Valutazione sommativa e in itinere: funzioni diverse, strumenti diversi

di Cristiano Corsini

 

Il dibattito sulla valutazione scolastica, sui voti e sulla media aritmetica (aritmetica, non matematica) tradisce un ragguardevole livello di fraintendimento dei termini impiegati. Questo fraintendimento, che talvolta riguarda anche gente che nella scuola lavora, è sintomatico del fatto che troppo spesso le pratiche didattiche sono governate da luoghi comuni e stereotipi più che da reali competenze. In poche parole, talvolta a scuola certe cose si fanno così perché “si è sempre fatto così” e tanto basta.
In questi ultimi mesi ho visitato decine di scuole e dialogato con centinaia di docenti, studenti, famiglie. Condivido con voi le domande che mi sono state poste più frequentemente e le risposte da me fornite.

I voti sono obbligatori ?
I voti sono obbligatori sulla scheda. Dalla scuola primaria in su, per ogni ambito disciplinare è obbligatorio un voto (numerico o non numerico) sulle schede di fine bimestre/trimestre/quadrimestre (valutazione periodica) e sulle schede di fine anno (valutazione finale).
Questo perché il voto sin dalla sua nascita ha una funzione rendicontativa/classificatoria. Infatti, il voto è una sintesi ordinale della valutazione: è sintetico e classificatorio. Non dice nulla sull’apprendimento ma consente di posizionare studentesse e studenti entro una graduatoria. Continua a leggere

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APPRENDIMENTO PER VIA EROTICA

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ASCOLTO

di Alessandra Anzini

“A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino”. Questo scriveva Picasso quando capì che recuperare quella purezza segnica avrebbe significato riattivare ascolto libero, autentico e permeabile al mondo circostante, che gli avrebbe scatenato quella creatività senza limiti, a cui ogni essere umano è votato.

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Ma se io docente agisco col gruppo classe, quindi con il mio mondo quotidiano, solo per farmi ascoltare e non per Ascoltare, come posso pensare di risultare attraente all’alunno e permeabile a tutto quello che può offrire? Potremmo recuperare anche noi, come Picasso, la nostra dimensione più autentica, quella prescolare dove non c’era auto giudizio e pregiudizio e si agiva per il puro piacere di scoprire? Potremmo provare a spogliarci delle nostre paure, dei condizionamenti sociali e culturali? Vestire così quell’habitus che ci permetterà di recuperare la nostra capacità di Ascolto, rendendo la nostra quotidianità scolastica fertile perchè pronta ad Accogliere TUTTE le sollecitazioni dei nostri alunni? Alunni che smetteranno così di essere spettatori annoiati o inquieti ed entreranno finalmente nei nostri mondi di cui diventeranno attori, sceneggiatori e compagni di viaggio? Continua a leggere

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Dirigenti scolastici: sono in Piemonte i più stressati. C’entra forse il dimensionamento?

di Nicola Puttilli

Sarà stato il 1985 o il 1986 quando il consiglio scolastico provinciale di Torino, che in quegli anni ebbi la ventura di presiedere, decise di procedere alla fusione delle scuole medie “Pavese” e “Casorati”.
Dopo tre decenni di ininterrotta e tumultuosa crescita si trattò della prima soppressione di un istituto scolastico, non a caso nella periferia sud di Torino, case popolari costruite in fretta intorno allo stabilimento di Mirafiori.
Da allora, a parte gli ultimi, ho seguito direttamente tutti i piani di dimensionamento che si sono succeduti nella provincia di Torino, nell’ambito del consiglio scolastico provinciale prima e a livello regionale poi nella consulta regionale per il diritto allo studio, istituita nel 2007.

Con precisione e puntualità tutte sabaude, le istituzioni scolastiche piemontesi sono state costantemente dimensionate secondo i parametri di legge.
Il crescente successo degli istituti comprensivi, nati per contrastare gli effetti derivanti dallo spopolamento nelle aree montane ma effettivamente in grado di rispondere a reali esigenze di continuità, ha inevitabilmente cambiato il quadro di riferimento.
A causa, tuttavia, del già avvenuto dimensionamento, non è risultato semplice, nel contesto urbano torinese in particolare, procedere alla loro formazione che, in effetti, si è realizzata con notevole ritardo rispetto ad altre realtà nazionali, semplicisticamente accorpando scuole medie e direzioni didattiche, raddoppiandone la dimensione. Continua a leggere

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Scuola e società: come possono dialogare?

di Raimondo Giunta

La natura del problema

La scuola vive dei suoi rapporti con la società; si alimenta delle sue esigenze, si muove sulla spinta dei suoi problemi. Scuola e società reciprocamente si richiamano; si dovrebbero aiutare, ma più spesso negli ultimi tempi confliggono.
Va da sè che per cogliere frutti buoni, però, è necessaria la loro stretta, solidale collaborazione, nella distinzione dei compiti e dei ruoli e nel rispetto delle funzioni professionali, culturali ed educative che in autonomia la scuola deve svolgere.
Se la scuola non entra in sintonia con i problemi della società e con i temi culturali del proprio tempo, prima o poi perde la propria ragione d’essere.

La riflessione su questo nodo cruciale dell’istruzione deve essere permanente e costituirsi come principio di orientamento nell’azione quotidiana a scuola, per evitare il rischio che si avviti e si impoverisca nella sua solitaria autoreferenzialità. La scuola non può tenere nè porte, nè finestre chiuse.
Operazione assurda e inefficace; ci penserebbero gli alunni e le famiglie eventualmente a portare dentro la scuola il mondo che sta fuori.
Il problema è come la scuola debba pensare e vivere le questioni che agitano la società e questo non è di pacifica e concorde soluzione. C’è un modo proprio della scuola per svolgere questo compito e solo rispettandone stile e natura si possono avere risultati utili. Continua a leggere

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Educazione civica. Il racconto e la didattica di ciò che non esiste più

di Rodolfo Marchisio

La Educazione Civica o meglio la Educazione alla cittadinanza, rischia di scivolare nell’essere il racconto (sarebbe meglio lo studio, la ricerca) di ciò che non esiste più.

Non solo per la falsa ideologia predicata dal ministro nelle linee guida e nei suoi interventi, ma perché questi non sono che una delle manifestazioni della concordante e strisciante azione ideologica e politica delle forze che governano il nostro paese, in sintonia con uno slittamento mondiale.

Il filone 3, cittadinanza digitale, è coerente con un modo obsoleto e sbagliato di vedere il mondo delle tecnologie attuali: con entusiasmo, assenza di senso critico e di costruzione della cultura digitale, asservite allo sviluppo economico e quindi al saper fare e usare in modo acritico, senza domandarsi come funzionano le tecnologie, perché funzionano così, chi le controlla e che conseguenze hanno ed avranno su di noi, come cittadini e lavoratori. cfr. IA rubrica

Il filone 2 è quello che più si è sviluppato nei progetti delle scuole in questi 4 anni, con ricerche sulla sostenibilità, sui problemi ambientali (e agenda 2030 ONU) come conseguenza di un dissennato depredare l’ambiente ed il mondo da parte dello sviluppo capitalistico (anche digitale) incontrollato ed egocentrico; ma anche sulla educazione alla salute, quella alimentare etc. che la ideologia dominante vorrebbero presentare come responsabilità individuale e non come compito e dovere dello Stato e della società- cfr. parere CSPI – in una colpevole semplificazione: infatti al posto dello studio della situazione ambientale ormai compromessa si è data centralità alla causa principale dei degradi che stiamo pagando: lo sviluppo industriale incontrollato (che vuol dire anche finanziario, assicurativo, previdenziale per il nostro ministro). Il lavoro è bello dice; ma tace sul fatto che lo sviluppo industriale come oggi concepito ha portato non solo alla rovina di buona parte del nostro ambiente (per non parlare di che mondo lasceremo ai nostri figli e nipoti). Ma anche che è bello per chi ce l’ha, per chi non è precario, sottopagato, sfruttato, come vorrebbe la nostra Costituzione che attribuisce alla Repubblica il compito di garantire il lavoro, come la salute e l’istruzione (diritti di 2° generazione secondo N. Bobbio e talora doveri dei cittadini). link art Bobbio

Se questi sono problemi che “dipendono dall’individuo”, come sostiene il ministro, altoparlante della ideologia implicita del governo, l’esecutivo e lo Stato non hanno più responsabilità e possono dedicarsi al ponte sullo stretto, a manovre economiche irresponsabili ed a mancette. Se è questa la realtà della democrazia, già da anni classificata come democrazia di serie B, con problemi con Usa e Giappone in zona promozione (voto tra 7 e l’8, dati in ribasso sull’esecutivo, sui diritti e sulla partecipazione) ed ora in via di svuotamento (cfr. video requisiti minimi democrazia Bobbio) come spiegarla ai ragazzi? Come renderli consapevoli che una cosa è il progetto, un’altra la realtà attuale e lo stato di realizzazione o regressione del progetto Costituzionale?[1]

Piu chiaro è il filone 1 sulla Costituzione. La nostra Carta si regge, come il Presidente della Repubblica non si stanca di ripetere, sull’equilibrio e la collaborazione dei 3 poteri che ci deriva dal ‘700 e dall’Illuminismo. Ma:

  1. Il potere esecutivo, che col sistema elettorale attuale misto ha “di fatto” un “premio di maggioranza” in Parlamento per chi supera una soglia anche minoritaria in senso assoluto, che dà quindi a una formazione il controllo non solo del potere esecutivo ma di quello legislativo; per cui vista la scarsa presenza alle elezioni dei nostri stanchi cittadini (- 40% di astensione ) 1 italiano su 4 decide chi governerà e contemporaneamente avrà la maggioranza Parlamento.

L’astensionismo si è detto spesso è il primo partito ed è in forte aumento; più è elevato e minore è la legittimazione dell’intero sistema politico rappresentativo (esecutivo e legislativo)

  1. Questo esecutivo sta sistematicamente scavalcando il potere legislativo, presentando decreti-legge, evitando la doppia approvazione delle norme, anche con voti di fiducia (vecchio vizio italiano) tanto che il Parlamento non esercita più la sua funzione legislativa, ma diventa un passaggio rapido e notarile, in cui la opposizione ha solo diritto di tribuna e di parola, spesso i membri del governo non si presentano al dibattito, diventato luogo di inutili comizi, privi di dialogo e confronto. Lo stesso relatore di maggioranza sulla legge di bilancio attuale si è dimesso per questo.
    Non occorre fare una riforma in senso monocamerale o semipresidenziale: è già stata fatta nei fatti dall’esecutivo. Che non affronta le riforme Costituzionali, ma si comporta come se ci fossero già. Svuotando i poteri esistenti.
  2. Infine, è di tutti i giorni il lavoro di riduzione dei poteri, di intimidazione e polemica contro la magistratura, il terzo potere. Ma anche il controllo della TV di Stato, da tempo TV di governo e le pressioni sui media non allineati che sono diventati, nel tempo, il 4° potere, non previsto dalla Carta se non come diritto di espressione e informazione: questo completa il quadro di “sgonfiamento” dell’equilibrio costituzionale. Ma anche di minore controllo su ciò che avviene da parte dei cittadini e tra istituzioni.
  3. In passato spesso sono stati il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale le vere opposizioni allo strapotere dell’esecutivo, ma oggi con una riforma del ruolo del Presidente (peraltro di difficile attuazione e quindi rimandata) e con la sostituzione di 3 membri uscenti della Corte, come negli USA si può arrivare ad una Corte meno equilibrata in senso costituzionale e più filogovernativa.

Un problema comune

In tutto il mondo: dagli USA dove grazie anche ad un sistema elettorale in cui il numero degli eletti non corrisponde al numero dei suffragi, chi vince prende tutto e quindi molti, i perdenti, non sono rappresentati, si sta formando un governo di mostri, caricatura della democrazia; alla crisi dei governi già democratici (Francia, Germania…) all’aumento di governi populisti e alla crescita di formazioni di destra non democratiche in Europa; alla crisi stessa della UE che si regge sinora su una coalizione di forze “democratiche”, ma con la ruota di scorta dei “conservatori” (che la nostra premier aspira a guidare), stiamo assistendo ad uno spostamento in senso populista ed autoritario, non coerente con la nostra Carta; ad uno slittamento verso fautori di posizioni non democratiche e poco compatibili col concetto di democrazia popolare o liberale. Accanto ai dittatori ed ai populisti, compaiono i capitalisti, improvvisati leader politici mondiali non più impliciti che si intromettono nel destino dei nostri paesi .

Infine, questo avviene per molti complessi fattori (con la ingerenza di potenze straniere, Russia in testa, con aiuti, Fake news, pressioni, vedi Georgia, Romania, Moldavia, ora Austria; ma anche per uno spostamento in senso populista e reazionario, non democratico del corpo elettorale residuo; ma anche per la identificazione in certe forze che fanno leva sul vissuto individualista, egocentrico, non responsabile socialmente (Zagrebelsky) degli elettori. Sommato al vuoto ed al disimpegno creatosi in circa metà dell’elettorato.

Il contrario della Costituzione. Che è un progetto, non una realtà, che se non si costruisce insieme (occorre continuare a pedalare diceva Calamandrei, se no si casca dalla bicicletta) resta una promessa tradita. N. Bobbio.

Allora che educazione civica in questo contesto e al netto delle ideologie di Valditara ha senso formare? Quella della legge 92/19 e della Costituzione che non c’è più e viene svuotata e ignorata o quella che analizza cosa sta succedendo, perché e a quali conseguenze andiamo incontro?
La democrazia ed i diritti sono come l ‘aria, che non percepiamo se non quando ci manca o come un palloncino che può essere ormai mezzo sgonfio. Come la nostra democrazia.

  1. Studio periodico Economist intelligence, EIU confermato da altri studi sul livello di democrazia. Qui secondo i parametri 1- Livello complessivo, 2- Posizione al mondo 3- Prospettiva 4- Elezioni libere e pluralismo 5- Funzionalità del governo 6- Partecipazione 7-Cultura politica 8- Libertà civili e diritti.

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Le emissioni segrete

Le emissioni segrete è un interessante testo di Giovanna Sissa, studiosa che da tempo si occupa della cosiddetta rivoluzione digitale.
In questa intervista curata da Marco Guastavigna Giovanna Sissa ci spiega molte cose e chiarisce anche i molti equivoci che ancora ci sono sull’argomento.

 

Come si sviluppa il tuo libro?

Il legame fra rivoluzione digitale e transizione ecologica è spesso considerato inscindibile, nella convinzione diffusa che la prima trainerà la seconda: da dove nasce il grande equivoco che digitale e ambiente siano sempre un connubio perfetto?

Nel mio libro “Le emissioni segrete” (Il Mulino, 2024) ho cercato di spiegare come l’universo digitale, apparentemente del tutto immateriale, non sia fatto solo di bit ma abbia uno stretto legame fisico con la materia, consumi tanta energia e lasci un’impronta di carbonio complessiva comparabile con quella di altre ben più materiali attività dell’umanità moderna.

Nel primo capitolo “Dagli atomi ai bit” descrivo come costruire ogni singolo dispositivo sfrutti risorse naturali non rinnovabili e sia responsabile di una impronta di carbonio a partire dai processi di estrazione delle materie prime fino alla produzione dei componenti e all’assemblaggio dei dispositivi.
Cerco qui di evidenziare alcune peculiarità nella filiera del settore industriale digitale, fra i più interconnessi e globalizzati che esistano. Continua a leggere

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Inclusione, un augurio per il 2025: che sia l’anno della cattedra inclusiva

di Cinzia Mion

E’ tornato di grande attualità oggi il tema dell’inclusività della scuola collegato alla formazione di “tutti” i docenti, fino all’ipotesi della cosiddetta “cattedra inclusiva”, che tante polemiche sta suscitando. Molto importante e chiarificatore appare l’individuazione da parte dell’INVALSI degli indicatori di “inclusione” della scuola: condivisione, spinte al cambiamento, senso di appartenenza ad una comunità inclusiva fondata sul sostegno reciproco, sulla solidarietà e il sentire comune.
Proviamo ad addentrarci nella tematica.

Un manifesto della scuola inclusiva non può non partire dall’articolo 3 della Costituzione che, come tutti sanno, parla di uguaglianza…
Compito della scuola, Istituzione della Repubblica, è quello di rimuovere l’ignoranza che impedisce ai suoi cittadini la completa realizzazione e partecipazione in un Paese democratico. Questo è riferito ai soggetti che frequentano la scuola, ovviamente appare speculare l’impegno dei docenti. O meglio dovrebbe apparire!

Il contesto

Il contesto su cui ci troviamo a condurre delle riflessioni sulla scuola inclusiva ha delle caratteristiche particolari che vanno esplicitate. Descrivere il contesto significa non soltanto far riferimento semplicemente al territorio di appartenenza, sia pur indispensabile. Significa in modo più pregnante focalizzare il contesto socioculturale che può avere attinenza con l’operazione di includere o escludere. Significa allora fare un’analisi seria sui messaggi di intolleranza, di ideologica esclusione, per non dire di razzismo, che hanno attraversato e continuano ad attraversare la nostra società negli ultimi tempi, con grande preoccupazione per il livello di inciviltà raggiunto, nella più completa impudicizia degli acclamanti o nella indifferenza della massa. Una specie di “bullismo sociale” spesso gravemente agito da figure istituzionali. I bambini e i ragazzi ci guardano ed imparano.

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Patria e patriottismo nelle parole di Mattarella

Stefaneldi Aluisi Tosolini

GO 2025: Verso un patriottismo transfrontaliero

A settembre 2024 avevo scritto per  Gessetti Colorati un ampio commento sulle Linee Guida sull’educazione Civica pubblicate proprio in quei giorni dal Ministero dell’istruzione. Chiudevo quel pezzo con una sarcastica sintesi calcistica: Patria – Pace 5 a 0.

Aggiungevo inoltre una riflessione sul fatto che patriottismo e Patria si devono intendere in modo decisamente diverso da come sono presentate dalle linee guida e ricordavo come il sacro dovere di difendere la Patria (art. 52 della Costituzione) non può certo essere letto in chiave solo militare. Al punto che la Corte Costituzionale, pronunciandosi sul Servizio Civile Nazionale, ha chiarito che tale scelta volontaria “costituisce adempimento del dovere costituzionale di solidarietà” (art. 2 Cost,) nonché del dovere di concorrere al progresso materiale e spirituale della società (art. 2 co. II) , ben potendo il dovere costituzionale di difesa della Patria adempiersi anche attraverso comportamenti di tipo volontario” (si vedano le sentenze n. 164 del 6 maggio 1985 e 228 del 6 aprile 2004). Continua a leggere

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Vent’anni dopo: la tecnica resta politica

di Marco Guastavigna e Stefano Penge

Proprio in questi giorni ricorrono i due decenni di Framasoft, gruppo di attivisti che si propongono un obiettivo operativo, ma soprattutto etico, virtuoso: (se) Dégoogliser en toute facilité. Slogan assolutamente condivisibile, in particolare se per “google” si intende l’intero insieme degli oligopolisti che hanno recintato le infrastrutture e colonizzato l’immaginario, spacciandosi per l’unico soluzionismo futurista possibile in natura.

Siamo insomma nella sfera dell’autentica condivisione equa e solidale della conoscenza, del free software, dei contenuti aperti, della federazione delle istanze collettive, della non centralizzazione, del rifiuto della profilazione, dell’implementazione di risorse e infrastrutture in funzione di esigenze effettive e non di pseudo-efficientismo astratto, che si incarnano in soggetti riconoscibili, che sono magari tra loro in autentica relazione e non solo in connessione.

Bene; abbiamo un’altra notizia. Comincia ad affacciarsi la possibilità di utilizzare l’assistenza operativa delle macchine predittive anche SENZA doversi assoggettare al capitalismo cibernetico e alla sua visione del mondo, delle tecnologie e dei rapporti tra gli esseri umani. Continua a leggere

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