Inclusione, decadenza degli “intellettuali” e crisi della scuola dei diritti

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disegno di Matilde Gallo, anni 10

di Rodolfo Marchisio

Io questo pezzo non lo volevo scrivere, perché penso che rispondere a EGdL (quello della “predella per ristabilire autorità del docente”, confondendo autorità con autorevolezza), che non è un esperto di scuola, sia quello che lui cercava, una provocazione per far parlare di sé. Ma invitato e tirato per i capelli da un paio di considerazioni, cerco di essere breve.

Intellettuale o influencer?

  • Propongo di abolire il termine “intellettuale”, parola ombrello (Guastavigna) che all’epoca di social, talk e improbabili influencer, non vuol dire più niente. Sicuramente non ha più un ruolo di punto di riferimento nella babele di web, talk e fake. Se “la rete dà la parola a tutti” (U. Eco ed è un bene teorico nel campo dei diritti), dà però anche la parola “a legioni di imbecilli” (U. Eco) e se in rete “1 vale 1” si pone il problema del rapporto tra la libertà di espressione e la competenza in merito all’argomento; “la mia ignoranza vale come la tua competenza” (Asimov). EGdL è esperto di scuola, didattica, pedagogia, inclusione? Dai 2 articoli direi di no.
  • Credo dovremmo parlare di studiosi, di ricercatori, competenti in un campo, anche se la conoscenza oggi è svalutata, anche grazie all’abuso della rete, rispetto alla opinione che chiunque può avere lecitamente. (Nichols).
    Lo studioso si caratterizza per il metodo e per la citazione di fonti, ricerche, documentazione e per l’argomentare vs affermare (come fanno i social e la politica) che validino il suo discorso e permettano agli altri di verificare se dice il vero.
    Lo fa anche wikipedia, il dizionario (non enciclopedia) su cui studiano i nostri ragazzi: questa pagina non è attendibile perché non riporta le fonti e non ha sito/bibliografia.
    Se no è uno qualunque che esprime la sua.

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La scuola e il “regno della menzogna”

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di Pietro Calascibetta

Sulla recensione di Galli della Loggia del volume di Giorgio Ragazzini, “Una scuola esigente”, pubblicata sul CdS del 13/1/23 si è abbattuta una valanga di commenti a volte sarcastici e ironici, a volte molto aspri per usare un eufemismo.
Nel trafiletto di cui parliamo Galli della Loggia si occupa dell’inclusione.
La scelleratezza perpetrata dalla normativa consisterebbe nella scelta di inserire nella stessa classe “unici al mondo” sia i ragazzi con delle difficoltà nella loro completa gamma di situazioni sia quelli che definisce “cosiddetti normali”, diciamo alla Vannucci, con un risultato a suo dire disastroso.
Un’affermazione senz’altro forte e provocatoria.
Non voglio aggiungere nulla, per chiarezza posso dire di condividere pienamente gran parte dei commenti critici che ho letto.
Detto questo vorrei tentare di affrontare invece la polemica che ne è nata toccando un altro aspetto della questione che mi sembra non meno importante dei valori su cui gran parte dei commentatori hanno puntato.

OLTRE AI VALORI C’E’ DELL’ALTRO

Approfittando dell’assist fornito dalla recensione, a me pare che a Galli della Loggia non sia sembrato vero di poter aggiungere un nuovo tassello al suo teorema che la scuola è stata rovinata con le sciagurate riforme fatte per motivi politici e opportunistici dall’allora PCI e dai suoi complici, i fiancheggiatori del compromesso storico e del neoliberismo.
Non è una mia malevola interpretazione, ma è una tesi da lui compendiata addirittura in un saggio per dare supporto scientifico alle sue “opinioni” in merito, espresse a puntate in vari articoli sul Corriere.
Non a caso Galli della Loggia è molto vicino al “benemerito”, come lui lo definisce, “ Gruppo di Firenze” di cui Giorgio Ragazzini è un esponente di spicco da sempre in prima linea su questo fronte.
Sono convinto che Galli della Loggia non sia razzista e non sia Vannacci, ma utilizza l’argomentazione del mondo alla rovescia perché è abbastanza diffusa in quella parte di cittadini convinti come lui che ci sia stata una macchinazione della cosiddetta cultura di sinistra per realizzare una società al contrario, come dimostrano i numerosi lettori dell’ormai famoso generale. Continua a leggere

Macchine che fingono di essere intelligenti

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Composizione geometrica di Gabriella Romano

di Stefano Penge

In questi ultimi anni si sta diffondendo un approccio che epistemologicamente e eticamente sembra mettere in discussione tutto quello che abbiamo saputo o creduto di sapere. Un passaggio che vale la pena di evidenziare e di discutere, anche e soprattutto in ambito educativo.

Fino a poco fa, i computer erano al nostro fianco nell’esplorazione dell’universo, più precisi di noi, instancabili, più determinati nel non commettere errori e non trarre conclusioni avventate. Gli affidavamo il calcolo delle traiettorie degli aerei, sulla base della matematica e della fisica che avevamo verificato nel corso due millenni precedenti, perché eravamo certi che avrebbero fatto meno pasticci di noi. Li immaginavamo come servi affidabili e incorruttibili. Un po’ come il primo Terminator impersonato da Arnold Schwartzenegger: magari brutale, ma efficace e soprattutto fedele.

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Invece è arrivata un’altra generazione di Terminator, più sottile, elegante, fluida. Il modello di software intelligente che va di moda oggi è bravo a fare molte cose, ma soprattutto una in particolare: fingere, cioè cambiare aspetto e assumere quello di chiunque altro. Non sa risolvere un problema o creare un minuetto partendo dalla regole della musica occidentale settecentesca, però può produrre degli artefatti che non sembrano artificiali, che assomigliano a qualcosa che avrebbe potuto produrre un essere umano. Di fatto, assomigliano a molte cose che esseri umani hanno prodotto, contemporaneamente. Continua a leggere

A proposito di integrazione, quando il made in Italy è indigesto

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di Giovanni Fioravanti

Ecco che Galli Della Loggia risale in cattedra, quella con la predella, per dichiarare che è ora di abbattere gli idoli e i loro miti come l’inclusione di tutti nella scuola di tutti.

È giunto il momento di riporre in soffitta la scuola inclusiva e sottrarre alle ragnatele dell’abbandono, spolverata e lustrata, la scuola meritocratica e competitiva.
Sa di parlare all’orecchio di un governo sensibile alle sue sirene e certamente al repertorio suonato dai pifferai, dalla Mastrocola al Gruppo di Firenze, della scuola oltraggiata.

Ora siamo alla “scuola menzogna” che copre lo scandalo — caso unico al mondo —  scrive il nostro professore, per cui nelle nostre aule convivono regolarmente, accanto ad allievi cosiddetti normali, ragazze e ragazzi disabili, alunni con bisogni educativi speciali, ragazze e ragazzi stranieri. Il professore tralascia di dire che questo scandalo ci è invidiato da tutto il mondo.

Un made in Italy di quelli che non rendono quattrini e che semmai turba alcune coscienze, comunque un made in Italy che non piace al professore e non è certo quello che intende promuovere questo governo. Continua a leggere

La filosofia: come insegnarla (o NON insegnarla). Un bel libro di Massimo Mugnai

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Stefaneldi Stefano Stefanel 

Premessa biografica
Mi sono laureato in filosofia a Trieste nel 1979 con una tesi su Ernst Mach e la filosofia della scienza dal titolo Per un dibattito sui rapporti tra il machismo e il materialismo dialettico (relatore Pier Aldo Rovatti) con 110/110. Nel 1981 mi sono diplomato a Padova nella Scuola di specializzazione in Filosofia (indirizzo Estetica) con 70/0 e lode e una tesi dal titolo Percorsi filosofici tra Mach e Musil[1] (relatore Giangiorgio Pasqualotto), poi pubblicata col medesimo titolo. Ho anche partecipato ad un concorso universitario arrivando al terzo posto ma con 100/100 di voto complessivo nelle tre prove (40/40 e 40/40 nei due scritti: uno sull’ontologia in Kant e Hegel e l’altro sulla critica alla metafisica in Nietzsche e Heidegger; 20/20 nell’orale), ma con meno titoli di chi mi ha superato. Ho poi superato 5-6 concorsi a cattedra in filosofia, rinunciando sempre al ruolo nei Licei che avevo vinto per continuare a insegnare alle Scuole medie. Poi dal 2001 ho iniziato a fare il dirigente scolastico e dal 2012 dirigo un Liceo scientifico (quello che ho frequentato da studente). La scelta di rimanere alle medie ha avuto due motivazioni: la prima era che mi sentivo più vicino alla didattica dei Lehrjahren (“veder crescere l’apprendimento dalla parte delle radici” dicevo parafrasando il titolo di un libro degli anni Settanta); la seconda che non intendevo insegnare Storia della filosofia e che per non insegnarla al Liceo avrei dovuto mettermi in conflitto con scuola, colleghi, studenti e famiglie. E quindi ho “fatto” filosofia alle medie (Kinderphilosophie) finché sono diventato dirigente. Oltre al libro sopra citato ho pubblicato molti articoli su riviste filosofiche (Edizione della Società Filosofia Italiana – Sezione Friuli-Venezia Giulia di cui sono stato fondatore e Presidente per 7 anni; Testi & Contesti, Bollettino della SFI Nazionale e altre riviste).

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Il motivo per cui ho tediato il lettore con la tiritera di cui sopra è che il libro di Massimo Mugnai uscito da pochissimo dal titolo Come NON insegnare la filosofia[2] (Raffaello Cortina Editore, Milano 2023) racconta la mia storia ed esprime il mio pensiero come meglio non avrei saputo fare.

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Inclusione scolastica: Galli Della Loggia e le chiacchiere da bar

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di Raffaele Iosa

Sono felicemente sorpreso dalla valanga di critiche, a volte persino feroci, che il vecchio guru Ernesto Galli della Loggia (detto da più parti EGDL) si è preso per via di un suo pezzo sull’inclusione scolastica.
In questo assurdo pezzo il vecchio EGDL sostiene con una violenza da bar sport che l’inclusione scolastica è solo un “mito” finto democratico, che non solo non funziona, ma fa del male a chi è disabile, dislessico, straniero, povero, e così via. E, ovviamente, fa del male e rallenta i “normali” costretti a subire un pernicioso caos educativo.
Mi occupo di disabilità da quasi 50 anni, sia come insegnante poi via via da dirigente e ispettore anche con ruoli apicali ministeriali ed internazionali.

Qualcosa so.
Dunque: sono molto sorpreso per le reazioni di centinaia di insegnanti, persone di scuola e cittadini. Per moltissimi di questi le dichiarazioni di EGDL sono offensive, ridicole, false, pur con tutte le difficoltà che l’inclusione scolastica ha ancora in Italia.

Sono felicemente sorpreso perché nei tanti “bar scolastici” che ancora frequento (anche se in pensione) ho più volte incontrato presidi, insegnanti e genitori ostili all’inclusione scolastica con toni e argomentari simili a quelli del nostro EGDL. Continua a leggere

Macchine che sembrano intelligenti

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di Stefano Penge

Immaginate un bel seminario dal titolo accattivante: “Le macchine intelligenti e la scuola: conflitto o opportunità?”. Si presenta come obiettivo, imparziale; non è acritico ma lascia intravvedere la direzione in cui occorre procedere (dalla rilevazione dei rischi alla costruzione di possibilità operative). Ottimismo della ragione e curiosità non vi mancano, siete pronti a iscrivervi?

Un attimo. Già in questo titolo sono visibili alcuni limiti tipici dell’impostazione più diffusa.

Prima di tutto, macchine e scuola: due soggetti, due entità che inevitabilmente si confrontano. Come se ci fosse una natura artificiale che cresce, si sviluppa, produce i suoi frutti (le macchine appunto); e come se la scuola si trovasse in questo giardino incantato, novella Eva, e dovesse decidere come coglierli e mangiarli. Lieto fine: dopo qualche esitazione colpevole ogni invenzione viene assorbita dalla scuola, malgrado l’opposizione dei tecnofobi arretrati e miopi.

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E’ vero che non sono molte le tecnologie per l’educazione nate dentro la scuola, come la tavoletta di cera riscrivibile dei romani o la lavagna di ardesia (che sembra sia stata introdotta negli Stati Uniti nell’Ottocento nel quadro della formazione degli insegnanti: una tecnologia meta-educativa).
Dalla tipografia alle fotocopie, dalle diapositive alla LIM: nessuna di queste tecnologie nasce per l’educazione e nemmeno per la formazione, ma tutt’al più nel quadro della comunicazione aziendale, per la diffusione rapida, economica ed efficace di informazioni. Continua a leggere