Archivi categoria: VALUTAZIONE

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Esiti prove Invalsi: l’ardua impresa di vincere gli effetti del contesto

di Dino Cristanini, direttore editoriale di “Nuovo Gulliver News”

gulliver   Per gentile concessione delle Edizioni Gulliver pubblichiamo l’editoriale del numero 2 della rivista
Nuovo Gulliver News.

 

Il Rapporto INVALSI sulla rilevazione 2019 dei livelli di apprendimento ha suscitato un dibattito molto più vivace rispetto agli anni precedenti, paragonabile solo a quelli di una decina di anni fa, quando sono iniziate le rilevazioni sistematiche.
Alcuni dati del rapporto ben si prestavano a titoli strillati e sensazionalistici sulle elevate percentuali di studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado che si fermano ai livelli più bassi nella scala dei risultati, ma un’attenta lettura dei documenti e il confronto con i rapporti precedenti evidenziano che non ci sono elementi di sostanziale novità: la situazione è più o meno la stessa da anni e le problematiche sono sempre le medesime1.
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A proposito dei dati Invalsi. Il solito allarme è giustificato del tutto?

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di Marco Bollettino

Proponiamo questo interessante contributo di Marco Bollettino pubblicato nell’ultimo numero della rivista Scuola e Formazione edita da Cisl Scuola

Puntualmente, con la pubblicazione dei risultati dei test Invalsi 2019, si è scatenato il “temporale estivo” dei commenti, ospitati dai principali giornali italiani. Se, da una parte, è positivo che la scuola torni al centro del dibattito pubblico, dall’altro è spiacevole notare che, per alcuni autori, molto visibili e stimati, si è trattato più che altro di un pretesto per denunciare un supposto stato di profonda degenerazione della gioventù moderna, e ovviamente della scuola, iniziato molto tempo fa e aggravatosi nel tempo.
La tesi, sintetizzata facendo un mash up di tre diversi articoli è la seguente: «gli ultimi drammatici dati sulla ridotta capacità di leggere, scrivere e capire un testo, confermano una situazione nota da tempo,» (Augias) una «parabola involutiva che ha interessato gli ultimi 50 anni» (Ronchey) e «non erano necessari i risultati degli ultimi Invalsi per constatare lo stato di declino del livello di apprendimento dei nostri figli» (Recalcati).
La soluzione è presto detta: tornare al passato di una scuola che non c’è più o che, forse, non c’è mai stata; una scuola che seleziona impietosamente, che boccia e i cui insegnanti ricorrano prevalentemente allo strumento della lezione frontale, come si faceva una volta. Ma i dati ci descrivono veramente una situazione così drammatica? In realtà, no.

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di Daniele Checchi e Maria De Paola 

I dati Invalsi hanno certificato che gli studenti del Mezzogiorno ottengono risultati molto al di sotto della media nazionale in tutte le prove e per ogni grado di scuola. Centrale è la qualità dell’insegnamento. Ed è lì che bisognerebbe intervenire.

Uno sguardo ai dati Invalsi

I dati discussi dal rapporto Invalsi 2019 ripropongono uno dei problemi più importanti che il nostro paese si trova a dover affrontare: un divario territoriale allarmante nelle competenze dei giovani che frequentano le nostre scuole. Gli studenti che risiedono nelle regioni del Mezzogiorno ottengono risultati molto al di sotto della media nazionale in tutte le prove e per ogni grado del processo formativo. I risultati scolastici dipendono da molti fattori, ma un ruolo cruciale è certamente svolto dalla qualità dell’insegnamento ed è lì che bisognerebbe intervenire.
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Il voto numerico? E’ insensato

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di Paolo Fasce

La valutazione nella scuola italiana è, di fatto, “pervasiva”. Lo è soprattutto nei tempi, giacché la normativa vigente, ripresa in ogni delibera del Collegio dei Docenti, al fine di rendere valido l’anno scolastico, impone un “congruo numero di valutazioni”. Nella didassi, questo si traduce in molte ore spese per soddisfare questo criterio, attraverso elaborati scritti (poi corretti dai docenti con ore e ore di lavoro poco riconosciuto) o attraverso interrogazioni orali (che hanno il “vantaggio” di non dilatare i tempi di lavoro del docente, ma l’enorme svantaggio di comprimere quelli di lavoro effettivo in classe). Anche le alternative possibili (valutazione di lavori di gruppo, elaborati informatici e di laboratorio in genere) sono “time consuming”. Una possibile trasformazione ideale del momento valutativo in momento didattico, quello che immagina di trasformare le interrogazioni in momenti di ripasso generale, problematizzazione, dialogo maieutico, approfondimento, è spesso un’aspettativa ampiamente disattesa dalla prassi concreta che vede dinamiche di gruppo involute e il coinvolgimento del solo interrogando. Durante un’interrogazione partecipata, invero, si re-instaurerebbe la “lezione dialettica” (2) di stampo medioevale dove si forniscono quei feedback capaci di evolvere significativamente le conoscenze degli studenti, ma tali opzioni sono colte solo da gruppi ristretti e motivati di studenti (numero fortemente dipendente dal tipo di scuola e dalla classe sociale delle famiglie degli studenti). Le tecnologie, come spiegheremo nel prosieguo, possono dare un significativo contributo nella costruzione di un “congruo numero di voti” senza che questo sia “time consuming” né per il docente, né per il lavoro in classe (che può quindi maggiormente volgersi ai lavori di gruppo e ai laboratori).

L’intervento completo nel sito PavoneRisorse

 

La leggenda di Tullio De Mauro e lo sfascio della scuola italiana

di Ugo Cardinale

Sono rimasto profondamente amareggiato dalla piega che ha preso il dibattito di Repubblica sulle difficoltà di apprendimento degli studenti rilevate dalle prove INVALSI.
In primis constato con sorpresa la denuncia dei mali della scuola italiana attribuiti alla “democratizzazione del sapere” di cui sarebbe stato artefice Tullio De Mauro, fantasma evocato – e neppure menzionato – da Silvia Ronchey (nell’articolo su Repubblica del 12/07/‘19, che ha avviato il dibattito) come se dovesse subire per chi sa quale colpa anche quest’ultimo affronto di “damnatio memoriae”.
Tullio De Mauro, che era già stato identificato, a pochi giorni dalla sua morte, come responsabile della “disfatta della lingua italiana” e accusato da Ernesto Galli della Loggia (Corr. della Sera, 07/02/‘17) di essere stato fautore di un “ribaltamento in senso democratico (sic) della pedagogia linguistica tradizionale”.
A parte la curiosa svalutazione delle parole “democrazia” e “democratico”, identificate (sulla scia di una tradizione settecentesca) con il pericoloso estremismo rivoluzionario, svalutazione che mette in dubbio l’obiettività di chi opera questa denuncia, suscita sdegno la falsificazione dei fatti che non ci si aspetterebbe da chi ha a cuore la filologia, in riferimento all’opera di divulgazione scientifica prodotta dalla collana dei “Libri di base”, curata da De Mauro per gli Editori Riuniti. Continua a leggere

I tormentoni dell’estate 2019

di Stefano Stefanel

Gli argomenti – caldi – dell’estate scolastica sono puntualmente assurti, come ogni anno, alla debole attenzione mediatica del momento. I tormentoni dell’estate si possono riassumere in alcune questioni concatenate tra loro:

  • i risultati delle prove censuarie (Invalsi, Ocse, ecc.) dicono puntualmente che esiste un forte ritardo in una parte consistente dei nostri studenti rispetto agli standard attesi ( il tutto riassunto nella frase “il 35% degli studenti di scuola media non capisce un testo di italiano” ) e tutte le statistiche rinnovandosi danno lo stesso dato;
  • i risultati dell’esame di stato conclusivo (quinta superiore) mostrano evidenti esiti migliori al sud piuttosto che al nord, contraddicendo i dati di cui sopra;
  • bisogna mettere mano alla didattica.

Come ogni anno a commentare questi “tormentoni” vengono chiamati in primo luogo quelli che di scuola capiscono poco o nulla, perché le loro conoscenze sull’argomento si sono fermate quando hanno terminato di frequentarla. Parlo dei professori universitari, degli scrittori, dei manager, degli psicologi, dei giornalisti, che non si limitano ad esprimere un commento su una situazione oggettivamente drammatica, anche se nota da anni, ma danno consigli su come invertire la tendenza.
E come tutti i consigli dati da chi non ne capisce niente trasformano il tormentone estivo in una simpatica sequela di stupidaggini. Cito alcuni esempi tratti dalla “cagnara mediatica” estiva: bisogna far imparare di nuovo le poesie a memoria, bisogna togliere il multimediale dalla scuola, bisogna proibire l’uso dei dispositivi a scuola, bisogna insegnare più grammatica, bisogna bocciare di più, bisogna dare voti più bassi e non promuovere con aiuti di vario genere, bisogna fare meno progetti e più didattica, bisogna smetterla con le competenze e tornare alle conoscenze, bisogna selezionare meglio i docenti, bisogna far mettere agli studenti il grembiule, bisogna insegnare nuove materie a scuola, bisogna far leggere i classici, e via di seguito con banalità di livello infimo spacciate come grandi idee pedagogiche. Continua a leggere