La cattedra inclusiva, una proposta impossibile? Le utopie servono per cambiare

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di Antonio Giacobbi

 

Ho trovato molto interessante il documento, presentato nella forma di progetto di legge, che mira ad introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado la “cattedra inclusiva” .

È firmato da esperti da sempre impegnati per l’inclusione degli alunni con disabilità, tra i quali Dario Ianes del Centro Erikson e Raffaele Iosa, già dirigente tecnico e componente il Comitato Tecnico Scientifico di Proteo Fare Sapere.
Di cosa si tratta?
Per dirla con Ianes da una intervista su Orizzonte Scuola: “Una scuola inclusiva, una scuola dove non ci sia più la separazione netta e perversa tra insegnanti curriculari normali, cosiddetti, insegnanti di sostegno dedicati a chi ha una specialità, una disabilità. Ecco, questa non è una scuola inclusiva” e ancora “Il curricolare fa il sostegno, il sostegno fa il curricolare, si è abilitato, per cui abbiamo questo intreccio di competenze per una scuola più inclusiva per tutti e per tutte.”
Detto così può sembrare complicato da un lato e riduttivo da un altro, e probabilmente produrre una prima reazione: “impossibile”. In realtà il testo articola tempi, procedure, formazione, finanziamenti. Continua a leggere

Valutazione nella primaria, si cambia: l’idea arriva dal salumiere di Salvini e dalla fiera della polenta taragna

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di Mario Maviglia

Com’è noto la luce ha una velocità approssimativa di 299.792 chilometri al secondo. È un dato accettato dalla comunità scientifica, e deriva da una serie di dati, misurazioni, controlli condotti con una certa cura. Ma non è un dato immutatile. Nuovi dati, misurazioni e controlli potrebbero portare a stabilire un nuovo valore, accettato dalla comunità scientifica.

Questo ragionamento, in fondo banale, non ha molto senso se applicato alla politica scolastica. Con un emendamento presentato dal Governo alla Commissione Cultura e Istruzione del Senato del 7 febbraio u.s. (riguardante un DDL sul voto di condotta) si propone il ritorno ai giudizi sintetici, da ottimo a insufficiente nella valutazione degli apprendimenti nella scuola primaria. Spariranno quindi gli attuali livelli di avanzato, intermedio, base e in via di prima acquisizione, introdotti dal decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2020, n. 41, e regolamentati dall’OM 172 del 4 dicembre 2020. Neanche il tempo di abituarsi al nuovo sistema e si cambia nuovamente. Più veloce della luce! Appunto. Continua a leggere

Quattro passi per una pedagogia dell’emancipazione

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a cura di Giancarlo Cavinato

Il MCE propone 4 passi per una pedagogia dell’emancipazione. Si tratta di organizzare un impianto sistemico costituito da moduli variamente componibili e adattabili alle esigenze dei singoli contesti. Sono proposte concrete, realizzabili in ogni scuola, in grado di attribuire valore aggiunto all’azione professionale e collegiale, e di rappresentare gli elementi da cui partire per realizzare percorsi di partecipazione e condivisione e dispositivi organizzativi in grado di qualificare i contesti e di aumentare i livelli formativi..
I 4 passi si propongono come ponti fra l’organizzazione e le relazioni e gli strumenti concettuali di ricerca. Ciascuno dei passi si realizza attraverso la  forza e le potenzialità delle esperienze che prevede: discutere e decidere insieme, appartenere a diversi gruppi nella propria e con altre classi con impegni e sviluppi diversi, fare ricerca, possibilità di maneggiare e consultare una pluralità di testi e di fonti, collegarsi con classi di altre parti del paese e del mondo e la sensazione di condividere speranze e obiettivi,  veder nascere e contribuire a un prodotto come il giornale il libro il video…

Primo passo: gli strumenti di democrazia.

In una delle invarianti pedagogiche Freinet[1] afferma che un regime scolastico autoritario non può formare cittadini democratici. «La democrazia é impegno partecipativo nella costruzione dei valori che regolano la convivenza umana. In tale impegno, l’educazione svolge il ruolo fondamentale dello sviluppo dell’intelligenza, della comprensione, dell’esperienza, dell’apprendimento, della collaborazione e della difesa dell’uguaglianza.»[2]
La democrazia si esercita mediante regole, procedure, strumenti e pratiche attraverso cui si costruiscono e si determinano scelte possibili e condivise. Le idee, le opinioni, i giudizi sulla realtà non sono preesistenti alla loro scoperta da parte dei soggetti, ma si formano attraverso una pratica e un’esperienza di relazionalità e socialità. L’istituzione ad hoc è l’assemblea di classe come iniziazione alla vita democratica, alla solidarietà. Un’assemblea con le sue routine e le sue suddivisioni di compiti. Chi presiede, chi verbalizza, chi dà i tempi degli interventi. Durante la settimana su cartelloni i bambini trascrivono le loro osservazioni, proposte, critiche, suggerimenti da analizzare nell’assemblea. Ogni aspetto della vita scolastica acquista così senso e giustificazione. La finalità gradualmente condivisa è l’uguaglianza di diritti e il successo formativo di tutti. Le forme di partecipazione risultano tanto più efficaci quanto più ai ragazzi viene data parola e possibilità di progettare estendendo il raggio della loro progettualità alla città attraverso l’organizzazione di consulte e consigli.[3] Continua a leggere

Professionisti acritici

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Immagine realizzata con Google Bard

di Marco Guastavigna

Il tema della cosiddetta intelligenza artificiale è l’esempio più recente, ma certamente non il solo.

Sono davvero troppi gli insegnanti che, di fronte a qualsiasi accenno di novità si accontentano di esperienze limitate, brevi letture – tendenzialmente mediatiche e con approccio sensazionalista –, rapidi webinar e succinti scambi di opinioni (se non addirittura di slogan) e pensano di aver analizzato, classificato, capito in modo significativo.

E quindi di saper rifiutare o accettare con buona consapevolezza.

Lo scopo strategico, più o meno consapevole, di chi opta per il diniego è tornare serenamente a praticare ciò che si pensa di controllare pienamente, con modi, tempi, tecniche, procedure rassicuranti, perché note, consolidate, convenzionali, condivise da generazioni. Quello di chi fa la scelta opposta è cominciare serenamente a praticare la proposta di cambiamento del momento, con modi, tempi, tecniche, procedure a loro volta rassicuranti, perché innovative, accattivanti, creative, proiettate verso il futuro, spesso foriere di presenze in fiere della didattica ed altre manifestazioni mercatali. Continua a leggere

Giornata della sicurezza in rete. Difendersi dalla privatizzazione del web e dalla IA non controllata

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di Rodolfo Marchisio

 Tra le varie “giornate” ricorrenti e celebranti c’è quella fondamentale della sicurezza in rete, 6 febbraio. Però quest’anno va integrata, perché non è solo più la giornata della sicurezza necessaria in merito a dipendenza (in un paese in cui 1/3 dei bambini tra i 5 e gli 8 anni ha un profilo social ed uno smartphone con seri danni e nella indifferenza dei “grandi” e 2 adolescenti su 3 usano IA e chat Gpt senza saper come funzionano) e privacy, controllo dati, odio e violenza nel web, violazione di diritti. Temi fondamentali con radici simili.
Ci sono importanti novità; da come difendersi dalla Scuola 4.0 a come difendersi dalla moda e dalla operazione di marketing della IA generale non controllata. Cominciamo da questa, troppo di moda per essere vera. L’IA è un mondo di attività, proposte diverse che andrebbero conosciute ed analizzate separatamente. Con alcune attenzioni comuni. Questa rubrica sta dando conto di questo e fornendo dati, riflessioni, stimoli.

IA ACT. Cos’è.

Sta per essere messo a punto l’atto di regolamentazione sulla IA approvato dalla UE. Gli USA come al solito vanno per i fatti loro, pur avendo le maggiori imprese che si occupano con alterne vicende di IA, secondo le logiche del libero mercato e della libertà di espressione. Interesse individuale contro la responsabilità sociale richiesta ad es. dalla nostra Costituzione.
L’UE, dopo avere cercato con scarsi risultati di far pagare le tasse a costoro, ha provato e sta mettendo a punto, si spera per giugno, una serie di regole nello sviluppo della IA. Continua a leggere

Apprendere ad apprendere. Ma che significa? E per che cosa?

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Stefaneldi Raimondo Giunta

Il ritmo inarrestabile dello sviluppo delle conoscenze che bisogna possedere per non restare ai margini dell’attuale società ridisegna i compiti che la scuola deve affrontare.
Un problema di non facile e immediata soluzione. La sua complessità è costituita anche dal fatto che media e internet hanno qualcosa che la scuola non sempre possiede per definire il proprio rapporto con le nuove generazioni: la capacità di seduzione e di coinvolgimento.

Si dice con monotonia sempre più assillante che per inserirsi in una società, segnata dalle continue trasformazioni dei suoi assetti economico-sociali e dalle innovazioni permanenti del patrimonio tecnologico e scientifico, e per essere capaci di dominare l’incertezza che per questi motivi si viene a determinare occorra un considerevole bagaglio di saperi e di competenze e soprattutto che si debba essere capaci di apprendere ad apprendere.
Se ne è fatto uno scopo e anche uno slogan…

Si sa che non si finisce mai di apprendere, che l’apprendimento è inevitabilmente permanente, perché è una condizione esistenziale e coincide con la stessa durata della vita di una persona.
L’apprendimento è un bisogno individuale che si trasforma in intenzione di apprendere, in desiderio di apprendere solo quando se ne fa un fine della propria vita , quando c’è una buona ragione. Continua a leggere

Didattica del prompt

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di Stefano Penge

Secondo le opinioni degli insegnanti intervistati dagli autori di ChatGPT [https://openai.com/blog/teaching-with-ai], il prompt si può usare a scuola in tanti modi:

  1. far esercitare gli studenti in un debate
  2. preparare quiz e lezioni
  3. tradurre testi per studenti non perfettamente a loro agio nella lingua dell’insegnante
  4. insegnare agli studenti come usare internet responsabilmente.

Probabilmente a noi europei, più centrati sulla nostra storia delle letteratura che sui problemi linguistici degli immigrati, questi suggerimenti sembrano ingenui e comunque non praticabili nel contesto della didattica quotidiana, a parte il secondo, che attrae irresistibilmente con la sua promessa di far risparmiare tempo al docente.

Il quarto punto (far crescere il senso critico dei ragazzi) è invece interessante. Curiosamente cita internet, e non i servizi intelligenti, come se i rischi fossero legati a cattivi hacker in agguato là nella notte della dark web; ma è interessante proprio perché non è un suggerimento che viene da qualche agenzia culturale luddista e anti-tecnologica, ma da chi spinge per il progresso veloce e inarrestabile a qualunque costo. Sembra un’etichetta di una bevanda alcolica che recita “Bevi responsabilmente” o di un pacchetto di sigarette “Il fumo provoca il cancro”. Continua a leggere