La scuola delle disabilità

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di Daniele Ferro

Dispensato da leva militare o surrogati, per magnanime virtù anagrafiche, a volte mi chiedo se fosse opportuno progettare un Servizio civile obbligatorio, anche breve ma ad ogni modo in situazioni difficili, da svolgersi entro una certa età (25 anni?).

L’ultima volta me lo sono chiesto grazie al pasticciaccio di Antonello Venditti a un concerto: insulti a una donna con disabilità e scuse ex post.
L’episodio mi ha spinto a ripensare a una settimana di lavoro che svolsi in un soggiorno estivo quando avevo 23 anni, e che per la mia formazione valse più di un anno di scuola almeno. Grazie agli scout, da ragazzino avevo già conosciuto le diversità, ma non avevo mai fatto volontariato con persone con gravi disabilità.

Quell’estate, studente di Cooperazione a Roma, inviai il curriculum a una cooperativa, su consiglio d’un compagno di corso che aveva svolto egli stesso l’esperienza in precedenza.
Insieme a un trentacinquenne, mi presi cura di un ragazzo poco più grande di me.
Era in sedie a rotelle, impossibilitato a muoversi, a parlare o a comunicare a gesti: una notevole disabilità fisica e cognitiva. Quando era contento, però, Antonio lo manifestava benissimo. 
Ed ero contento anch’io, perché prendendomi cura di lui – insieme a un collega più saggio ed esperto di me – stavo imparando a gogò sulla vita.
Soltanto, provavo particolare inquietudine quando, dopo che lo avevamo lavato, Antonio si guardava allo specchio in bagno; mi chiedevo: «Si renderà conto di sé?». Una risposta non l’ho mai trovata.
Ma ne arrivò un’altra ben più preziosa, per una situazione diversa, che mi rendeva molto più inquieto rispetto a quella di Antonio. Emozioni e pensieri che nei primi giorni mi terrificavano l’animo: riguardavano una ragazza malata di grave spasticità. Il fatto che fossimo nati nello stesso anno amplificava il mio sballottamento interiore: lei sarei potuto essere io.

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Linee Guida di Educazione civica: un primo commento al parere del CSPI

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disegno di Matilde Gallo, anni 10

di Rodolfo Marchisio

Il CSPI ha esaminato nella seduta plenaria n. 131 del 28/08/2024 le linee guida per la Ed. Civica presentate dal MIM.

Il presente articolo intende facilitare la conoscenza del parere del CSPI essendo una lettura che evidenzia i punti più importanti (e condivisibili, secondo me) e li commenta brevemente. Si fornisce, indirettamente, una idea del testo inviato dal MIM e delle problematiche che sollevava, su cui interverremo a parte.
In corsivo le citazioni. I grassetti sono dell’autore della scheda.

Il CSPI ricorda in premessa

a) i nuclei della legge 92/19

  1. Costituzione, diritto (nazionale e internazionale), legalità e solidarietà;
  2. sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio;
  3. cittadinanza digitale.

 b) Che con nota DGPER n. 19479 del 16/07/2020 il Ministero ha promosso un capillare e imponente piano di formazione

c) Che entro l’a.s. 2022/23, sulla base delle attività delle istituzioni scolastiche e degli esiti di un apposito monitoraggio, le Linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica avrebbero dovuto essere integrate con la definizione a livello nazionale dei traguardi di sviluppo delle competenze, degli obiettivi specifici di apprendimento e dei risultati attesi. Effettivamente con nota prot. n. 16706 del 27/06/2022 il Ministero ha effettuato una rilevazione delle modalità adottate dalle istituzioni scolastiche Continua a leggere

Educazione civica: il testo del parere del CSPI sulle nuove Linee Guida

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Nella giornata del 28 agosto il CSPI ha espresso il proprio parere sul testo provvisorio delle nuove Linee Guida di Educazione Civica.

Logistica multimodale?

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di Marco Guastavigna

Ammesso che a 72 anni ci si possa definire esperto di qualcosa, sono arrivato a individuare il mio campo da poche ore: è la logistica digitale della conoscenza, con una particolare attenzione all’istruzione.

Questa pomposa etichetta ha almeno un pregio: riporta “digitale” al suo ruolo politico-grammaticale di aggettivo. Per troppo tempo, infatti, è stato un sostantivo, “il digitale”, primigenio esempio di concetto intenzionalmente tenuto nello stato di nebulosità.

A condividere questa condizione di formulazione utile a contenere il pacchetto operativo, cognitivo e culturale del momento è arrivata da circa due anni l’intelligenza artificiale, espressione che in quasi 70 anni di vita ha a sua volta assunto significati e adottato paradigmi molto diversi gli uni dagli altri. Aumentando così il tasso di confusione, superficialità, pressapochismo, massimi-sistemismo di una discussione pubblica sempre più tossica, perché inutilmente polarizzata tra l’impreparazione degli apocalittici e quella degli integrati di turno. Continua a leggere

Pensieri intorno ad uno smartphone cacciato di scuola

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di Giovanni Fioravanti

Come volavo con la mente fuori dall’aula, oltre la finestra! Là, fuori, c’era la vita, quella vita che lì, dentro alla scuola, restava sospesa tra le mura della classe. Una vita che brulica, che vive. A scuola si va per imparare la vita, ma la vita resta sempre fuori, la vita che si impara a scuola non è quella viva, ma quella già morta da molto tempo.

A scuola bisogna astrarre la mente dalla vita, concentrarsi sulla sua rappresentazione senza alcuna distrazione, se no non si impara. Eppure è strano perché prima di mettere piede a scuola quello che ci siamo imparati ce l’ha insegnato lei direttamente, la vita, semmai senza tanti riguardi, ma da lei abbiamo appreso quello che siamo.
Si sa, alla scuola quello che siamo non gli va bene, la scuola deve formare, raddrizzare le storture, educare, condurci fuori da noi stessi assimilando il verbo docente, il verbo passivo delle parole ascoltate o lette per essere imparate, mandate a memoria, ritornate alle orecchie dell’insegnante così come sono state confezionate per la nostra mente, per la nostra età, che non siano indigeste e storte, che non vadano di traverso, ma ritte e perfette.

Perché la scuola è per carattere riservata, non ha mai amato confondersi con il succedersi degli avvenimenti di fuori, perché il sapere a scuola ha una sua aristocrazia, tramandata di generazione in generazione e più è tramandata più il sapere è nobilitato. Non esistono i quarti di sapere, qui la nobiltà è del casato a cui il sapere appartiene, ognuno con le sue arme, sono discipline, sono materie d’antiche discendenze, già dai Trivi e dai Quadrivi. Continua a leggere

Tommaso Campanella, il filosofo calabrese nella “lettura” di Paolo Mongiardo

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Tommaso Campanella è stato uno dei più importanti filosofi italiani ed è noto soprattutto per un testo (La città del Sole) che si colloca in un filone rilevante della riflessione politica.
La Città del Sole descrive infatti un modello di organizzazione sociale che consentirebbe, secondo Campanella, una vita ispirata a criteri di giustizia e libertà.
Secondo Campanella  l’educazione svolge un ruolo decisivo nella costruzione della “Città” ideale e anche per questo il suo pensiero assume un rilievo pedagogico originale.
Ma l’autore della Città del Sole ha esplorato uno dei temi più rilevanti della riflessionae filosofica.
Di questo si è occupato per lungo tempo Paolo Mongiardo, filosofo calabrese, venuto a mancare alcune settimane fa.

Ed e proprio nel libro “La dottrina della conoscenza di Tommaso Campanella” che Mongiardo propone la sua ricerca.

Il libro, che stato composto e completato dall’autore poco prima di morire, è frutto di uno studio approfondito del pensiero gnoseologico di Campanella, grande filosofo di Stilo.
Paolino Mongiardo, nel suo libro, ricompone come in un mosaico l’intera dottrina della conoscenza di Campanella, il quale non diede mai un’ organizzazione sistematica alle proprie originali intuizioni, che si possono cogliere soltanto leggendo le sue opere e che, per questo motivo, sono sempre state esclusivo appannaggio degli addetti ai lavori.

Paolo Mongiardo ha avuto il grande merito di aver ripercorso, con uno stile fluido ed avvincente, tutte le fasi del processo conoscitivo in Tommaso Campanella, offrendo al lettore, per la prima volta nella storia della filosofia, una visione organica e unitaria dell’originale teoria del grande filosofo di Stilo. Continua a leggere

L’educazione civica (o “cinica”) a cui pensa il ministro Valditara

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Composizione geometrica di Gabriella Romano

di Cinzia Mion

E pensare che c’è stato un tempo della mia gioventù professionale in cui ho creduto fortemente che fosse possibile “cambiare “ il mondo in senso migliorativo, attraverso la Politica, la Democrazia, l’applicazione della partecipazione democratica a Scuola attraverso un’ Educazione cooperativa e sensibile all’attenzione per tutti, in grado veramente di realizzare quello che oggi definiamo il BENE COMUNE.
Ricordo anche che più avanti, diventata direttrice didattica, trovandomi tra i fondatori dell’ ANDIS ( Associazione nazionale dirigenti scolastici) ho steso la traccia del Codice Etico della stessa associazione.
Rammento di quanto abbia insistito in questo codice, ancora sopravvissuto ai giorni nostri, nel porre attenzione al rischio che l’impegno etico dei dirigenti non si traducesse nelle semplice “correttezza” dovuta all’appartenere alle figure dirigenziali del settore pubblico, dimenticando che “per dettato esplicito della legge, invece, l’Istituzione Scuola deve formare le giovani generazioni alla “cittadinanza e all’etica pubblica”. Credo allora che questa ultima espressione vada esplicitata meglio.
In questo momento storico si fa un gran parlare, nuovamente, di affidare alla scuola l’educazione civica anche da parte del nuovo governo, attraverso il ministro Valditara.
Non credo assolutamente che così come è stata configurata finora l’educazione civica, disciplina di 33 ore annue, con verifiche e voti conseguenti, possa risanare il Paese attraverso ‘i ragazzi’. Noi pensiamo che formare alla cittadinanza voglia dire invece diffondere quell’etica pubblica, e non solo una morale privata, che risulti fondata sui valori condivisi e costituzionali, laici e pluralisti.
La difficoltà in Italia a diffondere questi valori ha radici lontane.
Vediamo però ora che cosa si intende per “etica pubblica”. Continua a leggere