Intelligenza artificiale, chatGPT e l’inafferabilità dell’umano

Aluisi Tosolini Coordinatore del comitato scientifico Casco Learning n questi ultimi mesi il dibattito sull’Intelligenza artificiale si è accesso con una fortissima fiammata che ha coinvolto anche l’opinione pubblica “generalista”, i quotidiani, le televisioni, i settimanali, e le radio. Al centro del dibattito ChatGPT, il chatbot promosso da OpenAI e basato su intelligenza artificiale, lanciato il 30 novembre 2022 ha raggiunto un milione di utenti in 5 giorni e chiunque voglia può sperimentarlo, previa iscrizione partendo dall’ indirizzo https://chat.openai.com/chat . Prima di ragionare sulle ricadute educative è bene cercare di capire bene di che cosa si tratta. Proviamo a farlo con alcuni rapidi passaggi e link per l’approfondimento. Che cos’è un chatbot? La prima cosa da chiedersi è che cos’è un chatbot. La definizione offerta da Oracle è la seguente: software che simula ed elabora le conversazioni umane (scritte o parlate), consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale. I chatbot possono essere semplici, come i programmi rudimentali che rispondono a una semplice interrogazione (query) con una singola riga, oppure sofisticati come gli assistenti digitali che apprendono e si evolvono per fornire livelli crescenti di personalizzazione quando raccolgono ed elaborano le informazioni. Guidati da Intelligenza Artificiale (AI), con regole automatizzate, elaborazione in linguaggio naturale (NLP) e machine learning (ML), i chatbot elaborano i dati per fornire risposte a richieste di ogni tipo. Continua a leggere

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Signor Ministro, Lei lavora troppo… e male

di Mario Maviglia Su queste stesse colonne, qualche settimana fa, abbiamo stigmatizzato il grande attivismo del Ministro del Merito Valditara (Signor Ministro, Lei lavora troppo!). Ora il Ministro ha superato se stesso con un altro audace e impavido intervento. Ma andiamo con ordine. Qualche giorno fa, la Rete degli Studenti di Milano ha manifestato contro l’Inail che ha negato il risarcimento alla famiglia di Giuliano de Seta, morto durante un progetto di alternanza scuola-lavoro nel mese di settembre 2022. Gli studenti della stessa Rete in un comunicato apparso sui social hanno affermato che “le tre morti che si verificano ogni giorno sul lavoro, oltre ai tre studenti morti in stage, non sono morti bianche, bensì posseggono dei mandanti ben precisi: da Confindustria a Mario Draghi, dall’Inail a Valditara, tasselli che compongono il mosaico di un sistema ora più che mai schiavo del profitto e del tutto disinteressato al capitale umano utilizzato per generarlo.” Questo comunicato non è piaciuto al Ministro del Merito che ha affermato: “Ho dato mandato ai miei avvocati di querelare i responsabili di queste dichiarazioni infamanti e gravemente diffamatorie. Con gli autori di questi comunicati non voglio aver nulla a che fare.” Continua a leggere

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Autonomia differenziata e equivoci culturali, politici, istituzionali

disegno di Matilde Gallo, anni 10[/caption] di Franco De Anna La questione della “autonomia differenziata” è oggi alla attenzione del dibattito politico, culturale, istituzionale, perché ha assunto il significato di una rivendicazione esplicita da parte di alcune Regioni italiane tra le più rilevanti sotto il profilo economico e sociale, che chiedono, sia pure con differenze significative, un ampliamento della devoluzione e una estensione delle loro titolarità rispetto alla ripartizione con lo Stato Una parte significativa della alleanza politica che supporta il Governo generato dall’ultima consultazione elettorale dei cittadini italiani, si batte, e da tempo, per la costruzione di prospettive e strumenti di autonomia differenziata da riconoscere alle Regioni italiane. La “rivendicazione” politica, è storica per il movimento della Lega e la sua ispirazione federalista (almeno nella versione “originale”), ma acquista oggi significati e valori che occorre reinterpretare e ricollocare nella attualità politico culturale, sociale, economica, profondamente diversa dal contesto nel quale fu inizialmente formulata. Basti ricordare che quella rivendicazione originale si inseriva nella “novità” costituita dall’intreccio tra Riforma Costituzionale (il Titolo V e in particolare art.117, il “nuovo” ruolo delle Regioni) e il processo della riforma della Pubblica Amministrazione rielaborata attraverso la cosiddetta “Legge Bassanini” (la Legge 59/97, con le sue successive “interpretazioni”, fino al 1999). (1) Il contesto politico, culturale, istituzionale dei primi anni “interpretativi” di quell’intreccio tra riforma PA e Riforma Costituzionale è oggi “strutturalmente” diverso, e dunque è necessario rielaborare diversi significati che acquista l’attuale confronto. O meglio “rileggere” i significati culturali, politici e istituzionali entro i processi “strutturali” che hanno modificato la “materialità” delle condizioni sociali, economiche, produttive, che stiamo attraversando. Continua a leggere

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Scuola della cooperazione e della solidarietà vs scuola del "merito"

di Claudia Mossina Presidente Regionale AIMC Piemonte (il documento è stato deliberato dal Consiglio Regionale Piemonte dell’AIMC il 23.11.2022) Dall’Art 34 della Costituzione I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. “Ministero dell’istruzione e del merito” è il nuovo nome attribuito al ministero che sovraintende alla scuola: ma quale declinazione ha, nell’intenzione del governo, il termine “merito”? Riteniamo che sia un diritto della persona meritarsi il massimo possibile dalla scuola, vedere riconosciute e potenziate le sue capacità e accolte le sue fragilità. “Nella vita della scuola il significato del merito coincide con il potenziamento dei propri talenti” dice Recalcati. Enfatizzare il “merito” senza declinarlo può essere una forma di valutazione che utilizza standard elevati di successo scolastico senza tener conto dei punti di partenza e discriminando di fatto gli studenti che partono da situazioni svantaggiate culturalmente e socialmente o anche fisicamente. La scuola, anche se faticosamente, sta cercando di offrire a tutti gli studenti percorsi di inclusione e di valorizzazione, anche delle diversità. Da cinquant’anni, dalla legge 517 del 1977, studi e formazione hanno cercato di fare breccia in una scuola orientata alla selezione, che tutto era, e in qualche area ancora è, fortemente selettiva. La scuola cerca di educare i ragazzi alla cooperazione, alla solidarietà utilizzando metodologie nate appositamente per far loro sperimentare la bellezza del “darsi una mano” e del “fare insieme”. La sottolineatura del merito rischia di andare nella direzione opposta potrebbe se non ben orientata, essere un invito all’individualismo estremo, alla legittimazione della competitività negativa. Chiediamoci quali cittadini di domani vogliamo! E di conseguenza quale scuola immaginiamo. Quella che punta al miglioramento di tutti e quindi anche ad un progressivo innalzamento del livello sociale e culturale della società, (vedi le scelte di reintrodurre l’Educazione civica!) o quella che scava solchi ancora maggiori tra ricchi e poveri, tra fortunati e sfortunati, ecc.? È uno scenario che come insegnanti, e come insegnanti cattolici in particolare, non vogliamo considerare! Proprio come insegnanti non possiamo non prendere in considerazione anche il “merito” come espressione e declinazione della propria professionalità. Gli studenti, tutti, “meritano” di avere docenti preparati e motivati, docenti che danno il meglio di sé, che investono le loro migliori competenze ed energie nella didattica quotidiana! Il congresso Nazionale, indetto per il 3-5 gennaio 2023 invita a camminare verso il dialogo, la collaborazione e l’innovazione. Noi crediamo infatti nelle persone, nel loro diritto ad una crescita e ad una formazione che sia la più aperta ed efficace possibile, lavoriamo non per il successo scolastico di pochi ma per il successo formativo di ciascuno e riteniamo questo nostro impegno indice di alta professionalità, un impegno irrinunciabile che non va compromesso ma sostenuto dal governo con una concreta (in termini di azioni, risorse, scelte) azione di valorizzazione della scuola.  ]]>

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Saper scrivere, per mettere ordine nelle nostre idee

di Raimondo Giunta La parola ci aiuta a tenere a bada, a regolare la molteplicità delle cose che fanno parte del nostro mondo e delle nostre esperienze. Ci costringe a mettere ordine nelle nostre idee, a dare una direzione alla nostra volontà. In questo modo crea lo spazio delle nostre relazioni e la possibilità, se lo si vuole, di metterci d’accordo, di comunicare, di dialogare. Nella parola scompare la particolarità, l’individualità della cosa; vi rimane attaccata la sua essenza, l’eidos, come dicevano i greci, l’immagine che ci facciamo della cosa e che per questo diventa il significato del nome che la indica. La parola “orale” è immediata, fisica, contestuale; si accompagna alle emozioni e le provoca. E’ la parola della conversazione, dell’ascolto, della rabbia, della gioia, del pianto. La sussurri, ma la puoi anche gridare, mettendoci tutta l’anima. la Parola scritta è di suo astratta, riflessiva, malleabile modificabile, reversibile. E’ muta e per questo adatta al dialogo interiore. E’ la parola da leggere, che è nello stesso tempo un vedere e un ascoltare, anche se la pronunci in silenzio; ma richiede tempo, richiede la separatezza del raccoglimento; richiede attenzione: risorse tutte in via di estinzione nell’universo della chiacchiera multimediale e della nostra vita quotidiana. Continua a leggere

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La giornata della libertà senza libertà

[caption id="attachment_3287" align="alignright" width="319"] disegno di Matilde Gallo, anni 10[/caption] di Giuseppe Bagni

(per gentile concessione dell’autore e della rivista Insegnare) Non sorprende che il nuovo governo riproponga il mantra storico delle destre sul comunismo e la sua storia, sorprende che lo faccia il Ministro dell’istruzione che sarebbe tenuto a garantire la libertà di insegnamento e la qualità dell’apprendimento nella scuola. Il ministro con la sua lettera ci offre un ottimo esempio di quello che non deve mai fare un insegnante: dare un giudizio sul passato e imporre una visione ufficiale della storia invece che garantire gli strumenti per saperla leggere. La scuola, in un paese democratico, si fonda sul pluralismo delle idee, sulla piena libertà di esprimerle e metterle a confronto. Se proprio vuol scrivere di storia, il Ministro si ricordi che essa ci insegna che è caratteristico dei paesi non democratici proporre un’ideologia di Stato e avere ministri incaricati della propaganda. Il professor Valditara lasci le lezioni agli insegnanti. Che se tratteranno del percorso accidentato e tortuoso della libertà nella storia parleranno della caduta del muro di Berlino come il momento di una svolta epocale, non dimenticando tutti i momenti che nella storia europea, e anche del nostro paese, hanno segnato l’avvento di regimi nemici della libertà e della democrazia. Non possiamo non commentare le parole del Ministro, ma vorremmo evitare di commettere ancora una volta l’errore di inseguire l’agenda delle priorità che stabilisce il governo. Prima il nuovo Ministero del Merito, poi la Giornata della Libertà. Non sono questi i problemi veri della scuola, tantomeno del Paese. Queste sono uscite identitarie alla pari del decreto “rave”, delle navi Ong e migranti, dell’ergastolo ostativo, del tetto al contante, delle trivelle libere, dei medici novax in corsia, e degli altri provvedimenti che arriveranno con la stessa logica. Segnali di fumo per indicare il cambiamento, ma anche tanto fumo negli occhi che testimonia un’impotenza verso le emergenze e i problemi reali. Ma vogliamo davvero parlare di “libertà”? Se il ministro permette, gli spieghiamo noi qual è la libertà che vogliono i nostri ragazzi e le nostre ragazze. La libertà di immaginare un futuro dove realizzare le proprie aspettative, che liberi dalla prigionia di un presente fatto di lavoro precario senza un domani. La libertà di vivere al sud e nelle tante altre zone “disagiate” del nostro Paese senza portarsi sulle spalle quel disagio per tutta la vita. La libertà di crescere in Italia senza dover scappare all’estero per trovare uno straccio di lavoro dignitoso. Oggi gli italiani che se ne vanno sono più degli stranieri che arrivano e dei fuggiti dall’Italia 1,2 milioni hanno tra i 18 e i 34 anni. La libertà di sentirsi a casa nella propria scuola, “meritevoli tutti” di essere accompagnati fino dove consentiranno le potenzialità di ciascuno e ciascuna. Non serve loro una Giornata della Libertà, serve una prospettiva di libertà. La storia è importante, ma non festeggeranno la caduta di un muro del passato quando tanti se li trovano davanti nel presente e tanti ne troveranno nel futuro.
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