La lingua italiana ai tempi del web

di Rodolfo Marchisio Di cosa si parla nel nostro percorso di formazione Nel nostro percorso  di riflessione e discussione previsto sul tema Come il web cambia il nostro linguaggio, presentato nell’articolo La lingua italiana ai tempi del web ed esemplificato nell’articolo  Come il web cambia la nostra lingua intendiamo dialogare insieme sui temi di linguistica, cittadinanza, cultura digitale legati al campo di ricerca che proponiamo. Partendo da 4 obiettivi ed approfondendo insieme i 4 filoni che si possono sviluppare anche in base all’interesse espresso dai partecipanti tramite il form d’iscrizione. Premessa. La lingua cambia con l’avvento del web e questo cambiamento coinvolge: Informazioni, conoscenze, pensieri, modo di ragionare e di agire ma anche percezioni, emozioni, sentimenti, relazioni, amicizie, modo di essere. Questo significa che ci cambia sia come persone, nella nostra vita individuale, sociale e relazionale, sia come cittadini negando o modificando comportamenti legati a diritti. E che questi cambiamenti sono intrecciati fra loro e legati anche all’influenza del web. Filoni 1. – Lingua (lessico, grammatica, linguistica) e informazione.  

  1. La lingua come gioco di costruzioni
  2. Semplificazione attuale della lingua italiana (ipotassi/paratassi)
  3. Scomparsa di modi e tempi del verbo e democrazia
  4. La riduzione del vocabolario
  5. La lingua dei giovani
  6. SMS, abbreviazioni, lapidi, Placiti cassinesi
  7. Neologismi, parole straniere, gergo social
  8. Decalogo dell’informazione – Paone
  9. Le regole della disinformazione – Choamsky
  10. Riflessioni sulla lingua – Ghemo
Filone 2- Lingua, democrazia e cittadinanza
  1. Il rapporto numero e qualità delle parole e democrazia
  2. Influenza del linguaggio sulle competenze chiave
  3. Alice nel paese delle meraviglie – le parole e il potere
  4. Le parole (anche online) sono “fatti” ed hanno conseguenze reali
  5. Come la lingua influenza il modo di pensare
  6. Parole e potere: le neo-lingue
  7. Post verità e percepito
  8. Svalutazione della conoscenza e della competenza
  9. Nuove competenze linguistiche digitali
Filone 3 – Come il web ha modificato la lingua italiana
  1. Parole chiave della lingua
  2. Accademia della Crusca – Video sul tema.
  3. Lingua del web: aggressività e mancanza linguaggi non verbali. Wallace.
  4. Il linguaggio del corpo ed il tono della voce
  5. Il linguaggio (e il gergo dei social)
  6. Emozioni ed emoticon
  7. Parole ombrello (digitale, libertà, democrazia)
  8. Post verità, fake news e parole dell’odio. L’odio in rete.
Filone 4- Scrivere e leggere online. La lingua del web
  1. Caratteristiche e regole della lingua online
  2. della Crusca: varie forme di comunicazione mediata dalla rete.
  3. Il mezzo influenza lo scritto: breve, semplificato nei SN, più lungo e complesso nei siti ufficiali
  4. Lettura spezzata o multimediale
  5. Il rapporto testo e interfaccia
  6. Lessico: nuove parole per nuove cose (hastag), anglicismi, sigle (FB), parole da azioni (cliccare).
  7. La famiglia del web (webmaster…)
  8. Vecchie parole, nuovi significati (Virale)
  9. Tormentoni e regionalismi.
  10. Linguistica e letteratura del coding
  11. Libro e/o e book
  12. Stili di lettura off e online
  13. Leggere e leggere online
  14. Lettura ipertestuale
  15. Scrivere e scrivere online
  16. Scrittura online. Regole, caratteristiche, consigli
  17. La disintermediazione: tutti scrittori. Si ma…
  18. Il nuovo linguaggio dei giovani multimediale dei giovani.
  19. I vantaggi della scrittura ipertestuale e della scrittura collettiva o a più mani.
Con questo articolo speriamo di fornire un possibile schema di riflessione e di dare ai partecipanti la possibilità di indicare i filoni per loro più interessanti, che possono indicare  in fondo al form per una migliore contestualizzazione del lavoro comune. Alcuni link https://accademiadellacrusca.it/ https://accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/parole-nuove/ https://accademiadellacrusca.it/ricerca?key=web&tipo=consulenza%20linguistica https://concetticontrastivi.org/2022/10/27/la-dimensione-collettiva-dellinformazione/      ]]>

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Nei Collegi, ormai e sempre più spesso, voto contro

di Carlo Baiocco … poiché l’insegnamento, ahimè, è ormai ridotto ad uno stolto corollario di mere attività accessorie di un mansionario impiegatizio eletto addirittura, in modo vessatorio ed imbecille, a criterio di valutazione dei docenti, i quali fra l’altro non dovrebbero neanche resistere più di tanto; infatti … col pensiero unico del prossimo governo, continuando così, la Scuola, che ormai è in agonia ed al cui capezzale siedono ormai sudditi, prostrati, attoniti, avviliti, inquieti e rassegnati, avrà cessato anche di respirare! ……. … poiché non voglio avallare Pro-getti insulsi, fumosi, demagogici ed insensati che mi fanno Pro-gettare ovvero Pro-vomitare dal momento che favoriscono unicamente il dilagare di un’ignoranza grassa! …poiché, nonostante la mia continua, viva, disperata ricerca, non ho ancora “interiorizzato” l’enorme importanza ed il senso profondo e sacrale delle tante Celestiali Divinità che Sapienti Demiurghi da tanti anni ci offrono: delle provvidi Prove Comuni “Oggettive; della radiosa “standardizzazione” dei “saperi” e della “valutazione”, della luminosa Didattica per “Competenze” e dell’ancor più radiosa “Alternanza Scuola-Lavoro”, che senz’altro schiudono a noi il “Sol dell’Avvenire” e, soprattutto, mondano ogni ignoranza; delle provvide “Griglie” di “Valutazione”; degli altamenti necessari ed insostituibili Bonus, FS, FdI, “RAV”, “PON”, “PDM” e Regionalizzazione. Continua a leggere

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Il merito non si addice alla scuola

di Mario Ambel Il dibattito. In fondo è naturale che in un paese afflitto da pratiche pervasive di nepotismo, clientele, piccoli e grandi privilegi e impunità di ogni tipo, il merito susciti un moto di interesse, assurgendo a simbolo salvifico di piccole e grandi ansie di riscatto. In un paese dove “merito” –  spesso proprio negli ambiti che se ne fanno paladini: l’accademia, la politica, il mercato del lavoro – si coniuga tendenzialmente assai più con privilegio (che sarebbe in realtà il suo contrapposto) che con equità (che gli si oppone per altri versi), il merito è l’emblema più rappresentativo del mito del contrasto ai privilegi di casta, attraverso la competizione sana e governata da regole certe e condivise e da condizioni paritetiche di partenza, così come l’eguaglianza è l’emblema più rappresentativo del mito della eguale dignità e integrità degli esseri umani, indipendentemente dalle condizioni di nascita, dai contesti di crescita e dagli esiti inevitabilmente diversificati che ne derivano. In fondo la navigazione umana nelle democrazie occidentali si muove fra questi due opposti, spesso in acque tempestose. Trovare un equilibrio soddisfacente non è certamente facile. Ma è di certo il dovere primo degli stati democratici fondati sul diritto e sull’eguaglianza della legge per tutti. Mi interessa qui solo in parte ragionare attorno a che cosa sia, a come vada intesa e giudicata la categoria generale del “merito”, ovvero se sia una garanzia o un sovvertimento dei suoi complementari e antagonisti dialettici, il privilegio e l’eguaglianza.

Al riguardo esiste una ricca bibliografia e, a onor del vero, per onestà intellettuale, anche i fautori del merito devono riconoscere che, nella letteratura sul tema, le riserve, le preoccupazioni e le perplessità, anche tra i fautori, prevalgono di gran lunga sulle propensioni e men che meno sugli entusiasmi. Non così nel dibattito politico e giornalistico, dove il merito, soprattutto dopo la vittoria del centrodestra, ha fatto rifiorire schiere di fautori, facendone persino uno strumento di lotta alle disuguaglianze sociali e “al classismo”. 

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Il merito e i diversi contesti.  Tralasciando un attimo la politica, che ha un modo inevitabilmente di parte e spesso pregiudiziale di trattare concetti e prospettive, certo è considerevole la schiera degli intellettuali, degli opinion maker e dei maitre a penser che sui maggiori quotidiani, nelle riviste, sui social si sono schierati dall’una o dall’altra parte, a difesa o a condanna (nel complesso più a favore) dell’impiego del merito come principio ispiratore e categoria interpretativa delle finalità e delle pratiche della scuola pubblica. Perché di questo si tratta o si sarebbe dovuto trattare. Può essere interessante analizzare la validità del merito come categoria giuridica, sociologica, psicologica, organizzativa, gestionale. Ma il mio è un problema diverso e potrei esprimerlo così: la categoria del merito, comunque la si intenda, è applicabile alla scuola? Direi di più: è pertinente con la scuola? Ovvero, mi chiedo se è applicabile alla scuola, ancor prima di valutare se il farlo crea vantaggi (come vorrebbero i fautori) o danni (come sostengono i detrattori). Lo dico per ricordare che all’origine del contendere c’è la denominazione del Ministero dell’Istruzione e quindi la sua identità e i suoi fini e non quelle della convivenza civile  nel suo complesso, oppure di un condominio o di una azienda o di una squadra di calcio o di una compagnia teatrale o di una gara in un qualsiasi ambito che preveda alla fine vincitori e vinti e relativi premi e retrocessioni. Lo dico anche perché, a mio parere, non è opportuno applicare la categoria del “merito” in modo eguale a questi diversi contesti, a meno che la si consideri una sorta di valore universale, come il diritto alla vita, alla salute, alla libertà personale e che quindi sia applicabile in modo efficace e coerente a ogni contesto, salva la restrizione del non recar danno ad altri. E anche qui sarebbe interessante chiedersi se la categoria del merito, anche qualora equamente applicata, ancorché sia possibile, sia tale da recare o non recare (ulteriore) danno a chi “non è giudicato meritevole”. E dunque questa è la prima questione da porre: la categoria del merito è universale e non contrattabile, non relativizzabile ai diversi contesti, oppure no? Perché talvolta si ha la sensazione che i difensori del merito ne facciano una sorta di categoria universale da cui discendano conseguenze applicabili indifferentemente a ogni contesto del consorzio umano. Ma così non è. Se, nel quadro di regole che governano il calcio professionistico, per esempio, è auspicabile che in campo scendano gli undici che in quel momento l’allenatore reputa più meritevoli di giocare e se è legittimo (o comprensibile) che quelli fra loro che rendono di più in termini economici alla società siano pagati meglio, non è detto che, nella squadra di dilettanti che giocano per il piacere di farlo e senza far molto conto sul risultato e i guadagni, non sia il caso che ogni tanto giochino anche i meno bravi e redditizi. Che magari, così, migliorano anche un po’. Dipende da che cosa ci si prefigge dallo scendere in campo. Il seguito dell’articolo nel sito della rivista Insegnare]]>

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Come il web cambia la nostra lingua

di Rodolfo Marchisio Come il web cambia la nostra lingua.[1] La lingua del web ed i linguaggi non verbali. Spunti per una riflessione sull’e-taliano.[2] Lingua: aggressività e mancanza dei linguaggi non verbali nel web  “Abbiamo avuto migliaia di anni di evoluzione per prendere confidenza con le interazioni umane in contesti faccia a faccia, ma appena due decenni per il mondo online diffuso su larga scala che ora è il luogo dove si svolge molta dell’interazione umana, con strumenti del tutto diversi.” “Quando si comunica online, la gente non solo sembra più brusca e aggressiva, in realtà lo è davvero. A volte ci si dimentica che il tono, nelle comunicazioni più tradizionali, è veicolato con i segnali non verbali, le espressioni facciali, ma anche la postura del corpo, il contatto visivo, la voce, per esempio. In assenza di questi segnali, online è più difficile esprimersi in maniera sottile, quindi le comunicazioni appaiono più brusche e aggressive”. Wallace, psicolinguista Le comunicazioni online possono essere facilmente fraintese Online, siamo insomma meno capaci di interpretare le comunicazioni testuali con precisione, anche quando il mittente pensa che il significato dovrebbe essere ovvio. Questo accade con il sarcasmo, l’ironia, per esempio. È molto difficile identificare con precisione un commento sarcastico in una e-mail (o in un messaggio scritto online NdA), una mancanza che può generare interpretazioni errate eclatanti. Linguaggi non verbali in rete Manca il contatto faccia a faccia, ma c’è anche

  •  la distanza fisica,
  • l’incertezza sul pubblico che ci vede e ci ascolta,
  • la percezione dell’anonimato (e della impunita NdA) Entrambi presunti.
  •  la mancanza di un feedback immediato e gli strumenti di comunicazione che usiamo si basano principalmente su testo e immagini.
” Al tempo stesso Internet è un motore senza precedenti d’innovazione, connessione e sviluppo umano“. Continua a leggere

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MERITO, RESPONSABILITA' DEI FALLIMENTI E POVERTA' EDUCATIVA

di Franco De Anna Il dibattito/confronto che si è sviluppato sulla questione del “merito” (e della possibile temuta deriva “meritocratica”: non hanno medesima semantica …) in seguito al cambiamento del nome” del Ministero dell’Istruzione, mi pare carico di potenziali equivoci che, a mio parere occorre disciogliere. Sia per questioni di principio iscritte nel pensiero pedagogico, sia per ragioni immediatamente politiche. Equivoci che rischiano di sottrarre al confronto politico serrato la questione nodale: quali “programmi di politica scolastica” verranno messi all’ordine del giorno e posti in realizzazione oltre la suggestione della terminologia? E quali possibili alternative per opporvisi? Vorrei che, in merito alle responsabilità relative ai cattivi e diseguali risultati della scuola italiana, si assumesse un rigore ed una correttezza analitica capaci di togliere alimento ad ogni equivoco. (Troppo semplice, altrimenti, “dare la colpa” a questo Governo…) Il Sistema di Istruzione italiano ha una normativa relativa a problematiche di accoglienza ed integrazione tra le più avanzate a livello internazionale ed essa è parte costitutiva delle stesse Istituzioni. La ispirazione costituzionale dell’art. 34 nella essenzialità delle sue affermazioni è senza dubbio altrettanto chiara circa gli impegni fondamentali delle istituzioni pubbliche. Ciò che si opera concretamene a livello di “Sistema” per dare realizzazioni a tali ispirazioni conosce invece non solo fallimenti (gli errori accompagnano sempre la operatività concreta) ma spesso delle contraddizioni strutturali, culturali e istituzionali che rappresentano un vero e proprio “tradimento” di tali ispirazioni e impegni. Continua a leggere

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ENTRIAMO NEL "MERITO"

di Giovanni Fioravanti Se sono povero di parole anche il mio pensiero sarà povero, se le parole sono sempre le stesse anche il mio pensiero sarà sempre lo stesso. Ci mancano le parole per immaginare un mondo nuovo e rischiamo di usare solo quelle vecchie che appartengono a un mondo che non c’è più. Per chi guarda al passato e sogna una sua restaurazione questo non costituisce un problema perché il  vocabolario che gli serve è sempre lo stesso. Contrapporre alla riproposizione di quel passato le parole che possediamo da sempre è come cadere nella trappola, oltre a rilevare la debolezza del nostro pensiero ormai usurato dal tempo. È quello che ci accade nella comunicazione pubblica per cui ci facciamo catturare dalle parole che ci sono famigliari e diffidiamo dei linguaggi che ci sembrano stranieri. E soprattutto sono lingue straniere quelle che provengono da mondi che ancora non ci sono e che non ci saranno mai se nessuno si assumerà l’ardire di iniziare a gettare le fondamenta per costruirli. Un mondo che attende di essere costruito di nuovo è quello della scuola che non c’è. Mentre tutti bombardano l’edificio vetusto d’oltre un secolo, c’è chi pensa di ricostruirlo a immagine di come era e di come è sempre stato, più forte e più robusto di prima. Allora se c’è chi pensa che la scuola deve selezionare, deve bocciare e in questo fa consistere il merito, semmai trovando d’accordo ampia parte di un pensiero pubblico immiserito dalle parole, che crede che chi non si impegna non merita di essere aiutato e quindi va sanzionato, caschiamo nell’inganno del moralismo per cui un furto è sempre un furto anche se rubi per fame. Continua a leggere

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Ministero dell'Istruzione e del Merito? Dal 1999 fino a Bianchi non ha meritato più di un 4 e mezzo

disegno di Matilde Gallo, anni 10[/caption] di Guglielmo Rispoli Dunque sarà Ministero dell’Istruzione e del merito. Sono il profilo politico guardando da destra, da sinistra o da centro si possono fare tutte le legittime ipotesi (probabilmente tutte errate) con riferimento al proprio legittimo punto di vista ma anche col rischio di incorrere nei pregiudizi tipici di una popolazione che ragiona per approssimazione e luoghi comuni e dimenticando, parlo per i presunti progressisti, che il novecento è finito. Questo mio contributo analizza il rapporto tra Scuola e Merito focalizzandosi sul ruolo e il successo delle azioni di Ministero dal 1999 ad oggi (vari governi di destra e centro destra e vari governi di centrosinistra). Senza ombra di dubbio l’Amministrazione della Scuola della Repubblica Italiana è immeritevole. Vediamo insieme perché prendendo dati conosciuti e significativi. #01_ I dati della corruzione della politica e il numero dei processi la dicono lunga sullo scarso merito degli amministratori pubblici intesi come categoria e non come singoli. Anche nel Ministero dell’istruzione ci sono stati recentissimi casi di inquinamento e di tangenti, fatti inaccettabili. Voto in decimi: 4emezzo – grazie al lavoro indefesso ed onesto di tanti. Giudizio descrittivo: si può e si deve fare di più. Diamo spazio e visibilità alla qualità del lavoro dell’onesto personale amministrativo dal Ministero agli UUSSRR, alle singole Scuole Continua a leggere

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Il discorso sul merito

di Stefano Stefanel  Merito e Meritocrazia sono due nomi che, in questi giorni, fanno discutere, da qualunque parte li si voglia considerare. Poiché il Merito è diventato il nuovo logo del Ministero dell’Istruzione e del Merito credo che, almeno in questa fase, sia meglio attenersi al mondo della scuola, visto che analogo trattamento non hanno ricevuto, ad esempio, i ministeri della Funzione Pubblica, dell’Università e delle Ricerca, degli Interni, ecc. Se ci fermiamo dunque al Ministero dell’Istruzione e del Merito sono quattro le categorie interessate alla questione:

  • gli studenti
  • i docenti
  • i dirigenti
  • il personale ATA
LA PERICOLOSA CHINA DEL MERITO COME CONTRALTARE DEL DE-MERITO Cominciamo dagli studenti che, a tutt’oggi, nel mondo della scuola sono gli unici ad essere valutati in maniere, comunque, troppo disomogenee e molto poco eque. Va immediatamente sgomberato il campo da un possibile equivoco e cioè che tutto ciò che non è de-merito, per sua stessa natura sia merito. Per dirla in modo molto semplificato: se prendo 5 de-merito, se prendo 6 merito: questo è un modo proprio perverso di ragionare. La docimologia italiana è la base strutturale della sua dispersione, perché scambia misurazioni sommarie ed arbitrarie con i processi di valutazione. Bisogna, quindi, sgomberare il campo – immediatamente – dal de-merito, categoria legata a situazioni sociali, personali, culturali, motivazionali che si vanno ad intrecciare spesso con didattiche frontali ed obsolete, ossessione per compiti in classe e interrogazioni, interesse per i risultati dei prodotti e non per quelli dei processi. Il merito deve, dunque, essere qualcosa che dimostra particolari capacità degli studenti che devono essere premiate nell’ambito di un’azione meritocratica, che parte cioè dagli oggettivi risultati di coloro che riescono a sollevarsi dalla media. Dunque, il merito dovrebbe essere la ricerca degli elementi di eccellenza in un sistema che deve, contemporaneamente, avere attenzione ai bisogni di inclusione, supporto, accompagnamento, azioni dirette sulle persone. Continua a leggere

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Cinema e linguaggi

di Giancarlo Cavinato Nella pedagogia Freinet, nel quadro dell’uso di una vasta pluralità di linguaggi e di codici,  l’uso didattico dell’immagine e del film ha avuto un posto fondamentale accanto alle biblioteche di lavoro e agli strumenti di stampa. Freinet aveva realizzato i primi filmini amatoriali utilizzando una cinepresa e un  proiettore Pathé. Michel Mulat, dell’ICEM (Institut coopératif d’école moderne), sta facendo presso l’Università di Nizza e per conto dell’associazione Les Amis de Freinet costituita da anziani insegnanti Freinet di diverse parti del mondo un prezioso lavoro di restauro e documentazione di film e video prodotti nelle classi Freinet (riferimenti e informazioni: michel.mulat@cvc-freinet.org ) Purtroppo molti filmati d’epoca sono andati perduti o distrutti o sono irrecuperabili. Michel ha restaurato un film cult sull’episodio, citato ne ‘i detti di Matteo’, del cavallo che non ha sete. Il testo è tradotto in varie lingue, e letto da insegnanti dei diversi movimenti. Continua a leggere

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Che ce ne facciamo di un Ministero del Merito?

di Gianni Giardiello Ossia: …. che cosa c’entra il premio al merito per alcuni, per una scuola che deve essere per tutti e per ciascuno. Intanto cominciamo a chiarire che la nostra Costituzione dice che tutti i cittadini, a prescindere dalle differenti condizioni economiche e sociali e dalle possibili differenze di genere, di razza, di lingua, di credo, ecc. hanno diritto all’istruzione. La legge che stabilisce l’obbligo scolastico per tutti i cittadini dai 6 ai 16 anni di età, per 10 anni, conferma questo primo fondamentale principio costituzionale. Il diritto all’istruzione deve essere assicurato a tutti i cittadini dal sistema scolastico pubblico nazionale al cui funzionamento presiede il Ministero dell’Istruzione. Ebbene il primo problema che si pone è che il sistema scolastico cosi come sta funzionando non riesce a soddisfare questo compito primario che la Costituzione gli affida. Le cifre ufficiali degli abbandoni scolastici e della dispersione scolastica nel segmento dell’obbligo e nel triennio superiore e nell’università lo dimostrano ampiamente. Questa è la questione più rilevante. Credo che il bisogno primario non sia quello di premiare ulteriormente chi già è bravo o più bravo, quanto piuttosto di contrastare le politiche ancora molto in voga nella scuola pubblica, orientate a “respingere” (bocciare) o “abbandonare” i più deboli e meno attrezzati. Il secondo problema nasce dalla considerazione, condivisa da molti, che bisogni dare a tutti le stesse opportunità di partenza e poi vinca il migliore. Quasi che il percorso di istruzione fosse simile ad una qualunque gara podistica. Continua a leggere

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