APPRENDIMENTO PER VIA EROTICA – DIVERGENZA

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DIVERGENZA

Pensiero divergente e convergente, dita e palmo della stessa mano.

di Alessandra Anzini

Per introdurre gli studenti al nuovo approccio de IL MIA, dove la classe diventa Gruppo Divergente di Scoperta e i singoli alunni Coppie Divergenti, racconto una storia, assurda ma efficace:
“C’era una volta un bambino che aveva una madre aggressiva e volgare, tanto da convincersi che tutto il mondo fosse così, finchè iniziò ad andare a scuola e a sentir parlare anche di donne e uomini gentili e amorevoli, i cui pensieri riempivano pagine e pagine dei suoi libri. Fu allora che iniziò a pensare che forse il mondo non fosse poi tanto volgare e aggressivo e quando crescendo imparò ad avere pensieri “diversi” , cominciò a “vedere” la madre, a sviluppare un pensiero critico e finalmente a scegliere come avrebbe voluto la propria vita”.

La scuola dell’obbligo, da sempre allergica alle menti più ribelli, nasce con l’illuminismo e fa del pensiero convergente il modus operandi, perché garante di risultati certi.
Specchio di questo è un sistema scolastico strutturato su testi dove l’unica soluzione corretta è alla fine del paragrafo o del libro che condiziona un approccio riproduttivo e non produttivo. Genera appiattimento, a volte rielaborazioni, ma non creatività.
A riprova di queste considerazioni qualche anno fa viene sperimentata su bambini della materna la capacità di sviluppare il pensiero divergente rispetto alle varie funzioni che può avere un oggetto e fu rilevato che lo possedeva il 98 % del gruppo, ma testati man mano che crescevano rilasciavano percentuali sempre più basse.
Erano andati a scuola.
Chi di noi almeno una volta nella propria storia scolastica non è stato testimone dell’imbarazzo di un docente di fronte ad una provocazione intellettuale non “programmata”? Continua a leggere

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BURNOUT

di Alessandra Anzini

Burnout in inglese vuol dire ridurre a zero una sostanza attraverso la combustione ed evoca l’immagine di qualcosa che sparisce, perchè brucia.
Già nel 2004 il linguista ed ex Ministro del MIUR Tullio De Mauro, nella prefazione al libro di Vittorio Lodolo D’Oria Scuola di follia, ne scriveva in termini accorati e profetici: “…le pratiche di un ufficio possono pure continuare a essere sbrigate anche se si è colpiti dal burnout, la gente in fila a uno sportello resta interdetta da uno scatto d’ira dell’impiegato, ma infine il lavoro in qualche modo può andare avanti, ma per l’insegnante è completamente diverso. Il rapporto con gli alunni, le famiglie e i colleghi è profondo e positivo, un rapporto personalizzato che si deve affinare e consolidare nel tempo, un rapporto che sollecita risposte positive, su cui si costruisce e senza cui si fallisce, è il principio, il mezzo, il fine dell’insegnare. Il burnout devasta alla radice efficienza ed efficacia del lavoro dell’insegnante e più che altrove fa da base alle patologie psichiatriche”
E dopo una chiara condanna all’assenza delle istituzioni, conclude “ …Il disagio che patiscono gli insegnanti non è un loro fatto privato, tanto meno qualcosa di colpevole. ”

Perché solo ora questa condizione, che sul piano psicologico è uno stato di esaurimento emotivo, mentale e quindi fisico, causato da situazioni frustranti e pressioni esterne, più grandi delle proprie capacità, diventa tanto diffusa da “meritare” l’attenzione dell’Osservatorio sul Benessere dei docenti dell’Università di Milano Bicocca la quale attesta il coinvolgimento del 50% dei docenti? Continua a leggere

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ASCOLTO

di Alessandra Anzini

“A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino”. Questo scriveva Picasso quando capì che recuperare quella purezza segnica avrebbe significato riattivare ascolto libero, autentico e permeabile al mondo circostante, che gli avrebbe scatenato quella creatività senza limiti, a cui ogni essere umano è votato.

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Ma se io docente agisco col gruppo classe, quindi con il mio mondo quotidiano, solo per farmi ascoltare e non per Ascoltare, come posso pensare di risultare attraente all’alunno e permeabile a tutto quello che può offrire? Potremmo recuperare anche noi, come Picasso, la nostra dimensione più autentica, quella prescolare dove non c’era auto giudizio e pregiudizio e si agiva per il puro piacere di scoprire? Potremmo provare a spogliarci delle nostre paure, dei condizionamenti sociali e culturali? Vestire così quell’habitus che ci permetterà di recuperare la nostra capacità di Ascolto, rendendo la nostra quotidianità scolastica fertile perchè pronta ad Accogliere TUTTE le sollecitazioni dei nostri alunni? Alunni che smetteranno così di essere spettatori annoiati o inquieti ed entreranno finalmente nei nostri mondi di cui diventeranno attori, sceneggiatori e compagni di viaggio? Continua a leggere

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