I pericoli di Eduscopio

Composizione geometrica di Gabriella Romano

di Stefano Stefanel & Aluisi Tosolini  

               Anche quest’anno, come ormai accade da una decina d’anni, per alcuni giorni dell’autunno le cronache giornalistiche e i social saranno avvolti dai risultati di Eduscopio, il centro di ricerche finanziato dalla Fondazione Agnelli che fa le classifiche delle scuole superiori. Eduscopio agisce in regime di monopolio, perché il Ministero nelle sue varie denominazioni (Pubblica Istruzione, Istruzione, Istruzione Università e Ricerca, Istruzione e Merito) si rifiuta di mettere i dati a regime e di pubblicarli ufficialmente facendo solo trapelare dati parziali dentro indicazioni generali sempre molto controverse (combattere la dispersione ed essere più rigorosi nel bocciare, fornire educazione e formazione e punire il più possibile, insegnare il cognitivo e progettare il metacognitivo) e lasciando, quindi, ad Eduscopio il monopolio dell’informazione sull’orientamento post diploma della Scuola superiore.
La ricerca di Eduscopio è condotta in modo rigoroso, ma parte da un punto di vista settoriale e dunque analizza solo una parte del sistema scolastico.

Negli anni molte scuole hanno utilizzato i dati Eduscopio in modalità dicotomica: alcune – visti gli esiti positivi – per farsi pubblicità (”noi siamo il miglior liceo della città, regione, paese…”); altre – soprattutto quelle con esiti problematici – per rigettarne gli esiti criticando la ricerca a priori sostenendo che si tratta di una indagine parziale, che non tiene conto dei “veri” scopi dell’educazione, ecc…

Al contrario noi crediamo che le scuole facciano molto male se non analizzano i risultati di Eduscopio con grande attenzione e se non fanno tesoro dei dati che Eduscopio fornisce pubblicamente. Quindi in sé la ricerca di Eduscopio è interessante e importante.

Un’analisi di ciò che Eduscopio dichiara apre la luce sulla struttura della ricerca; infatti, così scrive Eduscopio sul suo sito: “In questo canale di Eduscopio.it trovi informazioni comparabili sugli esiti universitari degli studenti che hanno frequentato le scuole del tuo territorio! L’idea è semplice: per capire se una scuola dà buone basi, andremo a vedere cosa è successo a chi si è diplomato in quella scuola e poi si è iscritto all’università”.
L’idea non è, invece, affatto semplice, perché isola il problema dell’orientamento dentro un segmento estremamente settoriale: il diplomato che si iscrive all’università. L’assenza totale di dati su questo diplomato che si iscrive quando, come e dove esce dall’università con in mano una laurea breve, una laurea specialistica o niente non c’è da nessuna parte perché è un dato molto più totalizzante di quello cercato da Eduscopio. Eduscopio cerca subito il colpevole (la Scuola superiore che prepara poco e male i suoi studenti per l’università), ma si guarda bene dal cercare anche gli altri colpevoli (ad esempio le università che chiedono molti soldi agli studenti, ma poi ne perdono tantissimi per strada senza che su questo nessuno abbia molto da dire).

Ad esempio, come scrive il Sole 24 Ore del 23 maggio 2023 “nel 2011-2012 il tasso di abbandono degli studi universitari era del 6,3%, 10 anni dopo, ovvero nel 2021-2022, è diventato del 7,3% il più alto degli ultimi anni, con una percentuale del 7,4% tra gli universitari del sesso maschile e il 7,2% delle donne”.

Anche le università hanno le loro ricerche, ma sono altro rispetto a quella di Eduscopio, che va nel cuore della vita delle Scuole superiori.

Pur con tutte le riserve di cui sopra e detto con chiarezza che Eduscopio si ferma su un dato non stabile e cioè il successo universitario di uno studente partendo dal suo avvio degli studi universitari, va ribadito che la ricerca è interessante e i dati indicati veritieri. Però poi cosa fa Eduscopio per attirare l’attenzione su se stesso? Costruisce un sistema di misurazione e produce una classifica pubblica: “Sulla base della media dei voti conseguiti agli esami universitari dai diplomati di ogni scuola. Sulla base della percentuale esami superati dai diplomati di ogni scuola. All’università è importante non solo superare gli esami nei tempi previsti, ma anche farlo bene, cioè con buoni voti. Il nostro Indice FGA mette insieme le due cose, dando lo stesso peso alla media dei voti e alla percentuale di esami superati (50-50).

Cioè Eduscopio si inventa un metodo di conteggio e attraverso quel metodo di conteggio (l’indice FGA) produce con un semplice clic digitale una classifica correlata ad una zona d’Italia, mettendo insieme scuole con dodici sezioni dello stesso indirizzo e scuole con una sezione, istituti cittadini e istituti periferici, istituti che bocciano moltissimo e istituti che hanno alti tassi di promozioni. Insomma, si inventa un “Campionato delle scuole superiori” e sbatte quella classifica in prima pagina.

Il metodo usato da Eduscopio per divulgare i risultati e attirare l’attenzione corrisponde a quello di un qualsiasi giornale sportivo che elabora una classifica basata su risultati veritieri, ma stilata in base a indicatori non accettati dal soggetto che possiede il campionato, ma da una scelta arbitraria. Eduscopio di fatto dice: la vittoria in casa vale 3 punti, quella fuori casa vale 5 punti, il pareggio vale un punto, se si vince con tre o più gol di scarto si prendono altri due punti. Poi prende la classifica e la pubblica dicendo che il campionato di calcio è andato così. Tutto questo non produrrebbe niente, perché la FIGC pubblica la classifica ufficiale e quindi quella farlocca nata su risultati veri, ma su indicatori inventati, non varrebbe nulla, al massimo un attimo di curiosità. Ma in campo scolastico non c’è una classifica ufficiale del MIM, ma solo quella di Eduscopio. E dunque si fa classifica su qualcosa che non deve avere una classifica.
Inoltre, quella pubblicata da Eduscopio, è una classifica vecchia di qualche anno, perché quella di oggi arriverà tra un po’: quindi come ci si può orientare al futuro scavando un passato che non ha presente?

Eduscopio analizza altri dati interessanti, separando i voti dai crediti e analizzando il dato dei diplomati in regola, ma questi dati non “fanno classifica” e quindi praticamente nessuno li legge. Il mondo della scuola è pieno di persone che ritengono che la comunicazione possa essere solo agiografica e perciò molti si impossessano dei dati positivi e li enfatizzano, nascondendo quelli negativi o contestualizzandoli fino a farne sparire la rilevanza. Però il dato per cui una scuola con un altissimo indice di Eduscopio è indagata per l’alterazione dei voti da parte di Dirigente e alcuni docenti e un’altra scuola con il più alto indice nazionale di Eduscopio nel suo settore che ha dovuto punire alcuni suoi studenti che hanno pubblicato la lista delle studentesse che sono andate a letto con loro, dovrebbe invitare ad essere parchi con le classifiche e con i dati lanciati nel web senza alcuna contestualizzazione o analisi sistematica.

Che fare allora? Buttare via Eduscopio? Far scattare nei confronti della rilevazione una damnatio memoriae? Inventarsi classifiche in cui si è primi? Sono metodi un po’ estremi che sarebbe sbagliato applicare anche nei confronti di chi ha trasformato dati parziali in dati assoluti. La soluzione è semplice, ma certamente non piace a quelli di Eduscopio: pubblicare i dati così come sono, dentro la stessa cornice, ma impedendo di fare attraverso l’ingegneria della piattaforma la classifica. E soprattutto non pubblicando le classifiche. Questo perché gli indicatori di Eduscopio sono quattro: uno, quello che fa classifica, è arbitrario perché definito tramite modalità non neutre pensate da Eduscopio; gli altri tre sono oggettivi (media dei voti, media dei crediti, media del percorso scolastico senza bocciature): quindi ogni lettore può cercare dentro la scuola i dati che gli sembrano più interessanti, Magari perdendo un po’ di tempo ad analizzarli. Ma vuoi mettere la classifica, con Eduscopio che ti dice nel tempo di un clic chi è più bravo e chi lo è meno!

 

P.S. – Gli estensori di questo articolo sono pensionati e quindi non sono toccati dai dati di Eduscopio. Nel passato hanno diretto Istituti superiori, che hanno “vinto, perso o pareggiato”. Entrambi, pur apprezzando la ricerca di Eduscopio, sono “inorriditi” dal suo utilizzo mediatico.

 

 




Il prestigio dei docenti e le sanzioni contro gli studenti: era davvero necessario cambiare?

di Raimondo Giunta

Con 154 voti a favore, 97 contrari e 7 astensioni la riforma Valditara sul voto di condotta e sulla valutazione degli studenti è stata approvata in via definitiva dalla Camera dei Deputati. Con uno o più regolamenti, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, si dovrà provvedere alla revisione della materia, formulata nel decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, nel decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122 e nel Dlvo n.62 del 2017.

 

I regolamenti devono tenere conto dell’autonomia scolastica.
La motivazione di fondo della revisione delle norme relative alla valutazione del comportamento e del profitto delle studentesse e degli studenti è quella di restituire prestigio e autorevolezza agli insegnanti. Intenzione lodevole, ma è difficile credere che a scuola siano molti gli insegnanti convinti che per difendere la loro autorevolezza e il loro prestigio si debbano aggravare nei confronti degli studenti le sanzioni disciplinari esistenti e si debbano modificare le norme sulla valutazione scolastica.

I momenti di difficoltà della vita scolastica potrebbero essere riassunti solo in quelli che a volte si verificano nelle relazioni alunni/docenti, se ogni scuola fosse ingestibile, oltreché inefficace nello svolgimento ordinario delle attività didattiche; se ogni scuola fosse un inferno da cui non si potrebbe ricavare nulla di buono. Solo l’enfasi spregiudicata dei mezzi di informazione su alcuni spiacevoli fatti di cronaca può farlo credere, come se si trattasse di ciò che succede quotidianamente in un’istituzione con migliaia di sedi, con milioni di utenti e con centinaia di migliaia di operatori scolastici. E’, invece, noto a molti che l’autorevolezza degli insegnanti è stata ed è in atto gravemente incrinata dall’incuria delle condizioni del loro lavoro, dall’erosione continua della loro autonomia professionale, dalla modestia del loro stipendio e dalle continue campagne di diffamazione, anziché dall’indisciplina degli studenti.

Per l’amministrazione la restituzione di potere all’asimmetria dei docenti nei confronti degli alunni sarebbe il rimedio per tornare a fare bene il lavoro a scuola, rimettendo magari la pedana sotto la cattedra e imponendo il saluto in piedi all’ingresso in aula di qualsiasi insegnante…

La riforma Valditara con il pretesto delle insidie all’autorevolezza dei docenti ha inteso dare un colpo duro, e speriamo non definitivo, a tutta la cultura pedagogica che nei decenni passati aveva contribuito a scrivere le relazioni all’interno di ogni istituto, pensando che dovesse essere vissuto come comunità educativa.

E’ di fatto la rivincita rancorosa di chi, non riuscendo a pensare le relazioni se non nella fattispecie della disciplina e della gerarchia, ricorre al rimedio facile e consentaneo alla propria cultura, quello del regime delle pene e dei premi, incardinato nell’uso strumentale del voto in condotta e dei voti in ogni singola disciplina. Un capovolgimento dell’idea che la crescita delle nuove generazioni debba essere costruita a scuola sul rispetto reciproco, sulla

fiducia, sul consenso e sulla corresponsabilità educativa, ma in linea con il disegno di legge sulla sicurezza, varato recentemente dal governo.

LA FUNZIONE EDUCATIVA DELLA SCUOLA

Il peso assegnato al voto di condotta nel curriculum di ogni studente rinvia direttamente al problema della funzione educativa della scuola. Il sistema scolastico non può non avere delle finalità educative, se vuole orientare, motivare e promuovere nei giovani comportamenti positivi, sviluppare le loro capacità, guidarli alla conquista di significati per la loro vita.
Si sa che scuola e mondo giovanile da molto tempo sono in rotta di collisione, che la situazione è difficile, ma non irrimediabile, e che su di essa sarebbe necessario lavorare con passione e intelligenza e non con le minacce di sanzioni, riducendo semplicisticamente una questione sociale in un problema di ordine e disciplina.

Con la riforma Valditara la funzione educativa della scuola rischia di esplicarsi principalmente nella regolamentazione e nel contenimento dei comportamenti e degli atteggiamenti che intralcerebbero il regolare svolgimento del processo di insegnamento/apprendimento.
Diventerebbe un momento di una strategia di normalizzazione sociale e di controllo di parte del mondo giovanile, insofferente all’ordine costituito a scuola e fuori della scuola.

Tutto questo non vuol dire che la scuola non debba avere propri principi di condotta, cui riferirsi per definire le regole che devono governare la vita quotidiana e la convivenza dei giovani che la frequentano. La scuola può avere un significato particolare per i giovani, se si riesce intorno agli aspetti della vita scolastica a sviluppare una adeguata attività educativa, che li renda consapevoli come siano importanti per la loro crescita valori come puntualità, responsabilità, rispetto delle cose e delle persone, ascolto, trasparenza ed equità, collaborazione, primato del sapere e della cultura, sensibilità artistica, spirito critico.

In questo caso la testimonianza, l’esempio e la pratica corrente sono gli strumenti più efficaci per farli accettare e per raggiungere qualche risultato.

Se gli alunni non vedono e non sperimentano nella comunità in cui sono inseriti pratiche di libertà e di giustizia; se non vedono insegnanti impegnati, attenti e dediti agli altri difficilmente aderiranno alle loro sollecitazioni morali e difficilmente li porterà sulla buona via il rischio di sanzioni disciplinari. I buoni valori si apprendono praticandoli e vedendoli praticare per esperienza diretta. (M.Pellerey)

Ciò nonostante, non è detto che siano immediati ed estesi i risultati. Le resistenze dell’alunno alle intenzioni e ai progetti dell’insegnante e della scuola sono intralci da superare per garantire la regolarità dei processi educativi, ma possono essere anche occasioni di ripensamento delle prassi e della responsabilità educativa, una sollecitazione a cercare di comprendere e di aiutare.

UNUM CASTIGABIS, CENTUM EMENDABIS

Quello che si vorrebbe dire è che né le motivazioni utilitaristiche del voto, né le minacce delle sanzioni possono indurre facilmente le nuove generazioni a impegnarsi in un percorso di vita che richiede comunque sacrifici e rinunce, se l’insieme delle condizioni della vita scolastica non dà assicurazioni di accoglienza, di rispetto e di dedizione.
Leggendo le nuove norme sulla valutazione ci si convince che non si sia andati molto lontani dall’antico adagio “unum castigabis,centum emendabis”, molto congeniale al tenore culturale dell’attuale amministrazione della scuola.

Servirà a qualcosa la revisione delle norme disciplinari?
Le scuole hanno vissuto momenti più turbolenti rispetto a quelli odierni. Basta risalire agli anni 60/70, quando non c’era scuola media superiore che non procedesse ad occupazioni e ad autogestioni studentesche, con relativo corredo di violenze e di danni agli edifici, sebbene fossero in vigore sanzioni disciplinari estreme, che avrebbero dovuto dissuadere gli studenti dal farle.
Era prevista, allora, l’espulsione dell’alunno dal proprio istituto e anche quella da tutti gli istituti dell’Italia, se le infrazioni al regolamento interno erano di una certa gravità.
Non sarà il rigore delle sanzioni, quindi, a spingere gli studenti indisciplinati a migliore consiglio, se hanno intenzione di non volerlo seguire.

ANALIZZIAMO ALLORA LE INNOVAZIONI VALDITARA

  • Nelle scuole secondarie di I grado la valutazione del comportamento dovrà essere espressa in decimi e avrà un impatto sulla media generale dello studente, modificando così la riforma del 2017. La valutazione del comportamento influenzerà anche i crediti per l’ammissione all’Esame di Stato conclusivo della scuola secondaria di secondo grado e per avere diritto al punteggio più alto bisognerà avere al meno nove decimi in condotta. Si torna, quindi, all’indigeribile commistione tra profitto scolastico e comportamento dell’alunno, che invece andrebbero rigorosamente e laicamente separati. Un provvedimento questo che avrà come effetto certo la crescita della dissimulazione e dell’ipocrisia degli alunni, ma non dell’adesione convinta alle regole che tutelano la convivenza in una scuola.
  • A seguito di un voto insufficiente in condotta non solo per casi di violenza o di commissione di reati, ma anche per comportamenti che costituiscono gravi e reiterate violazioni del Regolamento di Istituto non si è promossi alla classe successiva e non si è ammessi agli esami di Stato.
  • Per gli studenti che abbiano riportato una valutazione pari a sei decimi nel comportamento il Consiglio di classe, in sede di scrutinio finale, sospende il giudizio di promozione e assegna loro un elaborato critico in materia di cittadinanza attiva e solidale. La mancata presentazione dell’elaborato prima dell’inizio dell’anno successivo o una sua valutazione insufficiente, da parte del consiglio di classe, determinano la non ammissione degli studenti all’anno scolastico successivo.

4) L’insufficienza in condotta in fase di valutazione periodica comporterà il coinvolgimento degli studenti in attività di approfondimento in materia di cittadinanza attiva e solidale, finalizzate alla comprensione delle ragioni e delle conseguenze dei comportamenti che hanno determinato tale voto.

5) Cambia il regime delle sospensioni, coniugando come da manuale, autoritarismo e benevolenza; sanzione, penitenza e redenzione. Le sospensioni fino a 2 giorni richiederanno più impegno scolastico e coinvolgeranno lo studente sospeso in attività di riflessione e di approfondimento sui comportamenti che hanno condotto alla sanzione disciplinare.
Tali attività saranno assegnate dal consiglio di classe e culmineranno nella produzione di un elaborato critico da parte dello studente, che sarà poi oggetto di valutazione da parte del consiglio di classe. L’alunno indisciplinato avrà, quindi, un compito scritto in più rispetto ai propri compagni, stabilendo in questo modo la regola che scrivere è proprio una penitenza…
In caso di sospensioni superiori ai 2 giorni, lo studente sarà chiamato a svolgere attività di cittadinanza solidale presso strutture convenzionate, ammesso che esistano e siano disposte a svolgere questo compito di rieducazione. Sempre nel caso di sospensione superiore ai 2 giorni, se verrà ritenuto opportuno dal consiglio di classe, l’attività di cittadinanza solidale potrà proseguire oltre la durata della sospensione, e dunque anche dopo il rientro in classe dello studente, secondo principi di temporaneità, gradualità e proporzionalità. Ciò al fine di stimolare ulteriormente e verificare l’effettiva maturazione e responsabilizzazione del giovane rispetto all’accaduto.
Se quindi, una volta l’indisciplina di un alunno era un fatto interno alla scuola, con questi rimedi diventa un fatto di pubblica risonanza, con tanti saluti al diritto alla privacy ed è legittimo chiedersi se ancora vige il diritto alla riservatezza dello studente.

6) Alla scuola primaria, il giudizio descrittivo sarà semplificato e affiancato da una valutazione sintetica con aggettivi come “ottimo”, “buono”, “sufficiente” e “insufficiente”.

7) Una novità degna di rilievo, ma congruente con l’egemonia del denaro nella nostra società, sono le sanzioni pecuniarie (multe che vanno dai 500 ai 10 mila euro) per reati commessi ai danni del dirigente scolastico e del personale della scuola a causa o nell’esercizio delle proprie funzioni.

I COMPITI DELLE SCUOLE

Alle scuole ora toccherà di riscrivere il codice interno delle sanzioni disciplinari e tutti i criteri di valutazione del comportamento e del profitto scolastico degli studenti.
Dovranno farlo con molta attenzione e con molto equilibrio, perché alcune decisioni potrebbero essere ritenute sotto diversi profili lesive degli interessi e dei diritti di ogni singolo alunno.
Ampia e dettagliata deve essere la definizione di ogni mancanza disciplinare e chiara e comprensibile la sanzione, come chiare e comprensibili devono essere le procedure da rispettare da parte degli organi competenti a irrogare le punizioni.
E proprio adesso con l’aggravamento delle pene si rende necessario rispettare il diritto di ogni studente ad una valutazione trasparente e tempestiva, incardinata su criteri pubblici e congruenti sia con il tenore delle sanzioni, sia con il residuo significato educativo che potrebbero ancora avere.

E’ giusto chiedersi, infine, se con queste nuove norme l’educazione a scuola potrà essere ancora educazione alla libertà e all’autonomia e potrà aiutare le nuove generazioni ad essere cittadini consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri. E’ difficile crederlo, perché solo una scuola che consente alle persone che la frequentano di esserne protagonisti e di godere di ampi spazi d’azione, di pensiero e di ricerca può ottenere questo risultato

 

 




La scuola secondo Valditara: la scuola come punizione

di Simonetta Fasoli

Come prevedibile, il ddl che ridisegna i contorni della scuola al tempo della destra al governo è stato approvato in via definitiva alla Camera e attende ora la pubblicazione in G.U. per entrare in vigore.
I successivi decreti attuativi ne assicureranno l’effettiva operatività.
È un provvedimento che investe diverse materie, con l’intento dichiarato di ridare credibilità e strumenti di sostegno a un’istituzione in evidente affanno. Intento lodevole…se non fosse che, a ben vedere e a mio parere, va in direzione contraria, come cercherò di argomentare.

Le analisi punto per punto sul testo (che ho ovviamente letto nella versione appena approvata) le lascio volentieri agli/alle esegeti di professione, che non mancheranno. A me interessa ragionare sullo spirito di fondo che “anima” il provvedimento (senza dargli il respiro di un disegno politico-culturale degno della posta in gioco) e che i singoli dispositivi lasciano trasparire più o meno esplicitamente.

È uno spirito, dal mio punto di vista (condiviso, a quanto leggo, dalle prime reazioni nel campo politico di opposizione) fortemente anti-educativo.
Sì, lo so che il senso comune fa esultare alcun* di fronte a quello che la norma promette (e minaccia) accogliendolo come quella stretta “liberatoria” che fa sentire sollevat* i molt*, e temo i più, al pensiero sommario “era ora!”. Ma il senso comune non è buon senso, non sempre, e in certi casi richiede una riflessione per essere smontato.
La prima considerazione è certamente quella per cui, in campo educativo, le punizioni che sanzionano i comportamenti inadeguati assai difficilmente funzionano. Potremmo spingerci ad estendere questa affermazione anche nel campo giuridico, ma su questo terreno lascio parlare voci esperte…
Parlo invece di quello che più da vicino ho sperimentato, da persona di scuola, e su cui continuo a riflettere: l’educazione e la scuola.
Per dire anzitutto che l’educazione è essenzialmente “relazione”. Ovvio? Certo, ma a quanto pare non scontato. Questo è il punto. E la domanda che ne emerge è: cosa ne è della relazione educativa in un regime che parla il linguaggio della punizione, e della “correzione” con meccanismi di automatismo sanzionatorio? Io penso che il terreno della relazione arretra a misura che avanza quello della punizione (sia pure, come dice quel falso buon senso, inferta a fini “educativi”).
Chi come me ha avuto esperienza diretta di contesti educativi sa bene che nella punizione, indipendentemente dalla consistenza del provvedimento, è implicita un’ammissione di impotenza.
La scuola che punisce è la scuola che si è arresa e ha rinunciato al suo compito.
La sanzione “sospende” non l’alunno ma il campo della relazione, dunque il terreno in cui la scuola agisce.

Questo anche quando, come nel provvedimento appena varato, ricorre all’espediente di mantenere l’alunno nelle aule scolastiche, con vari compiti da svolgere. Qui la natura delle sanzioni comminate si fa sottile nella forma quanto rudimentale nella sostanza.
È un vero e proprio paradosso pedagogico, ad esempio, prevedere per le sospensioni lievi (fino a due giorni) attività di “approfondimento” da svolgere a scuola. Per cui chi le deve eseguire è autorizzato a pensare che la scuola sia una punizione. Cosa che pensa già di suo, con tutta evidenza, e che qualunque percorso minimamente “educativo” dovrebbe invece contribuire a rivedere e in prospettiva a rimuovere.
La resa della scuola è altrettanto palese, e carica di conseguenze, nel caso di comportamenti più gravi, per i quali è previsto un percorso “rieducativo” in non meglio precisate (attendiamo elenchi e/o criteri di selezione nei decreti attuativi…) strutture convenzionate. Qui i reprobi, “finalmente” fuori dagli ambienti scolastici, dovrebbero per un prodigioso effetto di lontananza scoprirsi interessati a svolgere attività di “cittadinanza solidale”. Addirittura.

Il capolavoro pedagogico, coronamento della scuola “Valditara & C”, rifulge in sede di valutazione finale: il voto di condotta, calibrato come la bilancia di una preparazione galenica, in caso sia pari a 6, configura un “debito formativo” (che considera, udite udite, la condotta al pari di una “materia”…).
E qual è il “contrappasso” pensato dalle acute menti che allignano in Viale Trastevere? In caso si sia all’ultimo anno, prima degli esami lo studente dovrà sostenere un colloquio centrato su un elaborato di educazione civica. Argomenti di “cittadinanza attiva e solidale”, neanche a dirlo. Del resto le recenti “Linee guida” ministeriali sono state presentate come il coronamento dell’insegnamento di Educazione civica, ponendo le premesse di ogni accezione più o meno aberrante della relativa “materia”.

Non c’è bisogno di ardite dietrologie per immaginare che tipo di prestazione didattica viene richiesta nell’occasione e l’uso punitivo-repressivo riservato a chi ha “meritato” il famigerato 6 in condotta…Insomma, una piena e argomentata ritrattazione. Tutt* discepoli dello storico detto secondo cui “Parigi val bene una messa”…E con ciò la funzione dis-educativa è compiuta.

Mi fermo qui. Non c’è altro da aggiungere, se non che ci troviamo di fronte ad una norma che ha valore di legge della nostra Repubblica: dunque, piaccia o meno, cogente e produttrice di effetti.
C’è da augurarsi che si sviluppi da questo un significativo movimento di opposizione militante: non nel Parlamento, dove i numeri schiaccianti di questa legislatura lasciano pochi o nulli strumenti di agibilità. Un’opposizione nel Paese, nella società. La scuola che arretra e si arrende rispetto al proprio compito costituzionale non è affare solo degli insegnanti, degli educatori, degli studenti e delle famiglie, ma di tutt* i cittadini, di più: di tutt* coloro che vivono in questo Paese.

Intanto, auspico che nelle istituzioni scolastiche si apra un fitto dibattito sui provvedimenti e sulle strategie di contrasto che le stesse norme sull’autonomia consentono. Ma non basta. Ci vuole un soprassalto di senso civico condiviso e operante nel tessuto sociale, per sviluppare in tutte le direzioni quelle forme di “cittadinanza attiva” evocate strumentalmente nel testo. Non perchè lo dice una norma di questo governo, ma perchè è la risposta giusta a un disegno autoritario e repressivo.




La valutazione inclusiva nel debate

Docenti, studentesse e studenti partecipanti al Torneo di Debate per Scuole secondarie di 1° grado Udine Liceo ‘Marinelli -giugno 2024, ’

di Annalisa Filipponi

LA CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE COME MOTORE ORIENTATIVO

 Il nuovo modello di certificazione delle competenze, emanato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito con decreto n° 14 il 30 gennaio 2024 apre ad una interessante possibilità per il Debate, che è quella di collegare i Tornei di Debate ai nuovi modelli valutativi, sempre nel rispetto dei criteri insiti nella struttura valutativa del WSD (World Schools Debating)[1].

Il modello certificativo ministeriale mette in evidenza il rapporto tra la Scuola secondaria di 1° grado e l’orientamento e, infatti, il decreto recita: “la certificazione descrive, ai fini dell’orientamento, il progressivo sviluppo dei livelli delle competenze chiave per l’apprendimento permanente, a cui l’intero processo di insegnamento-apprendimento è mirato.”[2] Questo raccordo porta la certificazione delle competenze nel primo ciclo dell’istruzione ad essere un motore orientativo che ha come quadro di riferimento non i programmi ministeriali, ma il quadro europeo delle competenze[3].

Dal punto di vista del Debate lo schema del MIM evidenzia alcune competenze che sono la base strutturale di questa pratica didattico-formativa ormai da tutti riconosciuta come innovativa ed inclusiva. Citerei questi riferimenti, traendoli dalla scheda proposta dal MIM:

  • COMPETENZA ALFABETICA FUNZIONALE.
    • Padroneggiare la lingua di scolarizzazione in modo da comprendere enunciati di una certa complessità, esprimere le proprie idee, adottare un registro linguistico appropriato alle diverse situazioni.
  • COMPETENZA PERSONALE, SOCIALE E CAPACITA’ DI IMPARARE AD IMPARARE.
    • Utilizzare conoscenze e nozioni di base in modo organico per ricercare e organizzare nuove informazioni.
    • Accedere a nuovi apprendimenti in modo autonomo. Portare a compimento il lavoro iniziato, da solo o insieme ad altri.
  • COMPETENZA IN MATERIA DI CITTADINANZA.
    • Esprimere le proprie personali opinioni e sensibilità nel rispetto di sé e degli altri.
  • COMPETENZA IMPRENDITORIALE.
    • Dimostrare spirito di iniziativa, produrre idee e progetti creativi.
    • Riflettere su sé stessi e misurarsi con le novità e gli imprevisti.

Questa nuova impostazione della Valutazione che richiama la certificazione delle competenze facendo riferimento al quadro europeo, permette al Debate di toccare elementi chiave della crescita dello studente e della studentessa nel passaggio dalla preadolescenza all’adolescenza, attraverso il miglioramento degli elementi che equilibrano la sua formazione in funzione orientativa.

DALLA CERTIFICAZIONE PER COMPETENZE ALLA VALUTAZIONE INCLUSIVA

La Valutazione inclusiva implica il coinvolgimento di tutte le parti interessate non solo per garantire l’utilizzo di dati qualitativi, ma anche come garanzia di un uso etico delle informazioni che tenga conto delle differenze individuali. Questo metodo valutativo mira a riflettere su diverse prospettive durante tutto il processo di Valutazione, partendo dalla progettazione e concludendosi in una rendicontazione puntuale. L’attuazione delle strategie inclusive può migliorare l’efficacia complessiva del processo di apprendimento degli studenti e delle studentesse, in un’ottica di supporto personalizzato[4]. In questa dimensione il Debate può svolgere un ruolo molto importante, perché permette di passare, attraverso meccanismi didattici consolidati, dall’esposizione di contenuti all’argomentazione sui contenuti.

LA VALUTAZIONE INCLUSIVA ANCHE NEL DEBATE

Il tema delle nuove modalità di Valutazione va ad influenzare anche le gare di Debate della Scuola secondaria di primo grado, dove è particolarmente rilevante garantire a tutte le squadre il riconoscimento e il premio per le loro capacità e per i loro contributi specifici.

In un Torneo di Debate per le Scuole secondarie di primo grado, è fondamentale che tutte le squadre possano essere premiate in base a specifici indicatori legati al modello di Debate internazionale più comune, il già citato WSD. Questo approccio permette di valorizzare le diverse competenze e qualità di ciascun partecipante, favorendo un ambiente di apprendimento inclusivo e motivante, condizione pedagogica necessaria per non chiudere il Debate per la Scuola secondaria di primo grado nel “recinto” della competizione fine a se stessa.

Riporto alcune motivazioni fondanti che, a seguito di una revisione critica e analitica delle esperienze valutative dei Tornei delle Scuole secondarie di primo grado degli anni passati, ci hanno spinto verso il desiderio (e la necessità) di sperimentare una esperienza di Valutazione inclusiva delle gare di Debate:

  1. Inclusività e Motivazione:
    • Riconoscimento Diversificato. Premiare le squadre su diversi indicatori (ad esempio: ricerca documentale, precisa citazione delle fonti, linearità della struttura argomentativa di un ragionamento, attinenza alla Mozione, impegno, creatività etc.) assicura che anche le squadre meno competitive possano ricevere specifici riconoscimenti. Questo aumenta l’inclusività e riduce il rischio che gli studenti meno performanti si sentano esclusi o demotivati già nel corso di queste prime esperienze.
    • Motivazione e Partecipazione. Gli studenti e le studentesse possono essere più motivati/e a partecipare e dare il meglio di sé sapendo che ci sono varie categorie in cui possono eccellere. Questo può aumentare la partecipazione e l’impegno complessivo.
  1. Sviluppo Olistico:
    • Valori e Competenze Trasversali. Premiare aspetti come la collaborazione, il rispetto degli avversari e l’innovazione aiuta a sviluppare competenze e valori che vanno oltre la mera vittoria. Questo è in linea con gli obiettivi educativi di promuovere lo sviluppo olistico degli studenti.
    • Diversificazione delle Competenze. Diversi indicatori di Valutazione, sempre attinenti ai criteri fondanti il modello valutativo del WSD, possono aiutare gli studenti e le studentesse a scoprire e sviluppare varie competenze, come il pensiero critico, la precisione nella ricerca delle fonti, la linearità di una teamline , il rispetto dei tempi e dei ruoli etc.
  2. Equità e Giustizia:
    • Equità nei Confronti delle Diverse Abilità. Non tutti gli studenti hanno le stesse capacità fisiche o intellettuali. Valutare le squadre su una gamma di indicatori può rendere la competizione più equa e giusta per tutti.
    • Riduzione dello Stress. La pressione di vincere ad ogni competizione può essere ridotta, consentendo agli studenti e alle studentesse di godersi maggiormente l’esperienza con il conseguente rafforzamento delle competenze acquisite
  1. Spirito competitivo
  • Il valore dello spirito competitivo in un Torneo viene mantenuto con il riconoscimento complessivo della squadra che si è distinta maggiormente nel Torneo. Infatti, verrà proclamata una Squadra Vincitrice, che sarà determinata non sulla base delle vittorie nei vari incontri, ma sulla base della quantificazione delle segnalazioni positive complessive ricevute durante il Torneo.

UNA NUOVA ESPERIENZA VALUTATIVA DEL DEBATE IN FRIULI VENEZIA GIULIA

 In occasione della quarta Edizione 2024 del Torneo “Debate senza confini” promosso dall’Accademia di Argomentazione e Debate del Friuli Venezia Giulia – DeAFVG APS[5] – nella sezione riservata alle Scuole Secondarie di 1° grado organizzata in collaborazione con la Sezione territoriale della Società Nazionale Debate Italia SNDI, è stata sperimentata una diversa modalità di Valutazione dei singoli dibattiti, nata da una approfondita riflessione critica di chi aveva svolto il ruolo di Giudice nelle esperienze degli anni precedenti. Infatti, dichiarando vincitrice una delle due squadre ad ogni singola competizione e di conseguenza sconfitta l’altra, non solo demotivava giovanissimi Speaker a proseguire nell’esperienza assolutamente formativa del Debate, ma aveva dato ai Giudici la sensazione di non aver sostanzialmente premiato, se non con una restituzione costruttiva[6], alcuni aspetti della gara in cui era decisamente emersa la squadra sconfitta. È nata da qui la necessità di sperimentare nuovi strumenti di Valutazione della gara che gratificassero, a nostro parere, con maggiore equità il lavoro svolto da entrambe le squadre.

L’esperimento effettuato ha di fatto superato la Valutazione del confronto tra squadre ricercando non la squadra più performante in assoluto, ma quella che meglio ha interpretato specifici Indicatori del Debate definiti in modo indipendente l’uno dall’altro. La Valutazione ha così avuto una caratteristica inclusiva e non selettiva, attraverso un diverso tipo di procedura.

Di seguito riporto le schede di Valutazione utilizzate dalla Giuria, composta da allievi, allieve e docenti, nel Torneo Debate Senza Confini per le Scuole secondarie di primo grado 2024, organizzato dalla DeAFVG APS in collaborazione con la SNDI con il supporto della Regione Friuli-Venezia Giulia.

TORNEO ‘DEBATE SENZA CONFINI’

 

SCUOLE SECONDARIE DI 1° GRADO – CRITERI PER LA VALUTAZIONE DEL DEBATE

NOME

SQUADRA PRO

NOME

SQUADRA CONTRO

a) MIGLIOR PUBLIC SPEAKING: CAPACITÀ DI COMUNICARE CON PASSIONE E STILE
b) MIGLIORE RICERCA DOCUMENTALE: CAPACITÀ DI REPERIRE FONTI AUTOREVOLI E INTERESSANTI
c) MIGLIORE TEAMLINE: CAPACITÀ DI PROPORRE ARGOMENTI LOGICI BEN ORGANIZZATI E CONVINCENTI
d) MAGGIORE RICCHEZZA E VARIETÀ DI ESEMPI
e) MIGLIORI CAPACITÀ STRATEGICHE: LAVORO DI SQUADRA E PRESENTAZIONE DEL TEAM
f) MIGLIORE CAPACITÀ DI ANALISI E SINTESI: MIGLIORE ANALISI E DEFINIZIONE DELLA MOZIONE DI DIBATTITO
Totale Squadra

 

SQUADRE TORNEO

 ‘DEBATE SENZA CONFINI’

 Scuole Secondarie di Primo Grado

a)
PUBLIC SPEAKING: CAPACITÀ DI COMUNICARE CON PASSIONE E STILE
b)
RICERCA DOCUMENTALE: CAPACITÀ DI REPERIRE FONTI AUTOREVOLI E INTERESSANTI
c)
TEAMLINE: CAPACITÀ DI PROPORRE ARGOMENTI LOGICI BEN ORGANIZZATI E CONVINCENTI
d)
RICCHEZZA E VARIETÀ DI ESEMPI
e)
CAPACITÀ STRATEGICHE: LAVORO DI SQUADRA E PRESENTAZIONE DEL TEAM
f)
CAPACITÀ DI ANALISI E DI SINTESI:
MIGLIORE ANALISI E DEFINIZIONE DELLA MOZIONE DI DIBATTITO
Fruttivendoli
Pizzaioli
Le Marianne e i Gastoni
Power Rangers
Ursellini
Pasticceri
Totale Squadre

MECCANISMO DI VALUTAZIONE

  • Giudici: Un panel di giudici valuta ogni round del Debate e indica sulla scheda quale delle due squadre è stata la migliore in riferimento ad ognuno degli indicatori individuati sulla scheda.
  • Feedback: Dopo ogni singolo incontro non viene dato alcun feedback alle squadre. Al termine del Torneo ad ogni squadra viene restituito un riscontro positivo in riferimento all’indicatore per cui la squadra è premiata e dei suggerimenti migliorativi in riferimento alla prestazione complessiva.

DETERMINAZIONE DELLE SQUADRE VINCITRICI DELLE SINGOLE VOCI E DELLA SQUADRA VINCITRICE ASSOLUTA DEL TORNEO

  • Totale delle Segnalazioni. Alla fine del Torneo, viene conteggiato il totale delle segnalazioni ricevute da ogni squadra per ogni indicatore.
  • Poiché il fine è premiare tutte le squadre gratificando ciascuna per il lavoro svolto, si individuerà in quale indicatore ogni squadra ha dato il miglior risultato e potrà conseguentemente ottenere uno specifico Attestato di merito.
  • Proclamazione della squadra Vincitrice del Torneo. La squadra che avrà ottenuto il risultato migliore nel maggior numero degli indicatori viene proclamata Squadra Vincitrice del Torneo.

VANTAGGI DI QUESTO APPROCCIO

  • Inclusività Ogni squadra ha l’opportunità di essere riconosciuta per le proprie eccellenze specifiche.
  • Motivazione Le squadre sono motivate a migliorare in tutti gli aspetti del Debate, non solo a vincere il round.
  • Competitività La proclamazione di una Squadra Vincitrice mantiene alto lo spirito competitivo.

CONCLUSIONE

Il nuovo modello bilancia l’inclusività e l’incoraggiamento di tutte le squadre con il mantenimento di una sana competitività. Proclamando una Squadra Vincitrice basata sulle segnalazioni complessive, si riconosce il merito di chi ha eccelso in modo continuativo durante tutto il Torneo, incentivando al contempo le altre squadre a migliorare su specifici aspetti del Debate.

Di seguito, il Regolamento della manifestazione inviato alle scuole che hanno aderito al Torneo:

REGOLAMENTO 4° TORNEO “DEBATE SENZA CONFINI” – Sezione Scuole secondarie di 1° grado
ANNO 20241.      Il Torneo premierà le squadre migliori nei vari ruoli attraverso il voto ponderato combinato tra la giuria studentesca e quella dei docenti. Le modalità di voto degli studenti verranno comunicate prima dell’avvio del Torneo.2.      Verranno premiate le squadre vincitrici delle seguenti sezioni:a)      MIGLIOR PUBLIC SPEAKING: CAPACITÀ DI COMUNICARE CON PASSIONE E STILEb)     MIGLIORE RICERCA DOCUMENTALE: CAPACITÀ DI REPERIRE FONTI AUTOREVOLI E INTERESSANTI

c)      MIGLIORE TEAMLINE: CAPACITÀ DI PROPORRE ARGOMENTI LOGICI BEN ORGANIZZATI E CONVINCENTI

d)     MAGGIORE RICCHEZZA E VARIETÀ DI ESEMPI

e)     MIGLIORI CAPACITÀ STRATEGICHE: LAVORO DI SQUADRA E PRESENTAZIONE DEL TEAM

f)       MIGLIORE CAPACITÀ DI ANALISI E DI SINTESI: MIGLIORE ANALISI E DEFINIZIONE DELLA MOZIONE DI DIBATTITO

3.      Il Torneo di Debate “Senza confini” per le Scuole secondarie di primo grado verrà assegnato alla squadra che avrà vinto più sezioni. La vittoria potrà anche essere assegnata ex-aequo.

Lo schema valutativo del Debate descritto nel box va alla ricerca proprio delle competenze evidenziate e non solo delle strategie messe in atto, e vuole valorizzare giovanissimi studenti e studentesse coinvolti/e, attraverso una premiazione che si mantiene comunque non individuale ma di squadra.
Il Torneo riservato alle Scuole secondaria di 1° grado ha coinvolto sei squadre di tre scuole (Istituto comprensivo di Pasian di Prato e Istituto comprensivo di Buja della provincia di Udine e Istituto Tiziana Weiss di Trieste). Le insegnanti coinvolte sono state Patrizia Morocutti, Tiziana De Biaggio e Estella Trevisan (IC Pasian di Prato), Caterina Grillo e Manuela Modotto (IC Buja) e Elisa Gustin e Maria Teresa Sciannamblo (IC ‘Weiss’ Trieste), mentre i tre dirigenti scolastici delle tre scuole sono Daria Parma, Stefano Stefanel e Flavia Fasan. Daria Parma ha anche partecipato alla formazione sul Debate gestita dalla DeA FVG APS nell’ambito del Piano Nazionale di Formazione, e Flavia Fasan ha ospitato uno specifico corso a Buja.  Nell’IC Weiss di Trieste, la dirigente Daria Parma ha introdotto già dallo scorso anno, a seguito di specifico corso di formazione, l’opzione riservata agli alunni e alle alunne delle classi terze che avevano seguito il percorso formativo, di sostenere il colloquio dell’esame di Stato in modalità Debate su Mozione concordata con la Commissione d’esame e raccordata ai percorsi curricolari in particolare afferenti all’Educazione civica.
Molto significativa anche la composizione delle Giurie, che hanno visto coinvolte Docenti-Giudici del secondo ciclo dell’istruzione in una logica didattica verticale e orientativa. I dibattiti della sezione del Torneo riservata alle Scuole secondarie di 1°grado sono stati giudicati da: Annalisa Filipponi, Patrizia Malausa (Liceo ‘Percoto’ di Udine), Barbara Dominici (ISIS ‘Linussio’ di Codroipo), Francesca Parisi (ITI ‘Malignani’ di Udine) e Anna Maria Rossi (Liceo ‘Marinelli’ di Udine).

Nell’ambito della preparazione al Torneo Debate Senza confini era stato curato e diretto da Annalisa Filipponi in collaborazione con Patrizia Malausa, un corso di preparazione per Giudici di Debate riservato a docenti, allievi e allieve, con una taratura comunque sempre di carattere orientativo e formativo.
Per le finalità didattiche e educative individuate dalla DeAFVG APS, le sei squadre in una giornata in presenza sono a nostro avviso la dimensione ottimale per un Torneo di Debate nelle Scuole secondarie di primo grado che permetta ai giovanissimi Debater di vivere la posizione sia PRO che CONTRO su due Mozioni preparate.

[1] Sul Debate e sul suo inserimento nel sistema scolastico italiano si possono vedere i testi di Manuele De Conti e Matteo Giangrande (Debate. Pratica, teoria, pedagogia, Pearson 2018), di Manuele De Conti e Joseph Zompetti (L’etica del Debate, Pearson, 2020), Matteo Giangrande (Le regole del Debate, Pearson2020).

[2] Art. 1, comma 2, del Decreto n° 14 del 30 gennaio 2024.

[3] Il Quadro Europeo delle competenze è stato emanato la prima volta il 18 dicembre 2006 e poi è stato novellato 22 maggio 2018 calibrando le otto competenze chiave nell’ambito di una revisione che tiene conto dell’evoluzione della società della conoscenza. Le otto competenze chiave definite nel 2018 sono: competenza alfabetica funzionale, competenza multilinguistica, competenza matematica e competenza in scienze, tecnologia e ingegneria, competenza digitale, competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare, competenza in materia di cittadinanza, competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturale.

[4] Stefano Stefanel in Innovare il curricolo (Armando 2020) ha esplicitato alcuni elementi chiave della valutazione inclusiva, ripresa poi in articoli ed interventi, tra cui è sicuramente interessante è l’articolo dal titolo Divari territoriali, valutazioni senza voti, bocciature (www.edscuola.it del 22 novembre 2022). I lavori di Stefanel ruotano attorno al recupero del concetto originario di valutazione, che è quello di “dare valore”. Stefanel sottolinea l’importanza di progettare e implementare valutazioni che siano eque e inclusive che recuperino anche studenti svantaggiati o che provengono da contesti difficili.

[5] La DeaFVG.APS è nata nel 2019 ed organizza annualmente un Torneo denominato “Debate Senza confini” e supportato anche economicamente dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia- Il Torneo è suddiviso in varie sezioni per le Scuole superiori ( una sezione di Debate internazionale, una sezione di Debate internazionale in lingua inglese, quattro sezioni disciplinari di Filosofia, Scienze fisiche e naturali, Educazione civica, Italiano/Storia) e in una sezione per le Scuole secondarie di primo grado.

[6] La restituzione costruttiva mette sempre in evidenza i pregi emersi nella gara utilizzando il sistema valutativo del + – +, cioè innanzitutto gratificando entrambe le squadre per i lati positivi che si sono resi evidenti; incoraggiandole a superare le criticità con suggerimenti costruttivi; concludendo poi con evidenze positive di sintesi. La restituzione costruttiva è molto ben compresa e vissuta dagli studenti e dalle studentesse delle Scuole Secondarie di 2° grado, risulta invece poco significativa per gli studenti e le studentesse delle Scuole Secondarie di 1° grado poiché, proclamando comunque un vincitore del singolo Debate , la carica della restituzione positiva spesso viene mitigata e compressa dal risultato.




Sanzioni disciplinari agli studenti per salvare il prestigio dei docenti. Il Governo ci crede davvero

di Raimondo Giunta

Mai avrei pensato che per difendere l’autorevolezza degli insegnanti si dovesse pensare di aggravare nei confronti degli studenti indisciplinati e irrispettosi le sanzioni disciplinari esistenti. E’ facilmente comprensibile ai più che l’autorevolezza degli insegnanti è stata gravemente incrinata dall’incuria delle condizioni del lavoro, dall’erosione continua della loro libertà, dalla modestia del loro stipendio, dalle aggressioni dei genitori e dalle continue campagne di diffamazione dei media e non dall’indisciplina degli studenti.

Vediamole allora queste nuove sanzioni disciplinari!

1) Nelle scuole secondarie di I grado, se il disegno di legge del ministro Valditara sarà approvato definitivamente, sarà ripristinata la valutazione del comportamento, che dovrà essere espressa in decimi e avrà un impatto sulla media generale dello studente, modificando così la riforma del 2017. La valutazione del comportamento influenzerà anche i crediti per l’ammissione all’Esame di Stato conclusivo della scuola secondaria di secondo grado e per avere diritto al punteggio più alto bisognerà avere al meno nove decimi in condotta.
Si torna, quindi, all’indigeribile commistione tra profitto scolastico e comportamento dell’alunno, che invece andrebbero rigorosamente e laicamente separati. Un provvedimento questo che avrà come effetto certo la crescita della dissimulazione e dell’ipocrisia degli alunni, ma non dell’adesione convinta alle regole che tutelano la convivenza in una scuola.

2) A seguito di un voto insufficiente in condotta non solo per casi di violenza o di commissione di reati, ma anche per comportamenti che costituiscono gravi e reiterate violazioni del Regolamento di Istituto non si è promossi alla classe successiva e non si è ammessi agli esami di Stato.

3) Per gli studenti che abbiano riportato una valutazione pari a sei decimi nel comportamento il Consiglio di classe, in sede di scrutinio finale, sospende il giudizio di promozione e assegna loro un elaborato critico in materia di cittadinanza attiva e solidale.
La mancata presentazione dell’elaborato prima dell’inizio dell’anno successivo o una sua valutazione insufficiente, da parte del consiglio di classe,  determinano la non ammissione degli studenti all’anno scolastico successivo.

4) L’insufficienza in condotta in fase di valutazione periodica comporterà il coinvolgimento degli studenti in attività di approfondimento in materia di cittadinanza attiva e solidale, finalizzate alla comprensione delle ragioni e delle conseguenze dei comportamenti che hanno determinato tale voto.

5) Cambia il regime delle sospensioni, coniugando come da manuale autoritarismo e benevolenza; sanzione, penitenza e redenzione. Le sospensioni fino a 2 giorni richiederanno più impegno scolastico e coinvolgeranno lo studente sospeso in attività di riflessione e di approfondimento sui comportamenti che hanno condotto alla sanzione disciplinare.
Tali attività saranno assegnate dal consiglio di classe e culmineranno nella produzione di un elaborato critico da parte dello studente,  che sarà poi oggetto di valutazione da parte del consiglio di classe.
L’alunno indisciplinato avrà, quindi, un compito scritto in più rispetto ai propri compagni, stabilendo in questo modo il principio che scrivere è proprio una penitenza…In caso di sospensioni superiori ai 2 giorni,  lo studente sarà chiamato a svolgere attività di cittadinanza solidale presso strutture convenzionate,  ammesso che esistano e siano disposte a svolgere questo compito di rieducazione.
Sempre nel caso di sospensione superiore ai 2 giorni,  se verrà ritenuto opportuno dal consiglio di classe, l’attività di cittadinanza solidale potrà proseguire oltre la durata della sospensione,  e dunque anche dopo il rientro in classe dello studente,  secondo principi di temporaneità, gradualità e proporzionalità.
Ciò al fine di stimolare ulteriormente e verificare l’effettiva maturazione e responsabilizzazione del giovane rispetto all’accaduto.
Se quindi, una volta l’indisciplina di un alunno era un fatto interno alla scuola, con questi rimedi diventa un fatto di pubblica risonanza, con tanti saluti al diritto alla privacy.

6) Tralascio di parlare sul ripristino del giudizio sintetico finale nella scuola primaria e delle motivazioni che sono state portate.
Lo hanno fatto in tanti in nome e per conto della buona pedagogia, che come pare non sta di casa in Viale Trastevere.

In proposito ho i miei dubbi. Se la memoria non mi inganna, credo che le scuole abbiano vissuto momenti più turbolenti rispetto a quelli odierni. Basta risalire agli anni 60/70, quando non c’era scuola media superiore che non procedesse ad occupazioni e ad autogestioni studentesche, con relativo corredo di violenze e di danni agli edifici, sebbene fossero in vigore sanzioni disciplinari estreme, che avrebbero dovuto dissuadere gli studenti dal farle.
Era prevista, allora, l’espulsione dell’alunno dal proprio istituto e anche quella da tutti gli istituti dell’Italia, se le infrazioni al regolamento interno erano di una certa gravità.
Non sarà il rigore delle sanzioni, quindi, a spingere gli studenti indisciplinati a migliore consiglio, se hanno intenzione di non volerlo fare.

Le norme disciplinari che entreranno in funzione in nome e per conto del ritorno alla serietà e della rispettabilità del personale della scuola hanno, tra l’altro, più di qualche legame con quelle sancite negli articoli che vanno dal 19 al 25 del capo III del R.D.653/1925 “Delle punizioni disciplinari”.
Quelle proposte dal ministro Valditara possono a tutti gli effetti essere considerate una loro moderna riscrittura …Mancano i decreti di espulsione dagli istituti, ma le motivazioni per stabilire le nuove norme disciplinari sono pressoché identiche a quelle indicate nel Regio Decreto del ventennio.
Una novità degna di rilievo, ma congruente con l’egemonia del denaro nella nostra società, sono le sanzioni pecuniarie (multe che vanno dai 500 ai 10 mila euro) per reati commessi ai danni del dirigente scolastico e del personale della scuola a causa o nell’esercizio delle proprie funzioni.

C’è da meravigliarsi per questo legame? Non è proprio il caso. Dopotutto questo è un governo di destra con evidenti tendenze autoritarie ed evidenti radici neofasciste.
Rifugge dalla complessità della natura e delle cause di un problema, nel nostro caso il ribellismo giovanile, perché non ha gli strumenti per la loro comprensione e ricorre alle sole misure che riesce a concepire: quelle securitarie delle pene e dei castighi.
Ma se non hanno funzionato nel passato, perché dovrebbero funzionare nel presente?

 




Valutazione formativa, questa sconosciuta

di Cinzia Mion

 Recentemente è stata ripresa con enfasi la discussione intorno alla tematica della valutazione scolastica. Infatti ultimamente il Ministro Valditara ha fatto approvare un emendamento che sta modificando profondamente il “senso” dell’Ordinanza n° 172, datata 4-12-2020, riguardante le Linee Guida per l’applicazione della L. n. 41/2020 che prevedevano alla scuola primaria, e ancora prevedono finché non ne verranno varate di nuove, l’introduzione dei LIVELLI al posto dei voti numerici.

I livelli sono stati modificati con questo intervento in “giudizi sintetici”. Il giudizio “insufficiente” ha soppiantato il raffinato” in via di prima acquisizione”.
Tale operazione ha rievocato dei giudizi chiaramente non solo “sommativi”, perché sommativi erano anche quelli descrittivi, ma i giudizi cosiddetti “sintetici” sono tali per cui non possono non riattivare nella mente dei docenti, ma anche dei genitori, i voti numerici la cui abolizione nel 2020 si era configurata come la vittoria di “un” primo traguardo.

Da parte delle Associazioni professionali che da tempo chiedevano invece a gran voce l’estensione della 172 a tutto il primo ciclo, tale provvedimento di “restaurazione” è stato affrontato e denunciato immediatamente come altamente dannoso per tutti gli allievi, con argomentazioni molto convincenti e condivisibili.

La leggenda metropolitana per cui i voti sono più “chiari”, rispetto ad altri sistemi, ha spadroneggiato dal tempo della riforma Gelmini che con il suo Regolamento li aveva ripristinati al posto dei giudizi. È risaputo invece che un numero, così come un giudizio sintetico, che andrà a soppiantare ora l’espressione dei recenti livelli, è molto più opaco e ciò che trasmette è soltanto la classifica tra gli alunni. Nemmeno gli stessi docenti, ritrovandoselo poi nel registro elettronico, sanno più quali siano i punti di eccellenza o le lacune sottostanti il numero assegnato, se non usando una legenda sotto la verifica. Figuriamoci i genitori.

Fermiamoci però un attimo a considerare il fatto rivoluzionario che a partire dal 1977, per la prima volta con la Legge 517, ha fatto la sua comparsa la valutazione formativa.  A quel tempo abbiamo assistito all’abolizione della pagella con i voti e alla sua sostituzione con una scheda di valutazione con dei giudizi che poi nel tempo hanno assunto diverse conformazioni.

Immediatamente è apparso però un fenomeno destinato a ripetersi: è stata costruita sempre una equazione fittizia tra voti e giudizi stessi, di qualsiasi formulazione essi fossero. Il voto numerico è talmente “imbullonato” nella nostra mente, per averlo noi tutti subito nel tempo scolastico e universitario, che facciamo fatica a superarlo come paradigma di riferimento. Ciò ci richiama alla mente la sperimentazione dei “neuroni specchio”, e la simulazione incarnata di cui parlano i neuro scienziati Rizzolatti e V. Gallese.
Questa osservazione molto importante mi induce a tornare indietro e a tracciare per sommi capi l’evoluzione dell’idea di scuola da cui scaturiscono le modalità valutative.

Cenni storici

 All’interno della cosiddetta scuola elitaria, delineata dalla riforma Gentile del 1923, i voti numerici erano funzionali al carattere selettivo della scuola stessa, (vedi esame di ammissione) idonea a formare i quadri dirigenti. La svolta è avvenuta al tempo del referendum sulla Repubblica, e la Costituzione nel 1948 ha introdotto sia l’articolo n° 3 sull’Uguaglianza di tutti i cittadini che il n° 34 che stabilisce che l’istruzione obbligatoria e gratuita dura 8 anni. Non ci soffermeremo a delineare la trasformazione basilare che è avvenuta, almeno negli intenti, verso un regime repubblicano-democratico.

Diremo soltanto che il primo atto legislativo varato per scolarizzare tutta la popolazione, per almeno 8 anni come dettava l’articolo 34, fu la legge istitutiva della Scuola media unica, del 1962. Si attesta con questa il passaggio dalla scuola elitaria a quella di massa, avviata per tutti i bambini ma soprattutto per i figli degli operai e dei contadini, che generalmente abbandonavano precocemente il percorso di scolarizzazione. Fu verso costoro però che i docenti di allora – non adeguatamente riorientati con un’opportuna formazione al cambio di utenza, precedentemente selezionata dall’esame di ammissione – infierirono con valutazioni negative e bocciature plurime.

Su questa ecatombe scolastica si levò la famosa protesta sociopolitica di don Milani e del Movimento studentesco, che fece a questa da cassa di risonanza, e poi quella successiva docimologico-scientifica che segnalò l’aberrazione della media aritmetica e predicò la differenza tra misurazione e valutazione, giustamente rappresentata dalla necessaria presenza di “criteri”, esplicitati pubblicamente.

La critica docimologica e psicologica

La docimologia (M.Gattullo: Didattica e docimologia, 1968).[1], in quanto scienza della misurazione, ha fatto piazza pulita di alcuni equivoci che cercherò di riassumere.
La “misurazione” precede la “valutazione” e non va confusa con essa, coincidenza invece resa possibile a lungo in Italia dal codice numerico dell’espressione della valutazione. I voti vengono considerati vere e proprie unità di misura di una scala perfetta, con intervalli tra loro perfettamente uguali: aspetto che Gattullo sottolinea essere impossibile. Gli stimoli creati dai docenti per le verifiche quasi sempre sono approssimativi per cui vengono proposte le cosiddette “prove oggettive”. Tale dispositivo però non risolve il problema sollevato da don Milani. Le prove devono essere considerate nel loro valore diagnostico: la cura delle difficoltà emerse sarà affidata all’insegnamento individualizzato.

La valutazione inoltre deve adottare dei criteri espliciti, non confusi tra loro, ed ospitati nel PTOF. Mi soffermerò soltanto a segnalare come il criterio di valutazione che si rifà al giudizio assoluto viene definito da Gattullo illecito (ecco il significato dell’espressione: io non sono un voto!). Criteri accettabili possono essere quelli scaturiti dal confronto con le misurazioni riferite agli altri studenti o ai progressi ottenuti dal soggetto considerato.
Dobbiamo poi aggiungere gli effetti della critica psicologica, che non hanno bisogno di spiegazione, perché o già molto noti o facilmente comprensibili, che sono: l’effetto alone, l’effetto stereotipo e l’effetto Pigmalione, ecc.

Tutte queste critiche sottolineano come la valutazione numerica sia SOGGETTIVA E ARBITRARIA.
Alla fine siamo arrivati alla opportuna critica pedagogica che permise il varo della legge 517/77, come ricordavamo prima, che inaugurò una valutazione completamente innovativa, chiamata appunto formativa. Ora si dà il caso che Le Linee Guida del 2020, nella Introduzione, contengano dei dati salienti riguardo alla psicologia dell’apprendimento, dati che andrebbero considerati una bussola dell’intera operazione, come in genere accade nell’Articolo 1 delle leggi. Il primo articolo infatti traccia sempre la cornice in cui verranno poi iscritte le operazioni successive ed esprime i principi ispiratori.
Il primo di questi principi nelle succitate Linee Guida è proprio la valutazione formativa.
Se Valditara dovesse perciò cancellare anche queste rimane pur sempre il decreto legislativo 62/2017 che continua a sottolineare l’importanza di questo tipo di valutazione.

Il cambio di passo

Il concetto di valutazione formativa, così rivoluzionario fin dal suo apparire, segna oltre che il passaggio alla scuola di massa anche a quella della integrazione, perché la stessa legge, contemporaneamente all’abolizione della pagella con i voti, ha aperto le porte della scuola statale ai soggetti con disabilità. Abbiamo già accennato alla consuetudine invalsa subito, e continuata purtroppo nel tempo, di tramutare d’emblée i voti in giudizi, vanificando così la caratteristica fondamentale e nuova della valutazione. Quello che temiamo adesso è  che questa perda nel tempo il suo smalto innovativo radicale e che si verifichi il medesimo meccanismo semplificatorio e sbrigativo.

Più volte infatti, da allora, il concetto è stato ripreso e citato, in modo prestigioso e autorevole, anche dalle “Indicazioni Nazionali per il curricolo del primo ciclo” del 2012, senza però che nessuno si sia mai preoccupato di vigilare se venisse applicato o se i docenti conoscessero la differenza tra valutazione sommativa e valutazione formativa. L’attenzione si è concentrata subito sulle competenze e i docenti spesso hanno bypassato la premessa e la sua pregnanza, andando a rifugiarsi sulla disciplina di loro competenza.

Nel lontano 1977 il corpo docente non è stato formato a questo cambio di passo e così è avvenuto dopo il 2012. Non ci siamo chiesti se fosse possibile, senza adeguata formazione, cogliere e poi applicare questa modalità nuova di valutazione. Ma allora – come se fosse un giallo – in che cosa consiste questa auspicata e tanto nominata modalità di valutare gli alunni e liquidata troppo spesso da tutti anche da formatori eccezionali? Cominciamo intanto con alcune citazioni indispensabili. Nell’anno 1967 uno psicologo americano M.[2] Scriven aveva pubblicato un articolo dal titolo “Differenza tra valutazione sommativa e valutazione formativa”, ripreso poi da B.Vertecchi in Italia nel 1976 all’interno del suo testo La valutazione formativa[3]. Non è un caso che appena un anno dopo fu varata la Legge 517, successivamente alla sua critica pedagogica che denunciava una scuola che perpetuava stratificazioni sociali di massa.

La valutazione formativa

Per capire profondamente questa espressione bisogna innanzitutto comprendere senza ombra di dubbio che l’aggettivo formativa, posto accanto al sostantivo valutazione  (es: il valore “formativo” della valutazione) non è un abbellimento, una sfumatura che smorza l’eventuale durezza che può connotare il concetto di valutazione tradizionale. No, “valutazione formativa”consiste in una valutazione vera e propria, complessa, che coniuga la attenta considerazione del livello di insegnamento con quello di apprendimento.

Da allora sarebbe dovuto risultare chiaro che la valutazione sommativa, considerata per eccellenza quella tradizionale, generalmente ascrive la responsabilità del  mancato apprendimento all’allievo (poco studioso, per niente diligente, carente intellettualmente, svogliato, indisciplinato e poco attento, ecc) . Quella formativa, invece, dovrebbe attivare un cambiamento di prospettiva di 180 gradi. Ascrive infatti la responsabilità del mancato apprendimento o dell’insuccesso formativo, all’insegnante e alle sue pratiche didattiche. Dal punto di vista operativo significa che il docente allora, all’interno di questa nuova ottica, innanzi tutto dovrebbe attivare la propria osservazione, professionale e curante, durante il processo dell’insegnamento-apprendimento e non precipitarsi sul prodotto-risultato come succederebbe con quella tradizionale. Attraverso molte microverifiche informali, soprattutto utilizzando il linguaggio del corpo, le interazioni verbali tra gli allievi – opportunamente sollecitate – e le espressioni libere tra loro, si renderà conto subito della lacune, delle smagliature che i bambini più fragili rivelano e cercherà in tempo reale, di modificare la propria strategia didattica, visto che quella utilizzata non ha dato i risultati sperati. Oggi infatti la scuola, anche per dettato esplicito, è diventata inclusiva perciò, parafrasando il bellissimo titolo di un film cinese “Non uno di meno”, nessuno può essere lasciato indietro. Questo cambio di strategia, sicuramente più laboratoriale, più operativa, ascrivibile spesso alla didattica del fare individualizzato, richiede al docente l’umiltà di una autointerrogazione: ho io a disposizione una strategia adatta? Cui seguirà l’autovalutazione che si concretizzerà nella risposta positiva oppure nella ricerca di una soluzione adeguata, per una opportuna autoregolazione.

Si tratterà di rivolgersi prima di tutto ai colleghi, all’interno della “comunità professionale di docenti”, poi di fare una ricognizione su Internet, o nelle librerie specializzate. Richiedere formazione specifica al proprio DS, e poi al collegio per l’approvazione, potrebbe essere una soluzione valida per tutti.

E pensare che addirittura nei programmi del 1985, quindi all’interno del testo legislativo, emanato dopo la Legge 517, all’ultimo capoverso del paragrafo intitolato “Valutazione” si trova scritto: “L’attività di programmazione e verifica deve consentire agli insegnanti di valutare l’approfondimento della loro preparazione psicologica, culturale e didattica anche nella prospettiva della formazione continua.” Il riferimento alla formazione continua sfonderebbe una porta aperta se qualcuno inevitabilmente ogni volta non si mettesse di traverso.  

Processi non solo prodotti

Per poter affrontare la questione in modo efficace bisogna imparare ovviamente a focalizzare il processo per cogliere i passaggi cruciali, senza il superamento dei quali l’insuccesso diventa purtroppo inevitabile. Si è reso possibile questo cambio di prospettiva perché – crediamo sia opportuno ricordarlo – durante gli anni 60/70 in America il neo-comportamentismo skinneriano era stato soppiantato dal cognitivismo, il cui padre simbolico era stato Bruner. Il cognitivismo aveva posto il focus delle sue ricerche sui processi cognitivi.

Insieme alla ricerca sui processi cognitivi e metacognitivi, sarebbe molto utile anche dare un’occhiata agli stili di apprendimento, ugualmente citati nelle Linee Guida. Gli stili di apprendimento sono diversi da quelli cognitivi, ascrivibili anche a tratti di personalità, che consistono in modalità diverse di categorizzare la realtà.

Gli stili di apprendimento invece sono delle tecniche preferite o prevalenti di funzionamento della nostra mente quando si trova ad affrontare nuove informazioni per nuovi apprendimenti. Ci possono offrire delle indicazioni utili perché esistono stili più visivi o più uditivi oppure cinestetici. Mi pare degna di nota questa ultima modalità perché offre spunti interessanti in quanto ci informa che chi è portatore di questo stile ha bisogno di “toccare“ oggetti e di muoversi, modalità attuabili con attività strategiche laboratoriali. Lo stile potrebbe includere modalità alternate o comunque multiple. Per garantire l’aspetto inclusivo della didattica bisognerebbe scoprire di quale stile di apprendimento sono portatori i soggetti più fragili ed inserire nella propria prassi dei sussidi adeguati.

Speriamo che prima o poi si riesca nell’impresa di realizzare un vero e proprio apprendimento trasformativo da parte di tutti i docenti della scuola primaria, augurandoci poi che questi possano contaminare tutti gli altri.

Chi riuscirà però a far accettare dalla mente dei docenti che una valutazione negativa, comunque, per quanto attiene il primo termine del binomio insegnamento-apprendimento, è da ascrivere alla propria responsabilità? Per come imposto la didattica; per quanto stempero le difficoltà per renderle affrontabili; per quanto mi sono formato sentendomi sempre moderatamente inadeguato ed ho quindi apprezzato la zona  dello sviluppo prossimale di vigotskiana memoria, applicandola sempre quando possibile; per quanto coinvolgo i ragazzi attraverso una relazione suggestiva con il sapere; per quanto io docente possiedo una motivazione alla “padronanza” nel mio lavoro e non solo alla “prestazione” per cui, dopo aver fatto le mie ore di lezione non mi sento a posto ma desidero sempre migliorare.
Per quanto attiene poi l’apprendimento dell’allievo è ovvio che emergono anche le sue responsabilità e le sue motivazioni e nello sfondo quelle della famiglia.
In altri termini, come si fa a non capire che la professione dell’insegnante, in quanto formatore, è una professione che non può smettere mai di mettersi in discussione e di adottare per questo una raffinata continua riflessività?

Ultima raccomandazione ai docenti della scuola secondaria

I voti numerici assegnati in calce alle varie verifiche, scritte od orali, vengono ricevuti dagli allievi ed utilizzati subito per anticipare quella famigerata “media aritmetica”, con cui viene prevista da parte loro la promozione o la bocciatura. La consuetudine di applicare questo tipo di media da parte dei docenti, dal punto di vista docimologico, è un obbrobrio. D’altro canto l’esperienza registra che di conseguenza nessuna attenzione viene riservata dagli allievi all’azione importante e basilare del recupero dell’errore. L’argomento del recupero dell’errore introduce la differenza tra “sbaglio” ed “errore” e la rispettiva differenza tra “esercizio” e “problema”.

Questa tematica apre il fronte interessantissimo, anticipato da H. Gardner[4] e ripreso più recentemente da Wiggins, della necessità urgente che la scuola abbandoni la strada della ricerca affannosa solo delle risposte esatte (comode per l’assegnazione dei voti numerici), ma astratta, disincarnata, scolastica, fine a se stessa, ed intraprenda quella della comprensione profonda considerata da Wiggins[5] la “competenza essenziale”.

Egli infatti dice: “Se una conoscenza o un’abilità non diventa lettura e comprensione della realtà, difficilmente si trasformerà in significativa o flessibile o in comprensione profonda. Per comprensione si intende una conoscenza pregnante, posseduta ed integrata in modo da poter essere facilmente utilizzata in contesti diversi, nei quali essa serva a chiarire una situazione o un problema.”
A tale proposito già H. Gardner aveva affermato”La scuola invece persegue il compromesso delle risposte esatte ed usa i voti come moneta falsa, come il denaro dei Monopoli!”
Se i “giudizi sintetici” possono essere facilmente assimilabili ai voti credo che la deduzione sia già pronta e scodellata.

Un’ultima ma utile raccomandazione: qualunque sia la decisione finale del Ministro Valditara e dei suoi consiglieri, carissimi docenti della scuola dell’obbligo, ricordatevi che l’unica àncora di salvezza è la valutazione formativa, giustificata per legge, invocata dalla psicologia dell’apprendimento di matrice socioculturale vigotskiana, utilizzata per sostenere e incoraggiare tutti gli alunni.
Come atto “intermedio” e “finale” concedete pure il contentino del giudizio sintetico.

Intanto però la scuola autenticamente inclusiva è salva.

[1] Gattullo M.,Didattica e docimologia-misurazione e valutazione nella scuola,Armando Armando editore,Roma,1968
[2] M.S.,The Methodology of Evaluation, in R.Tyler,R.Gagnè,M.Scriven,Perspedtives of curriculum Evaluation, Chicago,Rand McNally & Co.,1967
[3] Vertecchi B.,Valutazione formativa,Loescher,Torino,1976
[4] Gardner H. Educare al comprendere, Feltrinelli,2002, Milano
[5] Wiggins G.,McTighe J., Fare progettazione. La teoria di un percorso per la comprensione significativa.LAS-Roma,2004




Valutazione scuola primaria: indietro tutta, ma aspettiamo la nuova ordinanza

di Mario Fratelli (*)

La notizia di un nuovo cambiamento nella modalità di valutazione alla Scuola Primaria è arrivata a più riprese negli ultimi mesi e ha trovato, come è naturale, accoglienza diversa a seconda dei colleghi. In generale ho percepito un senso di disorientamento di fronte ad annunci non sempre esaustivi e chiari, soprattutto rispetto al quadro pedagogico d’insieme che ispira le scelte valutative. Chi ha sperimentato con efficacia e si è ritrovato a proprio agio nel descrivere gli apprendimenti di alunne e alunni esprime preoccupazione all’idea di dover “tornare” ad una valutazione sintetica. Chi invece ha un vissuto di maggiore fatica rispetto al cambio di paradigma valutativo richiesto dall’Ordinanza sembra sollevato all’idea di poter tornare ad un sistema di valutazione più familiare.

È certamente vero che, aldilà degli annunci, sarà importante vedere il nuovo testo normativo nella sua interezza: i cambiamenti che si intendono apportare riguarderanno solo la valutazione intermedia e finale oppure incideranno anche sulla valutazione in itinere?
I giudizi sintetici sostituiranno i livelli sulle schede di valutazione oppure dovranno essere utilizzati per la valutazione espressa nella quotidianità in classe? La valutazione continuerà ad essere riferita a diversi obiettivi per ciascuna disciplina oppure tornerà ad essere espressa per la disciplina nel suo insieme?
Per rispondere a queste domande e farsi un’idea chiara occorre attendere.

Sembra che una delle motivazioni che hanno condotto a questa “retromarcia” sia legata alla tesi secondo cui le famiglie non capirebbero questa modalità di valutazione e siano confuse. Fare in modo che le famiglie siano messe nelle condizioni di comprendere la valutazione espressa per i loro figli deve certamente essere una preoccupazione della scuola. Così come dovrebbe esserlo quella di fare in modo che alunne e alunni stessi ne comprendano il significato e la funzione nel loro percorso formativo. Nella mia esperienza è stato fondamentale accompagnare le famiglie nella comprensione prima di tutto del significato della valutazione formativa e poi delle modalità concrete del suo utilizzo. Fondamentale è stato individuare strumenti di comunicazione semplici, chiari e di facile accesso: nel nostro caso è stato realizzato un video esplicativo ed è stato organizzato un incontro aperto a tutti i genitori nel quale sono stati presentati i cambiamenti introdotti dall’OM 172 e sono stati raccolti dubbi o domande. Come per noi docenti, anche per le famiglie è stato poi necessario darsi un tempo per accogliere un poco alla volta la novità: le assemblee di classe o i colloqui periodici sono stati quindi l’occasione per riprendere il tema e, visionando insieme le schede di valutazione, chiarire i dubbi e sostenere le famiglie.

Quello che ho visto accadere è stato il passare da un’iniziale fatica, dovuta al fatto che la valutazione in decimi è effettivamente più familiare per degli adulti abituati nella loro esperienza personale a ricevere voti numerici, ad una progressiva comprensione del valore aggiunto costituito dalle parole dei docenti rispetto alle singole esperienze di apprendimento dei loro figli. Particolarmente utile per le famiglie è stato anche, dal mio punto di vista, il fatto di aver individuato livelli di apprendimento non per un’intera disciplina ma per singoli obiettivi: questo ha reso possibile ai genitori capire quali fossero i punti di forza e quali le criticità del percorso di apprendimento anche dentro ad una stessa materia scolastica. Occorre infine ricordare che l’Ordinanza stessa impone che sulle schede di valutazione sia riportata la legenda dei livelli di apprendimento; legenda che ciascun Istituto aveva anche la possibilità di personalizzare trovando le parole più adatte per una maggiore comprensione da parte dei genitori.

Gli ultimi anni hanno rappresentato per la scuola un’avventura molto appassionante e complessa. Con tutte le fatiche e le resistenze del caso, nelle scuole si è tornati a parlare di didattica, di metodologie, di priorità e scelte nell’individuazione degli obiettivi di apprendimento. Questo ha mobilitato migliaia di insegnanti che hanno avviato riflessioni e confronti, anche accesi, dentro e fuori dai propri Istituti. Sono stati erogati corsi di formazione e avviati percorsi di accompagnamento da parte di enti formativi e Università; scritti testi e articoli da parte di pedagogisti e docimologi; impiegate non so quante ore di elaborazione da parte di commissioni e gruppi di lavoro nelle scuole: penso semplicemente che questo immenso patrimonio di riflessione non possa andare perso.

Ritengo che, dopo questi anni così ricchi, fosse doveroso attivare forme di monitoraggio delle scelte in atto e, anche alla luce delle criticità emerse, aprire un confronto e una riflessione approfondita per fare un bilancio serio della sperimentazione, coinvolgendo esperti e docenti, prima di rimettere mano alla normativa. So bene che anche tra i docenti ci sono diverse voci favorevoli a questo “ritorno ai giudizi”, anche in nome della complessità nella formulazione della valutazione in forma descrittiva e formativa. Va ricordato innanzitutto che ai docenti sono state offerte moltissime opportunità formative gratuite per meglio comprendere l’Ordinanza e per confrontarsi sugli aspetti potenzialmente critici della sua applicazione.

È senz’altro vero che in questi anni, nel normale percorso di prove ed errori che accompagna le novità, sono sicuramente emersi aspetti sui quali sono state riscontrate importanti fatiche. Uno di questi è sicuramente il tema della sostenibilità per il docente di questo processo valutativo. È impegnativo? Sicuramente si. Credo che sia impossibile negare l’impegno richiesto al docente nel monitorare nel tempo i percorsi di apprendimento di ciascun alunno della propria classe attraverso diversi strumenti di valutazione e di documentazione, dall’osservazione alle prove di verifica. È innegabile però che il quadro che ne emerge è incredibilmente più ricco e più rispondente all’unicità di ogni alunna e ogni alunno e alla complessità di quello che accade nelle nostre classi ogni giorno. Io credo che valga la pena affrontare questo impegno, sia per restituire i passi fatti da bambine e bambini, sia per affermare la nostra professionalità di docenti.

Penso anche che, in alcuni casi, la fatica possa essere dipesa anche dal fatto di aver voluto applicare strumenti “nuovi”, come i feedback formativi, a modalità di valutazione a cui eravamo abituati (frequenti verifiche scritte, test, ecc.): da questo punto di vista credo che l’Ordinanza ci invitasse a una modalità di valutazione più qualitativa e meno quantitativa, dove l’oggettività e il rigore sono garantiti non dalla frequenza delle rilevazioni ma dalla qualità della documentazione raccolta a testimonianza del percorso di apprendimento di ognuno. In questo momento siamo in attesa di capire quale sarà il quadro generale che definirà la valutazione alla scuola Primaria e dal quale si comprenderà effettivamente quando e come verrà richiesto l’utilizzo dei “giudizi sintetici”.

Premesso questo e precisato che non sono un docimologo, mi sento di dire che questi giudizi richiamano, proprio come i voti numerici, l’idea che la valutazione significhi collocare, o collocarsi, ad un certo punto di una scala graduata. Nella mia esperienza, questo ha un duplice risvolto: da una parte la sinteticità non permette di cogliere la complessità dei percorsi di apprendimento, per cui a due alunni a cui viene attribuito lo stesso giudizio non corrispondono certo due percorsi identici oppure a medesimi giudizi espressi da docenti diversi non corrispondono le stesse manifestazioni dell’apprendimento; in secondo luogo il fatto di attribuire una valutazione su una scala, che sia numerica o di altro tipo, induce più facilmente al confronto con i pari rispetto ai quali collocarsi al di sopra oppure al di sotto, alimentando dinamiche competitive piuttosto che la riflessione sul proprio apprendimento.

Un’altra obiezione che viene a volte formulata suggerisce l’idea che questo grande lavoro relativo alla valutazione tolga tempo prezioso che potrebbe invece essere impiegato per la progettazione delle attività in classe.
Per quanto mi riguarda, io non sono d’accordo: io credo che sia fondamentale che nelle scuole ci si occupi così tanto di valutazione. Lo credo perché non c’è tema così sensibile come questo, e lo dimostra sia il fatto che nelle scuole ci si divida molto sul senso e sulle modalità per attuarla, sia il fatto che la valutazione rientri così spesso nelle proposte di modifica da parte di chi è chiamato ad amministrare la scuola.
Parlare di valutazione significa confrontarsi sull’idea stessa di scuola e sul ruolo che in essa si ritiene debbano avere alunni e insegnanti. È per questo motivo, secondo me, che parlare di valutazione non significhi affatto non concentrarsi su come insegnare meglio, ma voglia dire esattamente quello. L’OM 172, ad esempio, introducendo le quattro dimensioni come criterio per guidare la valutazione (e quindi la progettazione), ha costretto noi insegnanti a chiederci se le attività che eravamo soliti proporre promuovessero oppure no l’autonomia di alunne e alunni; ci ha chiesto di ripensare la nostra didattica perché mettesse i bambini di fronte sia a situazioni note, quindi routinarie, sia a situazioni non note, quindi di natura concettuale, più complesse e dove fosse contemplato l’uso di diversi codici o l’attivazione di meccanismi metacognitivi; ci ha spronato a riconsiderare il ruolo delle alunne e degli alunni nelle nostre attività, valorizzando esplicitamente le risorse attivate da ciascuno di loro. Questo ha significato, mentre parlavamo di valutazione, concentrarci proprio su cosa e come ritenessimo importante insegnare.

(*) Mario Fratelli è insegnante di scuola primaria dell’Istituto Comprensivo “Mastri Caravaggini” di Caravaggio (Bg). Laureato in Scienze della Formazione Primaria, in seguito all’applicazione dell’OM 172/2020, è stato tra i referenti per il suo Istituto nella formazione territoriale ed è stato selezionato per la formazione nazionale dei formatori prevista dall’Ordinanza.