Archivi categoria: SCUOLA VIVA

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L’alibi della “distanza” …non regge

di Maurizio Parodi

La discussione sulla didattica a distanza, del tutto legittima anzi auspicabile, è spesso viziata da un presupposto implicito, spesso inconsapevole, riconducibile alla convinzione che le criticità evidenziate siano riconducibili alla distanza, appunto, che, pertanto, non riguardino l’attività in presenza, in altre parole che il problema sia tecnologico e non pedagogico.

Sbagliato, come dimostra la permanenza di consuetudini inveterate, di procedure assurde che si ripropongono amplificate nella didattica a distanza alla quale deve essere riconosciuto, quanto meno, il merito, di rendere finalmente visibili pratiche, condotte, logiche più o meno sensate o aberranti, virtuose o ignobili, edificanti o mortificanti.

Vale anche per la questione dei compiti, il cui sovraccarico è stato recentemente denunciato dalle più importanti associazioni di genitori, ma che non si pone oggi per effetto del distanziamento scolastico, essendo il portato di una visione dell’insegnamento diffusa e radicata, ancorché nefanda, alla quale sono per la gran parte attribuibili fenomeni inquietanti e scandalosi: la mortalità e la dispersione, il malessere e il rifiuto, l’analfabetismo funzionale e l’impoverimento culturale.
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Vi racconto come ho iniziato…

Stiamo raccogliendo in questa pagina dei brevissimi testi di insegnanti della nostra associazione che raccontano cosa è accaduto questa mattina.

Non possiamo avvicinarci, non possiamo toccarci… dobbiamo stare lontani: mascherina, gel disinfettante, distanze, banchi fissi.
Il Plesso di Scarmagno ha trovato un nuovo modo di stare insieme. Ogni persona della scuola, bambini e adulti, ha portato un nastro colorato lungo un metro e lo ha legato a quello di un’altra.
Ciascuno “si è legato” agli altri, facendo un’esperienza collettiva di avvicinamento.
(Scuola primaria “Olivetti” – Scarmagno)

Grazie bambini per l’energia che ci date ad andare avanti!
I vostri sguardi sorridenti,i vostri racconti dell’estate trascorsa,il calore umano che ci trasmettete anche se distanziati!
Tutti noi e voi avevamo bisogno di rincontrarci per continuare il cammino scolastico, mai interrotto!
Grazie a Voi perché siete la linfa vitale per noi insegnanti!
(Scuola primaria classi I-IV – Cuorgnè)

Noi ci siamo ispirati agli haiku giapponesi.
Eccone uno:
Eco di bimbi ridenti
Riflessi di luce nel buio
Quest’anno
le mascherine si divertono.

(Primaria San Bernardo classe IV – Ivrea)

Questa mattina siamo partiti …
I bambini hanno ascoltato con attenzione ed interesse le nuove regole di comportamento che, peraltro, molti già conoscevano.
A casa, i genitori hanno fatto un ottimo lavoro preparandoli alle tante novità che li aspettavano.
Entrando in classe ognuno di loro ha portato una piccola piantina che renderà più bella la nostra aula.
Durante l’anno se ne prenderanno cura e ne saranno responsabili.
Erano sereni e felici.
(Scuola primaria – Pavone Canavese)

Li abbiamo accolti nel cortile della scuola primaria tutte le insegnante munite di magliette con sopra disegnato uno smile perché sotto la mascherina c’era il nostro sorriso per loro.
(Scuola primaria – Pavone Canavese)

L’ansia di noi insegnanti nell’ accogliere i bambini con la visiera e mascherina è svanita con una battuta …sembrate delle astronauti …e tutti a ridere …I bambini sono fantastici…
(Scuola dell’Infanzia – Scarmagno)

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Tempo pieno, un modello pedagogico da ritrovare

di Simonetta Fasoli

Vale la pena, di fronte all’emergere di proposte che fanno riferimento al Tempo pieno, sollecitandone l’estensione generalizzata, provare a portare qualche elemento di chiarezza e qualche utile “distinguo”: questo proprio per incanalare le prospettive che si aprono in una direzione promettente ed efficace.
Non starò a fare una puntuale ricostruzione dei modi con cui si è storicamente affermato il Tempo pieno, limitandomi ai suoi tratti costitutivi, pur nella varietà dei contesti in cui si è andato affermando.

1) Il Tempo pieno non è nato come risposta di tipo assistenziale, basata sul mero allungamento della giornata scolastica, in corrispondenza delle esigenze lavorative dell’Italia nella sua fase economicamente espansiva (e socialmente problematica).

2) Esso ha rappresentato, piuttosto, il primo vero tentativo di affrontare gli effetti dell’affermazione di una scuola a larga base sociale, che ha segnato in parallelo l’evoluzione strutturale del Paese.

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Valutare è necessario, ma c’è modo e modo

abcdi Giancarlo Cavinato

Il tema della valutazione è cruciale. Ed è cruciale il perché della valutazione.
Sottende un’idea di insegnante, di scuola, di società.
La valutazione, pur espressa in modi e forme diversi, é comune a tutte le scuole.
La valutazione è necessaria? Una scuola può non valutare?
Si può tranquillamente rispondere che la valutazione non è solo necessaria, ma che non è pensabile una scuola che non valuti. Ma c’é modo e modo, finalità e finalità, criteri e criteri.

Quando si cominciano a porre e porsi domande di tipo:
-Chi valutare?
-Cosa valutare?
-Come valutare?
-Perché valutare?
subito cominciano le differenziazioni.

Il valutare non è un fatto semplice e i fini, le modalità, le tecniche della valutazione non sono così definiti da non lasciare margini di dubbio e incertezza. [1]
Risale agli anni 70 la critica pedagogica e politica a una scuola selettiva che respingeva ed emarginava gli alunni più ‘lontani’ dal tipo di cultura che essa intendeva trasmettere. Colpevolizzando sempre e solo l’alunno e mai mettendo in conto le eventuali carenze dell’istituzione (assenza di strutture e risorse adeguate, povertà di strumenti didattici, brevità dei tempi di lavoro, carente formazione degli insegnanti). Una scuola che valuta l’alunno ma non valuta se stessa.
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Giornalino scolastico

abcdi Giancarlo Cavinato

Per Freinet è fondamentale che i bambini siano soggetti non solo fruitori (passivi) di informazioni ma produttori di cultura e di testi scritti.
La sua attenzione è rivolta a costruire una scuola che rispecchi la vita reale.
L’esperienza della grande guerra gli ha mostrato come milioni di contadini artigiani operai (semi)analfabeti si siano lasciati ingannare dalla propaganda nazionalista dei loro paesi e siano stati coinvolti nel macello che ha sconvolto l’Europa. Per adesione fideistica e per induzione di stereotipi etnocentrici e di campagne di odio.
Leggere in modo attivo, comporre testi per incontrare gli altri, per comunicare la propria umanità, è quindi essenziale per imparare a vivere e per una comprensione profonda dei molteplici messaggi.
Chi ha provato a comporre testi comprensibili ad altri può immedesimarsi nelle operazioni necessarie a inserirsi nel circuito comunicativo: si predisporrà così ad essere ricettivo e ‘avvertito’ circa la complessità dei messaggi che circolano.

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Bibioteca di lavoro

bambini_maestraBIBLIOTECA DI LAVORO

La biblioteca di lavoro (BT) viene istituita da Freinet nel 1932 con il proposito di costituire un’alternativa ai manuali scolastici, nozionistici, univoci nella selezione delle informazioni, spesso scritti in un linguaggio denso e difficile. Con informazioni e affermazioni che non possono messe in discussione attraverso un confronto con altre fonti.

Freinet pensa a fascicoli documentari e monografie su temi di interesse nati nelle classi in base agli stimoli offerti dall’ambiente o selezionati da gruppi di insegnanti scegliendo contenuti significativi che consentano un approccio alle discipline facendo cogliere le interrelazioni fra diversi aspetti della realtà vissuta. Sono i ‘chantiers’, i gruppi di ricerca del movimento francese, l’Institut coopératif de l’école moderne ( ICEM), che preparano i testi e li sperimentano nelle classi prima di procedere alla stampa.

Ai testi stampati si aggiungerà successivamente una BT sonora e audiovisiva.

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Curricolo di storia, curricolo della memoria

matitadi Stefano Stefanel

In questi ultimi tempi c’è stata un’accelerazione imprevista di comportamenti e segnali molto preoccupanti per chi ritiene che alcune verità storiche non possano più essere revisionate, ma debbano soltanto essere insegnate dentro un sistema naturale di civiltà. Molto spesso, poi, accade che dal mondo accademico o scolastico si chieda di smetterla con competenze e curricoli e si torni a conoscenze e programmi. E così i segnali peggiori vengono ignorati e abbandonati al loro destino senza avere il coraggio di andare a vedere da che cosa nasce tutta questa confusione revisionistica su un passato piuttosto recente e incontrovertibile (Shoah, leggi razziali, alleanza tra Hitler e Mussolini, antisemitismo). Il vecchio mantra di destra “ma Mussolini ha fatto anche cose buone” si è evoluto, purtroppo, in un incredibile crescendo di follie interpretative.

Assemblo alcuni fatti a cui ci stiamo assuefacendo e che sono il sintomo di un mutamento drammaticamente duraturo: l’insegnante che in classe denigra Liliana Segre dicendo che cerca solo visibilità; il Comune che attribuisce la cittadinanza onoraria alla Segre, deportata in quanto ebrea, e poi dedica una via ad Almirante che aveva firmato il “Manifesto della razza” che ha dato origine alle leggi razziali che hanno fatto deportare la Segre; un aumento di italiani (qualcuno ha detto che sono il 15%) che nega la Shoah; il saluto fascista ridiventato segno di distinzione; le scritte antisemite sulle porte delle case degli ebrei e sui muti delle città; il richiamo al comunismo ogni volta che si nomina il nazismo; il negazionismo su quanto avvenuto nei campi di sterminio. Questo museo degli orrori è sì un museo “storico” degli orrori, ma questo uso distorto della storia sta entrando nelle coscienze civiche, alterando il concetto stesso di civismo che non può svilupparsi dentro queste atroci falsità.

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