Perché Valditara non può essere il Ministro dell'Istruzione

di Domenico Sarracino L’attacco del ministro Valditara alla Preside del liceo “Da Vinci”di Firenze non va sottovalutato perché di portata ben più vasta e profonda di quanto possa apparire. E non solo perché colpisce una Dirigente scolastica che ha fatto il suo dovere professionale e civico –la qual cosa già di per sé costituisce fatto inaccettabile e fortemente censurabile – ma perché si scaglia contro uno dei pilastri che hanno connotato il profilo della nuova scuola italiana nata in quei giorni di formidabile apertura e conquiste democratiche che furono i primi anni ’70. Una scuola – che affogava nel nozionismo acritico e ripetitivo, nelle impomatate baronie universitarie, che selezionava ed escludeva sulla base della provenienza sociale, che proponeva un sapere astratto ed accademico, che chiudeva porte e finestre intorno a sé, e si faceva impenetrabile al mondo che le stava intorno – veniva scossa dall’irrompere del ‘68 e poi riorganizzata intorno ai Decreti Delegati ed in particolare intorno al DPR 416 che determinava la nascita degli Organi Collegiali “al fine di realizzare un modello di scuola basato sulla partecipazione” e volta “ad interagire con la più vasta comunità sociale e civica”. Una scuola che doveva e deve vivere il suo tempo, promuovere la pacifica convivenza, incrociare dialetticamente il passato ed il presente, per educare a vivere criticamente, liberamente e consapevolmente; che doveva e deve rimuovere gli ostacoli che impediscono e frenano la piena realizzazione di uomini e donne, di cittadini e cittadine, secondo l’intento costituzionale. Un modello di scuola, certo, che si è realizzato solo in parte perché da subito incontrò limitazioni, ostacoli ed avversione, e che oggi va certamente rivisitato, badando bene, però, a salvaguardare l’idea di democrazia partecipata e di apertura al mondo reale ed alle sue trasformazioni. Continua a leggere

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Fascismo sì/fascismo no? Il vero problema è il ruolo del Ministero

di Pietro Calascibetta L’esternazione di questi giorni del Ministro Valditara nei confronti della preside di Firenze è sicuramente un intervento inopportuno perché invece di stigmatizzare comunque la violenza davanti a una scuola tira fuori una sua personale valutazione storica della contemporaneità dandone un imprimatur istituzionale, una valutazione che se non compete, come lui dice alla preside, meno che mai compete ad un ministro anche se è un docente di diritto (romano) in più è un atto di per sé diseducativo nei confronti dei ragazzi da parte di un adulto gerarchicamente superiore che sconfessa un altro adulto che nel suo ruolo ha deciso di fare un intervento sui propri studenti per dare un segnale che almeno nell’istituzione scolastica che frequentano, vivaddio, c’è una figura istituzionale che si preoccupa di loro e non se ne lava le mani lasciandoli nella convinzione che se la devono cavare da soli. Spero che non si cada nella solita polemica fascismo sì, fascismo no perché la vera questione che spero emerga in questo caso non è il pericolo fascista dove molti della destra vorrebbero portare il discorso per meglio controbatterlo, ma il ruolo del Ministro e del Ministero nell’insegnamento della storia nella nostra scuola. Perché di questo si tratta. Giorni fa commentavo un articolo di Mario Maviglia su Nuovo Pavone Risorse che stigmatizzava l’intervento della Sottosegretaria Paola Frassinetti che contestava ufficialmente la partecipazione dello storico Eric Gobetti ad un incontro dedicato alle foibe con gli studenti di una quinta ( secondaria di secondo grado e non della primaria !) di un istituto superiore calabrese etichettando lo storico come negazionista, quando in realtà lo storico non nega affatto le foibe, ma cerca di collocarle nel contesto storico di quegli anni individuando le co- responsabilità di quanto è avvenuto prima e dopo quegli avvenimenti. Continua a leggere

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La Costituzione ha radici profonde, ma è anche un progetto dinamico

di Rodolfo Marchisio La Costituzione è un progetto da realizzare (e non un insieme definitivo di regole), e allora  “bisogna continuare a pedalare” (Calamandrei), perché se non viene realizzata, nel tempo diventa “un progetto tradito” (Bobbio). I filoni fondamentali che hanno contribuito alla stesura della Carta sono come noto: a) il pensiero illuminista (libertà e diritti individuali – diritti di prima generazione per N. Bobbio-), b) quello socialista e comunista (diritti sociali: lavoro, istruzione, salute), diritti di II° generazione, c) quello cristiano (famiglia, persona, lavoro…). Nel tempo si sono aggiunti nel 1900 i diritti sanciti dalle Carte e Dichiarazioni internazionali cui l’Italia ha aderito (diritti di terza Generazione) e più recentemente i diritti legati al mondo digitale (che spesso si intrecciano con quelli di prima e seconda generazione). Un utile punto di riferimento è il libretto Le età dei diritti di N. Bobbio in cui si descrivono le 4 generazioni dei diritti, secondo l’autore. Per approfondire il discorso sui diritti, che nascono quando un gruppo sociale è disposto a lottare contro un altro per ottenerli e per difenderli, perché si possono perdere in tutto o in parte (vedi  Incontro con N. Bobbio). Chi erano i padri e le madri della C. e perché è stato necessario riscriverla (C. Marchesi). La Assemblea Costituente era formata prevalentemente da giuristi, esperti di diritto, politici, docenti. Non c’erano contadini, pochi operai o sindacalisti. Molti antifascisti e qualche partigiano. Solo 21 le madri della Costituzione, prevalentemente socialcomuniste e cattoliche, unite dall’obiettivo della parità da raggiungere nella nuova situazione. Continua a leggere

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Formare i docenti alla Intelligenza Artificiale ? Si può fare, ma..

di Marco Guastavigna Formare gli insegnanti (e più in generale il personale scolastico) all’Intelligenza Artificiale? Sono pienamente d’accordo: penso infatti che affrontare in modo critico questo tema sia una priorità assoluta per chi voglia adottare un approccio davvero emancipante ai dispositivi digitali, dal punto di vista sia operativo sia culturale. A patto, però, che si abbandoni il dibattito così come si configura attualmente, disperso tra sensazionalismo mediatico e escursioni empiriche, tra entusiasmo tecnofilo e rifiuto pregiudizievole, e imperniato sulla convinzione che ciò che conta sia capire – e giudicare – il funzionamento di superficie dei chatbot, dei traduttori automatici, dei ri-produttori di immagini, delle applicazioni per la realizzazione semi-istantanea di “mappe” a partire da testi. Per capire davvero quali possano essere le possibilità di arricchimento professionale e quali le opportunità di espansione, consolidamento, compensazione e mantenimento nel tempo di capacità di apprendimento e a quali condizioni ciò possa avvenire, è necessario invece decostruire i concetti che attualmente vanno per la maggiore, esito di marketing economico e veicolo di dominio lessicale. In primo luogo, proprio il riferimento all’intelligenza: va ricordato e compreso infatti che fin dal modo in cui fu concepito il test di Turing i dispositivi di AI hanno il compito di compiere prestazioni finalizzate a obiettivi definiti, con risultati paragonabili a quelli umani. E questo avviene mediante la raccolta e l’analisi di dataset, l’individuazione di correlazioni, la costruzione di modelli e la loro riproduzione. Continua a leggere

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A proposito dei fatti di Firenze. Comunicato della Associazione Gessetti Colorati

Secondo quanto riportano le cronache a Firenze un gruppo di giovani di Azione Studentesca (movimento vicino ad ambienti neo-fascisti) aggredisce studenti del liceo Michelangelo. La preside del liceo Da Vinci di Firenze Annalisa Savino invia una circolare ufficiale agli studenti, alle famiglie e al personale della propria scuola ricordando che “il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone”. “Il fascismo – ricorda la preside – è nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti”. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, nel corso di una trasmissione televisiva, interviene con queste parole: “E’ una lettera del tutto impropria, mi è dispiaciuto leggerla, non compete ad una preside lanciare messaggi di questo tipo e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista”. Conclude il Ministro: “Sono iniziative strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico che non abbia più posto nelle scuole; se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure”. Come educatori, uomini e donne di scuola che da decenni lavorano a contatto con i giovani non possiamo che plaudire alle parole della preside di Firenze alla quale va tutta la nostra solidarietà e la nostra stima e ribadire il nostro dissenso nei confronti della violenza, in tutte le sue forme e in tutti i suoi colori. Contrariamente a quanto afferma il Ministro noi crediamo invece che i presidi e i docenti abbiano non solo il diritto ma anche il dovere di indicare agli studenti e alle studentesse i rischi che gli episodi di violenza, ma anche l’indifferenza, possono nascondere. A scuola non basta fare un’ora settimanale di educazione civica: per parlare di democrazia, di pace e di tolleranza ogni occasione può essere importante. Ivrea, 23 febbraio 2023 Associazione Gessetti Colorati]]>

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Il Meritevole e la nera inconsistenza (a proposito dei fatti di Firenze)

di Mario Maviglia Cari lettrici e lettori, seguite questa vicenda e decidete alla fine se ridere o piangere o se fare una sonora pernacchia alla Totò. Degli studenti di un liceo scientifico di Firenze vengono aggrediti davanti al loro da un gruppo di giovani estremisti di destra. Unanime condanna e manifestazione antifascista in città. La dirigente scolastica invia una garbata lettera agli studenti in cui ricorda, tra le altre cose, che “il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a se stessa da passanti indifferenti”. Adesso facciamo un piccolo test tra i nostri lettori. Immaginate di essere il Ministro del Merito; sulla base delle vicende molto schematicamente narrate e della lettera della dirigente (che vi consigliamo di leggere) cosa potreste fare?

  1. Esprimere pubblicamente la vostra solidarietà agli studenti selvaggiamente aggrediti da estremisti di estrema destra.
  2. Esprimere solidarietà alla dirigente scolastica per l’aggressione subita dai suoi studenti.
  3. Non esprimere alcunché.
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La scuola del merito tra LEP e autonomia differenziata

di Antonella Romagnolo per gentile concessione della rivista on-line M.A.Gi.C. e school La notizia di questi giorni riguarda l’approvazione da parte del governo del disegno di legge dell’“Autonomia differenziata per le Regioni a Statuto ordinario. È in corso il processo di conversione. Si tratta di un tema, che ha sempre infiammato la politica e i cittadini. La scuola di qualità e del merito, a cui miriamo tutti, come cambierà? Tutti, in fondo, ci chiediamo legittimamente se l’autonomia differenziata comporterà un miglioramento dei servizi o se invece si acuiranno i divari territoriali. Per capire, è necessario farsi delle domande. Che cos’è l’autonomia differenziata? L’autonomia differenziata è una particolare forma di autonomia, che consente alle Regioni a Statuto ordinario di chiedere allo Stato competenze e funzioni sulle materie, definite dall’art.116 della Cost., comma III, e quindi legiferare su ambiti che sarebbero riservati allo Stato. Tra queste materie, c’è l’istruzione, ai sensi dell’art.117, della Cost., comma II, lett. n). Su cosa incide l’autonomia differenziata e cosa sono i LEP? Continua a leggere

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Non tutti gli storici possono incontrare gli studenti: forse sta tornando il Minculpop

di Mario Maviglia Prendete una Regione, la Calabria, e considerate le condizioni in cui si trova sotto il profilo del sistema scolastico:

  • il 12,7% degli studenti italiani non arriva al diploma di scuola superiore, perché abbandona precocemente gli studi, ma in Calabria questa percentuale è del 16,6%, ben lontana dall’obiettivo del 9% entro il 2030 stabilito dalla UE.
  • Il 9,7% degli studenti italiani con un diploma di scuola superiore nel 2022 presentava una condizione di dispersione “implicita”, cioè non aveva acquisito le competenze minime necessarie (secondo i parametri INVALSI) per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università. In Calabria più del 60% degli studenti non raggiunge il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica non sono raggiunte dal 70% degli studenti calabresi.
  • Il numero dei NEET nel nostro Paese, ossia i 15-29enni che sono fuori da ogni percorso di lavoro, istruzione o formazione, raggiunge il 23,1%, ma in Calabria i 15-29enni NEET superano i coetanei che lavorano (3 giovani NEET ogni 2 giovani occupati).
  • Il 95% degli edifici scolastici calabresi è privo della certificazione di agibilità statica(contro il 58% della media nazionale).
  • Le mense scolastiche sono presenti in Italia nel 75,3% degli edifici scolastici, ma solo nel 56% al Sud.
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E' difficile farcela, forse impossibile… La scuola e la “fatica" di Sisifo

disegno di Matilde Gallo, anni 10[/caption] di Domenico Sarracino La scuola è preposta da sempre alla preparazione alla vita delle nuove generazioni. Non era cosa da poco ieri e, in una situazione così liquida ed articolata come quella attuale, non lo è oggi. Bisogna ribadire un assunto determinante: la scuola non è un opificio in cui il processo produttivo, se bene organizzato, dà sempre risultati standardizzati, previsti e prevedibili. Anche in una scuola che fosse priva di carenze e perfettamente organizzata i risultati sarebbero sempre aperti ed esposti al rischio ed all’insuccesso, perchè essa ha a che fare con la vita che cambia, con il nuovo che si presenta, con ciò che freme e fermenta nella società… Fare scuola è tentare e ritentare, cercare e sperimentare; è sempre una navigazione in mare aperto, in cui la rotta va continuamente controllata. Fare scuola (quando non si cede al vivacchiare) è un mestiere difficile in partenza. Meriterebbe da parte di tutti ben altra attenzione e considerazione. Invece accade che da sempre ed in particolare negli ultimi tempi di essa si parli tanto, ma poco si fa soprattutto da parte di chi ha le più alte responsabilità; e la scuola resta quello che è; ora tirata di qua ora di là, sempre più fa pensare alla punizione di Sisifo, costretto da Zeus a fare tanta fatica per trascinare in su un masso destinato irrimediabilmente a ricadere in basso. E quel poco che fanno quelli che reggono il sistema-scuola è più per apparire che per esserci sul serio, è estemporaneità ed improvvisazione, fuoco d’artificio volto a dare fumo negli occhi e a far finta di fare, senza un disegno strategico, senza continuità, mezzi adeguati, coerenza; senza un disegno strategico che parta dallo stato reale delle cose. Continua a leggere

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I sentimenti alle diverse età hanno la stessa dignità. Quando i genitori si separano

STARE NELLA RELAZIONE PER IMPARARE E PER INSEGNARE

di Monica Barisone È sempre sorpresa quando qualcuno ci confida sentimenti! A volte si può provare persino rabbia quando non si condivide la scelta del nostro confidente. E sì, perché non è facile ricordare che l’amore, provato a qualsiasi età, meriti rispetto; non è facile soprattutto quando ad essere coinvolti sono i nostri figli, o studenti o amici o addirittura genitori. Quest’ultimo caso forse è quello più tormentoso e tormentato. Le rotture dei rapporti sentimentali nella coppia genitoriale provocano sì il disagio della mancanza, ma anche il disagio di eventuali nuove presenze. Anni fa incontrai un’amica esterrefatta perché i figli, più che adolescenti, non riuscivano ad ‘accettare’ il compagno che aveva finalmente accolto nella sua esistenza dopo molti anni di solitudine. Questo dopo un’esistenza da sempre dedita unicamente ai figli ed al lavoro. E a seguire negli anni mi vennero descritti molti altri casi di rifiuto viscerale per compagni scelti dopo separazioni e divorzi. A cosa si potevano ricondurre queste posizioni così radicali? Un accesso di egoismo? Eccessiva centratura su di sé? Mancata elaborazione del lutto? Disorientamento? Sicuramente era presente una grande fatica, forse nel riconoscere o ipotizzare nel genitore la presenza di sentimenti definiti, degni di cura e rispetto. Non so, si potrebbero annoverare tra le manifestazioni di una educazione sentimentale, o forse meglio, alla affettività, oggi un po’carente a causa della rapidità e virtualità dei rapporti sociali. Unitamente all’educazione alla sessualità, l’educazione emotiva e sentimentale consente di accrescere le abilità affettive e favorire buone relazioni interpersonali. Lì per lì potrebbe sembrare una priorità educativa e formativa, in realtà nelle scuole se ne tratta poco e frettolosamente ed esistono pochi progetti culturali che se ne prendano cura. Continua a leggere

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