Archivi categoria: SCUOLA DIGITALE

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Macchine che fingono di essere intelligenti

Composizione geometrica di Gabriella Romano

di Stefano Penge

In questi ultimi anni si sta diffondendo un approccio che epistemologicamente e eticamente sembra mettere in discussione tutto quello che abbiamo saputo o creduto di sapere. Un passaggio che vale la pena di evidenziare e di discutere, anche e soprattutto in ambito educativo.

Fino a poco fa, i computer erano al nostro fianco nell’esplorazione dell’universo, più precisi di noi, instancabili, più determinati nel non commettere errori e non trarre conclusioni avventate. Gli affidavamo il calcolo delle traiettorie degli aerei, sulla base della matematica e della fisica che avevamo verificato nel corso due millenni precedenti, perché eravamo certi che avrebbero fatto meno pasticci di noi. Li immaginavamo come servi affidabili e incorruttibili. Un po’ come il primo Terminator impersonato da Arnold Schwartzenegger: magari brutale, ma efficace e soprattutto fedele.

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Invece è arrivata un’altra generazione di Terminator, più sottile, elegante, fluida. Il modello di software intelligente che va di moda oggi è bravo a fare molte cose, ma soprattutto una in particolare: fingere, cioè cambiare aspetto e assumere quello di chiunque altro. Non sa risolvere un problema o creare un minuetto partendo dalla regole della musica occidentale settecentesca, però può produrre degli artefatti che non sembrano artificiali, che assomigliano a qualcosa che avrebbe potuto produrre un essere umano. Di fatto, assomigliano a molte cose che esseri umani hanno prodotto, contemporaneamente. Continua a leggere

Macchine che sembrano intelligenti

di Stefano Penge

Immaginate un bel seminario dal titolo accattivante: “Le macchine intelligenti e la scuola: conflitto o opportunità?”. Si presenta come obiettivo, imparziale; non è acritico ma lascia intravvedere la direzione in cui occorre procedere (dalla rilevazione dei rischi alla costruzione di possibilità operative). Ottimismo della ragione e curiosità non vi mancano, siete pronti a iscrivervi?

Un attimo. Già in questo titolo sono visibili alcuni limiti tipici dell’impostazione più diffusa.

Prima di tutto, macchine e scuola: due soggetti, due entità che inevitabilmente si confrontano. Come se ci fosse una natura artificiale che cresce, si sviluppa, produce i suoi frutti (le macchine appunto); e come se la scuola si trovasse in questo giardino incantato, novella Eva, e dovesse decidere come coglierli e mangiarli. Lieto fine: dopo qualche esitazione colpevole ogni invenzione viene assorbita dalla scuola, malgrado l’opposizione dei tecnofobi arretrati e miopi.

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E’ vero che non sono molte le tecnologie per l’educazione nate dentro la scuola, come la tavoletta di cera riscrivibile dei romani o la lavagna di ardesia (che sembra sia stata introdotta negli Stati Uniti nell’Ottocento nel quadro della formazione degli insegnanti: una tecnologia meta-educativa).
Dalla tipografia alle fotocopie, dalle diapositive alla LIM: nessuna di queste tecnologie nasce per l’educazione e nemmeno per la formazione, ma tutt’al più nel quadro della comunicazione aziendale, per la diffusione rapida, economica ed efficace di informazioni. Continua a leggere

Perchè i docenti studiano l’intelligenza artificiale?

Composizione geometrica di Gabriella Romano

di Stefano Penge

Come in ogni occasione in cui qualche strumento viene inventato e proposto sul mercato delle professioni della conoscenza, ancora prima che parta l’ennesimo progetto nazionale per la trasformazione delle classi tradizionali in ambienti innovativi dove gli studenti si preparino alle  le professioni digitali del futuro e il personale scolastico alla transizione digitale, alcuni insegnanti si sentono in dovere di aggiornarsi e di prepararsi al nuovo che avanza. Questo va ovviamente ascritto a loro merito: invece di lamentarsi del tempo perso necessario per imparare a usare questa o quella stravaganza voluta dal ministero, invece di laudare le tecnologie naturali di una volta e rimpiangere le buone vecchie LIM, si lanciano a studiare,  giocare e sperimentare coinvolgendo la famiglia, gli amici e gli studenti. Sono docenti ottimisti, entusiasti, curiosi e insieme coscienziosi.

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Le ragioni di questo interesse didattico sono diverse: dalla difesa dei “nostri” nei  mercati del lavoro internazionali alla risposta rapida alle trasformazioni culturali in arrivo, con una quota di orgoglio professionale o semplicemente un desiderio inconscio di allinearsi alla moda del momento.

Stavolta non si tratta di afferrare la meteora del Metaverso, ma di preparare gli studenti a usare l’intelligenza artificiale, cioè le interfacce dialogiche di OpenAI, cioè i prompt.  I tre concetti sono spesso percepiti come uno solo: se il prompt di ChatGPT coincide con l’intelligenza artificiale, imparare a usarlo significa avere una patente che permette di entrare nel Paese dei Balocchi intelligenti. Continua a leggere

L’anno che verrà. Pensiero critico ravvicinato e circostanziato? Magari

– di Marco Guastavigna

Su questi bit mi sono espresso in modo inequivocabile a proposito di dispositivi digitali e di intelligenza artificiale: bisogna andare senza esitazione nella direzione dell’emancipazione e della decostruzione dei miti di mercato. Su altri ho presentato un possibile approccio professionale agli assistenti artificiali e una traccia di percorso di formazione in proposito.

Ad accomunare i tre interventi ci sono parecchie concettualizzazioni analitiche e proposte operative, ma soprattutto il rifiuto in blocco e il rovesciamento dello sciocchezzaio corrente – “il digitale”, “competenze digitali”, “didattica digitale”, “educazione (al) digitale e così via -, caratterizzato da un approccio adattivo.
Che “naturalizza” la situazione esistente considerandola, anziché un recinto da cui liberarsi per ritornare all’autodeterminazione didattica, la sola alternativa possibile e la declina in abilità e capacità da acquisire in una condizione di subalternità gerarchizzata e gerarchizzante.

Credo pertanto di disporre di un patrimonio di consapevolezza utile per affrontare più da vicino i dispositivi di intelligenza artificiale, secondo un posizionamento esplicitamente critico della logistica capitalistica della conoscenza e dell’istruzione. Patrimonio che non voglio considerare di mia esclusiva proprietà, ma piuttosto condividere, come per altro ho già fatto.

Ad incuriosirmi è questa volta il portale Magic School, esplicitamente dedicato ad insegnanti interessati a usare l’IA nella propria didattica, per due ragioni.

La prima: l’uso di un’iperbole, ovvero di un linguaggio per scelta mistificante e efficacemente manipolatorio, sottolineato dalla presenza – come nel caso delle iniziative autopromozionali degli insegnanti imprenditori – di una zona per lo shopping virtuale.
La seconda: la ricostruibilità di un profilo professionale a partire dalle diverse funzionalità AI offerte, sempre con un meccanismo commerciale teso al lucro su licenze individuali e massive. Vediamo meglio. Continua a leggere

Intelligenza artificiale e/a scuola: questioni aperte e qualche conclusione (provvisoria)

di Rodolfo Marchisio

Due aneddoti

  • Mentre organizzavamo For Tic 1 con USR Piemonte e Unito, con M. Guastavigna, un assistente di Luciano Gallino tutto “goduto” ci ha mostrato un suo software che somministrava le prove, le correggeva, attribuiva i voti e inviava in automatico una mail agli allievi. Domanda: “se fa tutto il software, tu coi tuoi allievi quando ci parli?”
  • Ricordate il colonnello russo che contro ogni evidenza che proveniva dalle sue tecnologie (5 missili nucleari in arrivo dagli USA) ha preso tempo ed evitato di far partire la prima guerra nucleare?
    Ci ha salvato. È stato lodato e poi è sparito.

“Prima di usare tecnologie molto potenti, prima addirittura di ipotizzare per cosa usarle, bisogna anzitutto conoscere questi strumenti. Capire come funzionano, quali sono le loro potenzialità e (soprattutto) quali sono i loro limiti. Ma anche evitare di considerarli una scatola nera che processa chissà come input e restituisce magicamente output da applicare a occhi chiusi.” (Soro)

Soro e Rodotà
 “Tutto quello che è tecnicamente possibile è anche eticamente lecito, politicamente e socialmente accettabile, giuridicamente ammissibile?” (Rodotà)

L’algoritmo non è infallibile né neutro. Si tratta di opinioni umane strutturate in forma matematica. L’uomo ha (deve avere) la possibilità di intervenire in qualsiasi momento dei processi decisionali. (Soro)
Senza regole la società (l’ambiente) digitale rischia di divenire la società della schedatura, la rete, da straordinaria risorsa democratica, può diventare strumento di sorveglianza globale da parte dei grandi poteri economici” Rodotà.  Schiavitù volontarie o passive, disinformazione e post verità.
L’IA dà un grande potere a chi la gestisce. Quante delle nostre decisioni come cittadini sono sempre più condizionate: dagli acquisti, ai gusti, alle idee, al nostro stanco diritto di votare influenzato dalle Fake? I GAFAM e soci da servizi di informazione e comunicazione tendono a gestire anche servizi ed attività sociali, sanità, istruzione, servizi ai cittadini. Continua a leggere

Taskificazione e monetizzazione dell’intelligenza prestazionale

di Marco Guastavigna

La discussione di primo livello sull’IA – come è usanza degli intellettuali organici al mercato – è lenta e, of course, sui massimi sistemi.
Al secondo livello, quello della pacata divulgazione, si muore e si provocano morti per asfissia culturale, malattia tipica della citazione subordinata e subordinante, che riconosce e naturalizza la gerarchizzazione della supply chain della conoscenza.

Laddove si decide, si progetta e si fa, invece, si agisce. E così si dispiega sempre più l’aziendalizzazione del mondo 4.0 per via digitale.
Già i software “tradizionali” e successivamente le applicazioni per dispositivi mobili avevano consentito di scomporre il “lavoro” in micro-attività distinte e misurabili, incrementandone – in nome dell’utilitarismo razionale a matrice capitalistica, per cui la priorità è il profitto – l’alienazione e minimizzandone per contro la capacità contrattuale. Continua a leggere

Intelligenza artificiale: perché pone interrogativi etici e sui nostri diritti di cittadini?

di Rodolfo Marchisio
e Stefano Penge

Dopo aver introdotto il tema, averlo approfondito  vediamo di spiegare un po’ di più gli aspetti critici dal punto di vista della cittadinanza.
Un intervento educativo (formazione di competenze e cultura digitale) è possibile solo se si supera la visione della digitalizzazione come un processo di democratizzazione spontanea dell’accesso delle informazioni oggi non più possibile. Agenda digitale. E come un processo “magico” e spontaneo di riforma della scuola in senso democratico grazie alle tecnologie

Quale IA
L’Europa ha stabilito i limiti da porre allo sviluppo della IA per tutelare i cittadini:
AI Act.
Riguardano i modelli fondativi alla base di grandi sistemi di AI e il ricorso alla sorveglianza biometrica e alla (ipotizzata) polizia predittiva. L’AI Act, inquadra i diversi sistemi di intelligenza artificiale pone paletti, proibisce alcune applicazioni e introduce procedure di salvaguardia per mettere al riparo i cittadini dell’Unione da abusi e violazioni dei diritti fondamentali. L’attenzione è:
1- sui modelli fondativi, quelle forme di intelligenza artificiale generali in grado di svolgere compiti diversi (come creare un testo o un’immagine) e allenati attraverso un’enorme mole di dati non categorizzati.
Si è lavorato ad una applicazione preventiva delle regole su sicurezza informatica, trasparenza dei processi di addestramento e condivisione della documentazione tecnica prima di arrivare sul mercato. Wired.
2- La UE è arrivata ad un compromesso sull’uso dell’AI per compiti di polizia e di sorveglianza.
Sul riconoscimento biometrico in tempo reale, ma si era discusso anche di polizia predittiva poi vietata. Ossia usare gli algoritmi per prevedere le probabilità con cui può essere commesso un reato, da chi e dove? Quali diritti verrebbero violati con questa delega? AI Act Europa (Wired) Continua a leggere