MERITO, RESPONSABILITA’ DEI FALLIMENTI E POVERTA’ EDUCATIVA

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di Franco De Anna

Il dibattito/confronto che si è sviluppato sulla questione del “merito” (e della possibile temuta deriva “meritocratica”: non hanno medesima semantica …) in seguito al cambiamento del nome” del Ministero dell’Istruzione, mi pare carico di potenziali equivoci che, a mio parere occorre disciogliere.

Sia per questioni di principio iscritte nel pensiero pedagogico, sia per ragioni immediatamente politiche. Equivoci che rischiano di sottrarre al confronto politico serrato la questione nodale: quali “programmi di politica scolastica” verranno messi all’ordine del giorno e posti in realizzazione oltre la suggestione della terminologia? E quali possibili alternative per opporvisi?

Vorrei che, in merito alle responsabilità relative ai cattivi e diseguali risultati della scuola italiana, si assumesse un rigore ed una correttezza analitica capaci di togliere alimento ad ogni equivoco. (Troppo semplice, altrimenti, “dare la colpa” a questo Governo…)
Il Sistema di Istruzione italiano ha una normativa relativa a problematiche di accoglienza ed integrazione tra le più avanzate a livello internazionale ed essa è parte costitutiva delle stesse Istituzioni.
La ispirazione costituzionale dell’art. 34 nella essenzialità delle sue affermazioni è senza dubbio altrettanto chiara circa gli impegni fondamentali delle istituzioni pubbliche.

Ciò che si opera concretamene a livello di “Sistema” per dare realizzazioni a tali ispirazioni conosce invece non solo fallimenti (gli errori accompagnano sempre la operatività concreta) ma spesso delle contraddizioni strutturali, culturali e istituzionali che rappresentano un vero e proprio “tradimento” di tali ispirazioni e impegni. Continua a leggere

ENTRIAMO NEL “MERITO”

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di Giovanni Fioravanti

Se sono povero di parole anche il mio pensiero sarà povero, se le parole sono sempre le stesse anche il mio pensiero sarà sempre lo stesso.
Ci mancano le parole per immaginare un mondo nuovo e rischiamo di usare solo quelle vecchie che appartengono a un mondo che non c’è più.
Per chi guarda al passato e sogna una sua restaurazione questo non costituisce un problema perché il  vocabolario che gli serve è sempre lo stesso.

Contrapporre alla riproposizione di quel passato le parole che possediamo da sempre è come cadere nella trappola, oltre a rilevare la debolezza del nostro pensiero ormai usurato dal tempo.
È quello che ci accade nella comunicazione pubblica per cui ci facciamo catturare dalle parole che ci sono famigliari e diffidiamo dei linguaggi che ci sembrano stranieri.
E soprattutto sono lingue straniere quelle che provengono da mondi che ancora non ci sono e che non ci saranno mai se nessuno si assumerà l’ardire di iniziare a gettare le fondamenta per costruirli.

Un mondo che attende di essere costruito di nuovo è quello della scuola che non c’è. Mentre tutti bombardano l’edificio vetusto d’oltre un secolo, c’è chi pensa di ricostruirlo a immagine di come era e di come è sempre stato, più forte e più robusto di prima.
Allora se c’è chi pensa che la scuola deve selezionare, deve bocciare e in questo fa consistere il merito, semmai trovando d’accordo ampia parte di un pensiero pubblico immiserito dalle parole, che crede che chi non si impegna non merita di essere aiutato e quindi va sanzionato, caschiamo nell’inganno del moralismo per cui un furto è sempre un furto anche se rubi per fame.

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Ministero dell’Istruzione e del Merito? Dal 1999 fino a Bianchi non ha meritato più di un 4 e mezzo

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disegno di Matilde Gallo, anni 10

di Guglielmo Rispoli

Dunque sarà Ministero dell’Istruzione e del merito.

Sono il profilo politico guardando da destra, da sinistra o da centro si possono fare tutte le legittime ipotesi (probabilmente tutte errate) con riferimento al proprio legittimo punto di vista ma anche col rischio di incorrere nei pregiudizi tipici di una popolazione che ragiona per approssimazione e luoghi comuni e dimenticando, parlo per i presunti progressisti, che il novecento è finito.

Questo mio contributo analizza il rapporto tra Scuola e Merito focalizzandosi sul ruolo e il successo delle azioni di Ministero dal 1999 ad oggi (vari governi di destra e centro destra e vari governi di centrosinistra).

Senza ombra di dubbio l’Amministrazione della Scuola della Repubblica Italiana è immeritevole.
Vediamo insieme perché prendendo dati conosciuti e significativi.

#01_ I dati della corruzione della politica e il numero dei processi la dicono lunga sullo scarso merito degli amministratori pubblici intesi come categoria e non come singoli. Anche nel Ministero dell’istruzione ci sono stati recentissimi casi di inquinamento e di tangenti, fatti inaccettabili.

Voto in decimi: 4emezzo – grazie al lavoro indefesso ed onesto di tanti.
Giudizio descrittivo: si può e si deve fare di più. Diamo spazio e visibilità alla qualità del lavoro dell’onesto personale amministrativo dal Ministero agli UUSSRR, alle singole Scuole

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Il discorso sul merito

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di Stefano Stefanel 

Merito e Meritocrazia sono due nomi che, in questi giorni, fanno discutere, da qualunque parte li si voglia considerare. Poiché il Merito è diventato il nuovo logo del Ministero dell’Istruzione e del Merito credo che, almeno in questa fase, sia meglio attenersi al mondo della scuola, visto che analogo trattamento non hanno ricevuto, ad esempio, i ministeri della Funzione Pubblica, dell’Università e delle Ricerca, degli Interni, ecc.

Se ci fermiamo dunque al Ministero dell’Istruzione e del Merito sono quattro le categorie interessate alla questione:

  • gli studenti
  • i docenti
  • i dirigenti
  • il personale ATA

LA PERICOLOSA CHINA DEL MERITO COME CONTRALTARE DEL DE-MERITO

Cominciamo dagli studenti che, a tutt’oggi, nel mondo della scuola sono gli unici ad essere valutati in maniere, comunque, troppo disomogenee e molto poco eque. Va immediatamente sgomberato il campo da un possibile equivoco e cioè che tutto ciò che non è de-merito, per sua stessa natura sia merito. Per dirla in modo molto semplificato: se prendo 5 de-merito, se prendo 6 merito: questo è un modo proprio perverso di ragionare. La docimologia italiana è la base strutturale della sua dispersione, perché scambia misurazioni sommarie ed arbitrarie con i processi di valutazione. Bisogna, quindi, sgomberare il campo – immediatamente – dal de-merito, categoria legata a situazioni sociali, personali, culturali, motivazionali che si vanno ad intrecciare spesso con didattiche frontali ed obsolete, ossessione per compiti in classe e interrogazioni, interesse per i risultati dei prodotti e non per quelli dei processi. Il merito deve, dunque, essere qualcosa che dimostra particolari capacità degli studenti che devono essere premiate nell’ambito di un’azione meritocratica, che parte cioè dagli oggettivi risultati di coloro che riescono a sollevarsi dalla media. Dunque, il merito dovrebbe essere la ricerca degli elementi di eccellenza in un sistema che deve, contemporaneamente, avere attenzione ai bisogni di inclusione, supporto, accompagnamento, azioni dirette sulle persone.

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Cinema e linguaggi

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di Giancarlo Cavinato

Nella pedagogia Freinet, nel quadro dell’uso di una vasta pluralità di linguaggi e di codici,  l’uso didattico dell’immagine e del film ha avuto un posto fondamentale accanto alle biblioteche di lavoro e agli strumenti di stampa. Freinet aveva realizzato i primi filmini amatoriali utilizzando una cinepresa e un  proiettore Pathé.

Michel Mulat, dell’ICEM (Institut coopératif d’école moderne), sta facendo presso l’Università di Nizza e per conto dell’associazione Les Amis de Freinet costituita da anziani insegnanti Freinet di diverse parti del mondo un prezioso lavoro di restauro e documentazione di film e video prodotti nelle classi Freinet (riferimenti e informazioni: michel.mulat@cvc-freinet.org )

Purtroppo molti filmati d’epoca sono andati perduti o distrutti o sono irrecuperabili. Michel ha restaurato un film cult sull’episodio, citato ne ‘i detti di Matteo’, del cavallo che non ha sete. Il testo è tradotto in varie lingue, e letto da insegnanti dei diversi movimenti.

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Che ce ne facciamo di un Ministero del Merito?

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di Gianni Giardiello

Ossia: …. che cosa c’entra il premio al merito per alcuni, per una scuola che deve essere per tutti e per ciascuno.

Intanto cominciamo a chiarire che la nostra Costituzione dice che tutti i cittadini, a prescindere dalle differenti condizioni economiche e sociali e dalle possibili differenze di genere, di razza, di lingua, di credo, ecc. hanno diritto all’istruzione. La legge che stabilisce l’obbligo scolastico per tutti i cittadini dai 6 ai 16 anni di età, per 10 anni, conferma questo primo fondamentale principio costituzionale.

Il diritto all’istruzione deve essere assicurato a tutti i cittadini dal sistema scolastico pubblico nazionale al cui funzionamento presiede il Ministero dell’Istruzione.

Ebbene il primo problema che si pone è che il sistema scolastico cosi come sta funzionando non riesce a soddisfare questo compito primario che la Costituzione gli affida.
Le cifre ufficiali degli abbandoni scolastici e della dispersione scolastica nel segmento dell’obbligo e nel triennio superiore e nell’università lo dimostrano ampiamente.
Questa è la questione più rilevante. Credo che il bisogno primario non sia quello di premiare ulteriormente chi già è bravo o più bravo, quanto piuttosto di contrastare le politiche ancora molto in voga nella scuola pubblica, orientate a “respingere” (bocciare) o “abbandonare” i più deboli e meno attrezzati.

Il secondo problema nasce dalla considerazione, condivisa da molti, che bisogni dare a tutti le stesse opportunità di partenza e poi vinca il migliore. Quasi che il percorso di istruzione fosse simile ad una qualunque gara podistica.

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Contro la meritocrazia e per la giustizia a scuola

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di Raimondo Giunta

La giustizia a scuola è oggi l’unica ragione della sua esistenza.
La scuola pubblica deve formare cittadini uguali, con uguali chances di partecipare alla vita pubblica, economica e sociale.
Il problema della giustizia a scuola è quello dell’accesso libero e paritario al sapere e alla conoscenza da parte di tutti i giovani.
Il sapere, il patrimonio collettivo di esperienze e conoscenze consegnatoci dalle generazioni precedenti è al servizio di tutti e non di pochi privilegiati. La conoscenza e il sapere sono, devono essere un bene pubblico e un bene pubblico per definizione non può essere posseduto da pochi.
E questo postulato non si deve dimostrare, altrimenti non si capisce perché si debba mantenere e finanziare un sistema pubblico di istruzione.
Contro l’ideologia del merito ci si deve battere, perché a scuola si possano ancora fare scelte di giustizia.

Ne cito qualcuna:
1) Ogni giovane, qualunque sia la sua origine sociale, deve riuscire ad affrontare gli altri su un piano di parità
2) La scuola deve offrire ad ognuno la possibilità di realizzare il suo potenziale umano per vivere secondo il principio di dignità
3) Nessuno deve restare indietro. Nessuno deve uscire dal sistema scolastico, senza il bagaglio necessario di competenze per non essere emarginato e vivere una vita dignitosa
4) La scuola non deve contribuire ad aumentare le differenze di riuscita tra individuo e individuo
5) Quelli che sono allo stesso livello di talento, di capacità e hanno lo stesso desiderio di utilizzarli devono avere le stesse prospettive di successo senza tener conto della loro posizione sociale.
Per trattare le persone in modo uguale, per offrire una vera uguaglianza di opportunità, la società e la scuola devono consacrare più attenzione agli svantaggiati, quanto ai doni naturali, e ai più sfavoriti socialmente per nascita.
“Un’eredità ineguale di ricchezza non è intrinsecamente più ingiusta di un’eredità ineguale di intelligenza” (J.Rawls).
Per essere giusto un sistema scolastico dovrebbe contrastare le disuguaglianze che conducono alla marginalità sociale.

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