Ritorno al futuro del tempo pieno nella città educativa

di Ermanno Morello (per gentile concessione dell’autore e della rivista Insegnare)  Scrivo di tempo pieno sulla base dell’esperienza personale di insegnante di scuola media che, per sorte fortunata prima e scelta motivata poi, ha sempre lavorato in classi a tempo pieno e prolungato. Nel cinquantenario della sua istituzione si sta avviando una riflessione articolata da parte di molti soggetti e associazioni: ripercorrerne la storia per individuare principi ispiratori e impianto didattico è fondamentale per riflettere, oggi, sul tempo e sulle modalità per l’ apprendimento, almeno nel primo ciclo di istruzione. Il rapporto della scuola con la città è fondamentale, sotto il profilo strutturale e culturale (…)  nel tempo pieno si sono gettate le basi per la futura integrazione tra scuola e territorio, che ha portato ad un vero e proprio Progetto Educativo di Territorio. [1] Data la complessità del fenomeno, in questo contributo proverò a entrare solo nell’aspetto del rapporto tra la scuola e la comunità educativa territoriale, vissuto direttamente a metà degli anni settanta del secolo scorso a Torino, quando lavoravo alla scuola media G.Baretti in Barriera di Milano, quartiere storico della periferia operaia in quegli anni sottoposto all’impatto con una immigrazione massiccia e disordinata dal sud d’Italia, come ancora accade oggi con persone provenienti da altre terre. https://youtu.be/15TT5hLJ304 Continua a leggere

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Dare un valore all'apprendimento. Come cambiare rotta verso una valutazione formativa

di Daniele Scarampi Il termine “valutazione” ha le sue radici nel participio passato latino di valére, ovverosia quel vàlitus che rimanda a un concetto ben preciso: avere un prezzo, riconoscere un valore. Tale premessa non può che presupporre la prospettiva sistemica – globale, situata e omnicomprensiva – della valutazione, che rispecchia essenzialmente un processo formativo in itinere piuttosto che limitarsi alla rilevazione o alla semplice misurazione di singoli episodi didattici. In quest’ottica, valutazione, progettazione e azione didattica sostanziano un paradigma d’apprendimento che, come ben ha raccontato la scuola di Barbiana, dà piena cittadinanza a quei saperi che non si imparano tra banchi di scuola, ma stando a contatto con la realtà in cui si vive; un apprendimento che dal reale prende lo spunto affinché ognuno acquisisca gli strumenti necessari di base per poter essere un cittadino consapevole. Continua a leggere

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Le tante ragioni della dispersione scolastica

di Raimondo Giunta Nei giorni che precedevano l’inizio delle lezioni, finché sono stato in servizio, impegnavo il collegio dei docenti e i gruppi di coordinamento a discutere sui risultati dell’anno precedente e in modo particolare su quelli che fanno parlare di dispersione scolastica. Il proposito era quello di vedere come e se era possibile contenerla. Trasmettevo ai miei docenti la preoccupazione e l’amarezza di vedere tanti giovani perdersi e perdere le occasioni per istruirsi, per andare avanti, per impossessarsi degli strumenti che sono indispensabili per diventare cittadini e lavoratori all’altezza dei tempi. La definizione degli insuccessi scolastici come dispersione non mi è mai piaciuta e non mi piace ancora. Sembra quasi che si tratti di un fenomeno naturale, che si verifichi a prescindere dalle decisioni degli uomini, dalle scelte fatte dagli uomini. Una volta con più precisione si parlava di selezione, ma il termine era ed è sovraccarico di molteplici significati contrastanti e pro bono pacis non lo si usa più, tranne negli articoli di quegli intellettuali che nei quotidiani la reclamano ad alta voce per dare prestigio alla scuola e al sapere e anche per darsi un alto contegno… Che la dispersione scolastica (ci atteniamo alla vulgata ministerial-pedagogica..) continui a verificarsi nonostante le lotte che le sono state dichiarate è un fatto grave sul quale è giusto soffermarsi a ragionare. Senza dimenticare che nel fenomeno della dispersione oltre agli abbandoni bisogna includere ripetenze e scarso livello di conoscenze e competenze. Continua a leggere

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Piano Scuola Estate 2021. Una lettura di prospettiva

Stefaneldi Aluisi Tosolini  Si sta molto discutendo in questo periodo del Piano Scuola Estate 2021. Il punto di partenza è la nota 643 del 27 Aprile del capo dipartimento Stefano Versari. Si tratta di una nota scritta in un linguaggio decisamente non burocratico e che fa i conti con una situazione davvero molto difficile dopo due anni scolastici vissuti all’insegna della pandemia covid 2019. In questo mio approfondimento non intendo commentare o analizzare compiutamente la nota Versari (per questo basti il rimando alla lettura integrale della nota 643 oltre che alla lettura delle molte prese di posizione sulla stessa). Intendo invece soffermarmi su una questione diversa, di fondo (di grund,  direbbero i filosofi), e che ha a che fare con la collocazione o meno del Piano Estate entro una diversa visione di scuola e quindi su un percorso possibile di trasformazione del sistema di istruzione e formazione della nostra società.

  1. Una premessa
In premessa credo rilevante sottolineare la personale adesione all’impianto complessivo segnalato dalla nota ministeriale. Da anni molti dirigenti scolastici, assieme a realtà associative presenti sui territori, enti locali, terzi settori stanno lavorando per far uscire la scuola da una concezione fordista e tayloristica operando in particolare su due assi: l’asse del tempo e l’asse dello spazio. L’idea che sta sotto il Piano Scuola Estate 2021 scardina esattamente questi due assi: la scuola non è più legata ad un calendario e ad un orario rigido e può aprirsi alla società e all’ambiente letti come spazi di apprendimento (che è poi l’idea di fondo dei patti educativi di comunità). Ho più volte definito negli anni questa prospettiva con la frase: la scuola come intellettuale sociale[1]. Continua a leggere

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Gruppo classe vs gruppo di apprendimento. La tentazione della "grande riforma"

di Simonetta Fasoli Leggo e cito testualmente dal Pnrr, missione 4, Riforma 1.3: Riforma dell’organizzazione del sistema scolastico “La riforma consente di ripensare all’organizzazione del sistema scolastico con l’obiettivo di fornire soluzioni concrete a due tematiche in particolare: la riduzione del numero degli alunni per classe e il dimensionamento della rete scolastica. IN TALE OTTICA SI PONE IL SUPERAMENTO DELL’IDENTITÀ TRA CLASSE DEMOGRAFICA E AULA, ANCHE AL FINE DI RIVEDERE IL MODELLO DI SCUOLA […]” I caratteri cubitali sono miei. Mi sembra che sia il caso di fare qualche osservazione su questo passo, per le implicazioni che comporta, riguardo all’esplicitato e al non detto. Cercherò di andare per punti: la sintesi aiuta, se non è reticenza. Continua a leggere

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Defascistizzare la valutazione, almeno per le "pratiche estive"

di Paolo Fasce Ho sempre riflettuto sul tema della valutazione. A volte l’ho fatto con tono scherzoso, mettendone alla berlina gli eccessi pseudo docimologici (lo feci proprio sul sito di Pavone Risorse), altre l’ho fatto più seriamente dedicando un capitolo della mia tesi di dottorato (anche questo pubblicato sul sito di Pavone Risorse). Recentemente ho scritto un Regolamento della Valutazione che nei prossimi giorni, dopo un passaggio in Commissione PTOF e discussioni diffuse nei dipartimenti disciplinari e nei consigli di classe, affiorerà in Collegio dei Docenti per una discussione collettiva e meditata. Lo rendo disponibile in questa sede perché potrebbe ispirare qualcuno e contribuire a salvare delle vite. In questo regolamento ho provato a defascistizzare la valutazione. Uso tecnicamente questa parola, giacché ho appreso che la locuzione “congruo numero di valutazioni scritte, orali e pratiche” deriva da un articolo di un regio decreto della riforma Gentile. La normativa vigente, quella che è emersa col DPR 122/2009 e con D.Lgs. 62/2017 sembrano però lettera morta nei regolamenti sulla valutazione innestati nei PTOF che continuano a parlare di “congruo numero di voti”. Il mio contributo vuole accogliere ciò che è scritto nelle norme vigenti, ma non letto, meno che mai praticato. Non è il regolamento che scriverei se fossi imperatore del mondo (dico “imperatore del mondo” perché il regolamento che scriverei non avrei il potere di deliberarlo neppure se fossi Ministro), ma è un contributo di cosa si può fare entro la legislazione vigente (quella davvero vigente, non quella che molti immaginano che ancora viga). Pare assurdo, ma nessuno l’ha letta, la legislazione vigente. Nessuno si attiene. Tutto continua come se nulla fosse. E, infatti, spesso la scuola soccombe ai ricorsi. Per forza. Andiamo avanti per prassi obsolete. Giacché non sono più giovane, ho fatto qualche esperienza e penso che dovremmo tutti adottare a scuola quella che in medicina è un cardine sul quale si basa da millenni questa disciplina: “primum non nocere”. Ed è innegabile il fatto che i voti nuocciano. Creano disagio. Paura. Distaccano dal piacere dell’apprendimento. A volte, nelle psicologie condizionate di studenti che poi diventeranno disadattati nella vita, sono lo scopo del gioco. “Ho preso otto!” dice la mia stessa prole. Sono io che le chiedo: cosa hai imparato? Alla luce di queste considerazioni, che mi fanno dire che la scuola avanzerebbe di un secolo semplicemente abolendo i voti (ma per fortuna mia e vostra, non sono l’imperatore del mondo), potete immaginare quanto stucchevoli appaiano alla mia modesta persona le notizie che sostengono che per le attività estive legate ai progetti che verranno finanziati col PON collegato al “Piano scuola estate 2021. Un ponte per il nuovo inizio” e con altri finanziamenti all’uopo dedicati, dovrebbero essere valutate. Nulla osta alla valutazione (peraltro, del tutto immaginata, temo da menti perverse), ma i voti no. No grazie.]]>

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Piano estate, non c'è nessuna valutazione degli alunni

di Marco Bollettino Lo scorso 29 aprile, in contemporanea con la presentazione del Piano Estate del Ministero di Istruzione, tutte le Istituzioni Scolastiche hanno ricevuto una circolare, firmata dal Capo Dipartimento Stefano Versari, nel cui testo le parole “valutazione” e “valutare” ricorrevano ben sei volte. “Ma come – si chiederanno in tanti – anche nelle lezioni estive gli alunni verranno bombardati con verifiche e interrogazioni?” Fortunatamente no, ma è significativo che, quando si parla di valutazione, i più pensino subito ed irrimediabilmente al voto. Parafrasando Boniperti verrebbe da dire che “il voto non è importante, è l’unica cosa che conta”. Nel caso del Piano Estate il voto c’è ma è solo il punto di partenza, nemmeno il più importante, per la progettazione degli interventi. Piuttosto, scrive Versari, dovremo «dialogare con i ragazzi, scartando modalità standardizzate o schematiche [perché] mai come in questo caso la personalizzazione dell’insegnamento è fondamentale e questa chiede di conoscerli». Il dialogo continuo tra docente e discente e l’utilizzo continuo del feedback per modificare e migliorare la didattica è uno dei capisaldi della cosiddetta valutazione per l’apprendimento (assessment for learning). La parola chiave è quel “per” che modifica totalmente il significato dalla valutazione tradizionale. Non si tratta più solo di verificare il possesso, o meno, di conoscenze e competenze ma anche (e piuttosto) di ricevere un feedback dagli studenti che ci consenta di migliorare la nostra didattica. Spesso, imprigionati dalla burocrazia e alla ricerca costante del “congruo numero di verifiche” perdiamo comprensibilmente di vista questo importante aspetto della valutazione. Liberati dalle catene del voto, è auspicabile che, almeno per le fasi I e III del Piano Estate riscopriremo le potenzialità di tutti gli altri aspetti del processo valutativo.]]>

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"Scuola estiva", servizio a domanda individuale?

di Emma Colonna Qualcuno ha definito questa cosa della scuola estiva “trasformazione della scuola pubblica in un servizio a domanda individuale”. Forse io non ho capito niente e mi sono davvero fatta un film che non esiste, ma mi chiedo due cose: questa proposta è rivolta a tutti gli alunni? Sì. È a pagamento? No. E allora? Io non vedo il problema. Mi si dice: ma la partecipazione è volontaria, degli studenti come dei docenti. E allora? Partecipare volontariamente e liberamente ad una attività della propria scuola è il modo migliore per aderire a una proposta educativa e culturale. Qui non ci troviamo di fronte a una ‘domanda individuale’, ma a una scuola che, in un momento particolarmente difficile e durante la pausa estiva (che per molti studenti, non dimentichiamolo, può essere un altro periodo di solitudine), decide di rimanere aperta e di mettere a disposizione degli studenti e delle famiglie un programma di attività più o meno ricco. Continua a leggere

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"Scuola estiva": reazioni stizzite, persino ostili

di Emma ColonnaStefanel Qualche considerazione a caldo a proposito di ‘scuola estiva’. Ho visto reazioni stizzite, quando non ostili. Certo, la scuola non ce la fa più, dopo tanto affanno, e non c’è dubbio che l’idea di dover pensare anche all’estate (al di là del fatto se poi si darà la propria disponibilità, bisogna comunque pensarci, proporre, pianificare, organizzare, e bisogna farlo ora) può non piacere. Anzi, diciamolo francamente: la reazione diffusa è di fastidio, e il sentimento prevalente è quello di non volere rinunciare alla parentesi estiva vissuta e soprattutto pensata come indispensabile ‘ricarica’, per grandi e piccoli. Però, se ci pensiamo bene: 1. Se le scuole sono aperte d’estate è un bene per tutti 2. Il fatto che finiranno per andarci solo gli ‘sfigati’ dipende da quello che si fa 3. E’ questa la vera scuola? Detta così, mi sembra un dibattito davvero sterile. Ogni istituto scolastico farà quello che può, ma una cosa è certa: sarà ogni scuola, e nessun altro, a proporre il suo modello, e a individuare tutte le risorse su cui contare 4. E gli insegnanti? Non ci nascondiamo dietro un dito. A me sembra un’ottima idea quella dell’adesione volontaria. Vuol dire che chi sceglierà di farlo sarà motivato, e questa mi sembra un’ottima partenza. 5. Per le stesse ragioni, è un’ottima idea anche quella di lasciare alle scuole gran parte dell’iniziativa. Continua a leggere

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Piano estate: ma davvero i compensi sono esigui?

di Paolo Fasce Devo ricordare a me stesso che fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce, quindi leggere questi post ideologici contro la scuola estiva che ci vincola al ruolo di badantato perché “la scuola seria istruisce e non diverte” mi infastidisce e non poco. Detto questo, corre l’obbligo precisare alcune cose. Una parte delle obiezioni focalizza l’attenzione sulle cifre nette percepite da ciascuno che, naturalmente, vengono ridicolizzate. E’ certo vero che vedere 70 euro l’ora trasformarsi in 34,98 netti (per chi ha un’aliquota del 27%, perché con quella del 38 diventano un pelo meno) e quella di 30, per i tutor, diventare 14,99, fa impressione. Ma occorre parimenti ricordare almeno due cose: in tale potatura, una parte contribuisce a tenere in piedi i servizi dello Stato (“pagare le tasse è bellissimo” diceva qualcuno e io sono d’accordo!), un’altra supporta la propria pensione, giacché vige un sistema contributivo (“bisogna pensarci prima” diceva mio nonno!). Continua a leggere

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