Tragedia della DaD o della cultura nazionale sulla scuola?

di Roberto Maragliano Più che di tragedia della DaD parlerei di tragedia della cultura nazionale in fatto di scuola. I primi studi nazionale sulla determinazione sociali degli studi risalgono a sessant’anni fa. Questa predisposizione economico-sociale al successo o non successo scolastici non è mai stata negata né lo è mai stata la sua articolazione geografica nord/sud – est/ovest, elemento che incide pesantemente a livello di scuola secondaria e al di sotto del quale sta, pesantemente confermato dentro la cultura formativa nazionale, una disposizione gerarchica degli indirizzi scolastici. Sono fattori residuali dell’impianto ottocentesco, aristocratico, centralistico, autoritario, e che spiegano anche perché c’era già un’inaccettabile disparità nei risultati, prima della pandemia. Quindi non è tutta colpa della DaD, se le cose vanno come vanno. Quindi tornare alla situazione di prima (anche se fosse possibile, cosa che non è, basta un po’ di buon senso per capirlo) significherebbe mantenere le disparità ante-Covid, probabilmente peggiorate, visto che mesi e mesi di ‘non scuola’ avranno non poco demotivato tutti, ma li avrà anche convinti di poter giocare un buon alibi. Chiediamoci dunque l’origine di tali disparità, fortissime già prima, con tassi di eterogeneità nella riuscita e di precoce dispersione significativamente superiori agli standard europei e vediamo di individuare delle priorità per le necessarie misure di intervento correttivo e trasformativo. Quando lo si fa (raramente sui media di massa, più frequentemente qui, nei famigerati social) si parla perlopiù di interventi sulle strutture fisiche (edifici e arredi) o sull’organizzazione didattica (attività laboratoriali, integrazione delle attività, flessibilità degli orari, ecc.). Benissimo. Manca, a mio avviso, un elemento fondamentale: quello dei saperi, dei contenuti della formazione scolastica. Vanno ripensati, dobbiamo trovare il coraggio di ripensarli, evitando di trincerarci dietro parole come ‘curricolo’, ‘materia’, ‘disciplina’ che riflettono e legittimano al loro interno deleterie istanze di conservazione (epistemologica e politica). Scienza naturale e scienza umana, storia, musica, letteratura, tecnologia, arte ecc. non sono blocchi stabili di sapere dentro i quali e tra i quali identificare collegamenti, sono invece pratiche e modi di vedere, pensare ed essere che si aggregano si integrano si differenziano all’interno di attività di apprendimento, tanto più produttive quanto più attive e coinvolgenti, nella forma ma anche e soprattutto nella sostanza. Smettiamola dunque di prenderci in giro. Se i ragazzi non sanno leggere e scrivere – lo si sostiene con convinzione a vari livelli – non è perché non gli si insegna abbastanza la grammatica, forse è perché si aspira a insegnargliela troppo e troppo male, forse è perché leggono (e studiano e scrivono) cose non del tutto giuste e non sempre nei modi giusti. Continua a leggere

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Sulle povertà educative

di Stefano Stefanel La pandemia e l’avvento totalizzante delle tecnologie digitali hanno reso agevole per tutti la comprensione di un concetto che prima dell’emergenza era appena entrato nel lessico scolastico e sociale e cioè quello di povertà educativa. Fino a qualche tempo fa si parlava di analfabetismo di ritorno o di analfabetismo funzionale e dentro queste distinzioni sociologiche era nata tutta la problematica relativa ai Bes (Bisogni Educativi Speciali), vissuti da una parte del sistema scolastico nazionale come l’ennesimo tentativo di sdoganare i fannulloni, da un’altra parte come una vera emergenza con potenzialità distruttive, da un’altra parte ancora come un elemento da catalogare senza avere bene chiaro in mente poi di cosa farsene di questa catalogazione. Dietro il concetto di povertà educativa ci sono due macro categorie: quella di isolamento e quella di deprivazione. I vari loockdown e un anno e mezzo di grandi incertezze delle classi politiche e di quelle educanti hanno reso macroscopico il problema. La novità è che la povertà educativa è diventata una categoria non difficile da individuare e che va al di là della volontà del singolo. E’ indifferente, dentro questa categoria, se un ragazzo si chiude in camera e dialoga solo con lo smartphone perché sta male, perché è depresso o perché è un fannullone o perché sta deviando: comunque siamo dentro ad un problema e ad una vera povertà educativa e solo questo è il dato da cui partire. Le famiglie non sono tutte attrezzate allo stesso modo e una stessa povertà educativa può dare esiti diversi: un figlio ci sta dentro fino al collo, un altro figlio invece riesce, pur vivendo nello stesso ambiente, ad affrancarsi dalla povertà educativa familiare e a salire sul famoso, anche se acciaccato, ascensore sociale. Continua a leggere

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La valutazione di fine anno fra norma e buonismo

di Pietro Calascibetta Con una nota ministeriale recante per oggetto “Valutazione periodica e finale nelle classi intermedie primo e secondo ciclo di istruzione” il capo dipartimento del MIUR riepiloga tutta la normativa e le procedure di valutazione per gli scrutini. Nulla da dire, solo tre osservazioni che mi sembrano importanti anche come riflessione generale sulla valutazione. 1) La nota sembra proprio una sorta di annuncio di ritorno alla normalità. Una circolare alla “nuora perché suocera intenda” . Un messaggio all’opinione pubblica per dire che l’epoca delle deroghe è terminata, si torna alla scuola vera. E’ un prezioso documento per le scuole, sicuramente da conservare come un “Bignami”, ma nulla di nuovo è scritto che il docente e il dirigente non sappia già. Mi domando quali sono state le deroghe sulla valutazione, se non quelle relative agli scrutini dello scorso anno. Continua a leggere

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Dare un valore all'apprendimento. Come cambiare rotta verso una valutazione formativa

di Daniele Scarampi Il termine “valutazione” ha le sue radici nel participio passato latino di valére, ovverosia quel vàlitus che rimanda a un concetto ben preciso: avere un prezzo, riconoscere un valore. Tale premessa non può che presupporre la prospettiva sistemica – globale, situata e omnicomprensiva – della valutazione, che rispecchia essenzialmente un processo formativo in itinere piuttosto che limitarsi alla rilevazione o alla semplice misurazione di singoli episodi didattici. In quest’ottica, valutazione, progettazione e azione didattica sostanziano un paradigma d’apprendimento che, come ben ha raccontato la scuola di Barbiana, dà piena cittadinanza a quei saperi che non si imparano tra banchi di scuola, ma stando a contatto con la realtà in cui si vive; un apprendimento che dal reale prende lo spunto affinché ognuno acquisisca gli strumenti necessari di base per poter essere un cittadino consapevole. Continua a leggere

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Defascistizzare la valutazione, almeno per le "pratiche estive"

di Paolo Fasce Ho sempre riflettuto sul tema della valutazione. A volte l’ho fatto con tono scherzoso, mettendone alla berlina gli eccessi pseudo docimologici (lo feci proprio sul sito di Pavone Risorse), altre l’ho fatto più seriamente dedicando un capitolo della mia tesi di dottorato (anche questo pubblicato sul sito di Pavone Risorse). Recentemente ho scritto un Regolamento della Valutazione che nei prossimi giorni, dopo un passaggio in Commissione PTOF e discussioni diffuse nei dipartimenti disciplinari e nei consigli di classe, affiorerà in Collegio dei Docenti per una discussione collettiva e meditata. Lo rendo disponibile in questa sede perché potrebbe ispirare qualcuno e contribuire a salvare delle vite. In questo regolamento ho provato a defascistizzare la valutazione. Uso tecnicamente questa parola, giacché ho appreso che la locuzione “congruo numero di valutazioni scritte, orali e pratiche” deriva da un articolo di un regio decreto della riforma Gentile. La normativa vigente, quella che è emersa col DPR 122/2009 e con D.Lgs. 62/2017 sembrano però lettera morta nei regolamenti sulla valutazione innestati nei PTOF che continuano a parlare di “congruo numero di voti”. Il mio contributo vuole accogliere ciò che è scritto nelle norme vigenti, ma non letto, meno che mai praticato. Non è il regolamento che scriverei se fossi imperatore del mondo (dico “imperatore del mondo” perché il regolamento che scriverei non avrei il potere di deliberarlo neppure se fossi Ministro), ma è un contributo di cosa si può fare entro la legislazione vigente (quella davvero vigente, non quella che molti immaginano che ancora viga). Pare assurdo, ma nessuno l’ha letta, la legislazione vigente. Nessuno si attiene. Tutto continua come se nulla fosse. E, infatti, spesso la scuola soccombe ai ricorsi. Per forza. Andiamo avanti per prassi obsolete. Giacché non sono più giovane, ho fatto qualche esperienza e penso che dovremmo tutti adottare a scuola quella che in medicina è un cardine sul quale si basa da millenni questa disciplina: “primum non nocere”. Ed è innegabile il fatto che i voti nuocciano. Creano disagio. Paura. Distaccano dal piacere dell’apprendimento. A volte, nelle psicologie condizionate di studenti che poi diventeranno disadattati nella vita, sono lo scopo del gioco. “Ho preso otto!” dice la mia stessa prole. Sono io che le chiedo: cosa hai imparato? Alla luce di queste considerazioni, che mi fanno dire che la scuola avanzerebbe di un secolo semplicemente abolendo i voti (ma per fortuna mia e vostra, non sono l’imperatore del mondo), potete immaginare quanto stucchevoli appaiano alla mia modesta persona le notizie che sostengono che per le attività estive legate ai progetti che verranno finanziati col PON collegato al “Piano scuola estate 2021. Un ponte per il nuovo inizio” e con altri finanziamenti all’uopo dedicati, dovrebbero essere valutate. Nulla osta alla valutazione (peraltro, del tutto immaginata, temo da menti perverse), ma i voti no. No grazie.]]>

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Piano estate, non c'è nessuna valutazione degli alunni

di Marco Bollettino Lo scorso 29 aprile, in contemporanea con la presentazione del Piano Estate del Ministero di Istruzione, tutte le Istituzioni Scolastiche hanno ricevuto una circolare, firmata dal Capo Dipartimento Stefano Versari, nel cui testo le parole “valutazione” e “valutare” ricorrevano ben sei volte. “Ma come – si chiederanno in tanti – anche nelle lezioni estive gli alunni verranno bombardati con verifiche e interrogazioni?” Fortunatamente no, ma è significativo che, quando si parla di valutazione, i più pensino subito ed irrimediabilmente al voto. Parafrasando Boniperti verrebbe da dire che “il voto non è importante, è l’unica cosa che conta”. Nel caso del Piano Estate il voto c’è ma è solo il punto di partenza, nemmeno il più importante, per la progettazione degli interventi. Piuttosto, scrive Versari, dovremo «dialogare con i ragazzi, scartando modalità standardizzate o schematiche [perché] mai come in questo caso la personalizzazione dell’insegnamento è fondamentale e questa chiede di conoscerli». Il dialogo continuo tra docente e discente e l’utilizzo continuo del feedback per modificare e migliorare la didattica è uno dei capisaldi della cosiddetta valutazione per l’apprendimento (assessment for learning). La parola chiave è quel “per” che modifica totalmente il significato dalla valutazione tradizionale. Non si tratta più solo di verificare il possesso, o meno, di conoscenze e competenze ma anche (e piuttosto) di ricevere un feedback dagli studenti che ci consenta di migliorare la nostra didattica. Spesso, imprigionati dalla burocrazia e alla ricerca costante del “congruo numero di verifiche” perdiamo comprensibilmente di vista questo importante aspetto della valutazione. Liberati dalle catene del voto, è auspicabile che, almeno per le fasi I e III del Piano Estate riscopriremo le potenzialità di tutti gli altri aspetti del processo valutativo.]]>

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Per una nuova valutazione mite nella scuola primaria

di Iosa Raffaele Proposte per una “variante M” Sto studiando attentamente tutta la normativa sulla “nuova valutazione” nella scuola primaria, nata per merito delle leggi 6.6.2020  n. 41,  e 13.10.2020 n. 126. Accompagnano le leggi un’Ordinanza ministeriale e le “Linee guida” corrispondenti per l’applicazione a scuola. Materia ricca e complessa, che merita scavare bene per comprendere la connessione tra le sue ispirazioni pedagogiche e i fatti attuativi richiesti nei nuovi documenti di valutazione proposti. Sono naturalmente molto lieto del fatto che almeno nella scuola primaria si sia superata, per la seconda volta della storia contemporanea,  la logica di valutazione sommativa con voti numerici. Ma proprio per questo, per evitare che la nuova valutazione scada in una finzione formale e non in un processo di qualità, mi permetto di approfondire alcune questioni che per me sono cruciali per garantire una qualità formativa della valutazione come processo di sviluppo vero e non sanzionatorio. E, soprattutto, proporrò qui l’aggiunta, per la nuova scheda di valutazione,  di un nuovo “spazio testuale” per me essenziale. Aggiunto, non alternativo, per rendere più efficace  la novità valutativa. Continua a leggere

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Dal voto ai giudizi: i perché di un cambiamento necessario

di Cristiano Corsini

Nella scuola primaria si passa dal voto ai giudizi. Anche se si tratta di un cambiamento del tutto in linea con la ricerca educativa e valutativa più avanzata – o forse proprio per questo motivo – l’accoglienza da parte dell’opinione pubblica è stata finora caratterizzata da una certa dose di circospezione e sospetto. Come ho già rilevato, sul Corriere della Sera Galli della Loggia ha attaccato frontalmente i giudizi, definendoli poco chiari e buonisti. Benché le lapidarie opinioni dell’editorialista siano, come vedremo, del tutto infondate dal punto di vista scientifico ed educativo, ritengo utile partire da esse per ragionare sulle motivazioni profonde di questo passaggio. Le posizioni di Galli della Loggia costituiscono infatti un’efficace sintesi dei luoghi comuni che egemonizzano il dibattito su insegnamento e valutazione destinato al grande pubblico e restituiscono una preziosa testimonianza degli ostacoli che anche i cambiamenti educativi più sensati incontrano sul piano comunicativo.

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Galli della Loggia, ovvero la nostalgia del voto numerico

di Cinzia Mion L’esimio professore dal nome ricorrente, quando si tratta di entrare a gamba tesa sui provvedimenti del Ministero dell’Istruzione, che non sono per lui abbastanza “gentiliani”, ci è ricascato…. Se ne è uscito il 20 febbraio 2021, sul Corriere della sera”, con una specie di “invettiva ad orologeria” (chi c’è dietro, forse il Gruppo di Firenze?) che infarcita di parole sprezzanti, come si addice alla sua spocchia, ha attaccato il Ministero per la recente ordinanza e le allegate Linee guida, che hanno abolito i voti numerici alla scuola primaria. Se la prende all’inizio perfino con il termine “primaria” (che ha soppiantato elementare) tanto che subito sembra un attacco all’uso della lingua da parte dei ministeriali. Non è però questa l’intenzione del noto professore emerito di storia contemporanea, senz’altro molto nostalgico della cosiddetta scuola elitaria che scremava le eccellenze (il merito dice lui), perché l’obiettivo vero è quello di rivolgersi al nuovo Ministro, invitandolo a ragionare con i piedi per terra (???) cominciando con il dichiararsi sconsolato perché già a partire dal 1977 (però la storia della scuola allora la conosce!!!) sono stati aboliti i voti sostituiti dai giudizi. Continua a leggere

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VALUTAZIONE FORMATIVA AL VIA. I NOSTRI VIDEO

Dal voto al giudizio descrittivo. Opportunità e rischi Conversazione con Cristiano Corsini Aldo Visalberghi, un pedagogista deweyano (E. Bottero intervista Cristiano Corsini) nota: Visalberghi fu uno dei primi pedagogisti italiani ad occuparsi di valutazione Valutazione autentica e compiti di prestazione (a cura di Riccarda Viglino) Dall’osservazione alla valutazione (a cura di Sonia Sorgato) Si possono trasformare i voti in giudizi? (a cura di Enrico Bottero) Valutazione autentica e compiti di prestazione (a cura di Riccarda Viglino) Valutazione scuola primaria. Cosa devono sapere i genitori (a cura di Reginaldo Palermo) Dagli obiettivi di apprendimento ai giudizi descrittivi (a cura di Enrico Bottero) Riccarda Viglino parla di valutazione formativa e rubriche valutative  Andrea Canevaro parla di autovalutazione Enrico Bottero parla dell’Ordinanza e delle Linee Guida Niente voti neanche nella pratica quotidiana, intervista a Enrico Bottero Pratiche didattiche di valutazione formativa, di Enrico Bottero Valutazione nella scuola primaria, intervista ad Anna D’Auria (segretaria nazione MCE) Insegnamento e valutazione formativa, conversazione con Enrico Bottero e Raffaele Iosa

DOCUMENTAZIONE

Circolare Ministeriale Ordinanza Ministeriale Linee Guida del Ministero Nel sito www.enricobottero.com  è disponibile una pagina con diversi materiali di studio e approfondimento su diversi aspetti della valutazione]]>

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