di Enrico Bottero
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In ogni attività umana la valutazione è una necessità. Senza una valutazione, implicita o esplicita, non si può progredire. Il problema è che la nostra società è stata colta da una vera e propria frenesia valutativa.
Si parla di valutazione nei sistemi educativi, nelle imprese, nelle agenzie governative e nelle amministrazioni, nelle organizzazioni internazionali. Il dovere di valutare si sta trasformando in un vero e proprio delirio valutativo. Nella scuola la febbre della valutazione impone l’onnipresenza di valutazioni e controlli, spesso con esiti di classificazione attraverso voti o “crediti formativi”.
Paulo Freire l’aveva chiamata pedagogia bancaria.
Nello stesso tempo nella scuola continuano pratiche antiche come il voto, i cui limiti sono stati già ampiamente dimostrati. Ci si adegua ad una modernità ma non si abbandonano le vecchie pratiche selettive. È la soluzione migliore per conquistare il consenso. Nell’epoca della sondocrazia cercare continuamente il consenso è diventata l’ossessione delle elites politiche.
Se è così si devono salutare positivamente tutti i tentativi delle scuole di sperimentare nuove modalità di valutazione.
È il caso dell’istituto comprensivo Rodari di Modena che, a quanto leggo, utilizzerebbe in alcune classi schede autovalutative. In queste schede i bambini esprimerebbero un’autovalutazione attraverso un emoticon.
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