Excursus nel mercato della scrittura digitale, probabilmente incompleto

di Marco Guastavigna

Sono di nuovo in modalità “pippone”.

A ripristinarmi la logorrea è stata una lettura: “Potremmo chiamare mestiere il tipo di attività in cui il tempo non è sotto controllo, e riservare il termine lavoro ai compiti regolati da vincoli di tempo. Nel mestiere, il tempo non è centrale. L’uomo di esperienza lascia che la sua temporalità sia dettata dalla situazione che incontra e dal modo in cui potrà intervenire. Il medico sa che alcuni pazienti richiederanno trattamenti lunghi e spiegazioni dettagliate, mentre altri risponderanno e capiranno rapidamente. Allo stesso modo, uno scrittore di solito non si costringe a scrivere una pagina sotto pressione oraria. Tutto dipende dal soggetto, dalla sua forma, dalla sua meditazione preliminare.” (P. Chabot, “Avere tempo. Saggio di cronosofia”, Treccani. 2024).

Da una parte il mestiere di scrivere, insomma, dall’altra il lavoro di scrittura.
Nella tabella il modo in cui Copilot Pro di Microsoft rappresenta le due situazioni.

Scrittore senza tempo
Scrittore vincolato dal tempo

Se possiamo far corrispondere la prima tipologia a scrittori e scrittrici di fama, giornaliste e giornalisti affermati, accademici e accademiche in carriera e vari intellettuali laureati, per immaginare appartenenti della seconda categoria dobbiamo probabilmente addentrarci nel mondo dei produttori di contenuti (testuali) per la mercificazione culturale, quotidianamente attivi nell’universo digitale.

Il loro scopo è creare e conservare – in proprio o più frequentemente in conto terzi e in posizione precaria – un pubblico sul mercato dell’attenzione con flussi di dati in continua circolazione, il cui unico requisito “culturale” è sembrare a chi ne fruisce validi e pertinenti. Per questo tipo di autorialità, la scrittura non è sublimazione, realizzazione, affermazione di sé, ma più probabilmente stress, costrizione, competizione continua con altro cognitariato.

Prima di approfondire ulteriormente questa faccia della medaglia, un’altra citazione: “non senza esitazioni e sforzi su me stesso, mi sono comperato un elaboratore di testi, e adesso scrivo esclusivamente con questo. Al principio è stata molto dura: ero totalmente ignaro della terminologia in uso, ero terrificato dalla paura che il testo scritto finisse cancellato per qualche manovra sbagliata, e le spiegazioni dei manuali mi parevano indecifrabili. Poi, a poco a poco, ho capito alcune cose fondamentali. In primo luogo, che bisogna reprimere il desiderio umanistico di capire «quello che c’è dentro»: forse che non usiamo il telefono da quasi un secolo, e la Tv da 30 anni, senza sapere come funzionano? E sappiamo forse come funzionano i nostri reni e il nostro fegato, che usiamo da sempre? È una pura questione di assuefazione; del resto, mi si dice che, salvo gli specialisti, neppure i fisici ed i matematici si curano di approfondire; hanno addomesticato il mostro meraviglioso, e se ne servono senza patemi. In secondo luogo, ho capito che è insensato sperare di imparare a usare l’aggeggio studiando i manuali; (…). Bisogna imparare sul campo, sbagliando e correggendosi. Sono ancora un neofita: ho ancora una quantità di manovre da imparare, ma già adesso mi costerebbe fatica tornare alla macchina per scrivere, o peggio a biro, forbici e colla. Non escludo che il nuovo strumento eserciti una sottile influenza sullo stile; un tempo, il dover incidere le lettere ad una ad una con martello e scalpello costringeva alla concisione, allo stile «lapidario»; la fatica si è via via ridotta, ed ora è quasi annullata: un testo si compila, corregge, ritocca, taglia, inserisce, con facilità irrisoria; si è insomma all’estremo opposto. A me pare che questa facilità tenda a rendere prolissi: dovrò starci attento”.

A parlare è Primo Levi, in dialogo con Tullio Regge: in quanto scrittore di mestiere elenca le ragioni positive per utilizzare un dispositivo digitale dedicato all’interno di una propria attività cognitiva e culturale molto significativa. Nonostante i software con intelaiatura iconica ed esplorativa attualmente in uso (Microsoft Word, LibreOffice, OpenOffice, Apple Pages e così via) siano ancora da concepire, egli trova infatti evidenti – e rasserenanti – i vantaggi di un ambiente di assistenza operativa e procedurale, fondato sulla flessibilità del supporto di scrittura. Le successive trasformazioni aggiungeranno a questo aspetto, tra le varie implementazioni funzionali, una sempre migliore gestione degli aspetti tipografici, l’interoperabilità tra gli apparecchi di elaborazione, l’estendibilità ipermediale del testo vero e proprio, dettatura a voce e trascrizione di file sonori.

Torniamo però alla scrittura come job.

Avendola definita come compito ingrato, a volte ostico, spesso incalzante, possiamo comprendere meglio a chi si rivolgano principalmente i software di assistenza cognitiva, processuale e perfino tematica che si appoggiano sull’intelligenza artificiale e che travalicano le funzionalità operative precedenti assumendosi in forma diretta il compito della strutturazione, della stesura e della revisione. Ma anche della sintesi, della semplificazione, dell’ampliamento, dell’approccio, dello stile e così via. Mi riferisco per esempio al già citato Copilot Pro, che agisce anche come estensione operativa di Microsoft Word e PowerPoint, a Shakespeare AI ToolBar per Google Chrome, alla funzione Composizione di Microsoft Bing, oltre che alle note modalità di interazione con ChatGPT e Google Gemini, e ad altre numerosissime produzioni dell’industria digitale.

Una particolare attenzione merita però Aithor.com, che fornisce agli utenti premium – va infatti detto che nella gran parte dei casi le funzioni di assistenza complete sono riservate agli utenti a pagamento – la possibilità di “nascondere l’uso dell’intelligenza artificiale”, mediante apposito mascheramento.  L’insieme di questi dispositivi sembra così sempre più definire una area di mercato specifica, rappresentata nello schema.  Il lettore avveduto coglierà il fatto che lo studentato non è compreso, salvo rubricarlo potenzialmente in eventuali situazioni di stress prestazionale.

Vi è comunque un rischio di fondo, ovvero la trivializzazione, di cui ci siamo già occupati e che nel contesto della mercificazione della scrittura è rappresentabile come segue:




Flashmob

Esattamente, esattamente, esattamente…quali sono le differenze epistemologiche, ontologiche e deontologiche tra le tre situazioni di seguito rappresentate?

 

 

 




Nativi e migranti artificiali

di Marco Guastavigna

Avendo dato poco più di un’occhiata a  ChatGPT e avendovi identificato non solo l’intelligenza artificiale generativa, ma l’intera intelligenza artificiale, vi è già chi pontifica senza pudore sulla assoluta necessità di modificare i compiti a casa: “è la fine delle assegnazioni compilative!”. Compito degli insegnanti? Prendere atto e adeguarsi.

L’arrogante superficialità di queste affermazioni è nella fattispecie davvero grottesca, perché una più approfondita esplorazione dei dispositivi esistenti avrebbe rivelato la disponibilità di almeno uno spazio di lavoro destinato – udite, udite! – a fornire agli insegnanti suggerimenti su come rendere le assegnazioni di compiti “resistenti all’IA”. Siamo di fronte a uno dei molti moduli compresi in MagicSchool, a cui abbiamo per altro già accennato.
Non è affatto scontato che realizzi quel che promette, ma è bene provarlo e riprovarlo prima di esprimere un giudizio.

La logica complessiva dell’ambiente – dichiarata – è fornire ai docenti dispositivi per ridurre il carico di lavoro professionale. Testimoniano questa impostazione moduli comePiano di lezione secondo il modello 5E”, “Domande personalizzate di lettura SAT” , “Test di pratica di lettura SAT e vari altri, anche se connotati in modo più generico. L’insieme è palesemente destinato all’istruzione con logistica statunitense.

Da qualche settimana la piattaforma ha aperto uno spazio destinato agli studenti, MagicStudent, a sua volta composto di moduli.
La schermata seguente non li riporta tutti, ma è sufficiente a farsi un’idea:

MagicSchool prevede periodi di prova free e acquisizioni di licenze individuali o istituzionali.
Lo schema operativo attualmente attivo è il seguente:

  • Il docente ha una sua zona dove definisce uno spazio-classe (room) e sceglie i moduli di assistenza mediante AI che gli studenti saranno chiamati a utilizzarvi;
  • La piattaforma indica in più modi l’indirizzo di accesso allo spazio così definito;
  • Il docente fornisce l’indirizzo di accesso agli studenti;
  • Contestualmente, o in altri momenti, precedenti o successivi, il docente assegna agli studenti attività più o meno guidate da svolgere una volta entrati nello spazio;
  • Il docente dispone di un accesso particolare, che gli consente di visualizzare sia l’insieme delle attività del gruppo, sia il lavoro di ciascun singolo studente.

Lo schema di lavoro è per altro molto simile a quello di altre piattaforme con vocazione didattica, come per esempio Edpuzzle. In particolare, l’ingresso degli studenti è autorizzato con il codice ricevuto dall’insegnante e prevede che ciascuno si identifichi con precisione, ma non richiede alcuna acquisizione di nome utente e password. Da questo punto di vista, prefigura una situazione ben definita e gestibile con semplicità.

Restano però varie perplessità. Trascurando – per ora  – i dubbi di carattere generale, ne voglio esplicitare due molto specifici.

Il primo riguarda il fatto che il singolo studente può vedere solo il proprio lavoro, ed è quindi sollecitato e spinto a una fruizione individuale e individualistica dei percorsi di apprendimento.
Il secondo riguarda i compiti da svolgere con l’aiuto dell’IA: non sono per nulla certo che sia possibile assegnare attività davvero significative sul piano dell’apprendimento, nonostante il docente possa, come detto prima, venir aiutato a resistere alle chatbot e disporre inoltre nel proprio spazio di un modulo il cui compito è fornire “idee su come utilizzare gli strumenti MagicStudent nelle attività e nei compiti degli studenti”.




IA “Etica” oppure Etica della IA? Quali valori, quali regole, quali limiti

di Rodolfo Marchisio

Ha senso parlare di IA in generale?

  • In realtà si tratta di diverse applicazioni in campi molto diversi e con finalità diverse. Cosa le accomuna? “L’intelligenza artificiale è un nome che descrive un modo di fare software. In particolare, è un modo di fare software nuovo, che consente di affrontare nuovi problemi e creare nuove applicazioni sostiene Quintarelli [1] Le possibili applicazioni, i campi e gli obiettivi possono essere allora molto diversi. Alcuni già esistenti altri in via di sviluppo.
  • Ci sono molti modi di intenderla e praticarla: in questo periodo si parla molto di IA Generativa (più legata allo sviluppo di chat “intelligenti” in grado di imparare ed agli sviluppi ed usi linguistici o mediatici), di IA “etica”, di IA “spiegabile”, ma anche di “IA noiosa” …
  • Ma anche sono diversi i modi di pensarla e di raccontarla. Si va dal catastrofismo al trionfalismo (talora ingenuo o magari interessato), alle strane  utopie dei miliardari, alla necessità di dare regole e porre limiti. Ma l’IA esiste già nella indifferenza generale (nei motori di ricerca ed in molte applicazioni); e poi c’è quella noiosa già esistente nei settori della agricoltura ad esempio di cui nessuno parla.[2]
  • Tutti parlano invece di IA, ma in modo generico e spesso divergente, concentrandosi su aspetti o problemi diversi. Certamente oggi la “parola dell’anno” è esplosa come fenomeno di moda e come operazione di marketing insieme e, se uno vale uno, tutti si sentono autorizzati a dire o teorizzare la loro opinione ed il loro (spesso interessato o poco informato) punto di vista.
  • È importante invece distinguere alcune figure con ruoli, interessi, responsabilità diverse.

I “padroni” che sono pochi ricchi e potenti; gli esperti, che non vuol dire chi ha una laurea o una cattedra, ma chi ci lavora, chi ci riflette e anche chi si informa; poi i politici e i decisori e soprattutto (anche se non è più di moda) i cittadini che vivono e vivranno, in vario modo, le conseguenze di quello che altri decidono e realizzano.

Ha senso parlare di IA “etica”?

  • Allora ha senso parlare di IA “Etica” intesa come responsabile, che si dà o rispetta delle regole o è meglio parlare di Etica della IA?
    Chi deve essere “etico” cioè rispettare vincoli e regole? La tecnologia, il programma, chi lo progetta e finanzia per guadagnarci o per potere, per controllare altri violando diritti?
    Aldilà del catastrofismo e delle paure o dell’euforia che accompagnano ogni “rivoluzione tecnologica” si è posto in vari modi il problema di tutelare diritti, stabilire regole (“paletti”), di stabilire a protezione dei diritti dei cittadini delle regole, dei limiti, in modo diverso.Quali sono questi problemi? Anche Quintarelli ne elenca alcuni: “L’uso dell’intelligenza artificiale a fini anti-competitivi, la creazione di posizioni di monopolio, lo sfruttamento del lavoro delle persone, la discriminazione. Quando si dice che l’umanità rischia l’estinzione a causa dell’AI, sono baggianate (dice lui)mentre può preoccupare l’utilizzo dell’AI negli armamenti: certamente se facciamo armi autonome, anche in conseguenza del fatto che sappiamo che l’AI sbaglia, possiamo attenderci esiti nefasti. Ma di nuovo, il problema non è l’AI ma l’uso che ne facciamo noi… Quindi queste grandi visioni su ipotetici grandi temi e grandi problemi mascherano problemi attuali concreti che sono importanti, appunto, come lo sfruttamento del lavoro delle persone, la creazione di rendite di monopolio, lo sfruttamento del lavoro altrui”. Tra l’altro.
  • Un altro problema che si è posto nel dibattito da parte delle stesse imprese che la propongono è l’IA che crea Fake in periodo di elezioni, In teoria molte aziende e social si impegnano (?) a non diffondere fake su candidati e partiti. Forse la prima elezione “dopata” di Trump ha indotto a riflettere. Vedremo chi mantiene la parola.

Esiste una etica globale?

Un problema fondamentale che esiste da sempre e che è già emerso col web ed il suo sviluppo, globale e oligopolistico insieme, è che l’etica, come mediazione sui valori/interessi/diritti in un dato paese (o zona del mondo) è un fatto relativo dal punto di vista geografico e storico. Come i valori e diritti stessi (N. Bobbio) che si devono conquistare, ma che si possono perdere in tutto o in parte, l’etica è relativa nel tempo e diversa nelle varie parti, culture e nei vari paesi o regimi del mondo.[3]
Basta confrontare le posizioni in merito che emergono in paesi con culture diverse:
UE (AI Act); USA a livello normativo o come autodeterminazione a livello globale degli stessi promotori della IA; oppure in Cina ad esempio, dove i valori, le regole, il rispetto dei diritti che sono appunto relativi dal punto di vista storico, geografico, politico sono diversi.[4]

L’UE prima ancora dell’atto sulla IA aveva indicato come requisiti da rispettare:
1- Supervisione umana
2- Robustezza e sicurezza
3- Privacy
4- Trasparenza
5- Assenza di discriminazioni
6- Benessere sociale ed ambientale
7- Responsabilità contro impatti negativi

Un altro atto era stato la Carta etica europea per l’uso dell’IA nei sistemi giudiziari (2018): principi di rispetto dei diritti fondamentali, di non-discriminazione, di qualità e sicurezza, di trasparenza, imparzialità, equità e di controllo da parte dell’utilizzatore.

Anche in Italia l’Agenzia per l’Italia digitale ha prodotto un libro bianco legato soprattutto a criteri d’uso nella pubblica amministrazione, dove si parla di problema etico, sfida tecnologica, competenze necessarie, problema dei dati e problemi legali e del coinvolgimento degli utenti, perché il principio di fondo è che l’Intelligenza Artificiale debba servire soprattutto per affiancare le persone e aiutarle a svolgere le loro attività, ma non per sostituirle. [5]

In USA in assenza di una regolamentazione pubblica, sono emerse enunciazione di principi da parte di privati, come Google [6] ed altri, basati però sulla volontà dei responsabili e senza un controllo pubblico. Che è un dato significativo di un modo di pensare in cui la libertà individuale (dalla espressione alla iniziativa economica) sono i punti di riferimento più forti.

La Cina (2019) ha pubblicato [7], dopo una ricerca tutta interna, un elenco di principi: essere vantaggiosa, al servizio della umanità, responsabile, controllare i rischi, progettazione etica, riflettere sulla diversità e sulla inclusività, incoraggiare la condivisione aperta.
Puntare a ottimizzare l’occupazione, l’armonia e la cooperazione, l’adattamento e la moderazione, il perfezionamento, l’implementazione, la pianificazione a lungo termine.

Ma aldilà delle belle parole sappiamo come funzionano già le attuali implementazioni della IA in Cina e come vengano usate spesso a danno dei diritti e delle libertà dei cittadini, dando priorità al potere politico attuale ed alla espansione economica.

Perché questa panoramica, magari un po’noiosa?

Paesi con storie, esperienze e quindi culture diverse possono usare le stesse parole come paravento o per indicare atteggiamenti diversi.
Ricordo uno scrittore arabo che mi aveva fatto riflettere sul fatto che per noi europei “giustizia” era intesa come giustizia sociale, rispetto dei diritti, in relazione alla nostra storia e quindi alla nostra cultura. Nella loro cultura era storicamente legata a “rispetto della legge”. Per cui il dialogo sui diritti umani era difficile.

Cosa c’entra allora la scuola, anello debole della catena sociale?

In questa complessità continuo a domandarmi in che modo la IA “debba” essere introdotta nella scuola, essendo intreccio complesso a causa della globalizzazione che non è dialogo tra culture se non sulle mode e con finalità diverse.  A meno di spiegare tutte queste cose e limitarsi a cosa si può fare con

[1] https://www.wired.it/article/intelligenza-artificiale-noiosa-quintarelli/
[2] ibidem
[3] https://www.einaudi.it/catalogo-libri/scienze-sociali/politica/leta-dei-diritti-norberto-bobbio-9788806223434/
[4] Sull’AI Act vedi anche https://www.gessetticolorati.it/dibattito/2024/02/06/giornata-della-sicurezza-in-rete-difendersi-dalla-privatizzazione-del-web-e-dalla-ia-non-controllata/
[5] Per una sintesi https://libro-bianco-ia.readthedocs.io/it/latest/doc/sintesi.html
[6] AI at Google: our principles, su Google, 7 giugno 2018.
[7] Intelligenza artificiale, pubblicati gli standard etici da non oltrepassare, su Cina in Italia, 26 maggio 2019

 




Uso di smartphone e tablet: istruzioni per un inconclusive know how

di Mario Maviglia

Recentemente il Ministro Valditara ha annunciato che nell’ambito delle nuove Linee guida sull’educazione alla cittadinanza, in via di elaborazione, sarà “sconsigliato l’utilizzo anche a fini didattici dello smartphone dalle scuole d’infanzia alle scuole secondarie di primo grado. Per le scuole primarie è raccomandato invece l’utilizzo del tablet esclusivamente per finalità didattiche e inclusive” (sito web del MIM, 22/02/2024).

Non ci si lasci ingannare da queste scarne note; in realtà le nascenti Linee guida del MIM ridisegneranno in modo radicale il complesso delle competenze sociali e operative da sviluppare a scuola, fondando un know how classificato come inconclusive dalla moderna letteratura scientifica. Se ne può cogliere meglio la natura e la portata di tale importante innovazione analizzando le altre istruzioni che verranno fornite alle scuole tramite le Linee guida e che siamo in grado di anticipare in esclusiva:

– il cancello automatico della scuola andrà aperto pigiando l’apposito pulsante; se il cancello non è automatico verrà aperto manualmente;

– quando gli studenti entrano a scuola il cancello dovrà essere tenuto aperto; dopo che sono entrati verrà chiuso; quando sta per arrivare il dirigente scolastico dovrà essere tenuto semiaperto in modo da poterlo aprire repentinamente e senza indugio al suo arrivo;

– per salire le scale si supera uno scalino alla volta; il salto degli scalini è consentito solo a studenti e adulti con altezza superiore a metri 1,90 (in questi casi allegare tavola auxologica di De Toni a giustificazione della deroga);

– per aerare le aule è consigliabile aprire le finestre;

– all’interno dell’edificio scolastico le bibite devono essere assunte solo per via orale;

– la scrittura a mano va effettuata da sinistra a destra, anche per i mancini. Sono consentite deroghe per il disegno libero e per l’apprendimento dell’ebraico e dell’arabo;

– le tavolette di cera (rigorosamente made in ancient Rome) sono fortemente consigliate per l’apprendimento della scrittura;

dizionari, vocabolari et similia devono essere scritti per ordine alfabetico onde agevolare la consultazione da parte degli studenti;

– i libri di testo possono contenere anche immagini e non solo testo, in deroga alla loro infelice denominazione;

– le matite devono essere appuntite per poter scrivere. A tal proposito ogni scuola dovrà disporre di un numero sufficiente di temperini;

– nello svolgimento di attività di coppia i componenti non possono essere superiori a due;

– se agli alunni vengono proposti riassunti, è bene che il docente sia sintetico nello spiegare il compito; se vengono proposti elaborati scritti (temi, relazioni ecc.) i fogli devono essere bianchi, inizialmente;

– se, in base a quanto previsto dall’art. 4 del DPR 275/1999, il collegio docenti delibera che l’unità di insegnamento coincide con l’unità oraria della lezione, significa che dura 60 minuti; in caso di dubbio, prestare attenzione al suono della campanella;

– è vietato l’ingresso a scuola da parte di estranei, ad eccezione del dirigente scolastico reggente;

– è opportuno che gli studenti diano del “lei” ai professori; se sono presenti due docenti daranno del “voi”; se si riferiscono a docenti di altre classi useranno il “loro”;

– come detto, nelle scuole primarie è raccomandato l’utilizzo del tablet esclusivamente per finalità didattiche e inclusive; nelle scuole secondarie di primo grado invece i tablet possono utilmente essere trasformati, con opportuni accorgimenti, in tavolette di cera per l’uso di cui sopra;

– nella scuola primaria nell’uso del tablet accertarsi che il pulsante principale sia posizionato su on;

– fare uso moderato di termini inglesi a scuola: potrebbero portare sfortuna (il Liceo Made in Italy ne è un esempio);

Gli esperti del Ministero non nascondono la loro soddisfazione per il proficuo lavoro svolto che sicuramente sarà molto apprezzato dalle scuole per la chiarezza e la profondità delle indicazioni. Ma questo potrebbe essere solo un passaggio di un più vasto e quasi infinito programma di istruzioni da offrire alle scuole.
D’altro canto, come diceva Einstein, “C’è una differenza fra genio e stupidità. Il genio ha i suoi limiti.”




Statuti artificiali

di Marco Guastavigna

Prosegue a ritmo serrato il dialogo con i chatbot personalizzati che ho presentato qualche giorno fa.

A ChatProfInn ho chiesto di scrivere uno statuto in 10 articoli destinati all’associazione internazionale degli insegnanti innovatori, precisando che almeno due articoli dovevano contenere riferimenti ai dispositivi digitali per l’apprendimento”.

Ecco la sua risposta:

Statuto dell’Associazione Internazionale degli Insegnanti Innovatori

Articolo 1: Denominazione e sede
L’associazione si intitola “Associazione Internazionale degli Insegnanti Innovatori” e ha sede legale nel luogo designato dal consiglio direttivo.

Articolo 2: Scopo
Scopo dell’associazione è promuovere e sostenere l’innovazione nell’ambito dell’insegnamento e dell’apprendimento, favorendo lo sviluppo di pratiche pedagogiche avanzate e l’adozione di metodologie didattiche efficaci.

Articolo 3: Membri
Possono far parte dell’associazione tutti gli insegnanti, formatori e professionisti dell’istruzione che condividono la missione e gli obiettivi dell’associazione.

Articolo 4: Organi dell’associazione
Gli organi dell’associazione sono l’assemblea dei soci, il consiglio direttivo e il presidente.

Articolo 5: Attività dell’associazione
L’associazione svolge attività di ricerca, formazione, networking e divulgazione per favorire lo scambio di conoscenze e l’adozione delle migliori pratiche educative.

Articolo 6: Utilizzo dei dispositivi digitali per l’apprendimento
L’associazione promuove l’uso responsabile e creativo dei dispositivi digitali nell’ambito dell’insegnamento e dell’apprendimento, incoraggiando l’integrazione di tecnologie innovative per migliorare l’esperienza educativa.

Articolo 7: Formazione e aggiornamento professionale
L’associazione offre programmi di formazione e aggiornamento professionale per gli insegnanti, al fine di potenziare le competenze pedagogiche e promuovere l’adozione di approcci didattici innovativi.

Articolo 8: Collaborazioni internazionali
L’associazione favorisce le collaborazioni ei partenariati internazionali con altre organizzazioni, istituzioni accademiche ed enti per promuovere lo scambio culturale e l’innovazione educativa a livello globale.

Articolo 9: Trasparenza e resocontazione
L’associazione si impegna a garantire la trasparenza nella gestione delle risorse finanziarie ea fornire regolari report e rendiconti sulle attività svolte.

Articolo 10: Modifiche statutarie
Eventuali modifiche allo statuto devono essere deliberate dall’assemblea dei soci con la maggioranza prevista dal regolamento interno.

Fatto e approvato in data odierna.

Ho poi interpellato in modo analogo ChatProfTrad, invitandolo alla redazione di uno statuto in 10 articoli di un’associazione nazionale per l’insegnamento tradizionale; almeno due articoli dovevano contenere la valorizzazione della lezione del docente e delle conoscenze; almeno un articolo doveva essere molto critico della didattica per le competenze.

Ecco il risultato:

Statuto dell’Associazione Nazionale per l’Insegnamento Tradizionale

 Articolo 1 – Denominazione
L’associazione si intitola “Associazione Nazionale per l’Insegnamento Tradizionale” e ha sede nel territorio nazionale.

Articolo 2 – Scopo
L’associazione ha lo scopo di promuovere e difendere l’approccio tradizionale all’insegnamento, valorizzando la lezione frontale del docente e l’importanza delle conoscenze disciplinari.

Articolo 3 – Principi Fondamentali
L’associazione si basa sui principi della trasmissione diretta delle conoscenze, del rispetto per l’autorità del docente e della centralità del sapere disciplinare come pilastri fondamentali dell’istruzione.

Articolo 4 – Ruolo del Docente
L’associazione riconosce il ruolo fondamentale del docente come figura guida ed esperta, responsabile della trasmissione e della condivisione delle conoscenze con gli studenti.

Articolo 5 – Valorizzazione della Lezione
L’associazione promuove la valorizzazione della lezione frontale come metodo educativo efficace per favorire l’apprendimento approfondito e critico degli studenti.

Articolo 6 – Conoscenze Disciplinari
L’associazione sostiene l’importanza delle conoscenze disciplinari come base fondamentale per lo sviluppo intellettuale e culturale degli individui.

Articolo 7 – Critica alla Didattica per le Competenze
L’associazione esprime forte critica nei confronti della didattica per le competenze, ritenendo che possa privilegiare l’applicazione pratica a discapito della conoscenza teorica e concettuale.

Articolo 8 – Formazione Continua
L’associazione si impegna a promuovere la formazione continua dei docenti per garantire elevati standard professionali e la diffusione delle migliori pratiche didattiche tradizionali.

Articolo 9 – Collaborazioni
L’associazione promuove la collaborazione con istituzioni educative, enti di ricerca e organizzazioni nazionali e internazionali che condividono i suoi principi e obiettivi.

Articolo 10 – Modifiche Statutarie
Eventuali modifiche al presente statuto devono essere deliberate dall’assemblea generale dell’associazione in conformità alle normative vigenti.

Firmato,
Il Presidente dell’Associazione Nazionale per l’Insegnamento Tradizionale




Esperimento artificiale

di Marco Guastavigna

Una buona e sufficientemente sintetica definizione dei dispositivi di “intelligenza” artificiale generativa è questa: macchine predittive che, sulla base di allenamento e perfezionamento condotti su gigantesche quantità di dati disponibili a titolo diverso in rete (BigData), sono in grado di costruire correlazioni e modelli statistici, utili per imitare gli esiti di processi cognitivi umani, fornendo risposte e indicazioni plausibili alle sollecitazioni degli utenti.

Questo approccio prestazionale all’intelligenza ha una conseguenza fondamentale: tipologia e qualità degli input dipendono moltissimo dalle modalità di realizzazione delle fasi di apprendimento iniziale, oltre che dal monitoraggio delle interazioni degli utilizzatori, che in molti casi metteranno in moto conversazioni di perfezionamento della prestazione e a cui è richiesto, sempre e passo passo, un feedback – spesso da motivare – sul valore di quanto generato dal dispositivo.

Per verificare il primo aspetto, che è basilare, ho condotto un piccolo esperimento, approfittando del fatto che la piattaforma di AI MagicSchool offre la possibilità di realizzare chatbot personalizzati, con cui interagire in base a criteri originali e specifici, definiti di volta in volta dall’utente, con la massima precisione possibile.

Per primo ho realizzato ChatProfTRad, che impersona l’insegnante tradizionale.
Sono poi passato a ChatProfInn, il cui credo è l’innovazione.
Siccome non mi riconoscevo in nessuno dei due profili, ho successivamente abbozzato un auto-identikit professionale, sfociato in ChatProfDiv(ergente).
Ho poi condotto una conversazione con ciascuno dei tre interlocutori.

Vale la pena di raggiungere quella con il primo per vari motivi, ma in particolare perché il chatbot si abbandona a qualche imprevista apertura a posizioni diverse da quelle di cui appare più convinto.
Quella con il collega innovatore è in vari passaggi al limite dell’insopportabilità: il chatbot elenca precetti, istruzioni, esempi, pregi e difetti con tono davvero saputello.
Ero ovviamente molto curioso di dialogare con il mio avatar professionale, ma non siamo andati oltre le prime battute, perché il meccanismo ha immediatamente fallito, fornendo una risposta implausibile. Perché?

Tradizione e innovazione animano il conflitto a proposito di istruzione, scuola e didattica, che si svolge quotidianamente tra schieramenti contrapposti, sui social e su molte altre istanze della rete, fornendo ai dispositivi di AI la possibilità di utilizzare per le proprie prestazioni BigCorpora ampi, congruenti e coerenti.
Non altrettanto avviene però per le posizioni non riducibili a questa polarizzazione: rare e spesso rarefatte, esse hanno invece minime possibilità di essere intercettate e considerate nelle fasi di addestramento e perciò il dispositivo non dispone di modelli di riferimento coerenti e congruenti ed è costretto a improvvisare.