Esami di Stato e prove Invalsi

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Composizione geometrica di Gabriella Romano

di Raimondo Giunta

E’ difficile sperare che della scuola si possa parlare con giudizio e razionalità sulla base di una adeguata conoscenza della sua realtà, dei suoi meccanismi, della sua cultura, delle sue finalità e anche del suo personale. Ogni occasione è buona per parlarne come di un mondo modesto e bizzarro in balia di se stesso, sempre pronto a scandalizzare per quello che vi succede platee affollate di immancabili censori ora per l’incuria delle sue strutture, ora per la supposta imperizia dei docenti, ora per l’incorreggibilità degli studenti, ora per l’arretratezza dei curricoli, ora per l’avversione al mondo aziendale.
Non può sfuggire in questo genere di letteratura l’occasione offerta annualmente dalla differenza tra i dati emersi nell’ indagine INVALSI e quelli riscontrati negli esami di maturità appena conclusi. Nelle regioni del Sud, nelle quali gli studenti dell’ultimo anno nell’indagine INVALSI avevano denunciato carenze in più discipline, si sono avuti agli Esami di Stato risultati ampiamente diversi e migliori.

E allora ci si chiede quali dati siano davvero affidabili sulla preparazione degli studenti e ancora se un esame che fa tutti promossi dappertutto sia davvero un esame che può darci informazioni sul funzionamento dell’attività didattica delle scuole. Mettere in contrasto i dati INVALSI e quelli degli Esami è un gioco facile e si sa in anticipo come va a finire.

Va a finire con la demonizzazione del lavoro degli insegnanti, con la riprovazione della loro incerta etica professionale, con la perorazione di nuove e più incisive forme di valutazione della scuola e degli insegnanti. Per il bene della scuola, invece, vanno migliorati sia gli scopi e i metodi delle indagini INVALSI, sia soprattutto l’architettura degli Esami di Stato.
Il vizio di fondo degli Esami di Stato, che compromette qualsiasi buona intenzione e che va cancellato, è costituito dalla composizione delle commissioni. Fino a quando le commissioni saranno composte paritariamente tra membri interni e membri esterni; fino a quando i commissari devono essere scelti solo tra gli insegnanti della provincia in cui ha sede un istituto i risultati saranno sempre gli stessi. Tutti promossi e tutti con voti più o meno alti, soprattutto dove è difficile e complicato sottrarsi all’ambizione di potere documentare un ricco palmares della propria scuola e talvolta alle sollecitazioni interessate di autorevoli patrocinatori delle sorti degli alunni.

Ritorna la manfrina dei dati Invalsi

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di Cinzia Mion

Premetto subito che non sono tra i detrattori delle prove Invalsi. Anzi. Ho sempre preso sul serio il grido di allarme inoltrato a suo tempo dal linguista Tullio De Mauro sul cosiddetto “analfabetismo funzionale” del 70 % degli italiani adulti, ripreso poi sistematicamente appunto dalle Prove Invalsi, rispetto ai ragazzi a scuola.
Il riferimento è al fatto che i ragazzi a scuola leggono (competenza strumentale) ma fanno fatica a capire il “senso” di ciò che leggono.
Le cause secondo me sono molteplici. Non intendo però affrontare qui l’annoso problema della formazione iniziale dei docenti della scuola secondaria, carentissima soprattutto in “psicopedagogia o psicologia dell’apprendimento scolastico”, dopo la soppressione delle SSIS. Mancano inoltre da morire tutti i laboratori, i tirocini, all’interno dei quali sollecitare proprio la formazione professionale del docente ad uscire dalla propria auto-referenzialità. Stupisce che non sia l’Università stessa a richiedere, se fosse in grado per prima di “autovalutare se stessa”, una revisione adeguata dei propri piani di studio finalizzati a rivedere le carenze che sono ormai sotto gli occhi di tutti.

L’affondo che intendo portare avanti ora è nei confronti della sottovalutazione, anche da parte dei detrattori delle Prove Invalsi, di un atteggiamento che dovrebbe essere la spina dorsale della professionalità docente: la consuetudine all’”autovalutazione” che ogni insegnante dovrebbe mantenere sempre vigile. Un’autovalutazione che dovrebbe seguire sempre una semplice ma salutare autointerrogazione: cosa ho trascurato nella mia progettazione, ed attivazione poi della didattica, nei confronti dei processi cognitivi e metacognitivi dei “miei” ragazzi se non sono in grado di affrontare questa prova? Come mai questi sono in difficoltà rispetto alla “comprensione del senso”? Continua a leggere

Il Codice di Camaldoli, 80 anni dopo

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disegno di Matilde Gallo, anni 10

di Raimondo Giunta

E’ giusto che si torni a parlare del Codice di Camaldoli, del suo significato e della sua possibile attualità, soprattutto nella fase politica in cui si proclama di volere mettere ancora una volta mano alla Costituzione, per farla diventare altra da quella che è e da quella che era stata pensata e desiderata.

Il Codice di Camaldoli è a distanza siderale dalla situazione di oggi, dalle scelte di oggi, dallo spirito di oggi, dagli uomini di oggi.

CLICCA QUI PER LEGGERE IL TESTO DEL CODICE

Parlare di Camaldoli non è però inutile.
Significa parlare del modo in cui si fa una Costituzione, del modo in cui si pensa una Costituzione e anche del tempo che ci vuole per avere UNA BUONA COSTITUZIONE.
Tutto comincia in una settimana del mese di Luglio del ‘43. Parte del mondo cattolico sente ”l’urgenza di prendere posizione di fronte alle più vive e dibattute questioni sociali ed economiche”(Codice) per essere preparata, quando si sarebbe presentata l’occasione, a dare soluzioni ai problemi di una nazione, che già era prostrata da tre lunghi e sanguinosi anni di guerra e si trovava le truppe straniere in casa.

Venne organizzato un convegno nell’Eremo di Camaldoli, cui partecipò una trentina di studiosi laici ed ecclesiastici. I partecipanti ai lavori, che durarono una settimana, si proponevano di dare forma organica e scientifica e anche sintetica alle enunciazioni del Magistero della Chiesa sui principali problemi della vita economica e sociale; di sceverare tra le affermazioni quelle più adatte alle contingenze del tempo con particolare riguardo ai problemi della ricostruzione di un ordine sociale dopo il collasso della guerra; di tentare una prudente opera di esegesi e di interpretazione e se necessario di integrazione e sviluppo del pensiero espresso nei documenti ufficiali. Continua a leggere

Album di famiglia, a proposito del “kennediano di Piadena”

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di Enrico Bottero

Una delle ragioni per cui in Italia le pedagogie attive non sono riuscite a incidere nell’Istituzione scuola e la sua pedagogia è la divisione tra due interpretazioni politiche delle stesse: a sinistra c’era chi le considerava un modo importante per cambiare la società a partire dalla scuola e chi, invece, ritenendo prioritaria anche temporalmente la battaglia politica contro il capitalismo, pensava che fosse del tutto inutile, anzi controproducente, cercare di cambiare un’istituzione borghese che sarebbe di per sé repressiva e quindi meritava di sprofondare. Quest’ultima posizione era sostenuta, ad esempio, dai Quaderni Piacentini.
Quaderni Piacentini era una Rivista politica trimestrale fondata da Piergiorgio Bellocchio e Grazia Cherchi nel 1962. E’ stata un’importante rivista della sinistra extraparlamentare. Continua a leggere

Benvenuto (si fa per dire) Google Bard!

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di Marco Guastavigna

Da ieri, il dispositivo di conversazione simulata a scopo estrattivo di Alphabet è disponibile anche nell’Europa comunitaria e di conseguenza in Italia, per tutti coloro che hanno compiuto i 18 anni.
È necessario un account Google e sono esclusi quelli gestiti tramite Family Link o quelli di Google Workspace for Education che risultino appartenere a qualcuno che ha meno di 18 anni.

Al primo accesso veniamo avvisati che le nostre conversazioni con Google Bard potrebbero essere elaborate dai revisori “a fini qualitativi”.
Approfondendo, scopriamo quali sono le misure per la protezione dei dati personali adottate, presumibilmente per evitare osservazioni come quelle fatte dal Garante della privacy, cui a suo tempo ChatGPT rispose bloccando l’accesso agli indirizzi IP provenienti dall’Italia, provvedimento che ancora adesso fior di intellettuali laureati interpretano come un blocco diretto di matrice istituzionale, senza minimamente porsi il problema (che noja, la tecnica!) di come fosse e sia (im)possibile attuarlo.

A leggerlo, il documento sulla privacy è trasparente, in piena coerenza con quanto messo in atto per gli altri servizi a vocazione profilante ed estrattiva: “Google raccoglie le tue conversazioni con Bard, le informazioni relative all’utilizzo del prodotto, le informazioni sulla tua posizione e il tuo feedback. Google utilizza questi dati, in conformità con le sue Norme sulla privacy, per fornire, migliorare e sviluppare prodotti e servizi e tecnologie di machine learning di Google, inclusi i prodotti aziendali di Google come Google Cloud”. Per partecipare alla sperimentazione, insomma, dobbiamo accettare anche in questo caso uno scambio – ineguale – tra servizi ricevuti e lavoro prestato ai fini del raffinamento dei dispositivi. Continua a leggere

Quando la sedicente “sinistra” parlava del “kennediano di Piadena”

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Alle volte riaprire vecchie pubblicazioni può essere istruttivo.
Grazie ad un caro amico che me lo ha ricordato, ho ritrovato un numero di Quaderni Piacentini del 1971.
A pagina 162 un articolo a firma di “Collettivo di insegnanti bolognesi” intitolato “Il kennediano di Piadena”: si tratta di una recensione de Il Paese sbagliato.
Leggere per credere. (RP)

Clicca qui per scaricare l’articolo

Chi lo desidera può inviare un proprio commento a info@gessetticolorati.it

PNRR Scuola 4.0. Organizzazione dell’ambiente di apprendimento digitale e ruoli del docente

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di Rodolfo Marchisio

Dopo

Organizzazione degli spazi e dei tempi e loro necessaria flessibilità in didattica che usi il digitale.
Didattica digitale: il web e le TIC come ambiente di apprendimento
Dimensione pedagogica- organizzativa: gli spazi
Dimensione metodologica: esperienze e attività finalizzate allo sviluppo di competenze intellettuali e sociali attraverso la diffusione di metodologie didattiche.
Digitale nell’apprendimento: ricerca, esplorazione e scoperta
Ricerca e conoscenza
Apprendimento cooperativo e condivisione
Didattica laboratoriale.
Imparare ad imparare

Si tratta ora di affrontare i temi relativi a

  • Diversi ruoli del docente. Il docente non solo ha un ruolo nuovo, ma deve imparare a giocare diversi ruoli fondamentali
  • Importanza degli aspetti emotivi e relazionali anche, e soprattutto, in ambienti digitali.
  • E spiegare cosa intendiamo quando parliamo in modo insistente di cultura digitale, – contrapponendola all’addestramento all’uso di uno strumento o ambiente – come compito della scuola e quindi anche dei progetti relativi al PNRR.

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