensieroso. Forse per i contenuti che sta per presentare. E infatti:
“La domanda fondamentale che dobbiamo porci a questo punto è un’altra, di carattere più generale e di fondo: ‘Perché quei se insistiti in tutti e tre i punti del tweet’? Sottintendono forse dubbi e pericoli dietro la pur ferrea disponibilità del Ministro all’accoglienza o addirittura all’inclusione? Vuole forse, il Ministro, come pensano alcuni, scongiurare rischi e pericoli che impedirebbero all’accoglienza di funzionare? O, sottintendendo, con quei se, problemi e rischi di una accoglienza indiscriminata e senza regole, il Ministro ci voglia ricordare una cosa semplice ma fondamentale perché vera: e cioè che sempre e comunque di immigrati si tratta e che rischi e problemi con loro sono sempre possibili? Tipo: trovarsi, come Civiltà, sotto attacco. O addirittura in braghe di tela. Che sarebbe anche peggio! Perciò, sembra essere il pensiero del Ministro, va evitato che questi nostri ‘ospiti’ si montino la testa e pensino possibile – praticamente dall’oggi al domani, e  e addirittura senza pagare pegno – invertire ruoli, situazioni e condizioni sociali ed economiche nel nostro Paese. La possibile domanda maliziosa: ‘Non è forse questa – come i soliti antagonisti incalliti potrebbero pensare – una questione di privilegi che noi si vorrebbe continuare a mantenere? Risposta netta: assolutamente no. Il Ministro lo giura. E anche io. Il punto centrale è un altro; è che alcune distinzioni vanno mantenute, altrimenti si va in confusione e non si capisce più niente: chi comanda e chi obbedisce, chi sta sopra e chi sta sotto e via confondendo. E a lui – al Nostro Ministro, intendo – la confusione non piace. Figurarsi a noi.”

  1. Inclusione come assimilazione”. Il Collaboratore Collaborativo si schiera

E così, dopo una piccola pausa, che vuole significare riflessività, il nostro Collaboratore Strettissimo procede, sempre concentrato:
“Qui si colloca il tema dirimente della inclusione. Al riguardo, l’orientamento del Ministro non è affatto – sia ben chiaro – quello di cancellare l’inclusione dal nostro vocabolario scolastico. Mai. Ma piuttosto quello di riprecisarla, associandola concettualmente ad assimilazione.  L’imperativo lanciato dal Ministro nello storico tweet è appunto, ‘Che si assimilino!’ (ovviamente riferito agli immigrati).

Avrebbe potuto dire: Assimilatevi a noi. Diventate simili a noi. Facendo capire: ‘per il vostro bene’. La frase sarebbe stata però, per lui come lui, pesantemente volgare, prima ancora che autoritaria e irrispettosa. Ma il nostro Ministro è un vero signore! Basta osservarne la classica postura che lo caratterizza: ‘mezzo busto e sorriso standard’ e l’ariosa gesticolazione stile Craxi (se qualcuno se la ricorda)”.
“Comunque, messaggio netto e preciso: proprio per allontanare fraintendimenti e attese sbagliate tra gli immigrati; e facilitare così l’aggancio della sua strategia inclusiva al nostro sistema di valori. Nel quale, il posto centrale chi ce l’ha? I Consigli di classe come comunità di intenti e pratiche? Insegnanti più preparati e meglio valorizzati? Classi meno affollate? Fuori strada. È il  Merito. Merito, come conquista a cui gli studenti immigrati vanno motivati e orientati. Perché si portino all’altezza dell’Italianità. E appunto meritarla – l’Italianità -: attraverso l’assimilazione. Bingo!
Voi ci avreste mai pensato? Non è straordinario questo pensiero così coordinato e allacciato? Quasi diabolico! Secondo me, una bomba!”

Ma ex abrupto, il Collaboratore Benemerito, guarda il telefonino
“Ora però devo andar via; mi chiama il Ministro sullo smartphone…. Nuovo di zecca. Tre mila euro. Le piace? Ce l’ha uguale anche il Ministro”.
E mi tende la mano come per un saluto; ma, guardando oltre, si allontana con andatura quasi fluttuante come ad un palmo da terra.




Il caso Pioltello, ultima ora: cosa si dice davvero nel “palazzo”

di Aristarco Ammazzacaffé

I fatti, in primo luogo, come per ogni cronaca che si rispetti.
Il Collegio Docenti e il Consiglio dell’Istituto Comprensivo di Pioltello (Mi) – intitolata ad un ragazzo straniero, per giunta musulmano, Iqbad Masih – decidono, in perfetta complicità, lo stop alle lezioni il 10 aprile p.v.. E ciò per permettere alla comunità musulmana (quindi non solo non cattolica, ma neanche cristiana), di partecipare alla loro festività religiosa, il Ramadan. Senza minimamente pensare al rischio ben forte di cadere addirittura nell’apostasia.

Il ministro Valditara prontamente informato da Radio Maria e dai catto-leghisti lombardi, giustamente interviene con queste parole ascoltate e registrate personalmente: “Questa chiusura no, non s’ha da fare né il 10 aprile, né mai. Le delibere del Collegio docenti e del Consiglio di Istituto – scandisce, pacatamente alterato, che lo sentono anche a Piazzale Trilussa – sono irregolari, almeno per tutta questa legislatura. E questo perché – e qui diventa lapidario – una scuola seria non chiude, ma apre; anche a Natale, Pasqua ed Epifania, che tutte le feste si porta via; comprese quelle comandate ed estive (sulla frase in rima però ho qualche dubbio, che con onestà doverosamente dichiaro. Noi, di una certa parte, siamo fatti così.  Quelli dell’altra, se ne facciano una ragione).

“E questa scuola – tra l’altro intestata a uno che io neanche conosco (un vero insulto alle nostre passate glorie nazionali, conosciute in tutto il mondo: vere e proprie eccellenze del Made in Italy che tutti ci invidiano); questa scuola – dicevo vuole chiudere per la festa del Ramadan, pur essendo la peggiore in Lombardia.  Ben sappiamo, senza fare sociologismi di bassa lega, come funzionano questi Istituti con tutti questi immigrati, soprattutto musulmani.
Fossero almeno un po’ cristiani, se non proprio cattolici!”
Così l’equilibrata dichiarazione del Ministro.

Ma, tornando ai fatti più recenti, fino a quelli dell’ultima ora, va registrato purtroppo che, in quasi tutto il Paese, associazioni, intere scuole, centri culturali, maestri e studenti e dirigenti, eccetera eccetera, si sono schierati senza ritegno con una scuola incriminata, difendendo l’indifendibile delibera adottata.

Chiederete in base a quale principio.  Risposta univoca: in base a un presunto diritto all’accoglienza e al rispetto per le altrui identità. Cioè all’acqua fresca. E tirando in ballo, tra l’altro – l’ho sentito con queste mie stesse orecchie – anche l’autonomia scolastica e addirittura la Costituzione. Costituzione che in tanti, e tutti di una certa parte, se non la tirano in ballo anche quando si parla di zucchine e catalogne, non si sentono à la page.
Questa è l’umanità che sta facendo guerra al nostro Ministro: per dei musulmani che vogliono chiudere la scuola per il loro Ramadan!

Finanche la Curia ambrosiana – e questi sono fatti documentati – ha voluto dire la sua, anche se nessuno gliela ha chiesto; addirittura con parole di rispetto e di condivisione per la scelta della scuola fuori legge. Capite a cosa si arriva? E il Papa? Interviene o no? No, non interviene. Anche questa è cronaca vera e dolorosa. (Ma forse forse, a pensarci, se non interviene è anche meglio; sapendo già in partenza cosa potrebbe dire. E questo, un Papa…).

Interviene Mattarella e Valditara sbotta con i suoi fedelissimi: “Non c’è più religione”.

A tale pantomima si è accodato anche – ed è la vera notizia del giorno – anche il Presidente della Repubblica; al quale dobbiamo rispetto per l’età avanzata, ma che non può comunque permettersi di schierarsi con la delibera eversiva di questa scuola; e addirittura inviare un abbraccio – sì, un abbraccio! – a quelli che tale delibera hanno scritto e votato all’unanimità; e dichiarare addirittura, apertis verbis: “Apprezzo il vostro lavoro”. Inaudito! Anche questo abbiamo letto nella giornata di ieri.
No, Presidente. Queste son cose che non si dicono e non si fanno. Un Presidente della Repubblica italiana – mi permetta questa pacata considerazione comunque personale – non può, ricorrendo alla più penosa retorica sessantottina, parteggiare per chi – come la Vicepreside della scuola al centro della polemica –  osa affermare, senza vergognarsi, che all’Istituto Iqmad … (non riesco a pronunciarne il nome neanche sforzandomi. Vorrà pure dire qualcosa!) “non ci sono né italiani, né immigrati, ma solo bambini e ragazzi da istruire ed educare”. Un’autentica menzogna! Ma anche questo ho sentito e lo posso fedelmente testimoniare.

Meno male che, a far da muro contro questa cecità generalizzata, ci sono personaggi come il Governatore della Lombardia: mica un pisquano qualsiasi, come qualcuno potrebbe pensare. Parlo di Attilio Fontana che, a proposito della decisione della scuola, parla coraggiosamente di “una decisione fuori luogo”; o anche personalità come Riccardo De Corato, nientemeno deputato di Fratelli d’Italia e amico personale di Matteo Salvini (e non so se mi spiego). Il quale De Corato annuncia, senza essere imbeccato da nessuno, un’interrogazione al Ministro “per capire quali azioni intenda intraprendere a fronte di una scelta così inaccettabile” (della scuola incriminata). Testuale, perché non si dica.
Questo sì che è parlare franco, schietto e come Dio comanda.

Ma il Ministro, assediato com’è, che può dire – povero! – di fronte a tanto sfaldamento educativo, etico e religioso? Se non chiedere a persone amiche e fidate di esternare loro al suo posto, ma sempre con obiettività, a cui lui tiene molto, anche di domenica?

Questa cronaca, corretta e doverosa, vuole essere proprio una modesta ma sentita risposta al suo tacito appello.

 

 




Liceo del Made in Italy: i verbali segreti delle rimostranze del Ministro alle critiche di Gavosto

di Aristarco Ammazzacaffé

Premessa. Al Direttore della Fondazione Agnelli sfugge l’essenziale.

L’ultima clamorosa bocciatura, a firma dell’autorevole Direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto – quella sul Liceo del Made in Italy – ha creato non poco scompiglio nell’intera maggioranza di governo. E soprattutto nella Premier che, a un percorso liceale di questo tipo, ci ha sempre pensato e tenuto.
Di tale interesse sono testimonianza verace, come è noto, sia la corsa all’approvazione della Legge sul Made in Italy[1]  il 20 dicembre del 2023 – che istituisce formalmente (art. 18) il Nuovo Liceo -, sia anche la pubblicazione a tambur battente in G.U. della specifica Nota Ministeriale [2], con tanto di disposizioni normative per le scuole, sollecitate proprio dalla Premier.
Il tutto, nei sette giorni a cavallo del Natale.
E vai!
Per la serie: veni, vidi, vici.
Mai tanta solerzia, tempismo, coordinamento in un Governo di questo Paese!
Grazie Giorgia, ci sarebbe da dire, doverosamente. Eppure….

Eppure, di fronte a questo vero e proprio miracolo italiano, sono volati stracci e pallottole, un po’ ovunque e di ogni tipo, che mai ti saresti aspettato.
Che ingratitudine! Un popolo di ingrati. Proprio.
E, per il mondo della scuola, il capofila, finalmente venuto allo scoperto, è proprio il Direttore Gavosto.
Che figura! Una persona tanto a modo! Eppure… Ma come si fa?
E meno male che, immediata ed anche ardita, è scattata la reazione del nostro Ministro Valditara – che Dio l’abbia in gloria! (in senso affettuoso, ovviamente) – che non ha esitato a denunciare la gravità dell’uscita gavostiana: “Una sciabolata atroce”. Così, quelli che sanno, riferiscono che abbia detto.
(Per la Meloni, invece, il suo staff ha parlato di bazuca contro il Governo; che, se ci pensate bene, pare più appropriato).
Del Ministro si dice anche che, dopo aver letto solo le prime righe della bocciatura del Nuovo Liceo, ha addirittura smesso immediatamente il suo regolare aplomb d’ordinanza; e, non riuscendo a capacitarsi, convoca d’urgenza i suoi collaboratori di prima fascia, e letteralmente sbotta.
(È di tale sbotto – se me lo passate – che qui si riporta la testimonianza, verace anche questa, del number one della Segreteria del Ministro, che è anche nostro coscienzioso agente all’Avana: è lui che ci ha infatti fornito la registrazione per questo resoconto. Altro non si può dire. Problemi di privacy)

Il Ministro Valditara che sbotta

“La prima cosa che andrebbe detta – questo, l’incipit dello sbotto, qui ancora ‘trattenuto” (a dettarne il modus è, in tutta evidenza, ancora l’aplomb) – è come fa una Fondazione benemerita, intestata ad Agnelli, a tollerare, nella funzione di Direttore, il Gavosto Andrea [l’articolo davanti ai cognomi e nomi propri è comune a Milano; e Valditara è dato per milanese. NdR]
“E aggiungo subito: ma come fa il Gavosto, a proposito del nuovo Liceo, a parlare – testuale – di un ‘indirizzo organizzato in fretta e furia, per soddisfare le richieste della Premier’, e a cianciare immediatamente dopo, addirittura di ‘contenuti didattici confusi’? Proprio così ha detto: ‘confusi’! Ma si può? Falsità e calunnie!) Alla sua età, poi! Da non credere. (Qui il tono della voce, d’emblée, scala in quarta. Ma si sente che regge)”
“Un’altra cosa che non mi va giù: sui ‘tempi di attivazione del nuovo Liceo’, osa addirittura affermare che ‘sono stati talmente stretti da mettere le scuole in seria difficoltà e famiglie e studenti interessati nell’impossibilità di disporre delle informazioni per una scelta ponderata”.
“A questo punto, mi dico e chiedo anche a voi: Come fa a dire queste cose? Chi gliele ha dette? Ha le prove? Invece di ringraziare il Governo e la sua Presidente per aver portato a casa un risultato di eccellenza con una celerità che neanche Speedy Gonzales, si cerca addirittura di vilipenderli! E questo perché la sua prospettiva – del Gavosto, dico – è evidentemente un Paese di lumaconi; che arriva a contestare l’urgenza di una domanda formativa a cui il nuovo liceo dà risposte di certo serie! Perché – e qui lo ribadisco anche a voi, e non potete dirmi di no – la domanda di questi nuovo liceo, in giro, c’è eccome. Si convincano i nostri detrattori senza scrupolo! Non fermiamoci però, per favore, alla percentuale di adesioni degli studenti. Quella che gira: lo 0,8% a livello nazionale, in realtà, dice e non dice. Comunque, chi può negarci la speranza che le percentuali di botto si mettano a salire? La speranza è una cosa seria. È una virtù teologale. E nessuno pretenda di insegnarmela. La mia vita parla per me. E anche la mia biografia, se è per questo! Parlatene con chiunque. Vi potrei dare, se volete, anche una lunga lista di referenze da interpellare”.
“E c’è ancora una terza pesante accusa che il Gavosto ci muove. [Ma proprio qui, attraverso la registrazione a cui attingiamo, si nota, nel tono della voce, una improvvisa alterazione e, nel ritmo delle parole, una certa accelerazione. Tra i presenti, preoccupazioni, che si colgono attraverso un leggero mormorio in sottofondo. (NdR)] -. L’accusa, è che ‘manca nel nuovo Liceo una riflessione approfondita sulle maggiori competenze che gli studenti devono sviluppare rispetto a indirizzi già esistenti”.

“A questo punto, sono io che chiedo: ma come può dire ciò che dice? In primo luogo, a cosa si riferisce? All’attuale Liceo economico-sociale? Agli Istituti Tecnici e Professionali esistenti? A tutti e due? E perché non ‘parla onesto’ nella sua catilinaria? Per sollevare fumo e mettermi in difficoltà? Pensava, nella sua supponenza, che io ignorassi una obiezione di questo tipo, comunque infondata? Ma se si aspetta una risposta a questa provocazione, che si sappia: io non rispondo. Non gli do questa soddisfazione. Ho una mia dignità. Si scorra, ripeto, il mio curricolo e la mia biografia. [Qui il tono cresce ancora e si avverte un certo farfugliamento nella pronuncia. Costretto a una piccola pausa. (NdR)]. Con questo tipo di mentalità – riattacca anche se un po’ a stento – non cresceremo più. Diciamocela tutta: abbiamo perso ormai orgoglio e pregiudizio. [Proprio così, dice!]”
“E siamo all’ultimo assalto proditorio – tralascio gli altri secondari che pure esprimono anch’essi pura malevolenza -: che senso ha l’obiezione gravissima che ‘il quadro di riferimento del nuovo liceo presenta molti aspetti in bianco e che il profilo in uscita è ancora tutto da pensare e sperimentare’? Polemica per polemica, qui ribatto immediatamente: Ma, per caso, Roma, che è Roma, si è fatta dall’oggi al domani o addirittura dalla sera al mattino? Bisognerebbe chiederglielo al nuovo padreterno della scuola Italiana”.

“Comunque [si avvia alle conclusioni? Mah (NdR)] – di queste cose parlerò in tempi brevi col ministro Urso. Urso, dico bene? Sì, il collega allo Sviluppo che adesso si è allargato con l’aggiunta “e del Made in Italy” e pensa di farmi ombra. Scioglieremo comunque tutti i dubbi che meritano e convinceremo tutti quelli che ci stanno. Ne stia pur certo il ‘Direttore’, come si fa chiamare!
“Ora basta. Scusate lo sfogo. Io son fatto così. Faremo al più presto una riunione dopo il mio incontro con Urso. Pensateci anche voi. Buon lavoro”.
(E sottovoce, un po’ rientrato nel suo aplomb di ordinanza, quasi tra sé e sé: “Urso? ma come fa uno a chiamarsi così? Mah!”.)

Un cruccio personale: un sì profondo a una Scuola per le nostre eccellenze produttive; ma perché in Inglese?
Così il Ministro da par suo. Da parte mia, una sola annotazione dopo aver ascoltato la registrazione della sfuriata. Per quel che mi riguarda, sono ovviamente d’accordissimo con le parole del Ministro.
In tutta questa storia, però, una cosa mi sfugge.
Giusto valorizzare, con il nuovo Liceo, come fa la Nota ministeriale citata [3], le italiche eccellenze e incentivare così – cito in termini testuali – la proprietà industriale e, insieme, anche la filiera nazionale del legno 100% per l’arredo e quella degli ulivi vergini (è importante, nei tempi promiscui che ci tocca vivere, che questi ultimi, vengano conservati tali).
E considero pure fondamentale – sempre citando testualmente – diffondere nella nostra moda le misure Made in Italy per la transizione digitale (qui capisco poco, ma ci credo) e promuovere anche il settore della nautica da diporto.

E chi ha dubbi al riguardo? Personalmente sono sempre stato per le promozioni contro le bocciature a gogo. E poi: i nostri marchi di particolare interesse nazionale, li vogliamo per caso lasciar fuori? Non li vogliamo tutelare? Vogliamo scherzare? Tutto questo non è solo opportuno, è addirittura cosa buona e giusta, eccetera.
Però, a naso, Tutte queste valorizzazioni e promozioni e incentivazioni, in tutta onestà, mi sembra che c’entrino un po’ poco con la scuola-scuola. Comunque, adesso – è l’obiezione che mi faccio – vogliamo metterci a fare gli schizzinosi proprio sul tipo di scuola che ne viene fuori dalla Legge e dalla Nota citate? Sinceramente, in questo ridisegno, di scuola ce n’è pochina. Tuttavia, io mi dico in tutta modestia: se va bene al Ministro e soprattutto a Giorgia, chi sono io per fare il baston contrario?
Avrà certamente le sue ragioni, il Valditara, se parla di questa scelta come la” vera rivoluzione” della nostra scuola o, più modestamente (come preferisce dire lui che modesto lo è dentro): della “sua” / di lui grande riforma. Proprio così dice. D’altra parte, cos’altro può dire, povero!
Il mio problema vero però è un altro: perché Made in Italy? Perché ricorrere all’Inglese per valorizzare un patrimonio che è solo nostro e che – come noi ci diciamo con legittimo orgoglio identitario – tutti ci invidiano? Perché no la lingua di Dante, che il ministro alla Cultura Sangiuliano, fratello di Giorgia, ha dottamente e finalmente additato come il primo vero uomo di destra della nostra storia patria? Svendiamo anche questo punto fermo?
Comunque, pensatela come volete, ma questa storia di ricorrere all’inglese per farne vetrina per le nostre eccellenze nazionali, io non la bevo bene.
Ma, su questo, qualcuno ha parlato con Giorgia?

1L. 206/2023, in G.U., il 27.12.2023.
2 Nota M.I.M 28.12.2023
3 Nota M.I.M, cit., artt. 8-15.




La personalizzazione dell’Istruzione alle porte. Centomila tutor in arrivo: parola di ministro (wow!)

di Aristarco Ammazzacaffè

Signor Ministro le scrivo, così mi distraggo un po’.
Scriverle dopo aver letto i suoi comunicati mette sempre allegria e speranza. L’ultimo in ordine di tempo, quello sulla “grande rivoluzione del merito” (sic) è particolarmente esaltante perché fa riferimento alla ‘prima pietra’ che finalmente è stata posta per una prospettiva decisamente strategica. Volendo.
Ora io non so se le rivoluzioni si costruiscono con le pietre.
Le voglio credere. Per ora ci basta – e avanza anche – il suo comunicato sullo schema di decreto, che – lo richiamo per chi non fosse informato – prevede cose addirittura – “l’istituzione di due figure professionali: il docente tutor e il docente orientatore”.
La prima, tesa a “sviluppare la personalizzazione dell’istruzione nelle Scuole secondarie di II grado” (nientemeno!); la seconda, “a concretizzare l’attività di orientamento” (era ora!).
E sul piatto, un primo stanziamento di 150 milioni di euro nel 2023. Per dire che ora si fa sul serio.

Su tutto questo sfolgorio impressionante, mi permette, signor Ministro, due considerazioni?
La prima è di assoluto apprezzamento, che sfiora la meraviglia, per tale sua impresa. Tanto che mi sono chiesto: – Ma come fa il signor ministro a connettere organicamente: merito, personalizzazione dell’insegnamento (attraverso la figura del tutor), orientamento degli studenti, come progetto istituzionale (attraverso la figura dell’orientatore)? E ancora: valorizzazione dei talenti e, soprattutto, ‘competizione’: parola ormai chiave del Programma 2023 per la valorizzazione delle eccellenze; e, soprattutto, modus operandi canonico per il riconoscimento del merito (Avviso M.I.M. del 25.01.’23, n. 2437).

E c’è anche la ciliegina della lotta alle diseguaglianze, come prezioso specchietto per le allodole (volatili da lei molto amati, come sembra riportino le sue biografie).
Tanto che mi chiedo spesso: ma quali meriti particolari ha la nostra scuola e il nostro Paese per meritare un ministro così? Boh!
Perciò, non si dia pena per quanti le rimproverano che nel suo vocabolario sono assenti parole come cooperazione, apprendere insieme, leadership diffusa, comunità professionale, pratiche condivise, lavoro di squadra, coordinamento organizzativo… Diffidi di chi gliene parla. Si tratta di finti innovatori che sappiamo bene chi sono e cosa vogliono.
Certamente non sono dei nostri, ci può giurare.
La seconda considerazione è invece un po’ più critica, ma è comunque tale da non togliere niente ai riconoscimenti precedenti. E riguarda il cuore del suo schema di decreto; cioè l’istituzione delle due figure professionali sopra richiamate.
Al riguardo, se me lo permette, sarebbe bene esplicitare meglio la nozione di ‘personalizzazione dell’istruzione’. È comunque certamente ottima la “direzione” che lei ha in mente: quella “di una scuola che faccia emergere i talenti di ogni studente, innescando un percorso virtuoso”. (Commuove, signor ministro, questo suo attaccamento ai talenti. La capisco: ogni umano ha le sue fisime; è lei signor ministro è chiaramente un umano). Molto importante e comunque democratica la finalità che lei esplicita: superare “le difficoltà, frutto di diseguaglianze di natura sociale e favorire le scelte consapevoli per il percorso di studi e di lavoro”.
Chiaramente ci propone, con questa lapidaria affermazione una scuola, che più che istruire, si preoccupi, come è giusto che sia, di fare emergere i talenti e, così facendo, di liberarci finalmente da tutti i problemi legati all’insuccesso scolastico. Che non se ne può più. E sono d’accordo.

È la liberazione da questa tara – la scuola che produce insuccessi e dispersione – che lei ha in mente quando parla di istruzione personalizzata? Siamo sicuri di sì.
L’impianto strategico previsto dallo schema di decreto però, mi permetta di dirle, non sembra essere all’altezza della ‘direzione’ che lei lodevolmente indica.
Occorrerebbe chiarire bene la questione e farcela sapere per tempo.
Intuiamo che con la partita dell’istruzione personalizzata lei vuole passare alla storia. E che lei giustamente ci tiene e se lo merita. Perciò, prima ce lo fa sapere e prima possiamo, al riguardo, fare anche noi la nostra parte. Perché, anche noi crediamo profondamente agli inneschi di percorsi virtuosi quando si fanno emergere i talenti (dirlo meglio non si poteva!). E questo va ribadito. Qualunque cosa significhi. Ci mancherebbe!
Perciò sul piano operativo vorremmo essere rassicurati un po’ di più sulle scelte strategiche che lei propone; a partire dalla istituzione delle figure del tutor e dell’orientatore, che lei tende giustamente a rendere funzionali al suo disegno complessivo.
In particolare, appare importante l’aver precisato il compito del tutor. Che lei chiarisce, da par suo, essere quello di “coordinare e sviluppare le attività didattiche a favore di una personalizzazione dell’istruzione” e di “predisporre percorsi personalizzati, d’intesa coi colleghi”. (dalla sua intervista al Corriere della Sera del 30 marzo).
Quindi si tratterebbe, se l’interpretazione è corretta, di interventi individualizzati (più che personalizzati, mi sembra) – definiti cioè in base alle caratteristiche degli studenti (tipo di intelligenza, ritmi e modalità di apprendimento, bisogni formativi in base alle loro specifiche situazioni sociali o a percorsi scolastici inadeguati, attitudini personali, eccetera) – che sarebbero a carico dei docenti coordinati dal tutor.
Supponendo d’aver capito – come pura ipotesi di partenza –, penso che bisognerebbe però, signor Ministro, chiarire quali siano questi insegnanti da coordinare: colleghi sorteggiati a caso? affini culturalmente? amici per la pelle? colleghi fastidiosi da riportare sulla retta via? E quanti poi per ciascun tutor? C’è qualche numero che gira in giro? Sappiamo che questi numeri lei li ha. Ma che non può comunicarceli per un qualche riserbo istituzionale. Se è così, ce lo dica, per favore. Noi capiamo, ci mancherebbe.
Però vorrei rispettosamente suggerirle che questi insegnanti potrebbero ben essere i colleghi dei Consigli di classe o dei dipartimenti o di appositi gruppi di lavoro della scuola. Non le pare?
In questo caso però i tutor come si configurerebbero? E, soprattutto, cosa diventerebbero gli Organismi collegiali dei docenti?
Mi creda, signor ministro, qui si prospetta un vero ginepraio. Da non raccapezzarsi. Tanto che a furia di pensarci mi sono detto: – Ma è mai possibile che nessuno dei suoi collaboratori al Ministero gli abbia detto che la didattica individualizzata – non individuale, che è tutt’altra cosa, come lei ben sa – occupa da tempo, nel dibattito di chi si interessa di cose scolastiche, un posto importante; e che è convinzione unanimemente condivisa che le competenze che essa richiede dovrebbero far parte del bagaglio professionale di ogni buon insegnante? E che lo stesso discorso, con qualche variante, vale per la didattica orientativa?
Questo per dire appunto che, con la didattica individualizzata, il tutor soprattutto non c’entra un benemerito fico secco. Se non è così, basta che ce lo dica.
Dovrebbe comunque conservare tutto il suo valore la funzione di coordinamento delle varie articolazioni del Collegio – implicitamente, e con lodevole acume, da lei richiamata -, da assicurare attraverso l’istituzione di figure preparate e competenti e contrattualmente riconosciute.
Purtroppo, nonostante la sua palese e apprezzabile buona volontà di fare qualcosa di innovativo, va però detto che la proposta del suo schema di decreto, a volerla guardare un po’ meglio nelle strategie che prevede, appare, allo stato attuale – se lo lasci dire, ma sempre con rispetto – abbastanza ingarbugliata e piuttosto deboluccia; e soprattutto discretamente pasticciata. Se me lo consente, aggiungerei: senza capo né coda. Del tutto.
Secondo me, deve avergliela suggerita qualche agente segreto dell’opposizione, nascosto nel suo entourage: certamente di sinistra (e lei sa bene che gente è), per far fare brutta figura a lei e all’intero governo; e soprattutto alla Presidente in persona: e questa cosa per me è decisamente intollerabile.
Però, signor ministro, faccia attenzione. Si informi bene prima della prossima mossa e lo faccia in prima persona. Certamente troverà gente esperta e di fiducia che le spiegherà bene il tranello in cui è cascato – anche lei a sua insaputa -; e probabilmente anche come uscirne.
C’è tanta brava gente anche nel suo entourage, basta solo trovarla.




Un ministro meritologo. E molto altro

Stefaneldi Aristarco Ammazzacaffè

Il sogno di una vita.

“E l’Italia giocava alle carte e parlava di calcio nei bar e … rideva e cantava” (Gaber).
E Valditara studiava. Studiava soprattutto i primi passi, e anche i secondi, per dare concretezza alla scuola del Merito. Sembra addirittura che meditasse, già di prima di diventare ministro, di proporre all’Università Europea ‘Legionari di Cristo’ – di cui, come è noto, è promotore e preside – di istituire la facoltà di Meritologia.
E pensava.

Quest’idea quindi lo agitava da sempre. Infatti è da almeno tre legislature tre, da quando cioè è parlamentare, che desiderava diventare Ministro dell’Istruzione, soprattutto perché – udite! udite! –  voleva modificarne la denominazione.
Non gli piaceva quella adottata. Era monca e povera – diceva -. Sostanzialmente egli  mirava a integrarla con una parola che per lui era soprattutto un valore e una ragione di vita: MERITO. Tutto maiuscolo. E così passare alla Storia (ci teneva veramente tanto).

Col nuovo governo, che finalmente corona il suo sogno di diventare ministro, si presenta la grande l’occasione.
Ma non sapeva come centrare tale obiettivo. E questo gli creava depressione. Addirittura incubi notturni. Del tipo: sognare di essere davanti ad una commissione, formata tutta da gente di sinistra – povero! – dai volti accigliati e anche brutti (tra l’altro)  che lo interrogava in modo truce sulle competenze di ministro; e lui, in preda al terrore non riuscire ad aprire bocca. E sudava e stralunava.
Questo, almeno a dar retta ai suoi racconti. (Alcuni che ne sanno insinuano invece che non apriva bocca perché era a digiuno delle cose più elementari sul mondo della scuola. Sarà vero, non sarà vero? Nel dubbio, personalmente mi astengo).

Comunque alla fine ce l’ha fatta. Gli è arrivata l’idea giusta: – Rivolgiti a Giorgia – si disse – e vedrai che ne esci –
E così ha affrontato la Presidente Giorgia – come sempre la chiama lui (solo Salvini, che ancora gli rode, la chiama, col sorriso che gli si confà, “Giorgina”; e ogni volta lei lo squadra severa, che il sorriso gli si congela in smorfia).
“Vorrei, Presidente Giorgia – le dice – arricchire e meglio articolare la denominazione del mio ministero, per dargli la dignità e la considerazione che merita; e vorrei farlo aggiungendo, a Ministero dell’Istruzione, ‘e del Merito’. 

‘Giusto, giusto. È la bandierina che mancava. Mettiamocela”. Non aggiunge altro e riprende il suo lavoro. (Aveva evidentemente altro per la testa o già conosceva il personaggio. Ma chi lo può dire).  Lui capisce, saluta ed esce, comunque contento.
Era fatta! Raggiunto l’obiettivo anche sulla denominazione, inizia la sua missione concedendo interviste sull’argomento ai giornali, alle radio, ai telegiornali e alle trasmissioni di intrattenimento di Rai 1,2,3, de La Sette, della Nove e fors’anche della Dieci, se c’è; e ovviamente anche di Mediaset, di Sky, ecc., ecc.. Ha tentato anche con BBC, ma non ce l’ha fatta, per un soffio – dice lui.

Al di qua e al di là del merito. La questione della scuola seria: cosa è, cosa non è.

Però, quando questa storia del merito non tirava più come notizia, ha cominciato con altri argomenti più freschi e momentaneamente più attraenti; a partire dalla questione dei cellulari, fino a quella apparentemente un po’ più seria della scuola seria (cos’è / cosa non è, il dilemma). Questione, questa, che ha avuto degli sviluppi eclatanti nell’intervista a Sky TG24, poco prima di Natale, che ci ha fatto capire finalmente il cuore della missione che gli sta a cuore, ben tradotta nella frase che riassume il suo obiettivo pedagogico: “Riportare la serietà nelle classi”.
E, siccome lui è persona che sa quel che dice, ha voluto chiarirlo nella seconda intervista rilasciata al quotidiano Libero, dove reclama, senza giri di parole: “Io voglio una scuola seria con docente che spiega e lo si ascolta”. 0h! – conclude.

Al riguardo, profonde, come il pozzo di S. Patrizio, le sue parole, riferite specificamente all’uso del cellulare in classe. Sul quale soprattutto ha argomentato molto convinto, nella sua prima o forse seconda Lettera alle famiglie, che

  1. si usa quando si può e non si usa quando non si può;
  2. gli adulti della scuola devono vigilare ed eventualmente punire chi fa di testa sua, perchè la scuola è una cosa seria e non c’è scuola se non è seria (affermazione che ha – a ben vedere – una sua profonda interna coerenza e perciò è stata molto applaudita in giro, dicunt);
  3. la circolare ministeriale del 2007 sulla questione diceva già quello che andava detto, ‘ma io ne ho voluto fare una tutta mia, per far capire che l’aria è cambiata; e anche il vento ha cambiato giro“. Chi deve capire capisca;
  4. sono anche sue (di lui medesimo), le preoccupazioni, al riguardo, dei genitori e dei docenti; perciò anch’egli ha voluto occuparsene e preoccuparsene personalmente per far capire a tutti che ora c’è anche lui che se ne occupa e preoccupa. È bene che si sappia.

Sul valore della  punizione. Ovvero: quando l’ego degli studenti si sgonfia.

Riguardo allo specifico punto delle punizioni – per lui strumento obbligato di una scuola seria – le riflessioni e considerazioni in cui offre il meglio di sé sono quelle che ne approfondiscono opportunamente il senso e il valore, a ben vedere decisamente catartico (Piace richiamare qui che gli è capitato spesso di riproporlo in giro, riscuotendo, si dice, tacita ammirazione).
Tra l’altro, alcune di queste sono decisamente esemplari, soprattutto per l’assoluta capacità di saltare di palo in fresca con invidiabile non chalance; tanto da chiedersi, tra chi lo ascoltava: – Ma quanto avranno cercato per trovare un ministro così? Boh!
E casi come questi si arrivava addirittura all’imbarazzo, perchè non si sa  se essere più ammirati per le cose che dice o per le cose che non dice e si presume voglia dire (in situazioni del genere, comunque, io, nel dubbio, mi astengo).

Però una cosa non va sottaciuta. È il piglio dell’uomo che sa decidere. Di cui ha dato particolare dimostrazione nella trasmissione televisiva “Porta a porta”, di fine anno; durante la quale afferma testuale, a proposito dei fenomeni di bullismo: «Non possiamo rimanere inerti. …”.
Non saprei comunque a questo punto chi citare dei grandi pedagogisti dell’ultimo secolo a cui lui si è creativamente ispirato. Non me ne viene nessuno.

Ma il suo scavo sull’argomento bullismo e strategie ha avuto suggestivi sviluppi soprattutto nella sua Audizione di fine anno alle commissioni riunite Cultura di Senato e Camera.
Dove il ministro, puntando giustamente a fare bella figura – era la sua prima udizione – dopo aver parlato del bullismo come espressione dello sviluppo mal governato dell’ego  su cui evidentemente ha fatto degli studi la sera prima – ha lanciato il suo monito esplicito: “… il ragazzo deve concepire che il suo ego ha dei limiti; deve rendersi conto che è inserito in una dinamica sociale più ampia. Non può essere lasciato solo col suo ego ipertrofico». Una uscita che è una mazzata. E siccome è il tipo che non lascia le cose a metà, conclude con la parola d’ordine – quasi un’epigrafe -: “(Gli studenti) “devono imparare ad accettare la sanzione”.

Applausi finali ma anche qualche parlamentare che bisbiglia: – Ma noi che c’entriamo?
Comunque, nell’insieme non si può dire che la sua figura non l’abbia fatta.
A questo punto, la domanda finale: Cosa si può chiedere di più su un ministro di questa portata? Niente.
Lui è fatto proprio così. Che Dio comunque gliene renda merito.




Educare umiliando. L’audace e rivoluzionaria teoria pedagogica di Giuseppe Valditara, Primo Ministro MIeM

di Aristarco Ammazzacaffè

È da un paio di giorni che il Neoministro Valditara non esterna. E questo preoccupa.
C’entra il Covid? O l’influenza stagionale? O piuttosto la Presidente Giorgia, preoccupata per le reazioni, a dir poco scomposte, contro il Neo, prodotte dalle sue uscite ultime e penultime (e fermiamoci lì)? O c’entrano i poteri occulti? Soros, pescando a caso, antiputiniano com’è, c’entra o no?
Sta di fatto che il neoministro non esterna più e questo mette ansia ansiogena e pone interrogativi densi e intensi, a pensarci bene.
La domandona: – Perché non si è apprezzato il gesto audacemente educativo del Nostro che fa retromarcia e chiede addirittura scusa per un termine usato forse impropriamente?

Il fatto è noto. Durante un evento a Milano di alcuni giorni fa, a proposito di ragazzi violenti, che purtroppo non mancano nei nostri istituti, il Ministro afferma che quello che la scuola deve fare è umiliarli, costringendoli, non – si badi bene – con pugni nello stomaco o frustate sulla schiena nuda, ma solo obbligandoli a fare dei lavori socialmente utili.
Interrogativo: – Anche presenti i propri compagni, o altro personale che passa per i corridoi? –
Perchè no? Se con queste esperienze soprattutto – argomenta il Neo – il ragazzo riconosce questa esperienza come passaggio denso di significato formativo e culturale?

Di fronte a ragionamenti di tal fatta, chi può dargli torto? Solo corvi e marmotte, penso.
Devo però confessare in tutta sincerità che, del suo discorso, un passaggio non mi è tanto piaciuto: quello dove, con un’enfasi eccessiva, afferma: Evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella costruzione della personalità.

Io personalmente l’avrei evitata. Anche se nella frase c’è un bel richiamo alla ‘costruzione della personalità’, che molto ci dice della sua tempra educativa e della sua preparazione e formazione.
Della quale, tra l’altro, sono testimoni veraci i suoi tanti libri.
Cito solo due titoli che si impongono per altezza di ingegno, a crederci: “L’Impero Romano distrutto dagli immigrati”, Aracne editore (il mio preferito in assoluto) e “IMMIGRAZIONE. La grande farsa umanitaria” (edito da il Giornale. Una ricostruzione fuori dal coro, che si legge bene, anche a righe alterne. Miracolosa!).

Comunque, il messaggio formativo che gli sta più a cuore, e da cui intende partire, si può sintetizzare così: Non c’è ordine senza disciplina, né disciplina senza ordine.
E parafrasando: Né maccheroni senza cacio, né cacio senza maccheroni. Se proprio si vuole esprimere al meglio il concetto.

E ne è talmente convinto – il Nostro – da essere sicuro  che questi ragazzi quando cresceranno, lo ringrazieranno per tutta la vita e che nessuno penserà di bucargli le ruote della sua Audi, ultimo modello.
Cosa che io gli auguro. (Che lo ringrazieranno. Ovvio. Cosa avete pensato?)
Non per niente lui, come ho già detto altrove – per averlo letto sui giornali nazionali – è Preside all’Università Europea dei Legionari di Cristo a Roma; e quindi un Legionario convinto lui stesso.
Si sa anche (ma è notizia ancora riservata), che fra poco istituirà – sembra – un dipartimento intitolato alle Sentinelle della Madonna.
Lui è fatto così. È bene saperlo.

È stato invece poco considerato un passaggio, dell’intervento all’evento di Milano, in cui, dopo averci ricordato, scoraggiato, che “Così non si può più andare avanti” (E qui mi viene da dire a mia insaputa: – Che fa, Ministro? Getta la spugna? Non sia mai! Lasciamo campo libero ai nuovi barberi e infedeli?), ha aggiunto significativamente. “Quando io ero un bambino, il maestro era il maestro con la emme maiuscola”.
È certamente una frase che gli fa onore, perché dimostra che già da piccolo capiva tutto.
Non è stata però molto gradita – sembra – da alcune insegnanti giovani e da altre a fine carriera. Le prime svilite: – Perché noi sole con la lettera minuscola? Ci si discrimina? Non è giusto! -; le seconde offese perché: “Noi i nostri bambini, per educarli, non abbiamo mai pensato di umiliarli. Come certi Ministri”.
Che dite? Alludevano? Mah.
Anche a me, ad essere sincero, l’uscita non è piaciuta molto perché i tanti malevoli che sono in giro – e il Neo sa quanti ce n’è soprattutto tra gli ‘scolastici’; a sinistra poi …! – hanno avuto buon gioco a controbattere che se lui è il frutto dei quei maestri con la m maiuscola, meglio tenerci quelli con la minuscola”. A tanto si arriva! O tempora! O mores! (Anche se lei, signor Ministro, se l’è andato proprio a cercare)

Quanto poi alla cosiddetta sua retromarcia”, c’è da aggiungere che, per chi ci ‘crede’ come Salvini, è un perfetto exemplum – se me lo si concede – di uno stile di educatore che ha realizzato il suo errore (espressione che condensa, se ci pensate bene, riflessività, responsabilità e umiltà opportunamente scecherate), per richiamarci che “la realtà è più grande del proprio Io”.
Ben detto. Ministro! Great!

Per concludere, signor Ministro, mi rivolgo direttamente a lei per una curiosità importante: – Il Salvini si è fatto anche lui Legionario? O aspetta il futuro dipartimento della sua Università Europea per farsi Sentinella della Madonna, ed essere, così, più coerente i con i tanti rosari che gli abbiamo visto sgranare?




A volte ritornano. Il merito 10 anni dopo. Finalmente si fa sul serio!

di Aristarco Ammazzacaffè

Subito e pubblicamente: un portentoso apprezzamento per il neoministro Valditara e lo sforzo che ha fatto e sta facendo, lui e il suo governo, per fare capire a testardi e prevenuti (e ce n’è in giro) cosa effettivamente sia e significhi merito e come si debba onorare.

E ancor prima, dargli atto che la scelta di aggiungere a ‘Ministero dell’Istruzione’  ‘e del merito’, è decisamente rivoluzionaria e benedetta.
(Chi non ci crede è però giustificato. Siamo in democrazia)

Comunque, se posso – all’interno di queste note – rivolgermi direttamente a lei, gentile signor Ministro, per dirle che io l’ho capita bene.
Io leggo sempre le sue interviste e dichiarazioni. E le sue parole d’ordine: Merito come lotta al privilegio, e (addirittura) come lotta contro una visione classista della società, le trovo fulminanti, in senso letterale, mi creda.
Nette al riguardo le sue affermazioni: ‘La scuola di oggi è classista’. ‘Non è la scuola dell’uguaglianza’.  (Sic, a chiare lettere, nell’intervista al Corriere del 31 ottobre).

E giustamente e con fierezza rivendica al riguardo che “non accetta lezione da nessuno” (e chi può dargliele, scherziamo?) perché suo padre nella Resistenza è stato partigiano e, per chi non lo vuol sapere, faceva parte della Brigata Garibaldi.

Confesso che, quelle dell’intervista, sono frasi che immediatamente mi hanno fatto sentire il Ministro come uno dei ‘nostri’; addirittura, un compagno, se posso osare.
Vorrei tanto mi si credesse.

Aggiungo che sulle risposte del Ministro al Corriere ci ho pensato su parecchio. E mi son fatto persuaso che il suo bisogno di lottare contro il privilegio e il classismo della nostra società gli sia venuto già dalle sue prime esperienze di adolescente. Sono sicuro che presto verrà fuori – e lui ce lo dirà a tempo debito – che già dai tempi della scuola media egli era radicato in queste convinzioni: praticamente, compagno e rivoluzionario sin dalla prima ora, si potrebbe azzardare. Un esempio calzante del famoso detto: “Quando il buon giorno si vede dal mattino! Complimenti!

A ben vedere, le frasi citate nell’intervista sottintendono, per chi le sa leggere, la virulenza delle ferite che hanno lasciato, nella sua coscienza di adolescente, i vari casi di privilegio di cui godevano sfacciatamente alcuni suoi compagni di classe – figli di avvocati, padroni e manager e professori universitari – che venivano sempre e comunque promossi, e sempre con tutti 8 e 9 – qualcuno con 10! – ed elogi e sproloqui compiacenti da parte dei professori.
Ecco, immagino, che la tenacia del Ministro nel perseguire l’obiettivo di diventare titolare del Ministero dell’istruzione nasca proprio dal bisogno freudiano di aggiungere ‘e del merito’ alla dizione tradizionale del Dicastero, maturato proprio da queste sue prime esperienze. Fateci caso.
Perciò è da salutare con soddisfazione la sua proposta di voler promuovere una grande alleanza per il merito, con studenti e insegnanti: ‘una priorità’ che si configura come una battaglia politica di cui aspettiamo con ansia di capire i termini e lo sviluppo. (Risulta che siano stati sconfitti clamorosamente quanti, nello stesso Governo la volevano – l’alleanza – piccola, denutrita e pallida -, spingendo su altre priorità, come ad esempio, migliorare pratiche e condizioni organizzative degli insegnanti. Ben gli sta a questi benaltristi facinorosi.

Comunque, che gente che c’è in giro! Non si sa più distinguere il grano dal loglio. Secondo me, si legge poco la Bibbia! E bene farebbe il Ministro a lanciare a tal proposito una opportuna parola d’ordine. Personalmente, ho una qualche percezione che lui ci abbia già pensato. Non per niente, il Nostro è Preside all’Università Europea dei Legionari di Cristo a Roma. Pensate: Preside – Università Europea – e, addirittura, Legionario! E mica di un ‘Vessillo’ qualsiasi.
Qui si vola alto! Altissimo direi.
Per meglio capire poi cosa il Ministro intenda quando parla di merito da riconoscere e valorizzare, ho voluto scoprire direttamente, attraverso i quotidiani più diffusi e ‘accreditati’ a livello nazionale, la tipologia di meriti più apprezzati – e quindi utilizzati – per nominare un sottosegretario del dicastero da lui diretto.

E anche per avere a disposizione exempla di meriti da indicare a modello. E cosa poteva esserci di meglio di casi concreti che avessero come attore protagonista un personaggio di esperienza e degno di stima come il Nostro?
In questa mia ricerca, l’attenzione è caduta, leggendo i giornali dei giorni dopo le nomine dei sootosegretari all’Istruzione, su alcuni nomi non notissimi, tra l’altro. Il primo di questi, era quello dell’on. Paola Frassinetti.
Il suo profilo, sulla base del quale sembra sia stata ritenuta meritevole del prestigioso incarico, è così descritto (Corriere del 3 novembre): uno, “che è frequentatrice assidua della Corte dei brut di Gavirate Varese”, centro culturale e anche ristorante, “ancora oggi crocevia dell’estremismo nero ed esoterico” (Oddio! Sobbalzo.  E di seguito: stordimento generale e attacchi di tosse acuta e stridula); due, che in questa Corte è di casa “Rainoldo Craziani, figlio di Clemente, fondatore di Ordine Nuovo, e teorico dello stragismo degli anni ’70”; Piazza della Loggia, Piazza Fontana, eccetera, per capirci (Madonna! Improvvisa perdita della parola, vista confusa e conati di vomito. Ridotto a cencio), e, tre,  che l’attuale sottosegretaria “ha sempre sostenuto l’attività di Lealtà e Azione, piccolo gruppo neonazista in Lombardia” (tra l’altro, promotore a Milano, per il 4 dicembre prossimo venturo, di una manifestazione politica all’altezza, ovvio).

A questo punto, mi è caduto addosso tutto il Resegone e ho perso conoscenza.