L’etica del limite

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di Cinzia Mion

Sto pensando ai molti interrogativi che suscitano in questi giorni certi comportamenti violenti di adolescenti, o giovani in genere, che mettono in crisi gli adulti e la scuola. All’ interno della fenomenologia dell’adattamento sociale, preso atto di quella che qualcuno oggi chiama giustamente “emergenza educativa” compare grande come una casa il problema dell’incapacità dei genitori ad assumere il “no” che sta alla base delle regole ed appunto alla radice dell’etica del limite.

Sembra quasi una banalità ma teniamo presente che, contrariamente ad un passato recente, quando erano i bambini a temere di non essere amati abbastanza dai genitori, oggi sono i genitori ad avere questa paura. Ricordiamoci poi, come ricorda Pietropolli Charmet, che oggi nella culla non viene più depositato “edipo”, bambino pulsionale, bisognoso di regole, ma viene depositato “narciso”: il cucciolo d’oro, su cui cresceranno ben presto aspettative grandiose (da ciò l’eccessiva enfasi sulle prestazioni dei figli: scolastiche, sportive, artistiche, ecc) che farà perdere il controllo ad alcuni genitori “adolescenziali a loro volta” – in fondo incapaci di contenere la rabbia violenta, scaturente dalla frustrazione- che stanno aggredendo i docenti.
Genitori che probabilmente, quando il loro figlio è arrivato alla fase “dell’opposizione”, da collocarsi sempre più precocemente verso l’anno di vita che non verso i due, descritta come “bisogno di potere o affermazione di sè”, non è in grado di sopportare e “contenere” i capricci e le pretese del bambino, senza andare in tilt e senza paura di entrare in conflitto con un bambino alto un soldo di cacio. Qualcuno dovrebbe insegnare loro (ecco la necessità del sostegno alla genitorialità) che devono mantenersi tranquilli, “solidamente” dentro al loro ruolo educativo, mantenendo la posizione assunta del “no” senza urlare ed andare in pezzi, resistendo ai tentativi manipolatori del proprio figlio. Continua a leggere

Al servizio quasi completo aggiungiamo un tovagliolo

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di Marco Guastavigna

Qualche lettore ricorderà l’articolo in cui mettevamo alcuni applicativi della sempre più cosiddetta “intelligenza” “artificiale[1] al servizio del superiore ministero.
Bene, abbiamo scoperto un altro accrocco, che consente di potenziare il valore comunicativo e la comprensibilità di un testo mediante selezione di possibili rappresentazioni grafiche e visive del suo contenuto. Lo abbiamo messo a “ragionare” sulla proibizione dell’uso degli smartphone, ovvero a “ravanare” su di una parte del testo dell’articolo citato in apertura.

Ecco il risultato:

Disposizioni in merito all’uso degli smartphone e del registro elettronico nel primo ciclo di istruzione — A.S. 2024 -2025

 Utilizzo degli smartphone

 Correlazione tra uso degli smatphone e rendimento scolastico

– Importanti studi internazionali dimostrano che l’uso del cellulare in classe ha un effetto negativo sugli apprendimenti degli alunni, come riportato nel Rapporto UNESCO “Global education monitoring report, 2023.”. Continua a leggere

I pericoli di Eduscopio

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Composizione geometrica di Gabriella Romano

di Stefano Stefanel & Aluisi Tosolini  

               Anche quest’anno, come ormai accade da una decina d’anni, per alcuni giorni dell’autunno le cronache giornalistiche e i social saranno avvolti dai risultati di Eduscopio, il centro di ricerche finanziato dalla Fondazione Agnelli che fa le classifiche delle scuole superiori. Eduscopio agisce in regime di monopolio, perché il Ministero nelle sue varie denominazioni (Pubblica Istruzione, Istruzione, Istruzione Università e Ricerca, Istruzione e Merito) si rifiuta di mettere i dati a regime e di pubblicarli ufficialmente facendo solo trapelare dati parziali dentro indicazioni generali sempre molto controverse (combattere la dispersione ed essere più rigorosi nel bocciare, fornire educazione e formazione e punire il più possibile, insegnare il cognitivo e progettare il metacognitivo) e lasciando, quindi, ad Eduscopio il monopolio dell’informazione sull’orientamento post diploma della Scuola superiore.
La ricerca di Eduscopio è condotta in modo rigoroso, ma parte da un punto di vista settoriale e dunque analizza solo una parte del sistema scolastico. Continua a leggere

Breve storia dell’Italia, a partire dal ’68

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di Franco De Anna
(per gentile concessione dell’autore e del sito www.ceredaclaudio.it )

Il ’68 di Scienze.
Quale registro di comunicazione?

Ho accolto con trepidazione l’invito ad aprire questa riunione del nostro ritrovarsi a quarant’anni di distanza.
Quale registro dare alla comunicazione? Come sfuggire al doppio rischio comunicativo del registro del “reduce” oppure del “tutto politica”?
Ma anche del solo ricordo personale (nulla è meno oggettivo della memoria…) o della lettura analitica politico-economico-sociologica, entrambi falsificabili ampiamente da chiunque ascolti, ma anche dallo stesso autore se appena si scosti dal “punto di vista” nel quale si ponga  contingentemente.

Bisognerebbe dichiarare preliminarmente il proprio “posizionamento” per non fare di un intervento di apertura il bersaglio di ogni possibile successiva precisazione o polemica.
Se, come hanno dichiarato i compagni che si sono impegnati nell’organizzazione di questo ritrovarsi, questa occasione potrebbe anche essere l’avvio per un lavoro successivo che mantenga aperto, se non altro, un canale di comunicazione, allora, nell’impostare questo intervento di apertura si può anche andare “sul leggero”, e lasciare a quel possibile ulteriore sviluppo il compito di approfondire ed esplorare tutte le pieghe di una storia che è anche l’intreccio di tante “storie”.
Chiedo preventivamente scusa di tale “leggerezza” che mescola insieme registri diversi, e necessariamente non approfondisce nulla, lasciando solo delle tracce eventualmente da seguire.

Le passioni “tristi”

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Celebrare non basta: don Milani e una storia da scrivere

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di Dario Missaglia

Il centenario dedicato a don Lorenzo Milani si è ufficialmente concluso.
Se abbia prevalso la dimensione celebrativa o quella dell’approfondimento e della riflessione , è compito cui potrà dedicarsi la ricerca critica con tutto il tempo necessario. Proteo per parte sua, sovente insieme alla Cgil e alla Flcgil, ha promosso incontri e dibattiti di grande interesse e prodotto materiali sui quali è aperto il dibattito[1]  e la diffusione anche in ambito universitario[2] .

Un evento tuttavia, ci richiama alla sostanza storica e politica della vicenda umana di don Milani, al quale, come è noto, fu riservato dalla Chiesa un trattamento assai lontano da quanto la nostra Costituzione garantisce a tutti i cittadini. Un dramma i cui contorni non sono ancora del tutto chiari .

Questo interrogativo è posto, con passione e partecipazione da  Paolo Landi, ex “alunno” della scuola di Barbiana, autore di saggi e riflessioni sulla esperienza vissuta a Barbiana,[3]
In occasione del Convegno Pastorale su don Milani organizzato dalla Curia fiorentina e dal Comitato per il Centenario ( Convegno Pastorale su don Milani a Firenze nei giorni 24-25 novembre 2023) , Paolo Landi torna  a denunciare una grave omissione nella ricostruzione della relazione drammatica tra don Milani e la Curia fiorentina.

Rivolge perciò un appello a tutti i responsabili presenti al convegno (tra i quali il cardinale Betori di Firenze e  Rosy Bindi, presidente del Comitato nazionale per il Centenario). Da nessuno di loro, ad oggi, è giunta una risposta, una precisazione. Continua a leggere

La mia generazione – professionale – ha perso…

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di Marco Guastavigna

La mia generazione – professionale – ha perso…
… ma si ostina a non volerlo capire.

Cosa voglio dire?

Mi riferisco, ad esempio, all’idea della conoscenza e dell’istruzione come cooperazione. Per la mia generazione era un valore, ancora prima che un principio, e aveva una vocazione trasformativa, della realtà e dei rapporti in cui si operava, prima ancora che dell’agire didattico.
Apprendimento su base mutualistica, zona di sviluppo prossimale, lavori di gruppo erano tentativi militanti di costruzione di “un mondo” diverso, alternativo, perfino conflittuale.
Poi ci si è illusi che concepire la cooperazione come metodo, asettico e quindi generalizzabile “a prescindere” dal posizionamento rispetto al modello socio-economico, fosse una scelta evolutiva, progressiva, inclusiva, estensiva della democraticità dell’insegnamento e dell’apprendimento.

E, in un attimo, siamo scivolati in approcci la cui matrice si colloca all’opposto delle intenzioni iniziali, perché si pone come obiettivo trasversale il potenziamento dell’efficienza individuale e – al più – del team di appartenenza: gamificazione (ottimo allenamento per il lavoro taskificato in singole prestazioni e controllato dagli algoritmi), debate (discussione competiva), pitch elevator (verso l’autoimprenditorialità), escape room (non per caso apprezzata anche dai marines).

Questa accettazione poco consapevole (anzi, assai spesso negata!), di un lessico, di un campo concettuale e di una visione del mondo opposti a quelli della nostra gioventù, condita di ciò che Harari chiama la visione ingenua dell’informazione, ha avuto esiti che – a volerli cogliere – sono davvero devastanti.
Da una parte continue ricadute nella nostalgia professionale, con patetiche, rituali, celebrazioni dei fasti di un pensiero passato e autodemolitosi che ci si vuole illudere possa essere invece ancora egemone.
Dall’altra uno scontro violento e fratricida con i retro-attivisti, ovvero coloro che si illudono di portare la bandiera dell’equità e della scuola della Costituzione con l’asta giusta, senza accorgersi che il loro vessillo, invece, sventola con quello del conservatorismo e del rifiuto di ogni messa in discussione dell’assetto della scuola, accusata anzi di aver perso le sue caratteristiche imprescindibili: serietà, severità e selezione.