Il caso Pioltello, ultima ora: cosa si dice davvero nel “palazzo”

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di Aristarco Ammazzacaffé

I fatti, in primo luogo, come per ogni cronaca che si rispetti.
Il Collegio Docenti e il Consiglio dell’Istituto Comprensivo di Pioltello (Mi) – intitolata ad un ragazzo straniero, per giunta musulmano, Iqbad Masih – decidono, in perfetta complicità, lo stop alle lezioni il 10 aprile p.v.. E ciò per permettere alla comunità musulmana (quindi non solo non cattolica, ma neanche cristiana), di partecipare alla loro festività religiosa, il Ramadan. Senza minimamente pensare al rischio ben forte di cadere addirittura nell’apostasia.

Il ministro Valditara prontamente informato da Radio Maria e dai catto-leghisti lombardi, giustamente interviene con queste parole ascoltate e registrate personalmente: “Questa chiusura no, non s’ha da fare né il 10 aprile, né mai. Le delibere del Collegio docenti e del Consiglio di Istituto – scandisce, pacatamente alterato, che lo sentono anche a Piazzale Trilussa – sono irregolari, almeno per tutta questa legislatura. E questo perché – e qui diventa lapidario – una scuola seria non chiude, ma apre; anche a Natale, Pasqua ed Epifania, che tutte le feste si porta via; comprese quelle comandate ed estive (sulla frase in rima però ho qualche dubbio, che con onestà doverosamente dichiaro. Noi, di una certa parte, siamo fatti così.  Quelli dell’altra, se ne facciano una ragione). Continua a leggere

Ma esiste ancora la laicità della scuola?

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di Cinzia Mion

Il testo che segue non è recente, anzi è datato. L’aspetto sconvolgente però è che è ancora di estrema attualità.
Non ho cambiato una virgola. Potrebbe essere stato scritto stamattina dopo i fatti di Pioltello o di Altavilla (messa pasquale in orario scolastico) in cui ancora una volta è sotto assedio un dirigente scolastico che cerca solo di far rispettare la Legge.

 

 

 

Diceva Guido Calogero, in tempi non sospetti, e precisamente nel 1955, che la fondamentale legittimità della difesa della laicità della scuola consiste nel fatto che un’educazione condotta, comunque, in base a certi orientamenti dottrinali presupposti come indiscussi, o discussi in maniera insufficiente, crea uomini moralmente e civicamente meno solidi di un’educazione la quale non presupponga alcun tabù ed alleni continuamente i giovani all’attenta e rispettosa discussione di qualunque idea e fede, propria ed altrui. D’altro, canto aggiunge sempre Calogero, il laicismo (parola che non ha un’accezione dispregiativa come si vuol far credere ultimamente) consiste nel fatto di non accettare mai, in nessun caso, l’organizzazione e l’esercizio di strumenti di pressione religiosa o politica o sociale o morale o economica o finanziaria al fine della diffusione di certe idee, e di procurare invece, sempre più, l’equilibrio della loro possibilità di dialogo individuale (G.Calogero “Che cosa vuol dire scuola laica?,in “Mondo”, dicembre 1955).

Calogero, noto come il filosofo del dialogo, fondatore con Aldo Capitini del movimento liberal-socialista è stato tra i protagonisti della cultura laica nel dopoguerra. Norberto Bobbio lo ha ricordato poco tempo prima di morire come suo maestro su la “Stampa” (21 dicembre 2001).

Oggi il laico, che voglia intraprendere tale dialogo con le gerarchie ecclesiastiche, si accorge subito che non è possibile perché queste si professano attualmente i custodi dell’ortodossia della ragione non solo filosofica, come è stato per secoli, ma anche della ragione scientifica, cioè della ragione applicata alle scienze naturali.
Scrive Gustavo Zagrebelsky, a tal proposito, che il dialogo tra la Chiesa e un non cattolico è impossibile perché quest’ultimo interlocutore, per le gerarchie, è “uno che, in moralità e razionalità, vale poco o niente; è uno che le circostanze inducono a tollerare, ma di cui si farebbe volentieri a meno” (da Repubblica 10 gennaio 2007: G.Zagrebelsky , Cosa pensa la Chiesa quando parla di dialogo?) Continua a leggere

Nativi e migranti artificiali

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di Marco Guastavigna

Avendo dato poco più di un’occhiata a  ChatGPT e avendovi identificato non solo l’intelligenza artificiale generativa, ma l’intera intelligenza artificiale, vi è già chi pontifica senza pudore sulla assoluta necessità di modificare i compiti a casa: “è la fine delle assegnazioni compilative!”. Compito degli insegnanti? Prendere atto e adeguarsi.

L’arrogante superficialità di queste affermazioni è nella fattispecie davvero grottesca, perché una più approfondita esplorazione dei dispositivi esistenti avrebbe rivelato la disponibilità di almeno uno spazio di lavoro destinato – udite, udite! – a fornire agli insegnanti suggerimenti su come rendere le assegnazioni di compiti “resistenti all’IA”. Siamo di fronte a uno dei molti moduli compresi in MagicSchool, a cui abbiamo per altro già accennato.
Non è affatto scontato che realizzi quel che promette, ma è bene provarlo e riprovarlo prima di esprimere un giudizio.

La logica complessiva dell’ambiente – dichiarata – è fornire ai docenti dispositivi per ridurre il carico di lavoro professionale. Testimoniano questa impostazione moduli comePiano di lezione secondo il modello 5E”, “Domande personalizzate di lettura SAT” , “Test di pratica di lettura SAT e vari altri, anche se connotati in modo più generico. L’insieme è palesemente destinato all’istruzione con logistica statunitense. Continua a leggere

Il principio di laicità non esclude la necessità di una “formazione religiosa”

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di Antonella Mongiardo

Una domanda semplice, in apparenza, che negli anni ha attraversato correnti di pensiero diverse e, talora, contrapposte, fino a giungere, in tempi recenti, ad interpretazioni restrittive e fuorvianti che identificano la laicità con assenza di religione nelle scuole. Cos ‘è, ad ogni modo, la laicità? Qual è il suo significato nella scuola?

La risposta, nel significato letterale, la troviamo nei dizionari. Secondo la Treccani, laico è chi non fa parte del mondo clericale. Lo stato laico è quello che riconosce l’eguaglianza di tutte le confessioni religiose, senza concedere particolari privilegi o riconoscimenti ad alcuna di esse, e che riafferma la propria autonomia rispetto al potere ecclesiastico”.

Il laicismo, quindi, si identifica con una concezione più ampia e complessiva della cultura e della vita civile, basata sulla tolleranza comprensiva delle credenze altrui, sul rifiuto del dogmatismo in ogni settore della vita associata, anche al di là dell’influenza diretta dell’istituzione religiosa dominante.

In una realtà sociale come quella di oggi, dove il cedimento dei valori etici e l’affermazione di nuovi stili educativi, talvolta discutibili, interferiscono spesso con l’azione formativa della scuola, è sempre più arduo realizzare quell’auspicata corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia, che dovrebbe essere la base dello sviluppo identitario dei giovani. Le nuove generazioni stanno crescendo in un’epoca in cui si fa sempre più sfocato il confine tra i ruoli e le responsabilità, con una conseguente perdita di autorevolezza, sia della scuola sia della famiglia, che devono essere, invece, i due più importanti avamposti pedagogici della società.

E’ proprio nella prospettiva di un recupero di valori e di una più forte alleanza tra scuola e famiglia che si inserisce la dimensione sociale dell’elemento religioso nella scuola.

Condivido le acute osservazioni del matematico Piero Del Bene, quando sostiene che, se laicità significasse assenza di religione, allora nella scuola laica non dovrebbero trovare posto il cattolicesimo di Manzoni e di numerosi altri autori della letteratura italiana, non si dovrebbe studiare la divina commedia di Dante e non si dovrebbero visitare chiese, né ammirare le rappresentazioni sacre attraverso i libri di storia dell’arte o durante le gite scolastiche.

 

Invece, sappiamo bene che le discipline umanistiche traboccano di cultura cattolica; l’arte, la filosofia, la musica, sono ambiti in cui il cattolicesimo ha lasciato la sua impronta indelebile. La cultura religiosa fa parte, a pieno titolo, della formazione scolastica. E non potrebbe essere altrimenti, dal momento che essa permea tutta la nostra tradizione culturale, la nostra società, i nostri valori e i nostri linguaggi.

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Francesco De Bartolomeis, un maestro della pedagogia contemporanea, e di molti di noi

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di Gianni Giardiello

 Vi racconto di Francesco De Bartolomeis, un importante maestro della pedagogia contemporanea, docente emerito della Università di Torino, insignito del titolo d’onore dell’Accademia Albertina delle Arti di Torino per i suoi meriti di critico d’arte.

Christian Raimo nel gennaio del 2020, in un articolo sulla rivista “Internazionale” pubblicato in occasione del 102esimo compleanno del prof., lo presentava così:

“E’ nato a Salerno mentre finiva la prima guerra mondiale e aveva 21 anni quando scoppiava la seconda. A 26 anni ha pubblicato –per intercessione di Benedetto Croce-  il suo primo saggio “Idealismo e Esistenzialismo”, attraverso cui faceva già i conti con l’eredità idealogica del fascismo. E’ un antifascista convinto.  …. Da molti anni vive a Torino e la sua storia è la storia della migliore classe intellettuale che questo Paese abbia avuto. … Delle persone anziane come lui in genere si dice che siano lucide per fargli un complimento; ma De Bartolomeis è molto più che lucido: è analitico, puntualissimo, idiosincratico, aggiornato, combattivo.”

Il racconto che mi accingo a fare riguarda un paio di decenni della sua, mia /nostra vita, quelli in cui noi ci siamo formati umanamente e professionalmente che vanno grosso modo dalla seconda metà degli anni   ’50 o giù di lì, ai primi anni ’70. Uso il noi plurale con un po’ di supponenza, ma senza timore di sbagliare, poiché sono certo che in questa storia non ci sono solo Francesco ed io, ma anche molti di voi, colleghi e amici e miei contemporanei, che mi state leggendo. Poi ci stanno molte altre cose, le nostre scuole, le idee sociali, i principi per una nuova educazione, le teorie pedagogiche, le vicende di un Paese che cercava di rimettersi in sesto e rilanciarsi dopo gli anni orribili del ventennio fascista e le conseguenze di una guerra rovinosa.

Francesco De Bartolomeis è stato uomo di grande cultura, esponente della migliore classe di intellettuali che abbia avuto il nostro Paese “Quella classe –come dice Raimo nella già citata sua presentazione – che negli anni dell’immediato dopoguerra s’inventa una cultura democratica per una società che ancora non esiste”. Continua a leggere

IC Iqbal Masih di Pioltello: lode all’autonomia scolastica ed altre storie

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di Aluisi Tosolini

In questi giorni divampa la polemica sull’Istituto Comprensivo di Pioltello che ha “adattato” il proprio calendario scolastico inserendo un giorno di chiusura in concomitanza la conclusione del Ramadan, anche in considerazione che circa il 40% degli studenti del comprensivo festeggia tale giornata.
Il ministro, come ha scritto Tecnica della scuola, ha accusato il comprensivo di aver stabilito una nuova festività, cosa non legittima.
Ma cerchiamo di capire come funziona il tutto partendo dalle norme e poi raccontando la prassi derivante da 20 anni di esperienza da dirigente scolastico.

La normativa: autonomia scolastica e calendario scolastico regionale

Il calendario scolastico viene annualmente deliberato dalle singole Regioni. Nel caso dell’anno 2023/24 la regione Lombardia ha pubblicato il 20 aprile 2023 la delibera Prot. N.R1.2023.5812 che così scrive: “come definito con la DGR 3318/2012, permangono stabilite le festività fissate dalla normativa nazionale ed i tradizionali periodi di chiusura natalizi, pasquali e di carnevale, come di seguito specificato (segue elenco)”. Continua a leggere

Libertà vo’ cercando, ch’è sì cara!

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Stefaneldi Carlo Baiocco

(Punti e spunti di riflessione, espressi in modo disordinato, conciso ed essenziale, proposti per l’attuazione di un programma di interventi, pratici e concreti, che possa contribuire a restituire funzione, dignità, benessere e libertà alla scuola e agli insegnanti)

 

–  Recupero dell’immagine sociale ed economica della professione attraverso il riconoscimento di un ruolo unico professionale pubblico con stato giuridico non impiegatizio;
– equiparazione dei contratti a quelli dei professori universitari;
– stipula di contratti annuali pubblici ed autonomi, specifici per la scuola;
– recupero pieno e vero dell’autonomia scolastica;
– eliminazione delle reti di ambito nonché delle scuole “capofila”:
– diritto all’obbligo scolastico elevato a diciotto anni;
– cancellazione della sperimentazione della scuola secondaria di secondo grado ridotta a quattro anni;
– investimenti annuali, seri e ponderosi sulla scuola e soprattutto sulle scuole presenti in aree disagiate;
– eliminazione dell’autonomia differenziata regionale e delle “gabbie salariali” per gli insegnanti;
– aumenti salariali equiparati almeno alla media delle retribuzioni degli altri paesi europei e svincolati dal livello dell’inflazione programmata;
– introduzione della quattordicesima mensilità per tutti gli insegnanti;
– utilizzo delle risorse e dei fondi del PNRR per la messa in sicurezza ed a norma antincendio ed antisismica delle scuole e per l’eliminazione delle barriere strutturali, per il miglioramento del trasporto scolastico, della disinfestazione da topi, blatte e zanzare e la riqualificazione, anche quella eco-sostenibile, degli spazi interni ed esterni (cortili, aree verdi …), delle mense, palestre, laboratori, biblioteche, “teatri”, degli ausili didattici per alunni disabili e con disturbi specifici, delle aule e suppellettili, dei presidi igienico-sanitari, magari anche dell’acqua calda, e, soprattutto, dei bagni, ormai quasi sempre ridotti a cessi orripilanti;
– cancellazione del nuovo piano di dimensionamento scolastico;
– revisione di tutti gli “accorpamenti” e “dimensionamenti” fin qui fatti; Continua a leggere